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emilioconti
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martedì 27 novembre 2018
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ancestrale e realista questo ultimo capolavoro
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Il film di De Angelis narra le conseguenze di questa presa di coscienza in seguito a una prodigiosa scoperta, e si sofferma su un viaggio verso il calore, sul distacco dal male - rappresentato da una zia ingioiellata che somiglia alla più infame strega delle favole - per raggiungere il bene, individuato nell'unico uomo buono che abita il purgatorio nel quale la vicenda si svolge. E tuttavia, nonostante l’ancestralità del mondo descritto e dei personaggi che lo popolano, è tutto reale quello che Edoardo De Angelis ci racconta con il suo personalissimo stile.
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Il film di De Angelis narra le conseguenze di questa presa di coscienza in seguito a una prodigiosa scoperta, e si sofferma su un viaggio verso il calore, sul distacco dal male - rappresentato da una zia ingioiellata che somiglia alla più infame strega delle favole - per raggiungere il bene, individuato nell'unico uomo buono che abita il purgatorio nel quale la vicenda si svolge. E tuttavia, nonostante l’ancestralità del mondo descritto e dei personaggi che lo popolano, è tutto reale quello che Edoardo De Angelis ci racconta con il suo personalissimo stile. La maternità surrogata è davvero l'ultima diabolica invenzione della Camorra, e Castel Volturno non è un’amplificazione grottesca della realtà.
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mdegregori
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martedì 27 novembre 2018
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allegorico, simbolico e crudo! bellissimo
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Edoardo de angelis filma il suo angolo di litorale Domizio utilizzando un linguaggio visivo a volte crudo e a volte evocativo, e non staccandosi quasi mai dalla moglie Pina Turco, futura madre-coraggio che alla disperazione preferisce la grinta e che ha lavorato di sottrazione così come le eccellenti Marina Confalone e Cristina Donadio.
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Edoardo de angelis filma il suo angolo di litorale Domizio utilizzando un linguaggio visivo a volte crudo e a volte evocativo, e non staccandosi quasi mai dalla moglie Pina Turco, futura madre-coraggio che alla disperazione preferisce la grinta e che ha lavorato di sottrazione così come le eccellenti Marina Confalone e Cristina Donadio. E come Massimiliano Rossi, che in un'invocazione alla Vergine Maria arricchisce il film significati simbolici e allegorici.
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simonemantani
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martedì 27 novembre 2018
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da vedere !!!
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C’è tanto ne Il vizio della speranza, che ci è sembrato meno a fuoco di Indivisibili, ma più potente, in primis perché sorretto da un "robusto" personaggio principale che lo contamina felicemente con la sua feroce energia, e poi perché accompagnato dalla meravigliosa musica di Enzo Avitable.
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C’è tanto ne Il vizio della speranza, che ci è sembrato meno a fuoco di Indivisibili, ma più potente, in primis perché sorretto da un "robusto" personaggio principale che lo contamina felicemente con la sua feroce energia, e poi perché accompagnato dalla meravigliosa musica di Enzo Avitable. Fra suoni tribali, aperture orchestrali e ballate napoletane, la sua colonna sonora è l'elettrocardiogramma del film, un film che scava dentro e che fa male, ma che ci riconcilia con la vita e con la Terra, la Terra che, guarda caso, è femmina. Proprio come il pitbull di Maria. Nulla è a caso in questo film pieno di sorprese. SORPRENDENTE
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vittoriobontempi
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martedì 27 novembre 2018
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miglior film in assoluto
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Ecco, proprio come in Indivisibili, il regista campano sceglie di concentrarsi sullo sfruttamento del corpo femminile, che da fenomeno da baraccone diventa prezioso involucro, contenitore riempito e poi svuotato e di nuovo riempito una, due, cinque volte, finché c’è tempo, finché non arrivano gli assistenti sociali o non sopraggiunge un tumore che strappa via la vita, finché la complice per eccellenza di questo orrore malavitoso non si ravvede, non alza la testa, non comincia a coltivare, appunto, il vizio della speranza.
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Ecco, proprio come in Indivisibili, il regista campano sceglie di concentrarsi sullo sfruttamento del corpo femminile, che da fenomeno da baraccone diventa prezioso involucro, contenitore riempito e poi svuotato e di nuovo riempito una, due, cinque volte, finché c’è tempo, finché non arrivano gli assistenti sociali o non sopraggiunge un tumore che strappa via la vita, finché la complice per eccellenza di questo orrore malavitoso non si ravvede, non alza la testa, non comincia a coltivare, appunto, il vizio della speranza. Ancora una volta il regista colpisce nel centro. Film consigliatissimo. Congratulazioni allo staff.
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elenastraccia
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martedì 27 novembre 2018
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geniale narrativa studiata nei particolari
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Questo limbo Edoardo de angelis lo racconta d'inverno, un inverno rosso come le luci di una vecchia insegna e di una giostra in disuso, blu come la notte e bianco come il cielo in certe giornate senza sole. E’ durante un inverno che qualcosa cambia nell’insignificante routine di un Caronte in gonnella e dai lunghi capelli bruni.
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Questo limbo Edoardo de angelis lo racconta d'inverno, un inverno rosso come le luci di una vecchia insegna e di una giostra in disuso, blu come la notte e bianco come il cielo in certe giornate senza sole. E’ durante un inverno che qualcosa cambia nell’insignificante routine di un Caronte in gonnella e dai lunghi capelli bruni. Già, perché con il traghettatore di anime dell’antica mitologia greca la nostra eroina senza trucco ha in comune frequenti navigazioni a bordo di un'imbarcazione di fortuna, solo che ne Il vizio della speranza il nocchiero trasporta donne innocenti anziché dannati, per la precisione madri sul punto di partorire che non vedranno mai i loro bambini, che saranno venduti a chi un figlio non può averlo e può comprarselo. Questo film ha una narrativa sorprendente. Geniale è dir poco.
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benedetta 91
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martedì 27 novembre 2018
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strabiliante interpretazione del dramma
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La ragazza, Maria, è una bambina violata nel giorno della prima comunione e salvata da annegamento, è una figlia della disperazione e di una madre catatonica, è un'anima allapparenza persa che si muove instancabilmente in un anti-inferno, in un limbo coperto di rifiuti dove la gente aspetta che un giorno finisca e ne ricominci un altro identico al precedente.
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La ragazza, Maria, è una bambina violata nel giorno della prima comunione e salvata da annegamento, è una figlia della disperazione e di una madre catatonica, è un'anima allapparenza persa che si muove instancabilmente in un anti-inferno, in un limbo coperto di rifiuti dove la gente aspetta che un giorno finisca e ne ricominci un altro identico al precedente. film toccante, ci si immedesima e si entra nel personaggio; si soffre con lei si ride con lei. MERAVIGLIOSO.
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romeovisaggio
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martedì 27 novembre 2018
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pura ispirazione
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La speranza a Castel Volturno, fra il mare sporco e increspato e il fiume scuro e limaccioso, è un vizio, un lusso da ricchi, un gesto rivoluzionario che sottintende una possibilità di cambiamento, un fuori-pista o una stradina secondaria da percorrere lontani da quelle pozzanghere nelle quali una ragazza con la camminata da uomo e un pitbull al guinzaglio (e un cappuccio in testa per schermarsi dal mondo) cammina a grandi passi nonostante i pantaloni aderenti.
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carloalberto
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martedì 27 novembre 2018
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miracolo a castelvolturno
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De Angelis ricostruisce attraverso la storia di Maria, interpretata magnificamente da un’icastica Pina Turco, la protagonista traghettatrice di anime perse sulle opposte sponde del fiume, il Volturno qui come l’Acheronte, una nuova natività cristiana nella desolante pianura di rifiuti affacciata sul mare di Castelvolturno. Nel cast, tra i comprimari, mi piace citare Marina Confalone, indimenticabile voce cantilenante eduardiana calata in una fisicità di “anema longa”. Le musiche straordinarie sono di Enzo Avitabile, cantore dell’anima e delle melodie etniche dei popoli ai margini della modernità. La storia si pone al di fuori del contingente pur utilizzando gli stereotipi della emarginazione sociale del nostro tempo volgare, la compravendita di neonati, lo sfruttamento della prostituzione, la droga, la miseria morale e materiale.
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De Angelis ricostruisce attraverso la storia di Maria, interpretata magnificamente da un’icastica Pina Turco, la protagonista traghettatrice di anime perse sulle opposte sponde del fiume, il Volturno qui come l’Acheronte, una nuova natività cristiana nella desolante pianura di rifiuti affacciata sul mare di Castelvolturno. Nel cast, tra i comprimari, mi piace citare Marina Confalone, indimenticabile voce cantilenante eduardiana calata in una fisicità di “anema longa”. Le musiche straordinarie sono di Enzo Avitabile, cantore dell’anima e delle melodie etniche dei popoli ai margini della modernità. La storia si pone al di fuori del contingente pur utilizzando gli stereotipi della emarginazione sociale del nostro tempo volgare, la compravendita di neonati, lo sfruttamento della prostituzione, la droga, la miseria morale e materiale. L’arena di Castelvolturno è un non luogo, è un teatro senza scene in cui si rappresenta il dramma dell’uomo schiacciato dal principio di realtà all’osservanza delle regole orribili di una società tribale, arcaica e precristiana, molto vicina, nella oggettivazione reificante del mondo, a quella odierna dell’individuo massificato e consumista, in attesa dell’Uomo nuovo che incarna la speranza di una futura palingenesi dell’Umanità. La rinascita in una sincronica armonia dello spirito umano con la natura è evocata paganamente nella scena in cui il neonato è condotto dalla madre in riva al mare al cospetto del sole che sorge. Nella scena della giostra, non a caso una gabbia denominata la lavatrice, la forza centrifuga rende visibile la catena che lega l’umanità alle sua condizione di cattività e i personaggi che ruotano sulla stessa, prima ridono divertiti, poi si fanno seri, a simboleggiare la presa di coscienza di essere vittime di un sistema che non lascia scampo e che appiattisce inesorabilmente le anime contro il loro destino. Ma accade il miracolo e con la venuta al mondo dell’Uomo senza aggettivazioni e qualifiche, come la bambina claudicante di colore suggerisce profeticamente che dovrà chiamarsi il nascituro, all’unisono, il cavallo simbolo dell’umanità imprigionata viene liberato, gli aguzzini gettano le loro armi, perché come disse Heidegger soltanto un dio potrà salvarci. Immaginifico e realista come lo zavattiniano “Miracolo a Milano” di De Sica, il film si chiude con le note di Avitabile in una perfetta risonanza di immagini e suoni che smuove i cuori ottusi, ancora ostinati nel negare il rifiuto dell’inaccettabile stato di cose.
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ape3584
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lunedì 26 novembre 2018
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un sospiro di fiera speranza
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In un angolo sperduto e nascosto ai più, lungo un fiume che si lascia attraversare da barche piene di speranze e di dolore e di miseria umana, scorre e si affaccia la vita degli ultimi o meglio delle ultime fra le ultime ultimi, a un passo da tutti noi, dalle nostre case rifugio, piene di oggetti talismani contro la sofferenza del vivere. "La luce delle speranza" ti immerge senza sconti ma con grande rispetto in questo angolo di inferno umano, dove ogni valore, ogni diritto, ogni barlume di pietà non osano affacciarsi.
Maria, interpretata con sobrietà e intensità da Pina Turco, violentata dagli uomini e dalla vita, costretta a fare da carceriera e da caronte di questo inferno, intravede un barlume in fondo al tunnel grigio che sta percorrendo, grigio come il cielo che la guarda impassibile, eppure pieno dei colori di una terra lontana, l'Africa, che nei colori rappresenta la goia, la bellezza, la dolcezza malinconica.
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In un angolo sperduto e nascosto ai più, lungo un fiume che si lascia attraversare da barche piene di speranze e di dolore e di miseria umana, scorre e si affaccia la vita degli ultimi o meglio delle ultime fra le ultime ultimi, a un passo da tutti noi, dalle nostre case rifugio, piene di oggetti talismani contro la sofferenza del vivere. "La luce delle speranza" ti immerge senza sconti ma con grande rispetto in questo angolo di inferno umano, dove ogni valore, ogni diritto, ogni barlume di pietà non osano affacciarsi.
Maria, interpretata con sobrietà e intensità da Pina Turco, violentata dagli uomini e dalla vita, costretta a fare da carceriera e da caronte di questo inferno, intravede un barlume in fondo al tunnel grigio che sta percorrendo, grigio come il cielo che la guarda impassibile, eppure pieno dei colori di una terra lontana, l'Africa, che nei colori rappresenta la goia, la bellezza, la dolcezza malinconica.
Maria, nello sguardo e nelle parole dell'unico essere umano che incontra, nella morte del suo cane, unico suo amore di questa terra trova la forza di ribellarsi, di farsi contagiare dal vizio della speranza e inizia il suo doloroso e faticoso cammino di affrancamento dalla schiavitù del male inesorabile. E inizia con il provare a non essere più strumento dei carnefici venditori di vite e di vite non ancora sbocciate e infine trova il coraggio e la forza nella una nuova vita che coltiva nel suo ventre e fa nascere in un'alba finalmente illuminata dal sole. Troa la forza per credere alla speranza, al cavallo che galoppa fuggendo lontano, lungo il mare schiumoso di grigio dopo che lei l'ha liberato.
La malinconia e la saudade delle canzoni di Enzo Avitabile, fanno piangere il cuore e fremere di rabbia.
Non sono meridiinale e quindi ho perso forse molto di quanto il film ha raccontato in immagini, volti, parole, musica. Ma ugualmente ho trattenuto il respiro e le emozioni, di rabbia, sconcerto pietà fino alla fine.
Quel mondo è qui, vicino a noi, senza la speranza che Edoardo De Angelis ha voluto regalargli.
E' qui e ci chiama a non voltarci dall'altra parte, a non credere che è soltanto un film, a lieto fine.
Un film che dovrebbe essere proiettato in prima serata in queta stramaledetta televsione.
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maurizio.meres
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lunedì 26 novembre 2018
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imperdibile
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Il bravissimo De Angelis in questo film traccia un percorso esistenziale di una giovane donna,in un ambientazione surreale ma tremendamente vera dove lo squallore di tutto fa da cornice ad una esistenza fatta di drammi di un qualcosa che non c'è una speranza che è solo un illusione,una terra dimenticata dove la malvagità non conosce limiti.
Il regista inquadra perfettamente lo stato d'animo di ogni personaggio dando una perfetta immagine del proprio e personale stato esistenziale,in un neorealismo quasi Pasoliniano dove tutto è sopportazione e rassegnazione,attraverso dialoghi fatti di sottintesi uno sguardo diventa decisionale ma anche di dolcezza e nel film c'è n'è tanta,
quante zi mari ci sono realmente in giro,esseri non degni di esistere.
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Il bravissimo De Angelis in questo film traccia un percorso esistenziale di una giovane donna,in un ambientazione surreale ma tremendamente vera dove lo squallore di tutto fa da cornice ad una esistenza fatta di drammi di un qualcosa che non c'è una speranza che è solo un illusione,una terra dimenticata dove la malvagità non conosce limiti.
Il regista inquadra perfettamente lo stato d'animo di ogni personaggio dando una perfetta immagine del proprio e personale stato esistenziale,in un neorealismo quasi Pasoliniano dove tutto è sopportazione e rassegnazione,attraverso dialoghi fatti di sottintesi uno sguardo diventa decisionale ma anche di dolcezza e nel film c'è n'è tanta,
quante zi mari ci sono realmente in giro,esseri non degni di esistere.
Attori tutti realisticamente perfetti entrano nella sceneggiatura con grande autorevolezza,conoscono perfettamente lo scenario.
Un finale mistico con inquadrature che diventano un presepe in un epoca diversa e con una mano divina accompagnano il proseguo della via in una speranza senza fine,bellissime le inquadrature singole di tutti i personaggi con le loro più profonde espressioni con un cavallo che corre nella più assoluta libertà sulla spiaggia,un quadro astratto vivente,veramente eccezionale.
Un film che andrebbe visto istituzionalmente parlando dappertutto,per far aprire gli occhi e le orecchie a tutti e soprattutto a chi dovrebbe intervenire in nome dell'umanità a porre fine ad un delitto del genere.
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