The Rider - Il sogno di un cowboy

L'identità monta a cavallo

Ho letto che i film più visti in Italia nel mese di agosto sono: II re Leone; Fasi & Furious. Hobbs & Shaw; Men in Black: International., Spider-Man: Far From Home; Crawl; Toy Story 4; Serenity; Isabella. L'ultima evocazione. Ne avessi visto uno. Quello che ho visto non è in classifica ma mi sa che se li mangia in un boccone. Oro puro contro paccottiglia action/horror. Un oro che cola doloroso e lento, ma ti inchioda alla poltrona. Quando appare The end l'unica cosa che vorresti fare è entrare nello schermo e abbracciare quel meraviglioso ragazzo che è Brady. Brady Jandreau (l'attore interpreta se stesso) protagonista di The Rider. Un film che nasce fuori da ogni schema: una regista cinese americana, Chloé Zhao, gira un docu westem introspettivo sulla vita degli adolescenti alfa del South Dakota che discendono dagli indiani Lakota e di professione domano tori e cavalli. Brady vive col padre e la sorella Lilly, dolcemente autistica, determinata e bizzarra. È stato sbalzato dalla sella della vita due volte: da bambino quando ha perso la mamma e da ragazzo quando il suo cavallo l'ha buttato per terra. In testa ha una placca di titanio e un tormento: scegliere tra l'amore per i rodei (la sua libertà, la sua autostima) e la consapevolezza che dopo il volo niente è come prima. La gioventù è finita. Lo sa bene l'amico del cuore Lane, lui è volato dal toro e gli è andata peggio. Difficile a vent'anni spostare il centro della propria identità, non essere più se stessi. Bisogna imparare una cosa impossibile: arrendersi senza arrendersi. Walt Whitman, padre della poesia americana e bardo della natura selvaggia, avrebbe adorato questo film. Lui diceva: «Sono vasta contengo moltitudini». Forza Brady, il tuo modo di addestrare i cavalli è un prodigio empatico. I tuoi occhi sono sottili ma la tua anima testarda di cowboy indiano è vasta come le pianure. Contiene moltitudini.
Da Il Venerdì di Repubblica, 20 settembre 2019


di Vittorio Lingiardi, 20 settembre 2019