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daniele ciavatti
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lunedě 9 dicembre 2024
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carne e spirito: il dualismo umano secondo enyedi
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L'utilizzo dei termini "corpo" e "anima" nel titolo del film riassume perfettamente l'intento della regista Ildikó Enyedi: esplorare le due dimensioni essenziali dell'esperienza umana, quella fisica, legata al corpo, e quella spirituale, rappresentata dall'anima. In particolare, l'utilizzo del concetto di anima, termine che ha in sé innumerevoli interpretazioni sia religiose che filosofiche, suggerisce un approccio universale, come a voler esaminare il legame profondo che accomuna tutti gli esseri umani, indipendentemente da particolari contingenze personali.
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L'utilizzo dei termini "corpo" e "anima" nel titolo del film riassume perfettamente l'intento della regista Ildikó Enyedi: esplorare le due dimensioni essenziali dell'esperienza umana, quella fisica, legata al corpo, e quella spirituale, rappresentata dall'anima. In particolare, l'utilizzo del concetto di anima, termine che ha in sé innumerevoli interpretazioni sia religiose che filosofiche, suggerisce un approccio universale, come a voler esaminare il legame profondo che accomuna tutti gli esseri umani, indipendentemente da particolari contingenze personali.
La rappresentazione del corpo è subito evidente nel film: il mattatoio, dove lavorano i due protagonisti, diventa un luogo simbolico che incarna la crudezza e la materialità della vita. Qui, la sofferenza è tangibile e ineluttabile, mostrata in modo diretto e realistico, con animali privati della vita, trasformati in mera materia. Le sequenze del mattatoio non sono solo un richiamo alla violenza insita nella condizione umana, ma sottolineano anche l'alienazione che i protagonisti provano nei confronti dei propri corpi e dei propri sentimenti.
In netto contrasto, il mondo dei sogni ci introduce alla dimensione immateriale e spirituale del film. Il regista, con grande eleganza, risolve il dilemma di rappresentare l'anima attraverso la scelta onirica di far sognare ai due protagonisti la stessa visione: due cervi che vagano insieme in un paesaggio innevato. Queste scene, che si ripetono nel corso del film, sono un respiro di purezza e armonia, una fuga dalla brutalità del quotidiano. Il movimento delicato dei cervi simboleggia la vulnerabilità, la libertà e la connessione profonda che i protagonisti possono vivere solo a livello inconscio, lontano dalle costrizioni fisiche e sociali del mondo reale.
Le scene dei cervi non sono solo un simbolo di spiritualità ma rappresentano anche il potenziale di un amore puro, non ancora contaminato dalle difficoltà della vita materiale. Sono l’immagine di due anime gemelle, unite in un legame che trascende il corpo. Questi momenti onirici offrono un contrasto emozionale e visivo con l'ambiente freddo e industriale del mattatoio, creando una dualità che permea l'intero film.
La complessità emotiva dei protagonisti emerge nel loro rapporto travagliato con i propri corpi. La protagonista femminile, in particolare, è alienata dalla sua corporeità: il suo rifiuto del contatto fisico e la sua incapacità di gestire le emozioni incarnano la difficoltà di conciliare la sfera materiale con quella spirituale. Il film, però, non rimane intrappolato in questo dualismo. Al contrario, accompagna lo spettatore in un viaggio di integrazione, in cui le due dimensioni, apparentemente opposte, si fondono. Questo percorso culmina nell'amore tra i protagonisti, che diventa il punto d'incontro tra corpo e anima, trasformandosi nella chiave che permette loro di superare le loro paure e fragilità.
L'amore, nel film, non è solo un sentimento romantico, ma la forza unificante che permette di conciliare la brutalità del corpo con la delicatezza dell'anima. Attraverso la loro unione, i protagonisti trovano un equilibrio, un senso di completezza che rende l'esperienza della vita autentica e significativa.
Riflessione profonda sul dualismo intrinseco all'essere umano, l'opera riesce a rappresentare con grande sensibilità e originalità due mondi apparentemente inconciliabili, mostrando che solo attraverso l'amore è possibile trovare l'armonia tra corpo e anima; inoltre, con il suo stile visivo poetico e la sua potenza emotiva, resta impressa nella mente e nel cuore dello spettatore.
Daniele Ciavatti
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daniele ciavatti
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lunedě 9 dicembre 2024
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carne e spirito: il dualismo umano secondo enyedi
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L'utilizzo dei termini "corpo" e "anima" nel titolo del film riassume perfettamente l'intento della regista Ildikó Enyedi: esplorare le due dimensioni essenziali dell'esperienza umana, quella fisica, legata al corpo, e quella spirituale, rappresentata dall'anima. In particolare, l'utilizzo del concetto di anima, termine che ha in sé innumerevoli interpretazioni sia religiose che filosofiche, suggerisce un approccio universale, come a voler esaminare il legame profondo che accomuna tutti gli esseri umani, indipendentemente da particolari contingenze personali. La rappresentazione del corpo č subito evidente nel film: il mattatoio, dove lavorano i due protagonisti, diventa un luogo simbolico che incarna la crudezza e la materialitŕ della vita.
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L'utilizzo dei termini "corpo" e "anima" nel titolo del film riassume perfettamente l'intento della regista Ildikó Enyedi: esplorare le due dimensioni essenziali dell'esperienza umana, quella fisica, legata al corpo, e quella spirituale, rappresentata dall'anima. In particolare, l'utilizzo del concetto di anima, termine che ha in sé innumerevoli interpretazioni sia religiose che filosofiche, suggerisce un approccio universale, come a voler esaminare il legame profondo che accomuna tutti gli esseri umani, indipendentemente da particolari contingenze personali. La rappresentazione del corpo č subito evidente nel film: il mattatoio, dove lavorano i due protagonisti, diventa un luogo simbolico che incarna la crudezza e la materialitŕ della vita. Qui, la sofferenza č tangibile e ineluttabile, mostrata in modo diretto e realistico, con animali privati della vita, trasformati in mera materia. Le sequenze del mattatoio non sono solo un richiamo alla violenza insita nella condizione umana, ma sottolineano anche l'alienazione che i protagonisti provano nei confronti dei propri corpi e dei propri sentimenti. In netto contrasto, il mondo dei sogni ci introduce alla dimensione immateriale e spirituale del film. Il regista, con grande eleganza, risolve il dilemma di rappresentare l'anima attraverso la scelta onirica di far sognare ai due protagonisti la stessa visione: due cervi che vagano insieme in un paesaggio innevato. Queste scene, che si ripetono nel corso del film, sono un respiro di purezza e armonia, una fuga dalla brutalitŕ del quotidiano. Il movimento delicato dei cervi simboleggia la vulnerabilitŕ, la libertŕ e la connessione profonda che i protagonisti possono vivere solo a livello inconscio, lontano dalle costrizioni fisiche e sociali del mondo reale. Le scene dei cervi non sono solo un simbolo di spiritualitŕ ma rappresentano anche il potenziale di un amore puro, non ancora contaminato dalle difficoltŕ della vita materiale. Sono l’immagine di due anime gemelle, unite in un legame che trascende il corpo. Questi momenti onirici offrono un contrasto emozionale e visivo con l'ambiente freddo e industriale del mattatoio, creando una dualitŕ che permea l'intero film. La complessitŕ emotiva dei protagonisti emerge nel loro rapporto travagliato con i propri corpi. La protagonista femminile, in particolare, č alienata dalla sua corporeitŕ: il suo rifiuto del contatto fisico e la sua incapacitŕ di gestire le emozioni incarnano la difficoltŕ di conciliare la sfera materiale con quella spirituale. Il film, perň, non rimane intrappolato in questo dualismo. Al contrario, accompagna lo spettatore in un viaggio di integrazione, in cui le due dimensioni, apparentemente opposte, si fondono. Questo percorso culmina nell'amore tra i protagonisti, che diventa il punto d'incontro tra corpo e anima, trasformandosi nella chiave che permette loro di superare le loro paure e fragilitŕ. L'amore, nel film, non č solo un sentimento romantico, ma la forza unificante che permette di conciliare la brutalitŕ del corpo con la delicatezza dell'anima. Attraverso la loro unione, i protagonisti trovano un equilibrio, un senso di completezza che rende l'esperienza della vita autentica e significativa. Riflessione profonda sul dualismo intrinseco all'essere umano, l'opera riesce a rappresentare con grande sensibilitŕ e originalitŕ due mondi apparentemente inconciliabili, mostrando che solo attraverso l'amore č possibile trovare l'armonia tra corpo e anima; inoltre, con il suo stile visivo poetico e la sua potenza emotiva, resta impressa nella mente e nel cuore dello spettatore.
Daniele Ciavatti
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carloalberto
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mercoledě 12 gennaio 2022
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il mondo visto come ai primordi
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Corpo e anima del 2017 di Ildikó Enyedi, una regista ungherese che non girava un film da vent’anni, è una commedia drammatica surreale ed iperrealista, amara ed ironica, su una storia d’amore anomala, spunto per una profonda riflessione sull’esistenza, ambientata nella periferia di una Budapest assente e per questo simile a quella di una qualsiasi altra città europea ed emblematica di tutte le periferie del mondo globalizzato. Il film si distingue per l’eleganza stilistica, la cura della fotografia, la suggestività delle immagini e per alcune sequenze di rara potenza evocativa che ricordano il cinema di Malick.
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Corpo e anima del 2017 di Ildikó Enyedi, una regista ungherese che non girava un film da vent’anni, è una commedia drammatica surreale ed iperrealista, amara ed ironica, su una storia d’amore anomala, spunto per una profonda riflessione sull’esistenza, ambientata nella periferia di una Budapest assente e per questo simile a quella di una qualsiasi altra città europea ed emblematica di tutte le periferie del mondo globalizzato. Il film si distingue per l’eleganza stilistica, la cura della fotografia, la suggestività delle immagini e per alcune sequenze di rara potenza evocativa che ricordano il cinema di Malick.
Il mondo è osservato-inquadrato da prospettive inusuali, visto attraverso gli occhi di una mucca, di un cervo, dei due protagonisti, interpretati da una coppia di formidabili attori, Alexandra Borbély e Géza Morcsányi, che, grazie alla loro diversità, sono gli unici in grado di sognarlo-viverlo così come è, nella sua verità occultata-dimenticata, non come appare nelle conformistiche-convenzionali visioni della nostra epoca, discendenti dirette di quella civiltà che ha scisso corpo ed anima, condannando per sempre l’uomo a sentirsi padrone e straniero nel proprio mondo. Uno sguardo condiviso che è divino ed animale al contempo, che confonde realtà e sogno e non distingue la materia dallo spirito e l’anima dal corpo e ci riporta ad una condizione ancestrale in cui l’uomo, immerso nella natura, si sentiva parte della stessa, animale tra gli animali, spirito tra spiriti.
La vita dei due protagonisti è divisa tra l’inferno diurno del quotidiano tran tran, rappresentato dal lavoro nel macello, sopportato con stoica rassegnazione dall’uno e vissuto con sofferente estraneità dall’altra, e la notturna evasione simbiotica in un onirico paesaggio incantato, dove, dismessa la propria deludente identità umana, sciamanicamente entrambi assumono la forma di animali dalla superba bellezza, pacifiche creature che vivono in armonia con la natura.
Contrasti cromatici veicolano icasticamente contenuti simbolici in antitesi, il rosso è associato alla cattività e alla morte, il bianco alla libertà e alla vita.
Il colore del sangue che inonda il pavimento del mattatoio, disturbante per la naturale quanto involontaria empatia per la bestia che suscita in chi preferisce ignorare il dolore inflitto ad esseri senzienti per puro capriccio e voluttà di gola, contrasta col candore della neve in cui affondano le zampe dei due animali, così come il rosso sgorgante dalle vene della ragazza col biancore della sua carnagione.
Alla mentalità corrente, che riduce gli animali a mere utilità, quasi fossero cose da produrre e consumare, nella società di morte ed oppressione costruita dall’uomo contemporaneo, ossessionato dal dominio e dallo sfruttamento della terra e dei viventi tutti, compresi i suoi simili, si contrappone la visione animista di Enyedi che tenta di comunicarci quello stupore rispettoso e quella stessa incantata meraviglia primordiale provata nella notte dei tempi al primo apparire dell’animale, venerato come spirito divino e così raffigurato nei cavalli e nei bisonti della grotta Chauvet, che ispirò Cave of Forgotten Dreams di Herzog.
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erostrato
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lunedě 8 aprile 2019
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vecchie ferite che si possono rimarginare
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Non sappiamo nulla dei protagonisti di questo film. Da dove vengono, quali storie hanno vissuto, perché sono cosě soli, persi irrimediabilmente? L'opera č imperniata sulle parole non dette, sui particolari che sapientemente la regista ci mostra durante lo scorrere della vicenda, li semina e ci invita con delicatezza, nonostante l'ambientazione, a seguirne il tracciato in modo che sia lo stesso spettatore a coglierne le chiavi di lettura. Bravissimi i due protagonisti nella gestualitŕ, a trasmetterci con le loro espressioni ciň che nel profondo stanno provando. Due individui lontanissimi all'apparenza, ma estremamente vicini nel profondo, entrambi portatori di gravi ferite ancora visibilmente aperte, che potranno solo incancrenirsi, ma un percorso comune potrebbe miracolosamente guarire.
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Non sappiamo nulla dei protagonisti di questo film. Da dove vengono, quali storie hanno vissuto, perché sono cosě soli, persi irrimediabilmente? L'opera č imperniata sulle parole non dette, sui particolari che sapientemente la regista ci mostra durante lo scorrere della vicenda, li semina e ci invita con delicatezza, nonostante l'ambientazione, a seguirne il tracciato in modo che sia lo stesso spettatore a coglierne le chiavi di lettura. Bravissimi i due protagonisti nella gestualitŕ, a trasmetterci con le loro espressioni ciň che nel profondo stanno provando. Due individui lontanissimi all'apparenza, ma estremamente vicini nel profondo, entrambi portatori di gravi ferite ancora visibilmente aperte, che potranno solo incancrenirsi, ma un percorso comune potrebbe miracolosamente guarire. I frequenti sguardi sui lampadari spenti dei loro rispettivi appartamenti, che potrebbero immediatamente dare luce alle loro esistenze se solo premessero l'interruttore, sono la metafora che c'č sempre un punto d'incontro. Capolavoro
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carlosantoni
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giovedě 30 agosto 2018
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il sogno č un velo di frine
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Poteva la storia svolgersi in altro contesto che non fosse un mattatoio di Budapest? Sì, indubbiamente, però il fatto che come location sia stato scelto quel luogo di distruzione di vite e di corpi, serve a ricordarci l’importanza della nostra materialità, e al tempo stesso la sua essenziale polarità di fronte a ciò che siamo come pensiero, desiderio, sentimento: ciò che intendiamo col termine anima. Come esplicita il titolo stesso, il film ci parla del nostro “di fuori” e del nostro “di dentro” e ce ne parla attraverso una storia asciutta, scabra, ma delicatissima e potente, che si regge in un difficile equilibrio tra un versante romantico-onirico ed un altro prosaico e problematico.
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Poteva la storia svolgersi in altro contesto che non fosse un mattatoio di Budapest? Sì, indubbiamente, però il fatto che come location sia stato scelto quel luogo di distruzione di vite e di corpi, serve a ricordarci l’importanza della nostra materialità, e al tempo stesso la sua essenziale polarità di fronte a ciò che siamo come pensiero, desiderio, sentimento: ciò che intendiamo col termine anima. Come esplicita il titolo stesso, il film ci parla del nostro “di fuori” e del nostro “di dentro” e ce ne parla attraverso una storia asciutta, scabra, ma delicatissima e potente, che si regge in un difficile equilibrio tra un versante romantico-onirico ed un altro prosaico e problematico. Le scene si svolgono quasi completamente in interni, della capitale ungherese non filtra una sola immagine qualificante, riprese con maestria fotografica: da notare in particolare quelle dell’abitazione di Maria, la protagonista, un’abitazione estremamente linda, spoglia, ordinata, pallida, silenziosa, vera immagine dell’apparenza del suo carattere.
Le scene iniziali sono le più crude, in particolare quella di una mucca cui l’addetto ha chiuso il collo in una specie di garrota metallica a scatto, che tenga ferma la bestia in attesa del colpo d’arma che la fulminerà. Il colpo poi arriva, nascosto al nostro sguardo, ma prima… Prima una scena di indicibile sofferenza e pietà ci pone di fronte al muso della bestia, che se ne sta immobile e immobile fissa l’obbiettivo, dunque noi, e indubbiamente c’interroga; non fa un verso, non si muove, forse sa cosa le arriverà fra un attimo, fra un secondo, forse fra dieci secondi…
A proposito di Maria, non mi pare sia stato rilevato ciò che secondo me è invece molto importante per dare significato alla storia tra lei, che di mestiere fa la responsabile del controllo qualità nel mattatoio, e Endre, il suo direttore amministrativo: ovvero il fatto che Maria sia sostanzialmente autistica. Enyedi ce lo fa capire illustrando diversi e numerosi sintomi e tic della protagonista: l’idiosincrasia a toccarsi e farsi toccare, la mania per la precisione (sa stimare a occhio se un vitello ha qualche millimetro di troppo di grasso), la mania per la pulizia (non sa trattenersi dal rimuovere briciole di pane dalla tovaglia), la sconfinata memoria di dettaglio (ricorda con estrema precisione le date più improbabili). Lei dunque è autistica ed è per questo che ha difficoltà a mettersi in relazione, mentre Endre, verso il quale sviluppa una silente e crescente passione, da lui ricambiata, è assai più vecchio e con un braccio paralizzato. Ciò che sembra accomunarli è l’atteggiamento compassato, l’eloquenza ridotta al minimo, la semplicità dei modi. Lui, il primo a incuriosirsi, cerca di attaccare bottone, durante brevi e rapsodici incontri a mensa, lei sta sulle sue, anche se si capisce che Endre non le è indifferente.
Tutto cambia, con un vero coup de théâtre, quando da un’indagine svolta da una psicologa, atta a far luce sulla scomparsa dai locali del mattatoio di una certa quantità di droga utile all’accoppiamento dei tori, salta fuori che Endre e Maria, più o meno ogni notte… sognano lo stesso sogno, nei minimi particolari! Da notare che nel sogno sono lui un cervo, lei una cerbiatta, immersi in un bosco invernale, bianco di neve, silente, e che si sfiorano appena il muso: un sogno casto. La cosa è tanto assurda che la psicologa, che dei due (come degli altri dipendenti) ha raccolto questi e altri particolari, crede comprensibilmente che i due si siano inventati tutto per prenderla in giro, e, alla risposta risentita e negativa dell’uno e dell’altra, decide di metterli insieme a confronto, facendo sentire a entrambi le registrazioni dei loro racconti onirici: è così che Endre e Maria arrivano a conoscere questa straordinaria “coincidenza”, che ovviamente coincidenza non può essere: è invece il loro modo di amarsi a distanza, separatamente, senza dirselo. E sono così sicuri del loro amore, seppure a distanza, che a un certo punto si danno appuntamento… a stanotte: cioè a quando si rivedranno in sogno, ognuno a casa sua, ognuno nel suo letto. Dopo, arrivano perfino a scriverli, i loro sogni, e a passarsi reciprocamente la minuta, così da avere la prova provata quanto, davvero, si trovino in assoluta sintonia.
La storia ha risvolti problematici, e drammatici, finché, nel finale, corpo e anima trovano il modo di rappacificarsi, di unirsi. È così che i due, che ora vivono insieme, si accorgono di non sognare più: perché non ne hanno più bisogno.
Film intenso, recitato benissimo, grande la scrittura e la regia della Enyedi, un Orso d’Oro di gran valore.
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eugenio
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mercoledě 11 aprile 2018
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la nascita e la morte dell'amore
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La costruzione di un amore.
La passione passo dopo passo.
E il sangue, la costante a tratti metaforica, a tratti reale, della pellicola dell’ungherese Ildikó Enyedi, vincitrice dell’Orso d’Oro all’ultimo Festival del cinema di Berlino.
Corpo e animaè il titolo di una commedia che sfugge ai canoni del semplice linguaggio d’amore. Non la sdolcinatezza del sentimento nella sua lontana voce, quanto un amore passionale, fatto di umori, di corpi, un amore fatto di anima, di cui ne viene mostrata la sua nascita, la sua crescita, la sua apparente ostilità, passo dopo passo.
Ambientato in un mattatoio, luogo paradigmatico di sangue e morte, in una struttura quasi ad “imbuto” dove gli operai in basso macellano mucche intontite e i dirigenti sopra, curano la qualità della carne secondo precisi standard, due persone, un uomo e una donna, si guardano, si studiano, si incontrano.
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La costruzione di un amore.
La passione passo dopo passo.
E il sangue, la costante a tratti metaforica, a tratti reale, della pellicola dell’ungherese Ildikó Enyedi, vincitrice dell’Orso d’Oro all’ultimo Festival del cinema di Berlino.
Corpo e animaè il titolo di una commedia che sfugge ai canoni del semplice linguaggio d’amore. Non la sdolcinatezza del sentimento nella sua lontana voce, quanto un amore passionale, fatto di umori, di corpi, un amore fatto di anima, di cui ne viene mostrata la sua nascita, la sua crescita, la sua apparente ostilità, passo dopo passo.
Ambientato in un mattatoio, luogo paradigmatico di sangue e morte, in una struttura quasi ad “imbuto” dove gli operai in basso macellano mucche intontite e i dirigenti sopra, curano la qualità della carne secondo precisi standard, due persone, un uomo e una donna, si guardano, si studiano, si incontrano.
Lui è un cinquantenne direttore finanziario con un braccio paralizzato, lei una slavata trentenne apatica e vagamente autistica, nuova responsabile della qualità. Si conoscono in mensa nell’atmosfera sapida di grigia mediocrità esistenziale, scoprono di avere qualcosa in comune, qualcosa che risale al mondo dell’incanto.
Nel transfert della disinibita psicologa, chiamata a diagnosticare i comportamenti degli operai del mattatoio (non è da tutti avere lo stomaco per resistere alla macellazione), i “due corpi” scoprono di avere un’anima in comune, quella del sogno.
Nella dimensione onirica di una foresta innevata, i due si incontrano, si “reincarnano” in cervi, si annusano, si toccano e cercano, insieme, in un percorso comune in cui rivedersi. Sono due anime solitarie quelle del film di Enyedi, in costante ricerca di una precisa affermazione, grazie al linguaggio universale dell’amore passionale improntato sulla pelle, sulla carne.
E non è un caso che il film insista sul corpo, superi l’impronta metafisica di un amore platonico, fatto di sguardi e pacifiche rivelazioni, per mostrarsi duro e spietato. Corpi squartati di animali portati al macello, corpi mercificati dal lavoro alienante, corpi devastati dalla spirale di violenza concentrica di un amore involuto, corpi che imparano a vivere attraverso l’amore.
Accostando dimensioni oniriche di un mondo ai limiti della realtà e rappresentazioni di cruda bellezza, Enyedi inquadra con intelligenza la scena ingabbiando il contesto e concentrandosi sulle buffe fasi del tentennamento, del corteggiamento amoroso a distanza fra i due protagonisti, delle iterazioni di gesti consumati dove il sangue, sempre lui, l’orrore, diventa emblema di un cuore che finalmente può riprendere a battere dopo l’agonia di un corpo cristallizzato da perenne tempo.
Un cuore, che in una bellissima scena, visivamente un quadro neoclassico di Jacques Luis David, “La morte di Marat”, palesa tutta la sua dolcezza nel patologico ensemble dei due protagonisti, i cui corpi si uniranno travolti dalla passione tale da annullare ogni “menomazione” psicologica e soprattutto fisica.
Film sensibile questo Corpo e anima, capace di alternare e rivitalizzare con dolcezza il piccolo mondo antico della funesta combattività amorosa, un film anomalo che muta dal semplice contesto di stucchevole commedia per farsi portatore di sani e dolorosamente vividi temi universali, un film per imparare nuovamente a guardarsi, ad amare e lasciarsi andare.
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venerdě 9 marzo 2018
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il desiderio dell'amore
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Due sconosciuti, un uomo e una donna che ignorano della reciproca esistenza, s'incontrano e s'innamorano nei loro sogni. Tutti gli ostacoli che impediscono loro di riconoscersi nella realtŕ scompaiono nel sogno. Abbandonato l'habitus sociale, spezzate le catene culturali, nello spazio onirico restano soltanto due animali: l'amore non č forse istinto e desiderio? Ma Enyedi non si ferma solo a questo: se il ruolo sociale rischia di disumanizzarci sostituendo i nostri desideri con pulsioni artificiali, fino a privarci della sola cosa che dia senso alla vita, l'amore, forse č necessario tornare al sč ancestrale/animale per riconoscere che tutto quello di cui abbiamo bisogno č essere amati e amare.
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Due sconosciuti, un uomo e una donna che ignorano della reciproca esistenza, s'incontrano e s'innamorano nei loro sogni. Tutti gli ostacoli che impediscono loro di riconoscersi nella realtŕ scompaiono nel sogno. Abbandonato l'habitus sociale, spezzate le catene culturali, nello spazio onirico restano soltanto due animali: l'amore non č forse istinto e desiderio? Ma Enyedi non si ferma solo a questo: se il ruolo sociale rischia di disumanizzarci sostituendo i nostri desideri con pulsioni artificiali, fino a privarci della sola cosa che dia senso alla vita, l'amore, forse č necessario tornare al sč ancestrale/animale per riconoscere che tutto quello di cui abbiamo bisogno č essere amati e amare. Entro una metafora biopolitica, offuscata dall'esercizio di molte forme di potere (socio-economica e culturale sulla comunitŕ, di vita e di morte sulla natura), la societŕ crea un'erotismo di plastica che togliendo ossigeno all'amore, frantuma vincoli e legami, confonde, isola e separa. L'umano rischia di scomparire ogni volta che si aliena dalla natura, l'amore si allontana ogni volta che pensiamo non sia destinato a noi.
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mauridal
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lunedě 5 marzo 2018
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cuori e vetrate infranti
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Un corpo , specie quello umano ha un linguaggio, un modo di parlare a sé e agli altri , e in questo film il linguaggio dei corpi del maschio e della femmina dialogano sul tema dell’amore ,. ,Infatti i due protagonisti , lui dirigente e lei una “diligente dipendente,” addetta al controllo qualità, dello stesso mattatoio dove entrambi lavorano , una sorta di fabbrica dove si macellano buoi e mucche in maniera tecnologicamente precisa , non conoscendosi conducono una condizione di solitaria esistenza , vivono una vita anaffettiva e i loro corpi comunicano un senso di blocco di statica paura ,dove lui è proprio bloccato in un braccio paralizzato , e lei mostra un blocco di relazione e di comunicazione con tutti.
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Un corpo , specie quello umano ha un linguaggio, un modo di parlare a sé e agli altri , e in questo film il linguaggio dei corpi del maschio e della femmina dialogano sul tema dell’amore ,. ,Infatti i due protagonisti , lui dirigente e lei una “diligente dipendente,” addetta al controllo qualità, dello stesso mattatoio dove entrambi lavorano , una sorta di fabbrica dove si macellano buoi e mucche in maniera tecnologicamente precisa , non conoscendosi conducono una condizione di solitaria esistenza , vivono una vita anaffettiva e i loro corpi comunicano un senso di blocco di statica paura ,dove lui è proprio bloccato in un braccio paralizzato , e lei mostra un blocco di relazione e di comunicazione con tutti. Il corpo dei due per buona parte della storia non esiste se non per la ordinaria sussistenza ,dormire, mangiare ,lavorare. Intanto le loro anime lavorano nella mente e soprattutto nei sogni notturni. Pur venendo in contatto, sfiorandosi sul posto di lavoro i due non si riconoscono, e solo per un caso, ad opera di un test psicologico effettuato per la fabbrica da una disinibita psicologa, i due scoprono di sognare l’identica scena , che poi è la scena iniziale del film , ovvero una grande foresta innevata con la sola presenza di due -cervi maschio e femmina che si annusano e mangiano foglie insieme. Questo sogno che i due corrispondenti corpi umani di lui e lei , fanno tutte le notti, in fondo è la rappresentazione dell’anima che in entrambi palpita , in cerca di una fusione amorosa con l’altro. I due si scoprono così , innamorati attraverso i sogni comuni ma resta il blocco dei corpi, intoccabili che nessuno riesce a sfiorare. La storia continua ,con vari tentativi di entrambi per entrare in contatto ma lui non riesce, e toccherà a lei di sbloccare il suo corpo, con una scelta traumatica. Dopo un rassegnato incontro in cui lui la disillude per un eventuale relazione tra corpi, lei infrange una porta a vetri e si immerge nella vasca da bagno tagliandosi le vene con un pezzo di vetro. Non sfugge che il diniego di lui ha abbondantemente già infranto cuore ed anima di lei , dunque anche il suo corpo deve lentamente dissolversi, ma , colpo di scena, mentre il colore rosso del sangue riempie la vasca in cui è immerso il corpo in fase morente , il film ha un guizzo , un colpo di coda, la famosa telefonata che ti salva la vita. E’ lui che la chiama inaspettatamente, e lei corre sanguinante a rispondere tappandosi le ferite con il nastro adesivo nell’unica scena esilarante del film , esilarante, sì ma decisiva per l’epilogo della storia, dove lui finalmente si decide a dichiarasi e lei che accetta di concedersi corpo e anima. La regista ungherese, Ildikò, anche sceneggiatrice del film si rivela una poetessa dei sentimenti nascosti che si devono rivelare infrangendo letteralmente dei tabù, sia nell’anima ma soprattutto nel corpo delle donne e degli uomini. Il film ha decisamente meritato il premio al festival di Berlino.(mauridal)
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mariarosa
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domenica 18 febbraio 2018
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film da vedere
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il film corpo e anima è molto bello, concordo con la recensione di angeloumana.
anche il commento finale mi sembra appropriato, vedendo il macello e come le mucche vengono uccise e subito dopo "lavorate" ricorda la catena di montaggio e ti riprometti di non comprare più carne.
anche la canzone che la protagonista ascolta nel finale del film si integra molto bene .
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kimkiduk
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domenica 18 febbraio 2018
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particolare .... forse troppo
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Film ungherese e quindi sicuramente diverso da quello che è il mediamente programmato.
Ma io amo la cinematografia dell'Est con le sue caratteristiche spesso di essenzialità. La ricerca del particolare, sin dall'inizio, con primi piani sulle mani, sugli oggetti, sui volti e su un pò tutto, affascina da subito.
La ricerca della caratterizzazione dei personaggi nelle loro particolarità e soprattutto nelle loro manie, quasi al limite della psichiatria, è meravigliosa.
Ma proprio qui forse il film eccede, nel creare una storia d'amore tra due persone non ai margini della società, ma ai margini loro stessi di sè stessi.
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Film ungherese e quindi sicuramente diverso da quello che è il mediamente programmato.
Ma io amo la cinematografia dell'Est con le sue caratteristiche spesso di essenzialità. La ricerca del particolare, sin dall'inizio, con primi piani sulle mani, sugli oggetti, sui volti e su un pò tutto, affascina da subito.
La ricerca della caratterizzazione dei personaggi nelle loro particolarità e soprattutto nelle loro manie, quasi al limite della psichiatria, è meravigliosa.
Ma proprio qui forse il film eccede, nel creare una storia d'amore tra due persone non ai margini della società, ma ai margini loro stessi di sè stessi.
Uno non sapendo condividere pienamente il suo difetto fisico e l'altra per la sua paura e fobia del confronto.
L'intrecciarsi del sogno che li lega, è un grande modo di farli incontrare, di far evidenziare le proprie difficoltà relazionali.
L'unico modo forse per farli incontrare, unire, capire e risolversi.
Alcune scene "forti" e molte scelte personali, non rendono certo occidentale la sceneggiatura.
Film da vedere assolutamente per un film diverso, da comprendere e da capire.
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