mauriziomeres
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sabato 1 aprile 2017
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i fantasmi entrano in rete
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Un buon film tratto da una serie fumettistica di notevole successo,che può dare molteplici interpretazioni in un cinema futuristico,sempre alla ricerca di un qualcosa di nuovo ma ancora ancorato nei racconti fumettistici soprattutto Giapponesi,dove la realtà più evidente è il totale dominio della rete,tutto passa attraverso l'assoluto controllo di quello che rimane dell'essere umano,la cibernetica entra nei nostri corpi ormai trasformati in macchine,il potere di un occultismo che che può ricalcare le perenni lotte tra il bene e il male,il pensiero umano riprogrammato solo per dare più potere ai dominatori del male in un mega network,la morte vista come cessazione di un processo d'innovazione cibernetica,in un complesso reset del pensiero.
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Un buon film tratto da una serie fumettistica di notevole successo,che può dare molteplici interpretazioni in un cinema futuristico,sempre alla ricerca di un qualcosa di nuovo ma ancora ancorato nei racconti fumettistici soprattutto Giapponesi,dove la realtà più evidente è il totale dominio della rete,tutto passa attraverso l'assoluto controllo di quello che rimane dell'essere umano,la cibernetica entra nei nostri corpi ormai trasformati in macchine,il potere di un occultismo che che può ricalcare le perenni lotte tra il bene e il male,il pensiero umano riprogrammato solo per dare più potere ai dominatori del male in un mega network,la morte vista come cessazione di un processo d'innovazione cibernetica,in un complesso reset del pensiero.
La sopravvivenza rimane nell'oblio in una nuvola,dove il proprio server diventa la tomba del proprio gost.
Ambientazione inimmaginabile con un senso di vuoto,il nulla in una città oleografica,che ritengo esagerata,come un luna park senza regole.
Buona interpretazione della Johansson,sempre più etichettata in un certo tipo di personaggio,con una resa interpretativa di spessore,forse incredula ma efficace nella sceneggiatura che gira tutta intorno alla sua figura.
Il film scorre abbastanza bene in una trama complessa solo dal punto di vista fantascientifico,ma semplice nel concetto umanitario.
Con un finale dove il regista uscendo fuori dallo schema del film ricorda che l'essere umano possiede un cuore è un anima buona.
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ciolo
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lunedì 10 aprile 2017
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bello.. più nella grafica che nei contenuti!
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Che cos'è il Ghost... è l'anima la sua unicità e tutti i ricordi che ci rendono diversi dalle macchine... ma nell'accezione di Shirow è anche porpio il "fantasma" di tutto questo in un mondo in cui è difficile distinguere l'uomo dalla macchina!. Questo è il messaggio del Manga e dei diversi anime, nel film non si va troppo in profondità, probabilmente per renderlo un prodotto accissibile al più ampio pubbblico possibile. La grafica del film è fantastica e vedendo Scarlet sembra di vedere il Maggiore... Molte scene poi sono come nell'Anime.. alla fine un bel prodtto impacchettato bene..ma poteva essere più profondo e onirico come nelle intenzioni dell'autore
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mattomarinaio
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martedì 11 aprile 2017
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un film piacevole ma di serie b
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GHOST IN THE SHELL è un film completo e dalla piacevole visione, ma riesce comunque a deludere molte aspettative del pubblico.
Da un lato abbiamo i fan, conquistati dalla precisa ricostruzione di alcune scene iconiche del film animato di Mamoru Oshii (da cui il film è liberamente tratto) ma delusi da una trama prevedibile e poco originale basata sulla tipica struttura del poliziesco americano.
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GHOST IN THE SHELL è un film completo e dalla piacevole visione, ma riesce comunque a deludere molte aspettative del pubblico.
Da un lato abbiamo i fan, conquistati dalla precisa ricostruzione di alcune scene iconiche del film animato di Mamoru Oshii (da cui il film è liberamente tratto) ma delusi da una trama prevedibile e poco originale basata sulla tipica struttura del poliziesco americano. Questi fan sono anche messi a dura prova da una protagonista molto più umana, e privata di quella freddezza che caratterizzava il Maggiore Kusanagi nella versione animata. Altra nota dolente per i fan è la scelta dell’attrice. Fortunatamente, le accuse di WhiteWashing riferite al fatto che, secondo alcuni, la protagonista dovesse essere giapponese, decadono completamente una volta che si viene a conoscenza della trama, ma i tecnici, i costumisti, i truccatori i fotografi, questa volta non sono stati in grado di sfruttare il potenziale di Scarlett Johansson, che risulta fisicamente inadatta al ruolo.
Da un altro lato abbiamo il pubblico amante del cinema fantastico , sempre in cerca di stimoli e nuove emozioni visive, deluso però nel trovarsi di fronte ad effetti speciali di bassa qualità. Dimentichiamoci il realismo delle panoramiche di Blade Runner (che compie 35 anni!!!), in questo Ghost in The Shell, la città, gli ologrammi pubblicitari, i dettagli dei corpi robotici, sono creati con una CGI ormai sorpassata, mentre l’automobile di Batou sembra un videogame per vecchie console portatili.
Una cosa incomprensibile è la scelta di non utilizzare il tema musicale originale durante la creazione del cyborg (opening che ormai è diventato un classico dell’animazione mondiale), cosa che fa subito pensare a motivi economici e mancanza di diritti , per poi inserirlo, a sorpresa, nei titoli di coda.
Infine c'è il pubblico medio, composto da curiosi. Ecco, nonostante quello che il trailer prometteva, il film è dedicato proprio a loro. A mio parere ci troviamo davanti ad un prodotto di basso costo, ma comunque dalla piacevole visione, soprattutto per il grande pubblico, grazie ad una storia classica molto occidentale e una regia pulita con un ritmo ben ponderato.
Un film di serie B. Per molti, ma non per gli amanti del genere.
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ratzo
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giovedì 13 aprile 2017
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mediocre , non per gli appassionati
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Il film di per se scorre fluido e regala momenti di speranza per il genere umano.... gli effetti speciali sono azzeccati e lei, la protagonista, è perfetta nella parte , allora? Allora stiamo guardando Ghost in the shell , non Robocop! La fama e la gloria della protagonista sono tali per un paio di ragioni : _non si sa chi sia ne da dove arrivi _deciderà di evolvere il proprio spirito umano fondendolo con uno spirito completamente artificiale (è l'individuo che farà evolvere il genere umano), liberandosi così dai vincoli legali e materiali che la obbligano al proprio corpo. Nel film tutto questo è preso e buttato nella spazzatura , per dare spazio ad un più rassicurante racconto dal lieto fine in stile "restiamo umani" cosa che probabilmente oggi va più di moda, rispetto ai tempi in cui venne concepito da Mamoru Oshii.
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Il film di per se scorre fluido e regala momenti di speranza per il genere umano.... gli effetti speciali sono azzeccati e lei, la protagonista, è perfetta nella parte , allora? Allora stiamo guardando Ghost in the shell , non Robocop! La fama e la gloria della protagonista sono tali per un paio di ragioni : _non si sa chi sia ne da dove arrivi _deciderà di evolvere il proprio spirito umano fondendolo con uno spirito completamente artificiale (è l'individuo che farà evolvere il genere umano), liberandosi così dai vincoli legali e materiali che la obbligano al proprio corpo. Nel film tutto questo è preso e buttato nella spazzatura , per dare spazio ad un più rassicurante racconto dal lieto fine in stile "restiamo umani" cosa che probabilmente oggi va più di moda, rispetto ai tempi in cui venne concepito da Mamoru Oshii. Non sono astioso nei confronti delle trame che stravolgono il racconto , ma qui si perde di senso quasi in toto. Se nel racconto di Oshii, il maggiore, è l'emblema del cyber femminismo, dell'abbatimento delle frontiere umane ed il tutto viene calato in un contesto completamente disilluso, menefreghista e sovrappopolato , nel film di Sanders la rilettura risulta ignorare lo spirito del racconto per accoglierne a piene mani solo il guscio e dandogli una veste più per le famiglie che per gli appassionati del genere. Il Maggiore Motoko Kusanagi consacra Mamoru Oshii fra quei mostri sacri della fantascienza cyberpunk come William Gibson, Katsuhiro Otomo, David Cronemberg ed altri , Sanders ricolloca Motoko fra le file degli X-men .... Come film poca roba lo salvano gli effetti speciali, ma c'è di meglio.....
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paolosalvaro
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mercoledì 5 aprile 2017
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un ghost meno filosofico e più adrenalinico
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Rivisitazione hollywoodiana di un celebre manga e film giapponese, il Ghost in the Shell americano diretto dell'inglese Rupert Sanders risulta com'era prevedibile assai meno profondo del prodotto originale ma risulta nonostante ciò gradevole. Ne risente di gran lunga l'arte narrativa, ne giovano in compenso molto l'azione e l'ambientazione cyberpunk. Sarebbe ora però di spiegare ai cattivi di turno che cercare di uccidere Takeshi Kitano è impossibile; quell'uomo è già immortale di suo ed in più in questo film è in modalità Sonatine, per capirci! Detto questo, l'interpretazione di Scarlett Johansson mi è molto piaciuta; l'esperienza accumulata nel corso degli anni nei panni della vedova nera ed in quelli di Lucy nel film di Luc Besson l'hanno resa un'attrice perfetta per il ruolo del maggiore.
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Rivisitazione hollywoodiana di un celebre manga e film giapponese, il Ghost in the Shell americano diretto dell'inglese Rupert Sanders risulta com'era prevedibile assai meno profondo del prodotto originale ma risulta nonostante ciò gradevole. Ne risente di gran lunga l'arte narrativa, ne giovano in compenso molto l'azione e l'ambientazione cyberpunk. Sarebbe ora però di spiegare ai cattivi di turno che cercare di uccidere Takeshi Kitano è impossibile; quell'uomo è già immortale di suo ed in più in questo film è in modalità Sonatine, per capirci! Detto questo, l'interpretazione di Scarlett Johansson mi è molto piaciuta; l'esperienza accumulata nel corso degli anni nei panni della vedova nera ed in quelli di Lucy nel film di Luc Besson l'hanno resa un'attrice perfetta per il ruolo del maggiore. Vederla recitare insieme ad una leggenda come Juliette Binoche è stata una grande emozione, sebbene la sceneggiatura di questo film non abbia concesso al loro talento di esprimersi al meglio; ciononostante è una sceneggiatura semplice ma che sa di esserlo e dunque giustamente punta molto più sulle scene d'azione che su quelle di riflessione. Ho sentito inoltre una colonna sonora abbastanza ispirata, una fotografia da non buttar via, dei buoni effetti speciali ed una regia forse non virtuosa ma adatta al film. Nonostante vengano usati forse alcuni clichè di troppo, ciò che risulta è nel complesso un buon film che si armonizza perfettamente con l'opera di riferimento, omaggiandola e senza mancare di rispetto ad essa. Nel complesso è uno di quei film che non eccelle in nessuno dei campi ma che sfrutta decentemente il materiale a disposizione; a me non è affatto dispiaciuto.
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micron-surf
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sabato 8 aprile 2017
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la lunga agonia del cyberpunk
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Un impianto grafico notevole ed elaborato non può bastare, da solo, a salvare un'opera che pare più basata su Terminator che sullo "Zen tecnologico" originale. Anche perché questo avveniristico impianto grafico è stato già visto e rivisto ed ha costituito l'immaginario futuristico di quasi due generazioni precedenti a questa; mi riferisco a Blade Runner, ma anche e sopratutto a Neuromante, il capolavoro di W. Gibson, che non ebbe a suo tempo "l'onore" di un adattamento cinematografico.
Ambientazione giapponese, illuminazione artificiale, innesti biotecnologici, occhiali a specchio, e via dicendo: in questo senso, forse, Ghost in the Shell si fa indirettamente carico di questo arduo compito, purtroppo impensabile tra le rigide maglie dei blockbuster americani.
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Un impianto grafico notevole ed elaborato non può bastare, da solo, a salvare un'opera che pare più basata su Terminator che sullo "Zen tecnologico" originale. Anche perché questo avveniristico impianto grafico è stato già visto e rivisto ed ha costituito l'immaginario futuristico di quasi due generazioni precedenti a questa; mi riferisco a Blade Runner, ma anche e sopratutto a Neuromante, il capolavoro di W. Gibson, che non ebbe a suo tempo "l'onore" di un adattamento cinematografico.
Ambientazione giapponese, illuminazione artificiale, innesti biotecnologici, occhiali a specchio, e via dicendo: in questo senso, forse, Ghost in the Shell si fa indirettamente carico di questo arduo compito, purtroppo impensabile tra le rigide maglie dei blockbuster americani.
Sotto quest'ottica, il film è irrilevante ed il budget totalmente ingiustificato. Chi sentiva veramente il bisogno di rivedere la stessa pappa grafica cyberpunk stile Johnny Mnemonic, se lo scopo non era il dare uno sguardo alle implicazioni filosofiche del primo film targato 1995, alla luce dei recentissimi sviluppi dell'informatica?
Perché le tematiche cyberpunk erano già datate quando uscì il primo Ghost in the Shell; l'indito, semmai, fu costituito da una colonna sonora di rottura e da uno spessore filosofico quasi mai visto e paragonabile alle speculazioni scientifiche di autori come Bruce Sterling. Svuotato di ciò, anche l'anime del 1995 diveniva irrilevante. Perciò, ripeto: che bisogno c'era?
Non mi vanno giù nemmeno i biechi tentativi di giustificare la scelta di Scarlett Johansson, che posso spiegarmi solo tirando in ballo la malafede dei competenti recensori..
La sensazione è che un film di tale spessore sia stato rispolverato di recente solo alla luce di questo dilagante femminismo cinematografico disneyano da quattro soldi, in teoria apprezzabile ma ormai urticante, che a quanto pare muove ingenti somme ed ha costantemente bisogno di eroine indomabili e indipendenti. Qualcuno deve avere notato nel dimenticatoio digitale il nostro amato Maggiore, leccandosi i baffi nel notare il ruolo di protagonista indiscusso, la disarmante forza fisica, l'indomabile coraggio e l'ampio respiro filosofico (subito cestinato).
E chi se ne frega se l'uso di un personaggio femminile nell'opera di Oshii stava probabilmente ad indicare una rinascita ed evoluzione dell'Uomo dal suo utero tecnologico, se il Maggiore simboleggiava la fertilità di un grembo cibernetico (di grande effetto le scene come quella della immersione e della rinascita).
Il senso di spendere e spandere per ottenere un film "ridimensionato" rispetto all'originale, o l'ennesimo "omaggio" che avrebbe stufato un po' tutti, prima o poi spero qualcuno me lo spiegherà senza fare ricorso a discorsi "di botteghino" .
Nel frattempo, chi ha il palato fino rimarrà quieto ad aspettare che il cinema fantascientifico la smetta di essere citazione e rimpianto per ritornare quel poco di avanguardia e innovazione della cultura pop.
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fabius
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domenica 9 aprile 2017
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spettacolare, visionario forse un nuovo step nella fantascienza post-matrix
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Inutile dilungarsi sulla trama, pur intrigante ed interessante (e con echi etico-sociali non da poco): va visto per almeno tre motivi. In primis perchè è filologicamente vicino allo spirito del man-ga originale (salvo un paio di concessioni, che però stonano senza disturbare); poi, perchè è decisamente ben strutturato, ben diretto e degno precipitato dello spirito dreamworks, che inventa ma non inquìna. Infine - ma non da ultimo - perchè siamo forse allo step successivo della fantascienza su grande schermo(cyberpunk o meno, importa poco): il post-Matrix colorato da un background blade runner. Decisamente da vedere.
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andreagiostra
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domenica 16 aprile 2017
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un'anima imprigionata in un guscio!
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Il fantascientifico film di Sanders è un libero remake del “Ghost in the Shell” di Mamoru Oshii del 1995, presentato al Festival di Venezia di allora, e in concorso al Festival di Cannes del 2004 con il sequel“Innocence” (tradotto dalla distribuzione italiana con “Ghost in the Shell: L'Attacco dei Cyborg”), che vide una produzione nipponico-britannica. La sceneggiatura del ’95, porta la firma di Masamune Shirow e Kazunori Ito. Il Film, per certi versi, fu destrutturante nella rielaborazione dell’approccio cyber-punk occidentale e innescava nello spettatore elementi di riflessione sulla probabile evoluzione cibernetica futuristica dell’essere umano dell’anno 2029.
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Il fantascientifico film di Sanders è un libero remake del “Ghost in the Shell” di Mamoru Oshii del 1995, presentato al Festival di Venezia di allora, e in concorso al Festival di Cannes del 2004 con il sequel“Innocence” (tradotto dalla distribuzione italiana con “Ghost in the Shell: L'Attacco dei Cyborg”), che vide una produzione nipponico-britannica. La sceneggiatura del ’95, porta la firma di Masamune Shirow e Kazunori Ito. Il Film, per certi versi, fu destrutturante nella rielaborazione dell’approccio cyber-punk occidentale e innescava nello spettatore elementi di riflessione sulla probabile evoluzione cibernetica futuristica dell’essere umano dell’anno 2029.
La produzione statunitense del 2017 riprende proprio quell’importante concetto, lo fa proprio e pone allo spettatore, ovviamente in modo indiretto, una serie di domande interessanti ed inquietanti al contempo: Cosa succede se è l’intero corpo ad essere sostituito da un robot indistruttibile con all’interno un cervello umano perfettamente funzionante? Cosa si innesca nelle dinamiche soci-relazionali di questo essere imprigionato in uno shell (guscio) con poteri straordinari? Qual è l’evoluzione psicologica di un uomo-robot-cybernetico che prova emozioni e sentimenti (ghost) che non possono trovare corrispondenza e conforto negli altri esseri umani? Qual è la solitudine che si sperimenta e come la si può superare? Quali sono i margini di libertà che ad un essere di siffatta natura restano per esercitare il suo “libero arbitrio”?
Sono questi i dilemmi che scaturiscono dalla visione del film, che la sceneggiatura di Jonathan Herman e Jamie Moss, con la regia di Sanders, pongono allo spettatore.
L’interpretazione di Scarlett Johansson, il Maggiore, è eccellente. Quale membro operativo della Task Force Sezione 9, ha il compito di combattere il terrorismo di un mondo futuristico, già ben descritto da Ridley Scott con il suo meraviglioso Blade Runner del 1982. Il nemico principale, da trovare e da uccidere ad ogni costo, è il potente, indefinito e imprendibile Kuze (Michael Pitt), un misterioso terrorista che la Section 9, coordinata-operativamente proprio dal Maggiore, ha il compito di scovare ed eliminare. Quello che però emerge lentamente, è che Kuze non è altro che l’ultimo delle decine di esperimenti cybernetici condotti negli anni dalla scienziata Dott.ssa Quelet (Juliette Binoche) della Hanka Robotics, per riuscire alla fine a costruire l’essere perfetto e indistruttibile – il Maggiore appunto! - venduto al Governo per potenziare l’anti-terroristica Section 9 al cui comando c’è il potente e furbissimo Daisuke Aramaki (interpretato in lingua giapponese dal bravo Takeshi Kitano).
Ma è dall’imprevedibile ed improbabile incontro tra il Maggiore e Kuze che viene svelata la loro vera natura e tutto quello che c’è dietro alla Section 9 e i relativi esperimenti della Hanka Robotics. Ma tutto questo lo spettatore lo vedrà al cinema!
Il film, con la sua interessante narrazione cinematografica, sviluppa una serie di elementi che arricchiscono la visione rendendo indubbiamente affascinante ed attraente la visione per gli amanti cinefili del genere fanta-scientifico condito con componenti futuristici, sperimentali, riflessivi, robotici, cybernetici, ma anche psico-dinamici e introspettivi.
Con “Ghost in the Shell” del 2017 è iniziato un nuovo sequel fantascientifico? Lo vedremo negli anni a venire. Quello che è certo, è che la produzione statunitense non ha badato a spese e all’utilizzo di innovative e costosissime tecnologie informatiche cinematografiche per riuscire a creare un prodotto di alta qualità che certamente sarà apprezzato da chi ama questo genere filmico.
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