mattomarinaio
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martedì 11 aprile 2017
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un film piacevole ma di serie b
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GHOST IN THE SHELL è un film completo e dalla piacevole visione, ma riesce comunque a deludere molte aspettative del pubblico.
Da un lato abbiamo i fan, conquistati dalla precisa ricostruzione di alcune scene iconiche del film animato di Mamoru Oshii (da cui il film è liberamente tratto) ma delusi da una trama prevedibile e poco originale basata sulla tipica struttura del poliziesco americano.
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GHOST IN THE SHELL è un film completo e dalla piacevole visione, ma riesce comunque a deludere molte aspettative del pubblico.
Da un lato abbiamo i fan, conquistati dalla precisa ricostruzione di alcune scene iconiche del film animato di Mamoru Oshii (da cui il film è liberamente tratto) ma delusi da una trama prevedibile e poco originale basata sulla tipica struttura del poliziesco americano. Questi fan sono anche messi a dura prova da una protagonista molto più umana, e privata di quella freddezza che caratterizzava il Maggiore Kusanagi nella versione animata. Altra nota dolente per i fan è la scelta dell’attrice. Fortunatamente, le accuse di WhiteWashing riferite al fatto che, secondo alcuni, la protagonista dovesse essere giapponese, decadono completamente una volta che si viene a conoscenza della trama, ma i tecnici, i costumisti, i truccatori i fotografi, questa volta non sono stati in grado di sfruttare il potenziale di Scarlett Johansson, che risulta fisicamente inadatta al ruolo.
Da un altro lato abbiamo il pubblico amante del cinema fantastico , sempre in cerca di stimoli e nuove emozioni visive, deluso però nel trovarsi di fronte ad effetti speciali di bassa qualità. Dimentichiamoci il realismo delle panoramiche di Blade Runner (che compie 35 anni!!!), in questo Ghost in The Shell, la città, gli ologrammi pubblicitari, i dettagli dei corpi robotici, sono creati con una CGI ormai sorpassata, mentre l’automobile di Batou sembra un videogame per vecchie console portatili.
Una cosa incomprensibile è la scelta di non utilizzare il tema musicale originale durante la creazione del cyborg (opening che ormai è diventato un classico dell’animazione mondiale), cosa che fa subito pensare a motivi economici e mancanza di diritti , per poi inserirlo, a sorpresa, nei titoli di coda.
Infine c'è il pubblico medio, composto da curiosi. Ecco, nonostante quello che il trailer prometteva, il film è dedicato proprio a loro. A mio parere ci troviamo davanti ad un prodotto di basso costo, ma comunque dalla piacevole visione, soprattutto per il grande pubblico, grazie ad una storia classica molto occidentale e una regia pulita con un ritmo ben ponderato.
Un film di serie B. Per molti, ma non per gli amanti del genere.
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cristian
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martedì 11 aprile 2017
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conservare l'anima.
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Adattamento live action dell’omonimo manga del 1989 di Masamune Shirow, Ghost in the Shelldi Rupert Sanders (Biancaneve e il cacciatore) è un prodotto che piace ma che non osa strafare, seppure la profondità di base del tema richiedesse al regista almeno un po’ più di coraggio. Sceneggiatura di Jamie Moss (La notte non aspetta) e William Wheeler (L’imbroglio) poco accattivante nei dialoghi ma comunque ordinata e ben gestita in fase di montaggio. Fotografia di Jess Hall (Hot Fuzz; Due cuori e una provetta; Transcendence). Musiche di Clint Mansell (Requiem for a Dream; The Wrestler; Moon; Il cigno nero; Foster; Noah).
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Adattamento live action dell’omonimo manga del 1989 di Masamune Shirow, Ghost in the Shelldi Rupert Sanders (Biancaneve e il cacciatore) è un prodotto che piace ma che non osa strafare, seppure la profondità di base del tema richiedesse al regista almeno un po’ più di coraggio. Sceneggiatura di Jamie Moss (La notte non aspetta) e William Wheeler (L’imbroglio) poco accattivante nei dialoghi ma comunque ordinata e ben gestita in fase di montaggio. Fotografia di Jess Hall (Hot Fuzz; Due cuori e una provetta; Transcendence). Musiche di Clint Mansell (Requiem for a Dream; The Wrestler; Moon; Il cigno nero; Foster; Noah). Come già dimostrato in Under the Skin e Lucy, Scarlett Johansson è abilissima nell’interpretare un personaggio al limite dell’umanità come quello del Maggiore Mira Killian, protagonista assoluto della pellicola.
La Hanka Robotics, guidata da Cutter (Peter Ferdinando), gestisce un’organizzazione antiterrorismo cibernetico, la Sezione 9, capitanata dal Maggiore Mira Killian (Scarlett Johansson). Mira è un soggetto che, a seguito di un incidente, ha ricevuto un corpo interamente artificiale, riuscendo però a conservare il ghost, ovvero la sua anima. La Hanka Robotics dà il compito alla Sezione 9 di eliminare Kuze (Michael Pitt), un cyber terrorista dalle intenzioni poco chiare ma assassine. Sarà proprio Kuze, in qualche modo, a sollecitare la parte ancora umana della protagonista, la quale avrà a fare con vecchi e confusi ricordi di un passato da ricostruire.
Essendo venuto a conoscenza del prodotto Ghost in the Shell grazie all’uscita del film parlerò soltanto di questo, impossibilitato a fare riferimenti al manga di Shirow o all’anime che ne è seguito di Mamoru Oshi. Il secondo film diretto da Rupert Sanders è uno sci-fi ambientato in un futuro imprecisato ma che oramai ci sembra così vicino da poterne percepire la presenza, con la tecnologia che divora a mano a mano ogni aspetto del vivere umano. La pellicola è senz’altro più che buona e tiene alta l’attenzione dello spettatore per tutta la sua durata, seppur senza slanci emotivi. Il ritmo dell’azione è abbastanza sostenuto grazie a scene di lotta godibili, a pause dedicate ai dialoghi e alle svolte di trama, il tutto perfettamente amalgamato. La Johansson veste egregiamente i panni del Maggiore Killian, un essere in parte umano e in parte macchina che usa i suoi potenziamenti al servizio della Hanka Robotics. I personaggi che ruotano attorno a lei, compreso il villain, risultano però abbastanza inconsistenti, a parte Batou, interpretato da un ottimo Pilou Asbaek, che invece riesce ad assumere una propria tridimensionalità. Mira è, dunque, il protagonista assoluto di questa pellicola che soffre di una certa superficialità rispetto a quello che il piatto, pieno di primizie, aveva da offrire in partenza. Siamo di fronte ad un’umanità che accoglie volentieri e brama per sé la tecnologia, diventata così intrusiva nella vita di ognuno da essere in grado addirittura di sostituire parti del corpo umano, potenziare alcune facoltà come la memoria e le capacità di comprensione. L’uomo, nella sua smania deviata di progresso e nell’insoddisfazione per la propria natura imperfetta, si lascia colpire dall’onda tecnologica, ma non riesce comunque a fare a meno di dare ascolto a quella voce interiore che grida di non rinunciare alla propria umanità. La trama di Ghost in the Shell è abbastanza semplice e lineare e purtroppo, per colpa di trailer troppo rivelatori, pure conosciuta in alcune parti che forse sarebbe stato meglio tenere celate per usarle come punti di svolta della storia, di modo da impegnare un po’ di più il pubblico. Le atmosfere cupe e le ambientazioni della città futuristica in cui si svolge l’azione, con questi enormi pannelli virtuali pubblicitari in 3D, ricordano in qualche modo quelle di The Zero Theorem ma, a differenza di questo, sono qui troppo eteree e restano intangibili. Rimangono sconosciute le condizioni di vita di una società certo degradata a livello morale. Insomma, i personaggi agiscono in un ambiente che non comunica ma fa da semplice palcoscenico per le mirabolanti azioni del Maggiore Killian. Come regola classica comanda, la base della storia richiede la riscoperta di un passato sepolto che deve essere disseppellito, quello di Mira Killian ovviamente, e il tutto avviene con buone scelte di tempo. Lode a Scarlett Johansson, autrice di un’ottima prova che ha senz’altro alzato il livello della pellicola. La bella attrice statunitense riesce ad essere intensa ed espressiva quando deve far emergere il lato umano, mentre risulta fredda e priva di emozioni quando è il suo io robotico ad essere coinvolto. In sostanza, Ghost in the Shell è un film godibile seppure, ripeto, viste le implicazioni sociali che il tema dell’invasione tecnologica comporta, abbastanza superficiale e non approfondito in certi aspetti. Non so come gli amanti del manga e dell’anime abbiano accolto questa pellicola ma è comunque evidente il poco coraggio avuto da Sanders, troppo conscio del pericolo di intaccare un prodotto già solido, nell’affrontare certi temi, tenendosi dunque sul vago e facendo di Ghost in the Shell un classico, e buono, sci-fi d’azione che non ha intenzione di scontentare nessuno.
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ciolo
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lunedì 10 aprile 2017
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bello.. più nella grafica che nei contenuti!
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Che cos'è il Ghost... è l'anima la sua unicità e tutti i ricordi che ci rendono diversi dalle macchine... ma nell'accezione di Shirow è anche porpio il "fantasma" di tutto questo in un mondo in cui è difficile distinguere l'uomo dalla macchina!. Questo è il messaggio del Manga e dei diversi anime, nel film non si va troppo in profondità, probabilmente per renderlo un prodotto accissibile al più ampio pubbblico possibile. La grafica del film è fantastica e vedendo Scarlet sembra di vedere il Maggiore... Molte scene poi sono come nell'Anime.. alla fine un bel prodtto impacchettato bene..ma poteva essere più profondo e onirico come nelle intenzioni dell'autore
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fabius
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domenica 9 aprile 2017
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spettacolare, visionario forse un nuovo step nella fantascienza post-matrix
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Inutile dilungarsi sulla trama, pur intrigante ed interessante (e con echi etico-sociali non da poco): va visto per almeno tre motivi. In primis perchè è filologicamente vicino allo spirito del man-ga originale (salvo un paio di concessioni, che però stonano senza disturbare); poi, perchè è decisamente ben strutturato, ben diretto e degno precipitato dello spirito dreamworks, che inventa ma non inquìna. Infine - ma non da ultimo - perchè siamo forse allo step successivo della fantascienza su grande schermo(cyberpunk o meno, importa poco): il post-Matrix colorato da un background blade runner. Decisamente da vedere.
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gustibus
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domenica 9 aprile 2017
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tecnologia raffinata!
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Non mi aspettavo di vedere un film cosi'bello!...meravigliato al massimo!..un cervello umano in un corpo robotizzato e cibernetico.Tutto ruota attorno a questi due elementi.Complimenti al regista Sanders che sembra quasi impossibile trasformare il fumetto anni 90"Ghost in the Shell"...invece ce' riuscito con un film splendido.Raffinato nelle immagini..iper tecnologico ma che ti esalta per l'umanita'che ripercorre tutta la storia senza mai annoiare!Ottima la Johansson..il racconto e 'tutta una delizia anche per chi non ama la fantascienza.Da vedere!rimarrete esterrefatti!!
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micron-surf
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sabato 8 aprile 2017
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la lunga agonia del cyberpunk
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Un impianto grafico notevole ed elaborato non può bastare, da solo, a salvare un'opera che pare più basata su Terminator che sullo "Zen tecnologico" originale. Anche perché questo avveniristico impianto grafico è stato già visto e rivisto ed ha costituito l'immaginario futuristico di quasi due generazioni precedenti a questa; mi riferisco a Blade Runner, ma anche e sopratutto a Neuromante, il capolavoro di W. Gibson, che non ebbe a suo tempo "l'onore" di un adattamento cinematografico.
Ambientazione giapponese, illuminazione artificiale, innesti biotecnologici, occhiali a specchio, e via dicendo: in questo senso, forse, Ghost in the Shell si fa indirettamente carico di questo arduo compito, purtroppo impensabile tra le rigide maglie dei blockbuster americani.
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Un impianto grafico notevole ed elaborato non può bastare, da solo, a salvare un'opera che pare più basata su Terminator che sullo "Zen tecnologico" originale. Anche perché questo avveniristico impianto grafico è stato già visto e rivisto ed ha costituito l'immaginario futuristico di quasi due generazioni precedenti a questa; mi riferisco a Blade Runner, ma anche e sopratutto a Neuromante, il capolavoro di W. Gibson, che non ebbe a suo tempo "l'onore" di un adattamento cinematografico.
Ambientazione giapponese, illuminazione artificiale, innesti biotecnologici, occhiali a specchio, e via dicendo: in questo senso, forse, Ghost in the Shell si fa indirettamente carico di questo arduo compito, purtroppo impensabile tra le rigide maglie dei blockbuster americani.
Sotto quest'ottica, il film è irrilevante ed il budget totalmente ingiustificato. Chi sentiva veramente il bisogno di rivedere la stessa pappa grafica cyberpunk stile Johnny Mnemonic, se lo scopo non era il dare uno sguardo alle implicazioni filosofiche del primo film targato 1995, alla luce dei recentissimi sviluppi dell'informatica?
Perché le tematiche cyberpunk erano già datate quando uscì il primo Ghost in the Shell; l'indito, semmai, fu costituito da una colonna sonora di rottura e da uno spessore filosofico quasi mai visto e paragonabile alle speculazioni scientifiche di autori come Bruce Sterling. Svuotato di ciò, anche l'anime del 1995 diveniva irrilevante. Perciò, ripeto: che bisogno c'era?
Non mi vanno giù nemmeno i biechi tentativi di giustificare la scelta di Scarlett Johansson, che posso spiegarmi solo tirando in ballo la malafede dei competenti recensori..
La sensazione è che un film di tale spessore sia stato rispolverato di recente solo alla luce di questo dilagante femminismo cinematografico disneyano da quattro soldi, in teoria apprezzabile ma ormai urticante, che a quanto pare muove ingenti somme ed ha costantemente bisogno di eroine indomabili e indipendenti. Qualcuno deve avere notato nel dimenticatoio digitale il nostro amato Maggiore, leccandosi i baffi nel notare il ruolo di protagonista indiscusso, la disarmante forza fisica, l'indomabile coraggio e l'ampio respiro filosofico (subito cestinato).
E chi se ne frega se l'uso di un personaggio femminile nell'opera di Oshii stava probabilmente ad indicare una rinascita ed evoluzione dell'Uomo dal suo utero tecnologico, se il Maggiore simboleggiava la fertilità di un grembo cibernetico (di grande effetto le scene come quella della immersione e della rinascita).
Il senso di spendere e spandere per ottenere un film "ridimensionato" rispetto all'originale, o l'ennesimo "omaggio" che avrebbe stufato un po' tutti, prima o poi spero qualcuno me lo spiegherà senza fare ricorso a discorsi "di botteghino" .
Nel frattempo, chi ha il palato fino rimarrà quieto ad aspettare che il cinema fantascientifico la smetta di essere citazione e rimpianto per ritornare quel poco di avanguardia e innovazione della cultura pop.
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mattomarinaio
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sabato 8 aprile 2017
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per molti, ma non per tutti.
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Per quanto la stampa lo stia etichettando come Flop commerciale, GHOST IN THE SHELL non è un brutto film, ma riesce a deludere praticamente tutte le aspettative del pubblico a cui sembrava rivolto.
Da un lato abbiamo i fan, conquistati dalla precisa ricostruzione di alcune scene iconiche del film animato di Mamoru Oshii (da cui il film è liberamente tratto) ma delusi da una trama prevedibile e poco originale basata sulla solita compagnia con dirigente doppiogiochista senza scrupoli + scoperta dell’inganno ai danni del protagonista + inevitabile diserzione + caccia al protagonista e risoluzione con lieto fine.
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Per quanto la stampa lo stia etichettando come Flop commerciale, GHOST IN THE SHELL non è un brutto film, ma riesce a deludere praticamente tutte le aspettative del pubblico a cui sembrava rivolto.
Da un lato abbiamo i fan, conquistati dalla precisa ricostruzione di alcune scene iconiche del film animato di Mamoru Oshii (da cui il film è liberamente tratto) ma delusi da una trama prevedibile e poco originale basata sulla solita compagnia con dirigente doppiogiochista senza scrupoli + scoperta dell’inganno ai danni del protagonista + inevitabile diserzione + caccia al protagonista e risoluzione con lieto fine. Questi fan sono anche messi a dura prova da una protagonista molto più umana, e privata da quella freddezza che caratterizzava il Maggiore Kusanagi nella versione animata. Altra nota dolente per i fan è la scelta dell’attrice. Le accuse di WhiteWashing riferite al fatto che, secondo alcuni, la protagonista dovesse essere giapponese, decadono completamente una volta che si viene a conoscenza della trama, ma i tecnici, i costumisti, i truccatori i fotografi, questa volta non sono stati in grado di sfruttare il potenziale di Scarlett Johansson, che risulta fisicamente inadatta al ruolo.
Da un altro lato abbiamo il pubblico amante del cinema fantastico , sempre in cerca di stimoli e nuove emozioni visive, deluso però nel trovarsi di fronte ad effetti speciali di bassa qualità. Dimentichiamoci il realismo delle panoramiche di Blade Runner (che compie 35 anni!!!), in questo Ghost in The Shell, la città, gli ologrammi pubblicitari, i dettagli dei corpi robotici, sono creati con una CGI ormai sorpassata, mentre l’automobile di Batou sembra un videogame per vecchie console portatili.
Una cosa incomprensibile è la scelta di non utilizzare il tema musicale originale durante la creazione del cyborg (opening che ormai è diventato un classico dell’animazione mondiale), che fa subito immaginare a motivi economici e mancanza di diritti , per poi segregarlo, a sorpresa, nei titoli di coda.
Infine c'è il pubblico medio, composto da curiosi. Ecco, nonostante quello che il trailer tentava di promettere, il film è dedicato proprio a loro. A mio parere ci troviamo davanti ad un prodotto di livello medio-basso, ma dalla piacevole visione, soprattutto per il grande pubblico, grazie ad una storia classica molto occidentale e una regia pulita con un ritmo ben ponderato.
Per molti, ma non per gli amanti del genere.
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paolosalvaro
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mercoledì 5 aprile 2017
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un ghost meno filosofico e più adrenalinico
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Rivisitazione hollywoodiana di un celebre manga e film giapponese, il Ghost in the Shell americano diretto dell'inglese Rupert Sanders risulta com'era prevedibile assai meno profondo del prodotto originale ma risulta nonostante ciò gradevole. Ne risente di gran lunga l'arte narrativa, ne giovano in compenso molto l'azione e l'ambientazione cyberpunk. Sarebbe ora però di spiegare ai cattivi di turno che cercare di uccidere Takeshi Kitano è impossibile; quell'uomo è già immortale di suo ed in più in questo film è in modalità Sonatine, per capirci! Detto questo, l'interpretazione di Scarlett Johansson mi è molto piaciuta; l'esperienza accumulata nel corso degli anni nei panni della vedova nera ed in quelli di Lucy nel film di Luc Besson l'hanno resa un'attrice perfetta per il ruolo del maggiore.
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Rivisitazione hollywoodiana di un celebre manga e film giapponese, il Ghost in the Shell americano diretto dell'inglese Rupert Sanders risulta com'era prevedibile assai meno profondo del prodotto originale ma risulta nonostante ciò gradevole. Ne risente di gran lunga l'arte narrativa, ne giovano in compenso molto l'azione e l'ambientazione cyberpunk. Sarebbe ora però di spiegare ai cattivi di turno che cercare di uccidere Takeshi Kitano è impossibile; quell'uomo è già immortale di suo ed in più in questo film è in modalità Sonatine, per capirci! Detto questo, l'interpretazione di Scarlett Johansson mi è molto piaciuta; l'esperienza accumulata nel corso degli anni nei panni della vedova nera ed in quelli di Lucy nel film di Luc Besson l'hanno resa un'attrice perfetta per il ruolo del maggiore. Vederla recitare insieme ad una leggenda come Juliette Binoche è stata una grande emozione, sebbene la sceneggiatura di questo film non abbia concesso al loro talento di esprimersi al meglio; ciononostante è una sceneggiatura semplice ma che sa di esserlo e dunque giustamente punta molto più sulle scene d'azione che su quelle di riflessione. Ho sentito inoltre una colonna sonora abbastanza ispirata, una fotografia da non buttar via, dei buoni effetti speciali ed una regia forse non virtuosa ma adatta al film. Nonostante vengano usati forse alcuni clichè di troppo, ciò che risulta è nel complesso un buon film che si armonizza perfettamente con l'opera di riferimento, omaggiandola e senza mancare di rispetto ad essa. Nel complesso è uno di quei film che non eccelle in nessuno dei campi ma che sfrutta decentemente il materiale a disposizione; a me non è affatto dispiaciuto.
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martedì 4 aprile 2017
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a me è piaciuto molto
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Devo ammettere che non ho mai letto il manga originale, ma questo film a me è piaciuto molto, soprattutto per la parete finale. La trama è complicata il giusto, e Scarlett è proprio azzeccata.
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ashtray_bliss
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lunedì 3 aprile 2017
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l'anima oltre l'involucro.
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In un futuro prossimo uomini e macchine saranno sempre più vicini e pressochè inscindibili. Le intelligenze artificiali e i corpi umani si fondono creando degli ibridi, o umanoidi, con capacità straordinarie mentre i loro corpi e le loro menti sono costantemente legate alla rete, ad Internet. In questo futuro tutto è digitale, tutto passa attraverso internet e la realtà virtuale e sempre più vicina e simile a quella vera. Queste sono le straordinarie premesse dell'ottimo, nonostante le aspettative e le recensioni divisive, Ghost in the Shell, che letteralmente significa °l'anima dentro l'involucro°.
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In un futuro prossimo uomini e macchine saranno sempre più vicini e pressochè inscindibili. Le intelligenze artificiali e i corpi umani si fondono creando degli ibridi, o umanoidi, con capacità straordinarie mentre i loro corpi e le loro menti sono costantemente legate alla rete, ad Internet. In questo futuro tutto è digitale, tutto passa attraverso internet e la realtà virtuale e sempre più vicina e simile a quella vera. Queste sono le straordinarie premesse dell'ottimo, nonostante le aspettative e le recensioni divisive, Ghost in the Shell, che letteralmente significa °l'anima dentro l'involucro°. Ovviamente questi sono gli elementi chiave dell'omonimo anime giapponese presto divenuto un vero e proprio punto di riferimento nella fumettistica, e ampliando, nell'immaginario fantascientifico futurista. Passando per alcuni adattamenti cinematografici nipponici negli anni '90 si arriva al giorno d'oggi dove a vestire i panni della protagonista cibernetica The Major (aka Motoko) troviamo una perfetta Scarlett Johansson che attraverso la sua avventura scoprirà importanti verità sul suo passato. La city, invece, dove si svolge l'azione riecheggia in modo impeccabile la Los Angeles di Blade Runner; una città cupa, caotica ed impersonale dominata dai grattacieli infiniti e dalle immagini pubblicitarie in 3D (i famosi ologrammi). In questo futuro freddo e impersonale la rete internet domina e controlla tutto ma quando un hacker potentissimo inizia ad impossessarsi dei sistemi della Hanka Corp. e ucciderne, fisicamente, i rappresentanti entra in scena la cyborg The Major, un agente governativo proveniente dalla sezione 9 della Sicurezza, col compito di scovare e uccidere il terrorista cibernetico. Durante la sua missione però l'agente inizierà ad avvertire dei glitch, piccoli malfunzionamenti del suo sistema raffiguranti immagini che la incuriosiscono e contemporaneamente la turbano. E poco poco, mentre si avvicinerà sempre di più alla risoluzione del mistero, la giovane Major scoprirà delle sconcertanti verità su se stessa e sui reali fini della Hanka Corp. La svolta a quel punto sarà decisiva e rappresenterà un punto di rottura con mondo che l'ha creata e quello dal quale proviene mettendola sulle traccie della sua vera identità e memoria.
E' vero dunque che la storia rappresentata nella pellicola in questione, e i quesiti che solleva, li abbiamo già visti altrove e da molti anni...Vi è un po' di Blade Runner, di Terminator, di I-robot e di ExMachina. Le domande poste sono sempre quelle: Potrà la Macchina superare l'Uomo, superare il suo creatore? E sopratutto potrà una macchina sviluppare una coscienza pari a quella umana? Essere dotata di un'anima propria? Nel caso di Ghost la risposta è affermativa dal momento che subito sappiamo che Major è un esemplare unico, una fusione funzionale tra l'uomo (il cervello) e la macchina (il corpo, l'involucro) ma le tematiche sono trattate in modo dignitoso e supportate da un'apparato visivo unico e originale che riesce a non sminuire o banalizzare tali quesiti. Ci sono dunque i debiti momenti di introspezione e quelli filosofici che invitano il pubblico a soffermarsi e pensare su quello che veramente potrebbe succedere nel futuro prossimo: non tanto la fusione tra uomo e macchina quanto il dominio assoluto e incontrovertibile della rete in ogni aspetto della vita umana, in grado di manipolare o azzerare le vite altrui, innestare false memorie ed infine spersonalizzare gli individui.
Ed ecco che allora si arriva all'epicentro della storia: la ricerca di se stessi, della propria identità, di ciò che ci rende persone uniche e ci distingue dalle macchine. Ritrovare se stessi, riscoprendo la propria anima e ancor di più, arrivare alla consapevolezza che l'anima, lo spirito, prevalgono sul nostro corpo, il quale naturale o artificiale che sia è soltanto un'involucro che non rispecchia quel che siamo veramente.
Filosofia e spunti etici dunque non mancano ma in Ghost in the Shell detiene una rappresentanza corposa anche la parte action: Coreografie d'azione, inseguimenti e sparatorie ben gestite e con un uso misurato degli effetti speciali (tranne che nella parte finale) garantiscono il divertimento del pubblico, mentre non mancano alcuni riusciti colpi di scena e una giusta dose di mistero e suspense che avvolge la storia. Ci sono anche momenti dove la tenerezza e la commozione raggiungo inaspettatamente alti livelli per uno sci-fi action movie (su tutte, la scena tra madre e figlia). Ma a rubare la scena, meritatamente sono anche la dettagliatissima scenografia; la ricostruzione impeccabile di questa neon city futuristica dove la tecnologia è onniprsente e regola nei minimi dettagli le esistenze degli individui. L'alto livello tecnologico raggiunto nel film è rappresentato in modo impeccabile e verosimile grazie all'ausilio di sfx all'avanguardia, tanto da portare lo spettatore ad una nuova esperienza visiva e sensoriale rendendolo quasi partecipe di questo miracolo, e contemporaneamente maledizione, del progresso tecnologico che azzera i confini tra realtà virtuale e autentica. Il tutto mentre seguiamo l'appassionante vicenda di una cyborg che lotta non tanto per salvare il mondo quanto per definire il suo posto nel mondo e riappropriarsi della sua identità. Buono anche il ritmo e le interpretazioni, inclusa la stupenda Johansson in un ruolo che le calza a pennello.
Personalmente l'ho trovato apprezzabilissimo e godibilissimo sia come forma che contenuti. 3.5 stelle meritate.
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