ashtray_bliss
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giovedì 23 marzo 2017
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il cinema arthouse al servizio di smith.
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L'opera prima di Adam Smith in ambito cinematografico ci trasporta nella periferia rurale e povera dell'Inghilterra, offrendo spunti di riflessione importanti verso un gruppo sociale spesso dimenticato, certamente emarginato e naturalmente problematico quale i nomadi (qui i nativi inglesi) ma senza mai riuscire in pieno a sfuggire dagli stereotipi che accompagnano quel determinato gruppo di persone.
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L'opera prima di Adam Smith in ambito cinematografico ci trasporta nella periferia rurale e povera dell'Inghilterra, offrendo spunti di riflessione importanti verso un gruppo sociale spesso dimenticato, certamente emarginato e naturalmente problematico quale i nomadi (qui i nativi inglesi) ma senza mai riuscire in pieno a sfuggire dagli stereotipi che accompagnano quel determinato gruppo di persone. Trespass against us (frase tratta dalla preghiera del 'Padre Nostro') e adatta molto bene in italiano come Codice Criminale offre agli spettatori uno spaccato molto vivido e interessante della vita un gruppo di fuorilegge, che vive in campi abusivi alle porte delle periferie grigiastre inglesi che sopravvivere dedicandosi a piccoli crimini, come furti e rapine, dando spesso e volentieri filo da torcere alla polizia locale.
Pregio notevole del film è che riesce a farti entrare nel vivo della situazione, rendendo ancora più verosimile l'interpretazione, grazie al frequente uso di un inglese gergale, scandito dal frequente intercalare idiomatico, e costituito da espressioni colloquiali in accenti regionali che catturano l'attenzione del pubblico e aggiungono all'opera la verosimiglianza necessaria. Ovviamente il merito va anche ad una sceneggiatura ben scritta e al lavoro di attori rinomati, di classe A, che non si sottraggono dal recitare in pellicole indipendenti di distribuzione limitata. Qui, vi troviamo infatti un perfetto Brendan Gleeson e un formidabile Michael Fassbender nei ruoli principali, rispettivamente di padre e figlio fuorilegge che vivono ostracizzati dalla società e al di fuori delle sue leggi. All'interno della comunità che si sono creati l'unica legge insindacabile è quella dettata dal despotico pater familias Col che regola le vite di tutti coloro che vivono all'interno, mentre la sua presenza si fa sempre più pressante e ingombrante nella vita del figlio maggiore Chad. Quest'ultimo è un uomo che ha vissuto in prima persona le deleterie conseguenze delle convinzioni anarchiche e antisociali del padre, non essendo mai andato a scuola e divenendo un caso raro ma lampante di analfabetismo strumentale. Chad infatti, non è in grado nè di leggere nè di scrivere. Eppure nel suo cuore è consapevole di non poter (e tanto meno dover) condannare allo stesso destino i propri figli. Spronato anche dalla moglie, Kelly, Chad cercherà di distaccarsi dal padre e dallo stile di vita fuorilegge che ha sempre caratterizzato la sua famiglia, spezzando finalmente quella catena inossidabile che lo lega al padre e alla criminalità. Eppure Chad non trova mai il momento giusto per affrontare il risoluto monarca del campo. La sua figura è onnipresente nelle vite di tutti, a partire da Chad, proseguendo col disturbato e infantile Tyson, finendo coi nipotini stessi che egli istiga alla malavita e li invita a boicottare il sistema scolastico.
Ad un certo punto avverà una svolta: un colpo grosso finito male metterà la polizia definitivamente sulle tracce dei Cutler. Questo singolare episodio chiamerà ognuno dei diretti interessati a rivalutare le loro priorità e il destino dei loro affetti più cari. Chad e Kelly, infatti, devono prendere delle serie decisioni riguardo al futuro dei propri figli, nel frattempo, rigettati dalla scuola elementare della cittadina. Ed è a questo punto che il film prende una svolta anticonformista e alquanto singolare, portando ognuno dei suoi protagonisti a confrontarsi con se stesso e con le proprie azioni, ma finendo per rivendicare, con fierezza e fermezza, la propria appartenenza comunitaria e il proprio stile di vita, anarchico e sregolato. Qui allora si ritrova la parte più debole della chiave di lettura di Smith, che non vuole mai distaccare completamente i suoi protagonisti da un fato prescritto e inespugnabile.
Attraverso Chad, Kelly e i figli si prospetta un cambiamento, una vita onesta all'orizzonte, ricca di cultura e sensibilità sociale. Ma alla fine, queste prospettive restano solo degli idoli allo specchio, delle proiezioni fasulle della cruda realtà che li circonda, e come tale è destinata a non realizzarsi mai. Significativa in tal senso la sequenza di chiusura del film che sigilla il rapporto padre-figlio ma che contemporaneamente passa le redini del malaffare e della vita sregolata e raminga alla generazione più giovane, destinata a ereditare un'esistenza fuori dagli schemi, fuori dalle regole del buon vivere ma anche fuori controllo, sotto ogni aspetto.
Dal un lato quindi ne esce un'elogio alla libertà, al vivere al di sopra delle strette regole socialmente imposte. Un'immagine affascinante e lontana dagli stereotipi che spesso accompagnano le convinzioni sul nomadismo che non riescono a essere abbattute. E questa scelta narrativa del regista è assolutamente originale, valida e apprezzabile, rappresentando un inno alle scelte di vita anticonformiste che racchiudono una libertà incondizionata, vitale ed emozionante, senza mai stigmatizzare i suoi protagonisti per le vite che conducono. Al contempo però non si fa altro che riciclare il solito, nauseabondo, cliché che chi pratica uno stile di vita fuori dagli schemi socialmente imposti, e nella fattispecie quello nomade, non può che dedicarsi al crimine ed essere un fuorilegge. Criminalità e ignoranza (nel senso stretto di analfabetismo) sono elementi che malauguratamente caratterizzano spesso tali comunità e Smith pare non voler distaccarsi da questa rappresentazione, senza lasciare aperto lo spiraglio di speranza per un domani migliore nemmeno per le nuove generazioni.
Questo è probabilmente l'aspetto più debole e fallace della pellicola, che tuttavia resta un prodotto altamente interessante e a tratti originale. In costante bilico tra un cop movie, con tanto di rocambolesche sequenze d'azione e corse in auto (bellissima la scena d'apertura del film), e un solido dramma famigliare, Smith indaga a modo suo diverse problematiche sociali e dinamiche generazionali mettendo a confronto tre generazioni di uomini ognuno dei quali è visceralmente legato all'altro e al destino che li unisce. Solo Chad oserà alzare la cresta, sfidando il padre e tutto ciò che egli rappresenta mettendo in discussione i loro valori e le loro attività. Ma il carattere irrequieto, autoritario e invasivo di quest'ultimo non permetterà che avvengano cambiamenti radicali all'interno della comune.
Trespass Against Us si pone quindi come un'esempio funzionante di cinema indipendente di ottima fattura, con tutti gli elementi tipici dell'arthouse: realismo sociale ed enfasi nei confronti dei protagonisti principali, logorati dai dubbi e dalle incertezze riguardanti il futuro proprio e dei figli (per Chad) più l'unità famigliare e del business (per Col). Coadiuvato da due formidabili interpreti del calibro di Brendan Gleeson e Michael Fassbender (che troviamo riuniti dopo averli visti nei medesimi ruoli anche in Assassin's Creed) insieme a un talentuoso Sean Harris, irriconoscibile e bravissimo qui nel ruolo del tormentato e problematico Tyson, la pellicola è sicuramente interessante e affascinante ma non riesce del tutto a lasciare un'impronta distintiva nel panorama cinematografico e nella memoria degli spettatori.
Resta comunque un'esordio notevole che regala un ruvido e crudo spaccato di una quotidianità british periferica, spesso dimenticata ma non per questo inesistente o meno problematica. Un film d'impatto, dunque, dal punto di vista dei contenuti ma anche dell'apparato tecnico, che tuttavia fallisce nell'intento di approfondire lo spinoso argomento del nomadismo in tutte le sue sfaccettature restando, pertanto, in superficie e optando per raccontare in modo sicuro e certo il dramma famigliare che unisce e logora i protagonisti. Merita comunque di essere visto e scoperto, sia per l'approccio sociale sia per le eccelse interpretazioni. Voto: 3,5/5.
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(di vanessa zarastro)
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loland10
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venerdì 30 giugno 2017
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dormiente...
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“Codice criminale” (Trepass Against Us, 2016) è il primo lungometraggio del regista inglese Adam Smith.
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“Codice criminale” (Trepass Against Us, 2016) è il primo lungometraggio del regista inglese Adam Smith.
Una pellicola che si addestra piacevolmente per chi saluta con alchimia propensa un’ambientazione grezza, periferica, sporca, polverosa e disabitata.
Una pellicola che si mette in mostra per essere accattivante per chi trova un giusto sguardo nel cast col duo Michael-Brendan precisi e opposti.
Film, invece, che arriva, stancamene alla fine, con corse, dormite, interrogatori, sbandate, educazioni e scoppi che non trovano un senso compiuto e alternativamente si annullano senza dirci oltre quasi a doverci richiamare all’attenzione che c’è un girato (forse..) non visto e una sceneggiatura incompiuta.
Lezione di cinema anomalo dove l’attore sposta la macchina da presa e dove l’inquadratura si compiace dei boschi e della natura quando il futile in più annulla l’utile in meno e le corse impazzite delle auto salutano un rally fuori strada e fuori onda.
Si inizia di corsa, un afflato con il pubblico (scarso in sala), si incentiva lo scambio dei personaggi e il loro mondo, si finisce con un compleanno, un regalo, un albero e uno sguardo verso di noi mentre una rete raccoglie (i cocci) pindarici di una famiglia unita. Ecco che il sentimento ‘sporco’ per nulla incisivo fa da sponda tra padre e figlio come tra Chad e Colby: quello trasmesso oltre lo schermo appare velleitario e alquanto privo di mordente. Non si ha l’ardore e la voglia di immedesimarsi nel contesto e tantomeno in individui poco costruiti e isolati. Le intenzioni (da cogliere qua e la) rimangono statuarie, crude e salomonicamente spente.
La caccia iniziale (senza badare a riprese simili modo ‘jurassiche’) appare già retrò e alquanto tecnica per un film povero e di poveracci, scheletrico e di periferia: forse una certa semplicità avrebbe fatto il paio con linguaggio sopra le righe e ambienti sottrattivi. Invece le corse non finiscono e le repliche sono anche faticose come un dejà-vu ripetitivo e riluttante; e il resto meno movimentato è privo di un vero linguaggio di scambio, di una ripresa di scontro e di uno spessore generazionale.
Chad Cutler (Michael Fassbender) vive con la moglie e i due figli mantenendo la baracca con rapine e crimine: vorrebbe uscire da tutto questo ma per il padre Colby (Brendan Gleeson) è un affronto alla ‘storia famigliare’ costruita sull’illegalità. Dall’auto in corsa, alla fuga a piedi e alla cima di un albero. La vita di Chad è attesa per una migliore per il figlio Tyson: deve andare a scuola per il padre mentre per il nonno l’ignoranza va bene per seguire le sue orme.
E per Colby il riferimento ‘cristiano’ è un pretesto a suo piacimento per farsi seguire e farsi piacere. Il luogo di culto diventa un culto personificato davanti all’immagine del Risorto. E usa termini evangelici per indirizzare la famiglia verso l’opposto: crimine e basta.
Si ha la sensazione, alla fine della proiezione, di aver visto poco e raccontato non bene con incongruenze paesaggi-attori. Il bosco che scorre alla fuga di Chad sembra l’apostrofo per un’altra vita, l’attesa di Colby seduto del figlio dopo una rapina sembra l’inizio di una battaglia, la corsa in auto con dietro i poliziotti sembra il cartoon ‘Cabret’ senza tempo, l’assolo sopra l’albero sembra un tv.movie sbiadito senza ‘calzelunghe’, il salto nel vuoto di padre e figlio sembra il sogno di un film che non c’è (o ancora da girare).
Michael Fassbender è certamente bravo ma farlo ignorante e senza un graffio è troppo, Brendan Gleeson ci ruba lo sguardo ma non ha capito che il suo vociare è a vuoto, il bambino Georgie Smith è convincente ma non rompe gli indugi per piacerci fino in fondo, Lyndsey Marshal è fin troppo con lo sguardo fisso che quasi taglia la cinepresa.
Regia non certo efficace e ordinaria.
Voto: 5/10.
p.s.: interruzione della pellicola (succede raramente…) a circa 20 minuti dalla fine, un segnale per un’uscita anticipata…
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elpiezo
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domenica 2 luglio 2017
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un viaggio profondo!!!
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Un clan di nomadi irlandesi vive ai margini della società attraverso furti ed espedienti illegali. Il contorto rapporto tra padre e figlio, l'educazione dei bambini, l'amore e l'amicizia al centro di una vicenda drammatica e contraddittoria dove i più comuni rapporti umani vacillano tra l'autorità familiare ed un ardente desiderio di evasione. Sorretto dalle prove degli ambigui protagonisti (Fassbender Gleeson), un film cupo e feroce, un profondo viaggio in una psiche umana graffiata da un'esistenza di crude sregolatezze.
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vanessa zarastro
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domenica 9 luglio 2017
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bande irlandesi
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E poi dicono dei Rom!
Ci sono gruppi, come quello della famiglia allargata di Colby e Chad Cutler, che vivono in piccole comunità seminomadi nel Regno Unito e che di giorno vanno a caccia e di notte rubano nelle case con macchine rubate anch’esse. Bianchi e cattolici di origine irlandese, criminali da generazioni e in continuo conflitto con la polizia, padre e figlio Cutler (strepitosa interpretazione di Brendan Gleeson Michael Fassbender!) vivono in uno spiazzo vicino al bosco nella campagna povera e rurale del Gloucestershire, dormendo in roulotte o in camion.
Colby ha le sue regole criminali, disprezza l’insegnamento scolastico, ha il mito della famiglia-branco in cui il maschio è forte, non ha incertezze, non fa trasparire emozioni e vive al di fuori delle leggi.
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E poi dicono dei Rom!
Ci sono gruppi, come quello della famiglia allargata di Colby e Chad Cutler, che vivono in piccole comunità seminomadi nel Regno Unito e che di giorno vanno a caccia e di notte rubano nelle case con macchine rubate anch’esse. Bianchi e cattolici di origine irlandese, criminali da generazioni e in continuo conflitto con la polizia, padre e figlio Cutler (strepitosa interpretazione di Brendan Gleeson Michael Fassbender!) vivono in uno spiazzo vicino al bosco nella campagna povera e rurale del Gloucestershire, dormendo in roulotte o in camion.
Colby ha le sue regole criminali, disprezza l’insegnamento scolastico, ha il mito della famiglia-branco in cui il maschio è forte, non ha incertezze, non fa trasparire emozioni e vive al di fuori delle leggi. Alla moglie di Chad che vorrebbe affrancarsi da suo potere di padre-padrone ricorda: «Cani e gatti spesso giocano insieme, ma alla fine a graffiarsi è il cane».
Chad è un guidatore provetto e scellerato, cresciuto senza istruzione e educato alle rigide regole della sopravvivenza dal padre, ha una moglie e due figli ed è combattuto tra seguire il modello di vita, l’unico che conosce peraltro, e cercare di proteggere i figli allontanandosi dalla tribù.
Un po’ non ha coraggio di contrastare del tutto il padre, un po’ non conosce delle vere alternative. Dopo un grosso colpo finito male, Chad si troverà braccato dai poliziotti e rifiutato dagli abitanti (non vogliono più accettare i suoi figli a scuola, e l’allevatore di cani non gli vuole neanche vendere un cucciolo per il settimo compleanno del figlio Tyson!). Ripiomberà nel modo di vita asociale e anarcoide tramandatogli dal padre.
Il film Trepass against us in originale, è un pezzo di bravura dei due attori e alterna scene violente a corse in auto, inseguimenti della polizia, fughe nei boschi a manifestazioni di affetto di Chad nei confronti della sua famiglia.
Ispirato a una storia vera, il film è un opera prima di Adam Smith, già affermato regista teatrale, e può ricordare per alcuni versi Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores tratto dal libro di Nikolai Lilin, dove il giovane Kolyma cresce in simbiosi con Gagarin, suo migliore amico, sotto la supervisione del nonno, capo della comunità siberiana, in un villaggio povero della Transnitria, nella Moldavia Orientale
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felicity
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giovedì 2 agosto 2018
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fassbender vale sempre il prezzo del biglietto
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Peccato per il titolo scelto dalla distribuzione italiana che non rende giustizia a quello originale (trespass against us).
Pure peggio la scelta della locandina che strizza l'occhio ad Hunger di McQueen con Fassbender a torso nudo bloccato dagli agenti.
Invece "Codice Criminale" è un buon film, quasi poetico.
La tribù di nomadi irlandesi - con padre capo tribù carismatico - comincia a stare stretta a Fassbender che non vede futuro per i propri figli e rimpiange di non aver studiato.
Una esistenza intera vissuta di piccoli furti e dormendo in roulotte però non rende facile alla sua famiglia "sconfinare" nella cosiddetta società civile.
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Peccato per il titolo scelto dalla distribuzione italiana che non rende giustizia a quello originale (trespass against us).
Pure peggio la scelta della locandina che strizza l'occhio ad Hunger di McQueen con Fassbender a torso nudo bloccato dagli agenti.
Invece "Codice Criminale" è un buon film, quasi poetico.
La tribù di nomadi irlandesi - con padre capo tribù carismatico - comincia a stare stretta a Fassbender che non vede futuro per i propri figli e rimpiange di non aver studiato.
Una esistenza intera vissuta di piccoli furti e dormendo in roulotte però non rende facile alla sua famiglia "sconfinare" nella cosiddetta società civile.
Fassbender vale sempre il prezzo del biglietto. Top!
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flyanto
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venerdì 30 giugno 2017
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due notevoli figure a confronto
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Già dal titolo "Codice Criminale" si evince che il film tratta il tema della criminalità e delle sue particolari e personalissime leggi. Qui vi è una famiglia irlandese, composta da un padre (il capo banda), un figlio (l'altro è in carcere a scontare qualche pena) e da altri nipoti e personaggi ad essa affiliati, ognuno con le rispettive consorti e prole annesse, i quali vivono in roulottes stanziate nella campagna intorno a qualche villaggio in Inghilterra, compiendo furti e crimini di vario genere e riuscendo sempre in qualche modo a non farsi catturare dalla Polizia.
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Già dal titolo "Codice Criminale" si evince che il film tratta il tema della criminalità e delle sue particolari e personalissime leggi. Qui vi è una famiglia irlandese, composta da un padre (il capo banda), un figlio (l'altro è in carcere a scontare qualche pena) e da altri nipoti e personaggi ad essa affiliati, ognuno con le rispettive consorti e prole annesse, i quali vivono in roulottes stanziate nella campagna intorno a qualche villaggio in Inghilterra, compiendo furti e crimini di vario genere e riuscendo sempre in qualche modo a non farsi catturare dalla Polizia. Poichè il giovane figlio già da tempo vorrebbe distaccarsi dal clan presieduto dall'ingerente figura del padre e cambiare vita, verso uno stile un poco più onesto, a favore della moglie e dei figlioletti, di cui il maschietto peraltro sembra già seguire le orme del nonno criminale, egli entra fortemente in disaccordo con l'anziano genitore che invece non approva la nuova scelta del figlio e vuole mantenere unita a tutti i costi la banda di malavitosi. Da qui nasceranno litigi, tentativi di ribellione e partecipazioni in ogni caso a svariati misfatti, sempre rincorsi e ben 'tallonati' dalla Polizia.
"Codice Criminale", prima opera cinematografica del regista Adam Smith, richiama moltissimo altre pellicole precedenti (quali, per esempio, "Grissom Gang di Robert Aldrich, il più recente "Animal Kingdom", per citarne solo due) concernenti famiglie più o meno allargate in cui tutti i componenti vivono all'unisono compiendo azioni scellerate di ogni sorta, ma questa pellicola non risulta affatto un doppione in quanto più che le azioni criminose in sè è posto in evidenza principalmente il legame stretto e di odio-amore che unisce il figlio al proprio padre e la volontà del primo a volersi "affrancare" dalla figura potente e carismatica del secondo in un miscuglio di sentimenti contrastanti. E questo dibattersi di sentimenti interiori ed azioni in tumulto, nonchè gli scontri verbali o meno col genitore, vengono molto ben rappresentati da Smith che così riesce anche a coinvolgere lo spettatore nella vicenda e nel dramma psicologico personale del giovane protagonista.
In aggiunta, vi è da sottolineare che ciò che rende di notevole pregio il film è determinato anche, se non soprattutto, dall'ottima interpretazione di Michael Fassbender nella parte del figlio ribelle e di Brendan Gleeson in quello del patriarca che si presenta come un notevole scontro fra due figure titaniche nonchè di Sean Harris, nel ruolo minore di ritardato mentale.
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elpiezo
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domenica 2 luglio 2017
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un viaggio profondo!!!
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Un clan di nomadi irlandesi vive ai margini della società attraverso furti ed espedienti illegali. Il contorto rapporto tra padre e figlio, l'educazione dei bambini, l'amore e l'amicizia al centro di una vicenda drammatica e contraddittoria dove i più comuni rapporti umani vacillano tra l'autorità familiare ed un ardente desiderio di evasione. Sorretto dalle prove degli ambigui protagonisti (Fassbender Gleeson), un film cupo e feroce, un profondo viaggio in una psiche umana graffiata da un'esistenza di crude sregolatezze.
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andreagiostra
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martedì 22 agosto 2017
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“li rimettiamo ai nostri debitori”
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Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 28 giugno 2017, il film di produzione britannica, diretto da Adam Smith con l’interessante sceneggiatura di Alastair Siddons, è un prodotto cinematografico bello e intelligente. La narrazione scorre fluida e mai banale. Intrigante e stimolante. I temi trattati sono difficili e pericolosi al contempo. Il rischio di cadere nel banalismo e nel razzismo sociale, sono ad ogni angolo, ad ogni passo, in ogni fotogramma. Non succede mai. Questi temi vengono trattati con lucida e consapevole competenza, accompagnati da una recitazione magistrale, che penetrano nel cuore dello spettatore per poi trasferirsi nella sua mente che inizia a riflettere su quello che ha appena finito di vedere.
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Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 28 giugno 2017, il film di produzione britannica, diretto da Adam Smith con l’interessante sceneggiatura di Alastair Siddons, è un prodotto cinematografico bello e intelligente. La narrazione scorre fluida e mai banale. Intrigante e stimolante. I temi trattati sono difficili e pericolosi al contempo. Il rischio di cadere nel banalismo e nel razzismo sociale, sono ad ogni angolo, ad ogni passo, in ogni fotogramma. Non succede mai. Questi temi vengono trattati con lucida e consapevole competenza, accompagnati da una recitazione magistrale, che penetrano nel cuore dello spettatore per poi trasferirsi nella sua mente che inizia a riflettere su quello che ha appena finito di vedere.
Il doppiaggio italiano non può certamente tenere conto dello slang inglese e dei dialetti locali utilizzati nella produzione originale, che caratterizzano il film come un prodotto nel quale il neo-realismo – se così possiamo chiamarlo prendendo in prestito un concetto assai italiano - è molto forte e ottimamente strutturato per donare allo spettatore inglese la consapevolezza del prelibato gusto delle differenze culturali e sociali tra etnie diverse e tra strati socio-culturali assai distanti tra loro. Questa è già una prima grave pecca della distribuzione italiana che probabilmente avrebbe dovuto doppiare il film utilizzando qualcuno dei dialetti italiani che certamente non mancano. Far parlare a tutti i protagonisti del film un perfetto italiano, priva il nostro spettatore di sfumature sociali e culturali che nel film hanno fortissimi significati narrativi che generano una serie infinita di spontanei pregiudizi e di scontati preconcetti. In sostanza, per comprendere il concetto, è come doppiare un attore italiano che impersona un rom di origine rumena con il perfetto italiano di Roberto Benigni. Non credo che una maestra italiana si sognerebbe mai di espellere il piccolo Roberto Benigni da una scuola privata perché non ha fatto bene i compiti e non parla bene l’italiano! Ebbene, nel film doppiato per l’Italia, tutto questo allo spettatore italiano è stato candidamente derubato!
E ancora. Il titolo originale del film è “Trespass Against Us”, tratto dalla seconda parte della frase del Padre Nostro “forgive us our trespasses as we forgive those who trespass against us”, “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Il titolo del film lo potremmo tradurre con “Li Rimettiamo ai Nostri Debitori”. Ebbene, questo titolo è geniale e trasmette allo spettatore inglese un messaggio fortissimo e verissimo. Leggerlo prima di entrare nella sala cinematografica, “condiziona” la visione con delle aspettative magnificamente confermate nel finale della narrazione. Alastair Siddons e Adam Smith, artisti entrambi eccellenti, anche per questo elemento creano un’opera d’arte cinematografiche della quale componente lo spettatore italiano viene privato, derubato. Non si comprende come mai la distribuzione italica, che in questi casi ci conferma il suo imprevedibile talento nell’imbrattare un’opera d’arte con uno schizzo di incompetenza, riesca quasi sempre a derubare lo spettatore italiano dei piaceri stilistici dei bravi artisti oltreconfine. In realtà, se volessimo raccontarlo con una metafora in linea con l’ardire dei distributori italiani, è come affidare loro il prezioso “The Hay Wain” del notissimo pittore britannico di fine ottocento John Constable, ed esporlo in una prestigiosa galleria italiana con la didascalia che recita: “Il carro di fieno” (1821) di Giovanni Poliziotto!
Il film racconta una molto verosimile storia di una famiglia nomane allargata dov’è il padre Colby (Brendan Gleeson) a fare da padre-padrone e a decidere con saggezza e con sottile furbizia le sorti di tutto il “branco”. Rubare e non rispettare le leggi dello Stato che li ospita - è noto a tutti, anche ai diabolici analfabeti dell’integrazione a tutti i costi di culture assai distanti da quelle occidentali-cristiane - è un valore da trasmettere da padre in figlio, da figlio in nipote. Non sottomettersi alle leggi e alle autorità costituzionali è quello che rende veramente degno di rispetto, all’interno della loro comunità, un membro della tribù. Occorre fingere se presi in fragranza di reato, mentire sempre e comunque, rinnegando apparentemente la propria cultura e dando la sensazione di rispettare la loro, quella degli ospitanti. È a questo punto che entra in scene un interessante elemento narrativo impersonato dal bravissimo ladro e furto pilota d’auto Chad (Michael Fassbender). È qui che si sviluppa la parte di racconto più interessante e più vero per lo spettatore che nella vita non vede quello che c’è da vedere, e non sente quello che c’è da sentire. Ma questi messaggi è meglio non scriverli qui, ma lasciare al nostro lettore il libero arbitrio di comprenderli o non comprenderli guardando il film. Quello che possiamo scrivere è che il valore della famiglia, l’amore per la propria donna, lo sconfinato senso di protezione dei propri figli, varca i confini di tutte le differenze culturali e sociali, perché geneticamente viscerali in qualsiasi esser umano sano di mente. Il finale ci fa comprendere perché gli autori abbiano scelto il titolo che in Italia è stato deturpato.
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