writer58
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martedì 14 febbraio 2017
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teheran noir...
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Nelle ultime settimane, ho visto una pluralità di film che non mi hanno invogliato a recensire. Da "Allied" (un omaggio a "Casablanca" poco ispirato e poco trascinante, a eccezione della prima mezz'ora ambientata in un Marocco "di maniera" ma, tutto sommato, avvincente) ad "American Pastoral" (un dramma famigliare in cui la psicologia dei personaggi appare artificiosa e sopra le righe, travisando l'impostazione del romanzo di Roth a cui si ispira), da "Cafè Society" (molto celebrato e ambientato negli anni '30, l'ennesimo esercizio di stile di Woody Allen, una proposta la cui perfezione formale procede di pari passo con la ripetizione dei moduli abituali del regista e la scarsa forza della narrazione) a "Ma Loute" (un film interessante, ma interpretato in modo così grottesco e caricaturale da generare nello spettatore il sospetto che gli attori fossero colti durante una crisi isterica non simulata).
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Nelle ultime settimane, ho visto una pluralità di film che non mi hanno invogliato a recensire. Da "Allied" (un omaggio a "Casablanca" poco ispirato e poco trascinante, a eccezione della prima mezz'ora ambientata in un Marocco "di maniera" ma, tutto sommato, avvincente) ad "American Pastoral" (un dramma famigliare in cui la psicologia dei personaggi appare artificiosa e sopra le righe, travisando l'impostazione del romanzo di Roth a cui si ispira), da "Cafè Society" (molto celebrato e ambientato negli anni '30, l'ennesimo esercizio di stile di Woody Allen, una proposta la cui perfezione formale procede di pari passo con la ripetizione dei moduli abituali del regista e la scarsa forza della narrazione) a "Ma Loute" (un film interessante, ma interpretato in modo così grottesco e caricaturale da generare nello spettatore il sospetto che gli attori fossero colti durante una crisi isterica non simulata). Per ultimo, ieri sera, l'orrido "Smetto quando voglio: Masterclass", un prodotto così scadente che bisognerebbe avviare una class action nei confronti del regista per richiedergli il risarcimento dei danni.
"Il cliente", film del regista iraniano Farhadi, è una discreta proposta, lontana dagli stilemi di Hollywood, ma vicina all'impianto teatrale occidentale contemporaneo. La vicenda si svolge in una Teheran sconvolta dall'urbanizzazione selvaggia, quartieri affollati di case costruite caoticamente che si specchiano in costruzioni analoghe. Un edificio minaccia di collassare, obbligando i residenti a una fuga precipitosa. I due protagonisti (Emad e Rana) - attori di teatro, appartenenti alla borghesia “liberal” della capitale- sono costretti a cercare un'altra casa. La troveranno, grazie all'aiuto di un collega della compagnia, ma finiscono nell'appartamento di una prostituta che ha lasciato i suoi effetti personali in una stanza. Una sera Rana sente il suono del citofono, apre pensando che si tratti del marito, ma viene aggredita da uno dei clienti della precedente inquilina. Da quel momento, si mette in moto una valanga emotiva che rischia di seppellire l’equilibrio della coppia. I due protagonisti interpretano l’opera di Miller “Morte di un commesso viaggiatore” La finzione teatrale si salda con quella cinematografica creando un gioco di rimandi e allusioni molteplici . Primo tra tutti, la transizione delicata che attraversa l’Iran da stato teocratico ai tentativi di riformismo che vede nel blocco sociale dei giovani e delle donne residenti nelle città i loro principali sostenitori. Come nella piece di Miller (il commesso viaggiatore avverte la sua inadeguatezza rispetto al “sogno” americano, vede la sua vita andare in pezzi perché è incapace di adattarsi all’ideologia del successo e dello “status symbol”) anche i protagonisti rischiano di perdere il controllo sulla loro vita, di nregredire verso condizioni che pensavano di avere superato definitivamente. Rana ha pura di stare da sola, teme il buio, vive nel terrore di essere nuovamente aggredita, Emad sente affiorare dentro di sé pulsioni aggressive e un desiderio di vendetta “primitivo”, da orgoglio virile ferito, che mettono in pericolo la sua relazione di coppia.
La ricerca e l’identificazione del cliente comporta un’accelerazione dei ritmi e uno slittamento della pellicola verso il thriller. Il film è efficace nel proporre uno spaccato di un paese che conosciamo quasi esclusivamente tramite il punto di vista dell’Occidente, ma pecca, a mio giudizio, di alcuni squilibri che lo rendono, a tratti, poco convincente. La parte finale – compreso lo scioglimento che richiama alla lontana la fatalità e la catarsi delle tragedie classiche- appare un po’ forzata e introduce una notazione dissonante rispetto all’impianto generale della pellicola. Le analogie tra la quotidianità dei personaggi e la piece teatrale, pur suggestive, risultano imperfette e poco immediate.
Sul film, inoltre, grava lo spettro della censura: la narrazione è reticente, allusiva, sfiora i temi senza affrontarli direttamente. Non si capisce se Rana è stata aggredita o anche violentata, i protagonisti non si rivolgono alla polizia per timore di uno scandalo, o forse la polizia è corrotta, ma non si può dire.
In sintesi: un film interessante, ma un po’ squilibrato strutturalmente e non compiutamente risolto. Gli elementi non sempre si integrano tra di loro e la narrazione a volte scricchiola e perde fluidità.
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[+] lo stile allusivo del regista
(di gian carlo costadoni)
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vanessa zarastro
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venerdì 6 gennaio 2017
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tra progresso e conservazione
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Il cliente è un film molto intenso, duro, ben interpretato e ben diretto. Attraverso la metafora della disgregazione della coppia il film narra la disgregazione urbana e sociale della realtà iraniana a cavallo tra modernità e retrogradi retaggi culturali.
Emad (il bravissimo Shahab Hosseini) e Rana (la dolcissima Taraneh Alidoosti) sono due attori di teatro, affiatati sulla scena come nella vita, che devono lasciare improvvisamente il loro appartamento perché pericolante. Le vibrazioni della ruspa, nei lavori edili del lotto adiacente, hanno causato il crollo del loro edificio. Nel film è mostrata una Teheran attuale, laica, costruita fuori ogni regola con materiali scadenti e senza controlli.
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Il cliente è un film molto intenso, duro, ben interpretato e ben diretto. Attraverso la metafora della disgregazione della coppia il film narra la disgregazione urbana e sociale della realtà iraniana a cavallo tra modernità e retrogradi retaggi culturali.
Emad (il bravissimo Shahab Hosseini) e Rana (la dolcissima Taraneh Alidoosti) sono due attori di teatro, affiatati sulla scena come nella vita, che devono lasciare improvvisamente il loro appartamento perché pericolante. Le vibrazioni della ruspa, nei lavori edili del lotto adiacente, hanno causato il crollo del loro edificio. Nel film è mostrata una Teheran attuale, laica, costruita fuori ogni regola con materiali scadenti e senza controlli.
Babak, uno dei loro compagni di teatro, gli offre un appartamento-mansarda di due camere e un grande terrazzo (abusivo?). I due traslocano ma una stanza resta chiusa a chiave con gli effetti personali della precedente inquilina che, si scoprirà poi, aver avuto parecchi amici e/o clienti che la andavano a trovare.
Subito dopo i primissimi giorni, una sera Rana era a casa in procinto di fare una doccia mentre Emad si era attardato al teatro, e pensando fosse il marito, apre la porta a un cliente della precedente inquilina subendo una violenta aggressione. Quest’evento sarà l’inizio di una lenta e progressiva frattura tra la coppia. Lei, ferita sia fisicamente sia nell’anima, diventa paurosa e triste, piange spesso e non vuole restare più restare sola. Lui, ferito nel suo orgoglio di maschio, è ossessionato dalla vendetta. All’inizio vuole andare alla polizia ma lei non ha voglia di affrontare i volti e le inquisizioni dei poliziotti, allora si mette a investigare da solo.
A teatro si recita Morte di un commesso viaggiatore, di Arthur Miller del 1949, che in qualche modo critica i valori del sogno americano e della società statunitense alla soglia del consumismo (non a caso il titolo originale del film è The Salesman). Tra una prova e l’altra la sintonia della coppia si altera anche on stage.
Il film rappresenta molto bene il cambiamento progressivo di Emad, delle sue due anime di cui man mano una ha il sopravvento sull’altra: da gentile e premuroso marito a uno vendicativo e distaccato, da moderno e tollerante professore di scuola a uno punitivo e autoritario. Toccato e offeso nella sua intimità, Emad sfoga la sua frustrazione con aggressività un po’ con tutti ed è totalmente incapace di comprendere colei che è stata realmente violata, né tantomeno lo shock subìto.
Il regista iraniano Asghar Farhadi è stato già premiato con un Orso d’Oro a Berlino e l’Oscar 2013 per miglior film straniero con Una separazione. A Cannes 2016, Il cliente, ha già ottenuto il premio per la miglior sceneggiatura e per la migliore interpretazione maschile.
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(di writer58)
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maurizio d
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venerdì 11 novembre 2016
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film, di straordinaria profondità
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La lezione dei grandi tragici greci sta sicuramente alla base di questo film, di straordinaria profondità
nello scavo dei caratteri e di intenso spessore umano.
I fattori che legano il regista ai caratteri della tragedia greca sono a moi avviso tre: il ritmo , la fatalità , la catarsi.
La vicenda parte da una situazione di quasi normalità e via via si fa sempre più incalzante , assumendo toni sempre più drammatici
in un crescendo che inchioda lo spettatore alla poltrona nell'ansia di conoscere l'esito dei fatti cosi come avveniva nella tragedia greca.
La fatalità , il fato è un'altra presenza costante in tutto il film; I protagonisti ne subiscono le conseguenze accettandolo come una forza ineluttabile che dirige i destini dell'uomo.
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La lezione dei grandi tragici greci sta sicuramente alla base di questo film, di straordinaria profondità
nello scavo dei caratteri e di intenso spessore umano.
I fattori che legano il regista ai caratteri della tragedia greca sono a moi avviso tre: il ritmo , la fatalità , la catarsi.
La vicenda parte da una situazione di quasi normalità e via via si fa sempre più incalzante , assumendo toni sempre più drammatici
in un crescendo che inchioda lo spettatore alla poltrona nell'ansia di conoscere l'esito dei fatti cosi come avveniva nella tragedia greca.
La fatalità , il fato è un'altra presenza costante in tutto il film; I protagonisti ne subiscono le conseguenze accettandolo come una forza ineluttabile che dirige i destini dell'uomo.Da un gesto banale (lasciare aperta la porta di casa) possono talora
per pura fatalità scaturire conseguenze inenarrabili.. Il fato pesa sulla testa del protagonista come una forza oscura e lo spinge ineluttabilmente
a compiere delle azioni , come se fosse manipolato da una forza oscura.
La catarsi finale. A conclusione della vicenda c'è bisogno di un evento purificatore. occorre ripulire le coscienze di tutto cio che è accaduto.
Lo spettatore coinvolto fino al midollo nella vicenda si sente sollevato dall'esito , come se il fato fosse ancora una volta intervenuto a porre rimedio alle colpe degli uomini.
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[+] l’ultima interessante pellicola di farhadi
(di antonio montefalcone)
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angelo umana
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giovedì 12 gennaio 2017
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le complicanze umane
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Se la vendetta vada consumata fredda o calda non è ben chiaro, ma sicuramente chi si vendica non trova soddisfazione. Potrebbe anche uscirne annullato, senza più forze, svuotato quando invece prima di compierla pensava di placare la rabbia e l’umiliazione. Così succede ad uno dei protagonisti di questo film (Shahab Hosseini): giovane professore nel lontano Iran, un liberale che sa sorridere coi suoi allievi di liceo, moderno e impegnato attore teatrale la sera. Provano e riprovano con la moglie e gli amici attori “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, sulle responsabilità morali dell’individuo e sui fallimenti personali.
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Se la vendetta vada consumata fredda o calda non è ben chiaro, ma sicuramente chi si vendica non trova soddisfazione. Potrebbe anche uscirne annullato, senza più forze, svuotato quando invece prima di compierla pensava di placare la rabbia e l’umiliazione. Così succede ad uno dei protagonisti di questo film (Shahab Hosseini): giovane professore nel lontano Iran, un liberale che sa sorridere coi suoi allievi di liceo, moderno e impegnato attore teatrale la sera. Provano e riprovano con la moglie e gli amici attori “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, sulle responsabilità morali dell’individuo e sui fallimenti personali. Questo The Salesman, o Il Cliente, all’opera di Miller è liberamente ispirato.
Lui consumerà una vendetta, calda perché avvenuta dopo appena due settimane dalla tentata violenza che qualcuno ha fatto a sua moglie (Taraneh Alidoosti), infliggendo uno schiaffo e un’umiliazione ad un anziano malato di cuore (il miglior attore del film), padre e marito fedele, da 36 anni accanto alla devota moglie, imminente suocero del fidanzato di sua figlia, amato anch’egli come un figlio aiutevole e rispettoso. L’anziano si trastullava occasionalmente, con qualche soldo guadagnato vendendo abiti per strada la sera a bordo di un furgone, presso una prostituta che improvvisamente è fuggita dall’abitazione che aveva in affitto. Galeotta fu l’idea di un equivoco amico della giovane coppia (un bravo Babak Karimi), attore anch’egli nell’opera che rappresenteranno, di dare loro in affitto l’abitazione lasciata libera dalla prostituta.
Il professore da un lato vorrebbe andare a denunciare il fatto alla polizia, dall’altro – al rifiuto della moglie di sottoporsi a interrogatori ed “esplorazioni” che le donne subiscono in questi casi nel sud del mondo (ma anche in Italia) – dall’altro la invita a dimenticare, a non avere più paura in casa e pensieri strani, come se alle fughe della mente si potesse comandare. Film anche di costume dunque, o di usi di un popolo: rappresenta la modernità dell’Iran ed insieme la sua arretratezza, e quei modi levantini o menzogneri del rapportarsi tra persone. La squadra del cast è quasi tutta di attori che in vari ruoli hanno recitato sotto lo stesso regista, Asghar Farhadi, in About Elly e Una separazione. All’attivo del 44enne ottimo Asghar Farhadi anche Le passé, film intenso e ugualmente complicato, al pari dei suoi altri.
Il cinema è anche un viaggio, tra persone popoli e luoghi che ancora non conosciamo, o tra storie mai vissute.
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filippo catani
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martedì 10 gennaio 2017
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ottima storia e belle riflessioni
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Una giovane coppia trasloca in un nuovo appartamento che era abitato da una donna la cui reputazione non era esattamente impeccabile. Una sera la moglie lascia socchiusa la porta di casa pensando che il marito stia rientrando ma in realtà viene aggredita da uno sconosciuto.
Farhadi confeziona un altro ottimo film che gioca sulla vicenda dei due protagonisti ma che offre come sempre spunti interessanti di riflessione. Innanzitutto troviamo il parallelismo con la messa in scena di Morte di un commesso viaggiatore in quanto in entrambi i casi abbiamo una coppia inizialmente felice che poi dovrà fare i conti con l'amara realtà. Quindi abbiamo una serie di riflessioni sulla società iraniana dove è ancora alto lo scoglio della censura (nel film si fa esplicito riferimento a tre critiche avanzate alla messa in scena) ma anche una certa rigidità nei confronti delle donne e di come vengono viste (eloquente il momento in cui il vicino dice alla donna aggredita che ha fatto bene a non sporgere denuncia perchè se no chissà magari durante il processo avrebbe dovuto rendere conto del perchè avesse lasciato la porta di casa aperta).
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Una giovane coppia trasloca in un nuovo appartamento che era abitato da una donna la cui reputazione non era esattamente impeccabile. Una sera la moglie lascia socchiusa la porta di casa pensando che il marito stia rientrando ma in realtà viene aggredita da uno sconosciuto.
Farhadi confeziona un altro ottimo film che gioca sulla vicenda dei due protagonisti ma che offre come sempre spunti interessanti di riflessione. Innanzitutto troviamo il parallelismo con la messa in scena di Morte di un commesso viaggiatore in quanto in entrambi i casi abbiamo una coppia inizialmente felice che poi dovrà fare i conti con l'amara realtà. Quindi abbiamo una serie di riflessioni sulla società iraniana dove è ancora alto lo scoglio della censura (nel film si fa esplicito riferimento a tre critiche avanzate alla messa in scena) ma anche una certa rigidità nei confronti delle donne e di come vengono viste (eloquente il momento in cui il vicino dice alla donna aggredita che ha fatto bene a non sporgere denuncia perchè se no chissà magari durante il processo avrebbe dovuto rendere conto del perchè avesse lasciato la porta di casa aperta). Al centro di tutto c'è però il marito che è un brav'uomo e un ottimo professore ma che davanti alla violenza subita dalla moglie perde ogni freno e si lancia in un'affannosa caccia al colpevole animato da una grande sete di vendetta che avrà il suo culmine nelle battute finali. Insomma nelle due ore di pellicola Farhadi ha modo di costruire una storia convincente e incalzante frutto anche di un'ottima caratterizzazione dei personaggi e di un climax sempre più ascendente riuscendo ad unire storia e riflessioni. Come detto benissimo il cast al completo.
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flyanto
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giovedì 12 gennaio 2017
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un avvenimento cheinfluenzerà profondamente una co
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Ritorna felicemente nelle sale cinematografiche Asghar Farhadi con la sua ultima pellicola intitolata "Il Cliente". Si narra la storia di una giovane coppia che è costretta a cambiare appartamento in quanto quello in cui hanno vissuto sino al momento presente sta per crollare. Grazie ad un collega-amico che lavora con loro come attore in teatro, essi ne trovano uno in cui si stabiliscono in breve tempo, ma cominciano a sorgere dei problemi riguardo il fatto che l'inquilina precedente, benchè sollecitata più volte a farlo presto, non intende affatto portare via ciò che ancora le appartiene nella casa. Tra varie discussioni si arriva al giorno in cui la donna della coppia, avendo incautamente aperto la porta di casa nella certezza che fosse il marito, viene aggredita da uno sconosciuto mentre è sotto la doccia.
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Ritorna felicemente nelle sale cinematografiche Asghar Farhadi con la sua ultima pellicola intitolata "Il Cliente". Si narra la storia di una giovane coppia che è costretta a cambiare appartamento in quanto quello in cui hanno vissuto sino al momento presente sta per crollare. Grazie ad un collega-amico che lavora con loro come attore in teatro, essi ne trovano uno in cui si stabiliscono in breve tempo, ma cominciano a sorgere dei problemi riguardo il fatto che l'inquilina precedente, benchè sollecitata più volte a farlo presto, non intende affatto portare via ciò che ancora le appartiene nella casa. Tra varie discussioni si arriva al giorno in cui la donna della coppia, avendo incautamente aperto la porta di casa nella certezza che fosse il marito, viene aggredita da uno sconosciuto mentre è sotto la doccia. Da questo momento, sconvolta ed ovviamente impaurita per l'accaduto, ella comincerà ad isolarsi ed a non volere nemmeno sporgere denuncia presso la Polizia per un certo senso di vergogna da lei provato, iniziando così anche ad entrar in disaccordo col marito, sostenitore invece dell'azione contraria, che invece molto premurosamente si prende cura di lei. D' ora in poi comincerà da parte del marito una ricerca estenuante al fine di rintracciare il colpevole e porre giustizia.....
Il regista Farhadi, giustamente premiato l'anno scorso all'ultimo Festival del Cinema a Cannes, con "Il Cliente" si conferma un artista di grande talento ed un abile e meticoloso narratore di storie quotidiane, in cui gli avvenimenti si susseguono venendo da lui presentati ed analizzati con precisione, lucidità e rigore assoluto. Le vicende rappresentate dal regista iraniano si sviluppano piano piano e nel corso del loro svolgersi giungono sempre ad una conclusione, ad una risoluzione della situazione non senza, però, una sorta di elevato prezzo da pagare e pertanto una sorta di sconfitta "morale". L'andamento della narrazione è lento ma non risulta prolisso, segue, più o meno, il reale svolgersi dei fatti e nel corso di tutto ciò vengono da Farhadi anche presentate la realtà e le problematiche concernenti e riflettenti la società contemporanea del suo paese, l'Iran. Pertanto i suoi films acquistano un valore particolare anche come testimonianza e, a volte, denuncia diretta di un mondo ancora ancorato a delle leggi ormai superate e contro cui una parte della popolazione, solitamente appartenente ad una classe sociale medio-borghese, dotata soprattutto di una profonda preparazione culturale, cerca di ribellarsi.
Un ottimo e consigliabile film.
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catcarlo
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venerdì 13 gennaio 2017
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il cliente (ovvero 'il venditore')
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Dopo la trasferta francese de ‘Il passato’, Farhadi torna nelle caotiche strade di Teheran ambientandovi un complesso meccanismo narrativo che viene messo in immagini con la consueta maestria: a causa di qualche minuto di troppo, ‘Una separazione’ si fa ancora preferire, ma l’accurato studio dell’animo umano raccontato senza generare un attimo di noia testimonia una volta di più che siamo di fronte a un autore (il regista firma anche la sceneggiatura premiata con la Palma d’Oro) in un momento alto della sua parabola creativa. Il legame con il pluripremiato predecessore si esplica soprattutto nelle tematiche: ci sono due giovani sposi, Emad e Rana, borghesi e progressisti – entrambi attori di teatro, lui pure professore empatico apprezzato dagli alunni – che si schiantano quando la vita colpisce a tradimento, causando un’involuzione che nel caso dell’uomo raggiunge abissi non spiegabili razionalmente.
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Dopo la trasferta francese de ‘Il passato’, Farhadi torna nelle caotiche strade di Teheran ambientandovi un complesso meccanismo narrativo che viene messo in immagini con la consueta maestria: a causa di qualche minuto di troppo, ‘Una separazione’ si fa ancora preferire, ma l’accurato studio dell’animo umano raccontato senza generare un attimo di noia testimonia una volta di più che siamo di fronte a un autore (il regista firma anche la sceneggiatura premiata con la Palma d’Oro) in un momento alto della sua parabola creativa. Il legame con il pluripremiato predecessore si esplica soprattutto nelle tematiche: ci sono due giovani sposi, Emad e Rana, borghesi e progressisti – entrambi attori di teatro, lui pure professore empatico apprezzato dagli alunni – che si schiantano quando la vita colpisce a tradimento, causando un’involuzione che nel caso dell’uomo raggiunge abissi non spiegabili razionalmente. Ci si trova di nuovo davanti a maschi che giocano a braccio di ferro sul corpo delle donne: se Rana è disposta a perdonare, per stanchezza o perché la vita deve continuare, Emad va in cerca della sua vendetta escludendola sempre più, ma non sono da dimenticare almeno altri due personaggi femminili, la cliente del taxi che si sente insidiata dalla sola presenza fisica di Emad e la tragica figura della moglie, interpretata da Ehteram Boroumand, di Naser (Farid Sajjadi Hosseini), devota fino alla fine a un marito che si rivela, in un crescendo davvero magistrale, via via più spregevole. Un simile disvelamento - affiancato a quello, che dura tutto il film, del vero Emad – riprende un altro tema prediletto, ovvero il rapporto tra realtà e rappresentazione che qui viene esplicitato dalla messa in scena di ‘Morte di un commesso viaggiatore’ di Arthur Miller in cui i due interpretano i coniugi Loman: i titoli di testa legano la preparazione della scenografia con i problemi di statica del condominio dove vive la coppia protagonista, costringendola a cercarsi una nuova sistemazione. Il collega di palco Babak (Babak Karimi) offre loro un appartamento sul terrazzo di un palazzo sito in un quartiere residenziale, senza accennare al fatto che la precedente inquilina era una prostituta: quando un cliente di quest’ultima, trovata aperta la porta che Rama ha accostato per il marito, entra in casa e assale la donna (non si capisce fino a che punto, ma stiamo parlando di un Paese la cui censura proibisce che sullo schermo compaiano contatti fra uomini e donne) inizia un asfissiante meccanismo che conduce Emad a cercare di scoprire il colpevole in ogni modo, lecito o illecito che sia. Davanti agli occhi prima increduli e poi addolorati della moglie, il marito si trasforma nei rapporti con gli altri – gli attori, gli studenti – mentre sviluppa la sua ricerca basata sulla parola eppure mai ingessata grazie a un sapiente uso della macchina da presa, con la fotografia di Hossein Jafarian, pronta a sfruttare gli spazi stretti per accentuare la chiusura mentale che si va via via sviluppando in una sorta di noir claustrofobico che sfocia in una chiusa di notevole ferocia. La resa dei conti ambientata nel vecchio appartamento disabitato è contrassegnata da una cattiveria dai tratti polanskiani, ma ha ragione chi vi ha rinvenuto echi de ‘Un borghese piccolo piccolo’ dell’accoppiata Monicelli/Sordi: protagonista è l’umanità negata e il surriscaldamento melodrammatico che segue ha il compito di sottolinearla una volta ancora. La visione di Fahradi si rivela così più pessimista del solito e la conclusione va di conseguenza: le ultime inquadrature sono silenziose, ma il destino dei protagonisti, visti al tavolo del trucco intenti a indossare l’ennesima maschera, è molto meno aperto di quello dei loro omologhi nei film precedenti. I primi piani sono il tocco finale di due interpretazioni sensibili e misurate che interagiscono con lo sguardo del regista: non per niente Shahab Hosseini ha vinto il premio come miglior attore a Cannes in un ruolo che si va facendo più fisico con il passare dei minuti, ma forse più indimenticabile resta Taraneh Alidoosti che regala alla ritrosia di Rana un’intensità fattà di silenzioso stupore e di sguardi attoniti.
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maurizio meres
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domenica 15 gennaio 2017
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superbo
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Film coinvolgente che non lascia un attimo di pausa allo spettatore,con una sceneggiatura forte,che può sembrare illogica, l'aggressione è una stupro si domanda il publico,assolutamente no,volutamente secondo il mio punto di vista diventa solo una condizione della religione mussulmana di offendere la donna vedendola nuda,con ripercussione sociale e l'imbarazzo del marito,il quale vuole e deve sapere la verità,il dubbio lui sa che non lo cancellerà mai con il tempo,la scena finale dove i due coniugi riflettono separatamente con lo sguardo nel vuoto sapendo che nulla potrà essere come prima,diventa una dichiarazione reciproca,bisogna vedere il film nella loro ottica religiosa.
Teatralmente perfetto in simbiosi con ciò che loro recitavano in teatro"morte di un commesso viaggiatore" la loro vita in una Teheran mentalmente più aperta,ma fragile nei preconcetti dettati dalla loro religione nel confronto di un occidentalismo libero,forse troppo.
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Film coinvolgente che non lascia un attimo di pausa allo spettatore,con una sceneggiatura forte,che può sembrare illogica, l'aggressione è una stupro si domanda il publico,assolutamente no,volutamente secondo il mio punto di vista diventa solo una condizione della religione mussulmana di offendere la donna vedendola nuda,con ripercussione sociale e l'imbarazzo del marito,il quale vuole e deve sapere la verità,il dubbio lui sa che non lo cancellerà mai con il tempo,la scena finale dove i due coniugi riflettono separatamente con lo sguardo nel vuoto sapendo che nulla potrà essere come prima,diventa una dichiarazione reciproca,bisogna vedere il film nella loro ottica religiosa.
Teatralmente perfetto in simbiosi con ciò che loro recitavano in teatro"morte di un commesso viaggiatore" la loro vita in una Teheran mentalmente più aperta,ma fragile nei preconcetti dettati dalla loro religione nel confronto di un occidentalismo libero,forse troppo.
Una bellissima fotografia accompagna gli ottimi cambi scena,in un grigiore esistenziale,ma sicuramente pratico nella loro cultura,sguardi intensi ,si entra nel profondo intimo dei personaggi,le sensazioni si sentono ,si è quasi partecipi,soprattutto nelle loro contraddizioni comportamentali.
Bravissimi attori,si affidano alla superba regia di un sempre più sensibile e raffinato Farhadi,interpretando il suo pensiero.
Inviato da iPad
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enrico danelli
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lunedì 6 febbraio 2017
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autodafè
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Trasuda denuncie politiche questo film iraniano ricorrendo ovviamente alle allegorie per i noti problemi di censura presenti in quel paese. Allegorie che noi occidentali possiamo cogliere solo in parte per la distanza culturale che ancora ci separa. La principale allegoria è però talmente evidente da dare senso a tutto il film. La prolungata "cerimonia" che si svolge nella parte finale del film (motivatamente nel vecchio instabile appartamento di Emad che rappresenta l'Iran, scosso alle fondamenta, e da cui i protagonisti, la elite culturale, sono dovuti scappare) è la tragica parodia di un processo penale: indagine, accusa, difesa, carcerazione, sentenza, richiesta di clemenza, esecuzione della condanna, morte del condannato, il tutto condito dal sadismo dell'accusatore che agisce sua sponte anche contro la volontà della vittima propensa al perdono.
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Trasuda denuncie politiche questo film iraniano ricorrendo ovviamente alle allegorie per i noti problemi di censura presenti in quel paese. Allegorie che noi occidentali possiamo cogliere solo in parte per la distanza culturale che ancora ci separa. La principale allegoria è però talmente evidente da dare senso a tutto il film. La prolungata "cerimonia" che si svolge nella parte finale del film (motivatamente nel vecchio instabile appartamento di Emad che rappresenta l'Iran, scosso alle fondamenta, e da cui i protagonisti, la elite culturale, sono dovuti scappare) è la tragica parodia di un processo penale: indagine, accusa, difesa, carcerazione, sentenza, richiesta di clemenza, esecuzione della condanna, morte del condannato, il tutto condito dal sadismo dell'accusatore che agisce sua sponte anche contro la volontà della vittima propensa al perdono. Si può mettere in dubbio che il regista, nonostante tenga volutamente fuori dal film le autorità statali, non ci voglia dire che in Iran tutto questo succede ancora ? Per giunta partendo da accuse su fatti solo presunti o addirittura non accaduti (nel film il fattaccio a sfondo sessuale che scatena la reazione di Amad è solo presunto, mai filmato o certificato da nulla che non sia un vaghissimo e incerto ricordo della vittima). C'è poi tutto il contorno: la donna-vittima che non conta nulla (il suo perdono infastidisce il giustiziere Amad) e la combriccola dei vicini di casa (una parte del popolo iraniano ?) che invoca il pubblico ludibrio per il colpevole. Non è quindi un film psicologico sui meccanismi genetici della vendetta personale (tema per cui anche in Italia potremmo essere maggiormente partecipi visto che non mancano i fatti di cronaca), tanto meno un film giallo, ma un un film politico al 100%. Riuscito.
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lbavassano
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venerdì 6 gennaio 2017
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delude
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Delude, chi di Farhadi ha amato la capacità di raccontare con forza, ma senza forzature, il quotidiano ("Una separazione", "Il passato"), delude "Il cliente", per le troppe inverosimiglianze della trama, che si infittiscono nel finale, e comunque per il non aver saputo, o voluto, scioglierne le contraddizioni. Delude ancor più per l'inutile dilatarsi ripetitivo del finale medesimo, proprio ciò che invece del "Passato" costituiva uno dei maggiori pregi, con il moltiplicarsi dei punti di vista che qui resta in embrione. Anche l'utilizzo del modello cinematografico alto, o altissimo, dell'intreccio fra realtà e finzione teatrale mi pare non colga nel segno ma resti piuttosto fine a se stesso, ad un virtuosismo puramente formale.
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Delude, chi di Farhadi ha amato la capacità di raccontare con forza, ma senza forzature, il quotidiano ("Una separazione", "Il passato"), delude "Il cliente", per le troppe inverosimiglianze della trama, che si infittiscono nel finale, e comunque per il non aver saputo, o voluto, scioglierne le contraddizioni. Delude ancor più per l'inutile dilatarsi ripetitivo del finale medesimo, proprio ciò che invece del "Passato" costituiva uno dei maggiori pregi, con il moltiplicarsi dei punti di vista che qui resta in embrione. Anche l'utilizzo del modello cinematografico alto, o altissimo, dell'intreccio fra realtà e finzione teatrale mi pare non colga nel segno ma resti piuttosto fine a se stesso, ad un virtuosismo puramente formale. Assolutamente privo di senso il progressivo indirizzarsi verso i meccanismi del poliziesco. Forse punta troppo in alto, scegliendo paradigmi internazionali che mal si attagliano alla realtà che vuole raccontare, che non riesce a declinare ai propri fini.
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[+] una delusione
(di effepi57)
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