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martedì 25 gennaio 2022
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la vita non si misura con un metro etico, accade.
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Convincente ed appropriata la recensione....come l'ho pensata io e come l'ha ideata l'autore. Sarebbe interessante vederli insieme e riparlarne questi film....
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fabal
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martedì 30 novembre 2021
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straziante
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Giovane sposa in un matrimonio combinato dal ricco Boris, Katherine è stata "acquistata" in cambio di un terreno ed è ora moglie dell'arido Alexander. Il matrimonio non viene consumato in quanto il marito si limita a masturbarsi osservando la moglie nuda con la faccia al muro. Boris, lo suocero e padre di Alexander, tuttavia, accusa la donna di essere distaccata e le impedisce di uscire di casa. Quando marito e suocero devono allontanarsi dalla tenuta, Katherine inizia una relazione clandestina con lo stalliere e da quel momento subisce una trasformazione clamorosa: da donna infelice e sottomessa ad amante possessiva fino a omicida fredda e calcolatrice.
Difficile assolvere il massacro straziante inscenato da Lady Macbeth con l'alibi rabbioso dell'emancipazione femminile: il bagno di sangue del quale la protagonista si macchia, senza rimorsi né esitazioni, è più il lucido delirio di una psicopatica serial killer che di una donna ottocentesca ribelle al patriarcato.
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Giovane sposa in un matrimonio combinato dal ricco Boris, Katherine è stata "acquistata" in cambio di un terreno ed è ora moglie dell'arido Alexander. Il matrimonio non viene consumato in quanto il marito si limita a masturbarsi osservando la moglie nuda con la faccia al muro. Boris, lo suocero e padre di Alexander, tuttavia, accusa la donna di essere distaccata e le impedisce di uscire di casa. Quando marito e suocero devono allontanarsi dalla tenuta, Katherine inizia una relazione clandestina con lo stalliere e da quel momento subisce una trasformazione clamorosa: da donna infelice e sottomessa ad amante possessiva fino a omicida fredda e calcolatrice.
Difficile assolvere il massacro straziante inscenato da Lady Macbeth con l'alibi rabbioso dell'emancipazione femminile: il bagno di sangue del quale la protagonista si macchia, senza rimorsi né esitazioni, è più il lucido delirio di una psicopatica serial killer che di una donna ottocentesca ribelle al patriarcato. Arduo è anche trovare una qualche estetica del macabro in questa vicenda semplicemente inverosimile, anacronistica rispetto all'ambientazione vittoriana (o simil tale) in cui Katherine compie il suo climax omicida pressoché impunemente. Una regia tanto attenta ai giochi di luce (riproponendo svariate volte il risveglio di Katherine con l'apertura degli scuri alle finestre) funzionerebbe ancora meglio se si muovesse in un ambiente più ricco di dettagli: le pareti della magione sono invece tristemente spoglie, l'arredamento è minimalista e le stanze non vengono mai davvero esplorate. Resta la buona interpretazione della Pugh, che non si può bocciare perché obbligata a trasfigurare un personaggio in un lasso di tempo troppo breve: prima la sposina senza sorrisi, poi furbetta e irridente, infine amante morbosa e spietata omicida dagli occhi di ghiaccio. Senza che uccidere le causi il minimo senso di colpa o incertezza. Non c'è esitazione in quelli che più che dei raptus somigliano a delle vere e proprie esecuzioni: l'ultima, la più inaccettabile per chi scrive, completa uno strazio monocorde e ripetitivo con poco da offrire a un pubblico che presto giunge al limite della sopportazione. Anche la relazione con Sebastian è un tira e molla insopportabile: ogni volta che sembra sul punto di finire, viene salvata dalla morte di qualcuno, fino all’inevitabile e arido finale.
Forse in una versione gothic/splatter questa Lady Macbeth avrebbe avuto maggior credibilità.
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carloalberto
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venerdì 13 novembre 2020
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la mantide religiosa
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Esteticamente riuscita, anche grazie ad una scenografia scarna ed essenziale, che riproduce gli interni austeri di una grande casa di campagna dell’epoca vittoriana, come ce la possiamo immaginare, la trasposizione in film di William Oldroyd di una novella di uno scrittore russo dell’ottocento, Nikolaj Leskov, risente di una impostazione eccessivamente teatrale. L’azione si svolge quasi esclusivamente, asfitticamente, in pochissimi ambienti, una sala da pranzo e soprattutto nella camera da letto, prigione-alcova, con poche scene girate in esterni, peraltro, in una suggestiva brughiera, in un boschetto dai colori autunnali e finalmente sulle sponde rocciose di un torrente, che scorre impetuoso a dare l’idea del movimento, per il resto del tutto assente, se non fosse per le movenze del gatto di casa che vitalizzano le scene di interni, fotografate più che riprese.
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Esteticamente riuscita, anche grazie ad una scenografia scarna ed essenziale, che riproduce gli interni austeri di una grande casa di campagna dell’epoca vittoriana, come ce la possiamo immaginare, la trasposizione in film di William Oldroyd di una novella di uno scrittore russo dell’ottocento, Nikolaj Leskov, risente di una impostazione eccessivamente teatrale. L’azione si svolge quasi esclusivamente, asfitticamente, in pochissimi ambienti, una sala da pranzo e soprattutto nella camera da letto, prigione-alcova, con poche scene girate in esterni, peraltro, in una suggestiva brughiera, in un boschetto dai colori autunnali e finalmente sulle sponde rocciose di un torrente, che scorre impetuoso a dare l’idea del movimento, per il resto del tutto assente, se non fosse per le movenze del gatto di casa che vitalizzano le scene di interni, fotografate più che riprese. La staticità prevale sul movimento anche nelle sequenze che dovrebbero rendere le fasi più concitate degli assassinii.
I personaggi recitano la loro parte senza emozionare, come automi non trasmettono alcunché se non un senso di distacco e di repulsione, risultando tutti parimenti insopportabili, dalla serva di colore succuba del padrone, odiosa e spiona, al suocero, arcigno ed oppressivo, al marito, impotente e crudele, tanto che alla fine si finisce per parteggiare per la peggiore, la Macbeth di ispirazione shakespeariana, la giovane donna priva di scrupoli, interpretata da un’impassibile ed imperturbabile Florence Pugh, che per amore o sete di libertà e di potere induce l’amante, lo stalliere di suo marito, alla complicità nell’omicidio di chiunque si frapponga al suo unico vero obiettivo: essere madre.
Il dramma dei sentimenti, lo spirito di rivalsa che si confonde con l’amore, il desiderio di riscatto, la ribellione cruenta ed il rimorso, rimangono soffocati dalla rigidità mimica imposta agli attori. La denuncia sociale della condizione delle donne e della servitù nell’ottocento, russo o inglese che sia, resta sullo sfondo, in secondo piano. In primo piano, la fisicità dei corpi nudi dei due amanti avviluppati in un abbraccio mortale, dopo l’appagamento della passione erotica, richiama alla mente l’immagine della mantide religiosa che si appresta a divorare il maschio, dopo aver ucciso quello inetto, incapace di ingravidarla.
Il film è un bel quadro da appendere al muro, niente di più, come del resto suggerisce la scena finale, con Lady Macbeth in posa statica, seduta da sola sul divanetto, davanti alla cinepresa come fosse un dagherrotipo dell’epoca.
Le suggestioni sono tutte metafilmiche, suggerite dall’ineffabilità dell’espressione della donna, che lascia aperta la strada alle più svariate interpretazioni su quale sia il suo vero stato d’animo.
LadyMacbeth è alla fine, a seconda della soggettività dello sguardo di chi ha assistito alla tragedia, una mantide soddisfatta, ormai placata nel sangue la sua ansia di maternità, un’eroina romantica, ribelle per amore, delusa e sconfitta dalla vita, una versione perversa di una femminista ante litteram che combatte contro la tirannia maschile con le sue stesse armi ricambiandola con la medesima violenza che è costretta a subire, o, forse, è soltanto una folle omicida protagonista di una delle tante storie di cronaca nera di due secoli fa cui si ispirò Leskov per la sua novella.
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toni andreetta
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martedì 5 maggio 2020
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quando affiora la zona in ombra.
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Lady Macbeth, a volte il budget limitato condiziona positivamente l'esito di un film. In questo caso il regista Oldroyd utilizzando un registro espressivo essenziale ha realizzato un ottimo film che mette in luce le pulsioni di morte e di violenza che caratterizzano l'essere umano. Il film, tratto dal romanzo Lady Macbeth del Distretto di Mcensk racconta la ripida discesa della protagonista Catherine (Florence Pugh) nell'abisso del "male". Da donna reclusa in conseguenza a un matrimonio d'interesse (siamo in piieno Ottocento), costretta da rigide imposizioni a subire umiliazioni di ogni genere, diventa un aspide velenoso, disposto a tutto, pur di conquistare la libertà sessuale con un bracciante della ricca magione.
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martedì 24 ottobre 2017
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bello
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Ho trovato la tua recensione molto bella e profonda. Ma la tu frase che più mi ha colpito è stata questa: ' La sua fame si fa ingordigia, la sua determinazione follia, la sua parola recitazione'. Credimi riesci a trasformare la letteratura inpoesia duratura. Se la protagonista fosse stata un donna normale, la sua fame era soddisfazione, la sua determinazione scontro, la sua parola verità gridata. La protagonista era destinata a rimanere sola, perché non sapeva amare, non si sapeva fondere, non sapeva ascoltare. Esisteva solo lei. Tutto il mondo era lei sola. Grazie per la tua recensione, perché fa riflettere.
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martedì 24 ottobre 2017
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bello
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Ho trovato la tua recensione molto bella e profonda. Ma la tu frase che più mi ha colpito è stata questa: ' La sua fame si fa ingordigia, la sua determinazione follia, la sua parola recitazione'. Credimi riesci a trasformare la letteratura inpoesia duratura. Se la protagonista fosse stata un donna normale, la sua fame era soddisfazione, la sua determinazione scontro, la sua parola verità gridata. La protagonista era destinata a rimanere sola, perché non sapeva amare, non si sapeva fondere, non sapeva ascoltare. Esisteva solo lei. Tutto il mondo era lei sola. Grazie per la tua recensione, perché fa riflettere.
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g_andrini
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sabato 14 ottobre 2017
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bella trama
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Spiega come va la vita, alla fine è la donna a comandare... E' una pellicola di buon gusto, ben realizzata, ogni attore recita bene, è una produzione di valore.
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angeloumana
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sabato 29 luglio 2017
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submission
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Il film prepara alle sue vicende con una certa tensione, lo spettatore stesso si prepara con aspettativa a ragionare dei temi che esso apparecchia: ad esempio la sottomissione del servitore-schiavo o la sottomissione della donna, per giunta comprata come moglie, rispetto agli “aristocratici” nell’epoca vittoriana. Esso è tratto dal racconto lungo del russo Nikolai Leskov, del 1866, Una lady Macbeth nel distretto di Mcensk, ma trasposto in Inghilterra e ricco dei paesaggi inglesi con nubi e vento minacciosi, minacciosi come l’atmosfera che vige in quella mansion sperduta, gelida di sentimenti e “con tanti spifferi”, perciò il marito “acquirente” della sposa la ammonisce dall’uscire, la giovane è “roba sua” e deve mostrarsi il meno possibile ad occhi estranei, una reclusa.
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Il film prepara alle sue vicende con una certa tensione, lo spettatore stesso si prepara con aspettativa a ragionare dei temi che esso apparecchia: ad esempio la sottomissione del servitore-schiavo o la sottomissione della donna, per giunta comprata come moglie, rispetto agli “aristocratici” nell’epoca vittoriana. Esso è tratto dal racconto lungo del russo Nikolai Leskov, del 1866, Una lady Macbeth nel distretto di Mcensk, ma trasposto in Inghilterra e ricco dei paesaggi inglesi con nubi e vento minacciosi, minacciosi come l’atmosfera che vige in quella mansion sperduta, gelida di sentimenti e “con tanti spifferi”, perciò il marito “acquirente” della sposa la ammonisce dall’uscire, la giovane è “roba sua” e deve mostrarsi il meno possibile ad occhi estranei, una reclusa. Minaccioso e sinistro è pure il gatto che abita la casa, predittivo di disgrazie. Gli aristocratici sono un padre vecchio, arcigno, rigido, da voler imporre le regole della casa alla nuora, da cui si aspetta unicamente un erede, e il figlio di lui, che della giovane moglie non s’interessa e a cui non è fisicamente in grado di prestare attenzioni, né psicologiche né carnali. Il carattere risoluto della sposa Katherine, una Florence Pugh dal viso angelico e adolescente vicina a diventar donna, si rivela presto. In myMovies è descritta come “ingenua e perversa … una gotica dark lady…trasformatasi da vittima a carnefice”. La sua cattiveria sorprende lo stalliere diventato suo amante, che pure l’ha conquistata per la sua durezza e per quel brivido animale che lei gli ha saputo scorgere. Katherine sovverte certamente l’ordine costituito della gente apparentemente “perbene”, ma rispettata esclusivamente per il suo patrimonio e per la tirannia che esercita sui plebei. Quante inghilterre vittoriane sono ancora presenti nel mondo!
Tutto questo viene “apparecchiato” e sembra che la vicenda possa poi avere sviluppi sconosciuti e inaspettati, magari sociologici, ma dopo 89 minuti il film finisce, sembrava ci dovesse essere un secondo tempo, dopo che la perversa protagonista ha compiuto tre omicidi e resta sovrana in solitudine nella casa. Ma un secondo tempo non c’è, il termine dell’opera prima del regista William Oldroyd coglie impreparati. Qualcuno, recensendo libro e film, ne parla come di una storia “piatta e insulsa”, giudizio forse molto impietoso, ma di certo le definizioni elegiache o acclamanti di giornali che compaiono nel poster italiano sono solo … elegiache e acclamanti, da far venire il dubbio che chi le ha stilate non abbia visto il film ma voglia solo lanciarlo.
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ugnos
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domenica 2 luglio 2017
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la brama di lady macbeth
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Lady Macbeth, proprio così, potremmo pensare ad un ritorno, ad una piece teatrale con una regia nuova, ma siamo fuoristrada. Lady Macbeth, opera prima di William Oldroyd, è un film e non ha nulla a che fare con l’eterno teatro shakespeariano bensì con il romanzo La lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nikolai Leskov+
Siamo in Inghilterra, metà dell’ottocento, Catherine è una giovane donna che ha da poco sposato un ricco uomo d’affari. Vive in una lussuosa villa circondata da campagne e tutta la sua vita dovrebbe andare a gonfie vele. Tuttavia la situazione è ben diversa dal previsto; il marito è un uomo violento e possessivo e lei non può nemmeno aprire la finestra per prendere una boccata d’aria.
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Lady Macbeth, proprio così, potremmo pensare ad un ritorno, ad una piece teatrale con una regia nuova, ma siamo fuoristrada. Lady Macbeth, opera prima di William Oldroyd, è un film e non ha nulla a che fare con l’eterno teatro shakespeariano bensì con il romanzo La lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nikolai Leskov+
Siamo in Inghilterra, metà dell’ottocento, Catherine è una giovane donna che ha da poco sposato un ricco uomo d’affari. Vive in una lussuosa villa circondata da campagne e tutta la sua vita dovrebbe andare a gonfie vele. Tuttavia la situazione è ben diversa dal previsto; il marito è un uomo violento e possessivo e lei non può nemmeno aprire la finestra per prendere una boccata d’aria. Il futuro di Lady Macbeth, Chaterine, sembra essere rilegato ad una schiavitù domestica, ma ben presto il carattere della donna emergerà. Una passione deflagrante, ossessiva, prenderà il sopravvento e niente rimarrà uguale.
La pellicola di Oldroyd è un racconto che, tramite l’uso centellinato della parola immerge, lo spettatore in un rapporto di amore e odio, attrazione e repulsione verso i suoi personaggi. Dapprima il ritratto della ragazza data “in pasto” ad un signorotto di campagna disturbato porta a schierarsi con la giovane dama indifesa, ma quando quest’ultima capisce che la gabbia dorata, la villa, può offrirgli un tale potere d’agire senza remora, ecco che la sua lenta, folle trasformazione, inizia a colpirci. Gli occhi della fanciulla, la Lady Machbeth, si infiammano di brama di vivere, d’amare, di possedere. Si valicano i confini e gli eventi non possono fare altro che incastrarsi in un tragico destino.
Senza giochi retorici, facili clichè, il film avanza con un ritmo spietato. Tutto quello che accade nasce, cresce e si sviluppa schiudendosi in maniera lucida e lapidaria. La mente che governa l’intero intreccio narrativo agisce con chirurgica attenzione, il potere della protagonista si consolida proprio nella capacità di appiattire ogni presunta colpa sul suo conto. Quello che si frappone tra Catherine e i suoi desideri viene prontamente eliminato, se c’è da sporcarsi le mani si agisce lo stesso.
Ed è proprio sulla ricerca di appagare i propri impulsi, le proprie voglie, seti di vendetta, che il film pone l’accento e schiude domande. Fino a che punto possiamo riscattarci? Dov’è il limite che divide passione e ossessione? Le risposte possono essere molteplici e sfumate ma non si può non affermare che a forza di esser vittima si diventa carnefici.
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maramaldo
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mercoledì 28 giugno 2017
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quella donna fece paura...a stalin.
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Grato a chi mi ha fatto scoprire che c'era una "storia" dietro quella storia. Shostakovich ne fece un melodramma, un mattone (dicono) in quattro atti. Alla prima Stalin abbandonò il Bolshoi poco dopo l'inizio provvedendo in nottata a silurare il compositore.Sembra non gli sia piaciuta la musica (un caos) ma, verosimilmente, può non essergli andato a genio che si cantasse sulle atrocità commesse da un personaggio, vittima sì dei soprusi di classe, ma da non portare ad esempio al popolo degli appena redenti dove forse si covavano rancori contro la sopraffazione.
Florence Pugh, invece, ha trovato nel film l'opportunità di sfoggiare le sue doti di attrice e non solo.
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Grato a chi mi ha fatto scoprire che c'era una "storia" dietro quella storia. Shostakovich ne fece un melodramma, un mattone (dicono) in quattro atti. Alla prima Stalin abbandonò il Bolshoi poco dopo l'inizio provvedendo in nottata a silurare il compositore.Sembra non gli sia piaciuta la musica (un caos) ma, verosimilmente, può non essergli andato a genio che si cantasse sulle atrocità commesse da un personaggio, vittima sì dei soprusi di classe, ma da non portare ad esempio al popolo degli appena redenti dove forse si covavano rancori contro la sopraffazione.
Florence Pugh, invece, ha trovato nel film l'opportunità di sfoggiare le sue doti di attrice e non solo. Con entusiasmo affronta le scene di passione rendendole spontanee e convincenti. Negli intervalli si concede un'espressione indecifrabile, di una fissità inquietante con cui cattura l'attenzione dello spettatore che altrimenti comincerebbe a distrarsi. Senza remore Florence prevarica sia sugli altri comprimari che sul regista al quale, penso, abbia impedito di fare un proprio film qualunque fosse la sua idea. William Oldroy mostra i suoi limiti di " teatrale". Scenicamente: esterni, riprese di fabbricati dismessi, squarci di natura banali e poveri di suggestione; interni, arredi di gusto e filologia da rigattiere. Non parliamo di una caratterizzazione più
puntuale ed incisiva (quel marito...).
La trovata che non ha funzionato, secondo me, è l'aver trasferito la vicenda dall'oscuro distretto russo a qualche parte del Nord dell'Inghilterra ritenuta più familiare. Nel trasloco, che si è perso? Il viaggio, spesso sconvolgente, negli abissi dell'anima slava dove si fondono carnalità e misticismo, perdizione e anelito di redenzione. Insomma, voglia di delitto e castigo. E poi, l'autentico segno dei tempi: l'abiezione di un trattamento umiliante feroce cui era sottoposto il popolo dei servi da parte di una genia superba rimasta in un feudalesimo barbaro ancora fino a cent'anni fa. Poco a vedere con l'Old England di quegli anni quando, a dir vero, sfruttamento e spocchia erano fisiologici ma già rumoreggiavano le trade union e mettere carponi una cameriera costava, anche se non quanto oggi. Fuori luogo gli interpreti di colore: sappiamo da fior di film che la landed gentry teneva personale di servizio rigorosamente autoctono ancora a '900 inoltrato.
E l'impero dei sensi? C'è, decisivo, come sempre e dappertutto. Interclassista. Assente nel richiamo shakespeariano (una vera tragedia), qui invece funziona in pieno (solo un dramma, comune e frequente). Ci troviamo, perciò, in un contesto dove si scandaglia meglio la psiche femminile, dove tra le pulsioni a delinquere s'include la noia, "un interno borghese".
L'avrebbe capito anche Stalin solo se in seminario gli avessero lasciato leggere Madame Bovary e. più tardi, non avesse avuto altre gatte a pelare quando uscì L'Amante di Lady Chatterley.
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