L'infanzia di un capo |
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Un film di Brady Corbet.
Con Robert Pattinson, Stacy Martin, Bérénice Bejo, Liam Cunningham, Sophie Lane Curtis.
continua»
Titolo originale The Childhood of a Leader.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 113 min.
- Francia 2015.
- Fil Rouge Media
uscita giovedì 29 giugno 2017.
MYMONETRO
L'infanzia di un capo
valutazione media:
2,96
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il mostro è nel sonno della ragione collettivadi FabioFeliFeedback: 25659 | altri commenti e recensioni di FabioFeli |
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martedì 4 luglio 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nel 1919 la famiglia di un diplomatico americano (Liam Cunnigham), impegnato con i rappresentanti degli alleati nella stipulazione dei Trattati di Versailles, prende posto in una prestigiosa residenza francese. L’uomo è spesso assente da casa ed il figlio Prescott (Tom Sweet) resta con la madre (Bérénice Bejo), una donna gelida e bigotta, e col personale di servizio che comprende una “tata” per il bambino e una insegnante di francese. Prescott manifesta una personalità forte e ribelle: aggira i divieti con furbizia e si oppone ai genitori; quando la madre scopre l’indulgenza della tata che asseconda il figlio e la licenzia spietatamente, il bambino afferma che studierà da solo, come i gemelli de “Il grande quaderno” di Janos Szasz – recente trasposizione della prima parte della Trilogia della città di K. della scrittrice Agota Kristof–, con il risultato che viene licenziata anche l’insegnante. Nelle ultime due parti della storia l’ira repressa di Prescott scatena un temporale che diventerà un catastrofico ciclone … Il film di Brady Corbett si ispira a un racconto di Sartre con lo stesso titolo apparso ne “il muro” senza ricalcarne i contenuti. Sembra filare liscio nella spiegazione dell’evoluzione della psicologia del bambino, trascurato da entrambi i genitori, e lasciato senza una figura amorosa che favorisca uno sviluppo corretto: la madre è capace di soli divieti e castighi inefficaci; la tata è il rovescio della stessa medaglia, perché asseconda il bambino senza discutere e correggerlo. Ma creare un mostro senza sentimenti non genera un dittatore nazista, se contemporaneamente non ci sia una volontà popolare che ne assecondi l’ascesa al potere. Ne Il nastro bianco di Haneke la nascita di violente pulsioni e delitti insensati che prefigurano l’ascesa del nazismo risiede, sì, nella bigotteria e nella generale repressione operata sui bambini e sui giovani, ma lo sguardo del regista si focalizza non solo sulla psicologia del singolo bambino ma anche su quella collettiva. La presente pellicola regala comunque il brivido della musica atonale, che definiremmo “espressionista”, che la accompagna e che esplode con violenza nell’ultima parte, in modo analogo a quanto accade in Ivan il terribile, parte seconda (La congiura dei Boiardi) di Ejzenstejn; infatti in questo film il regista russo utilizza per la prima – e purtroppo ultima - volta le immagini a colori e non più mute, ma accompagnate dalla musica dirompente di Sergej Prokofiev. La pellicola dell’esordiente regista americano, premiato a Venezia, pur con tutti i distinguo sopra descritti, grazie alla efficacia della recitazione e della fotografia resta un film da vedere.
Valutazione ***
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