Lo Stato contro Fritz Bauer |
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Un film di Lars Kraume.
Con Burghart Klaußner, Ronald Zehrfeld, Sebastian Blomberg, Jörg Schüttauf.
continua»
Titolo originale Der Staat Gegen Fritz Bauer.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 105 min.
- Germania 2015.
- Cinema
uscita giovedì 28 aprile 2016.
MYMONETRO
Lo Stato contro Fritz Bauer
valutazione media:
3,42
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un magistrato ebreo nella Germania del dopoguerradi ZararFeedback: 13464 | altri commenti e recensioni di Zarar |
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lunedì 9 maggio 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film si inserisce in un filone di analisi ancora aperta di temi scottanti quali la rimozione del passato nazista e il difficile processo di presa di coscienza della Germania, accompagnato da un’epurazione largamente imperfetta in settori cruciali dello stato e dell’industria e quale la specifica vicenda della cattura di Eichmann in Argentina e del suo processo ed esecuzione in Israele. Ricordiamo in particolare, nel campo dei docufilm legati al processo Eichmann, The specialist di E. Sivan del 1999, Eichmann di R. Young del 2007 e The Eichmann show di M. Fruchtman del 2015, mentre sui problemi della rimozione non si può dimenticare il notevole Il labirinto del silenzio, di Giulio Ricciarelli, del 2014. Alla ricerca della specificità di questo film, notiamo che esso nasce da una ricerca del 2007 di uno scrittore e giornalista ebreo francese, Olivier Guetz, su quello che lui chiama l’impossible retour di tanti ebrei tedeschi che ebbero dal ‘45 in poi la voglia e il coraggio di ritornare nel paese. Uno di loro fu appunto il Procuratore di Stato Fritz Bauer, un socialdemocratico rientrato in Germania nell’immediato dopoguerra che fece una sua missione dell’assicurare per quanto possibile giustizia e compensazioni alle vittime del nazismo. Il regista Kraume e lo stesso Guetz, che Kraume ha voluto come sceneggiatore del film, si concentrano soprattutto sulla sua personalità e sul suo ruolo, non così noto, nella cattura di Eichmann. Ma è lui, non Echmann, il personaggio sotto la lente, sicché non ha senso lamentare la marginalità di quest’ultimo nel film. Ed è un personaggio non facilmente dimenticabile: in un contesto ufficialmente rinato alla democrazia, ma percorso a tutti i livelli da una volontà di rimozione, che non risparmia neppure i vincitori (il film ha fatto storcere il naso a qualcuno in America a questo proposito), boicottato a tutti i livelli, minacciato da ex nazisti ancora largamente in circolazione, Fritz Bauer agita la testa leonina, il suo sigaro e la voce prepotente in uno sforzo costante di autoasserzione accompagnato da feroce autocontrollo; inghiotte la necessità, dolorosissima per un magistrato, di ricorrere al ricatto e persino al ‘tradimento’ dello stato in nome della giustizia; contro ogni speranza, a tentoni, trova un alleato in qualcuno che condivide con lui un altro stigma, l’essere omosessuale, una condizione difficilissima nella Germania del ’57; affronta forse la più dura delle prove per un ebreo come lui, la diffidenza degli stessi ebrei palestinesi. In una scena finale volutamente teatrale, tutto il compresso che monta lungo tutto il film esplode nella manifestazione di una sua volontà ferrea di continuare a lottare, dopo la mezza sconfitta subita: Eichmann sarà catturato grazie alle sue informazioni passate al Mossad, ma resterà per lui un’ombra inafferrabile (come in tutto il film) perché non gli sarà possibile processarlo in Germania come voleva, il suo giovane alleato sarà messo fuori gioco, ma nei titoli di coda apprendiamo che Bauer riuscirà, alla fine degli anni ’50, ad avviare il processo di Francoforte agli aguzzini di Auschwitz. Molto interessante per il rilievo dato a questa figura, anche formalmente quest’opera si segnala, nonostante una certa teatralità e un tono didascalico in alcune parti, per rendere generalmente con efficacia, attraverso immagini fortemente espressionistiche, la dinamica tra compressione ed esplosione che è una cifra importante del film. Tre stelle e mezzo.
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