Angelica

Primi Novecento, l'orfana Costance non fa in tempo ad essere assunta come commessa in un negozio che trova marito. Il dottor Barton, arrembante medico di città italiano che aspira a sembrare londinese, la fa sua e mira con lei a costruire una famiglia alto borghese. Dopo la prima figlia, Angelica, a Constance viene però sconsigliato di avere altri figli e in assoluto di praticare il sesso. L'astinenza solleva timori e fobie nella donna che comincia ad aver paura di ogni cosa e temere prima per la vita della figlia e poi per la propria arrivando ad avere allucinazioni. La scoperta di quale sia la specializzazione del marito e come egli insegua il progresso non l'aiuterà, almeno non quanto l'arrivo di una medium truffatrice.
L'Inghilterra vittoriana di Mitchell Lichtenstein somiglia all'America degli anni '60, un luogo e un tempo a cui tutti desiderano appartenere, nel quale il progresso stimola l'adesione al modello di vita imperante e consente l'accesso ad un benessere al quale il dottor Barton aspira a conformarsi. L'elemento che porta disequilibrio è allora l'astinenza sessuale, la privazione dal più naturale degli stimoli. Sottratta quella tessera crolla tutta la costruzione e le gabbie vengono svelate per quello che sono.
C'è un mondo d'ipocrisia da svelare in Angelica, un mondo che va dalla vivisezione pratica con l'alibi del progresso al ruolo della donna al falso equilibrio di coppia; per il regista però tutto parte dal sesso e lì torna, vera ossessione umana e soprattutto maschile che le donne subiscono. Se in Denti la vagina killer era un modo molto intelligente per cambiare il punto di vista sul mondo e smettere di subire (in un genere come l'horror in cui si seguono sempre le vittime, seguire un'inconsapevole carnefice, svelava dove fosse il vero orrore), ora è la follia il punto di vista inconsueto da adottare per parlare di come al centro delle interazioni umane stia il sesso. Tutte le ipocrisie del mondo degli uomini che Constance è costretta a vedere di giorno le proietta nelle sue allucinazioni notturne.
Lichtenstein si pone come sempre incondizionatamente dalla parte delle donne, le uniche nei suoi film in grado di vedere oltre le apparenze e comprendere davvero le persone, personaggi che ama veder trionfare moralmente e anche fattualmente, attraverso atti di violenza e solidarietà a cui consegna il sapore della giustizia.
Stavolta però il suo tentativo di sovvertire il consueto ha meno forza, osa molto di più e non potendosi appoggiare all'espediente del cambiare le regole di un genere cinematografico, rivela la propria pochezza. Angelica infatti non solo stenta a riuscire nella sua missione, cioè a far comprendere allo spettatore le ragioni di un personaggio che solitamente sarebbe considerato incomprensibile come quello di Constance, ma nel suo tentativo lo annoia inseguendo opposizioni logiche tra le più banali e masticate dal cinema. 