antonietta dambrosio
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sabato 1 novembre 2014
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film raffinato
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Gelsomina è il suo nome, e come da un fiore appena dischiuso, le api vengono fuori dalla sua bocca, camminano lentamente seguendo il profilo del suo viso, e su quella pelle sentono la cura, la pazienza e l'amore. In un casolare in stato di abbandono immerso nell'atmosfera rurale delle brulle e fangose campagne umbre, si muovono le figure che animano la pellicola di Alice Rohrwacher ambientata negli anni novanta, e Gelsomina è la primogenita delle quatto figlie di Wolfgang e Angelica (Alba Rohrwacher).
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Gelsomina è il suo nome, e come da un fiore appena dischiuso, le api vengono fuori dalla sua bocca, camminano lentamente seguendo il profilo del suo viso, e su quella pelle sentono la cura, la pazienza e l'amore. In un casolare in stato di abbandono immerso nell'atmosfera rurale delle brulle e fangose campagne umbre, si muovono le figure che animano la pellicola di Alice Rohrwacher ambientata negli anni novanta, e Gelsomina è la primogenita delle quatto figlie di Wolfgang e Angelica (Alba Rohrwacher). La famiglia, in compagnia dell'ospite Cocò (Sabine Timoteo), conduce una vita quasi arcaica legata all'apicoltura e al lavoro della terra, scandita da notti passate su una brandina all'aria aperta, sveglia all'alba, piedi nudi nel fango, bagno nel lago dopo ore di duro lavoro a smielare favi, secchi da cambiare per la raccolta del miele, ed in "questo mondo che sta per finire" irrompe prima Martin, un ragazzo inserito nella famiglia allo scopo di rispettare un programma di rieducazione, e poi la fata Milly Catena (Monica Bellucci) che arriva con il suo concorso televisivo "Le meraviglie". Wolfgang, fedele alla rigidità voluta dalle sue origini tedesche, è un padre burbero e irascibile, ma è un uomo che a suo modo ama sua moglie e le sue figlie, e a Gelsomina (Maria Alexandra Lungu) trasmette i segreti e l'arte dell'apicoltura, vedendo in lei il maschio mancato a cui affidare l'eredità del suo mondo, ed è a lei che regala il cammello che desiderava da bambina. Le lacrime di Gelsomina, alla vista del cammello, sono il segno del suo passaggio nell'età adulta, o sono il passo verso il luccichio di un mondo diverso che intravede oltre il casolare. Sentiamo con lei il peso e l'orgoglio delle responsabilità, la malinconia nella voce che chiede ancora ordini a suo padre dopo averlo deluso, l'entusiasmo che batte al ritmo delle semplici note di "Ti appartengo", la poesia delle api sul suo volto mente si muovono al suono del dolce fischio di Martin. E nella durezza di Wolfgang c'è l'amore, nelle pieghe dei suoi sguardi e dei suoi ordini c'è il disperato bisogno di proteggere un mondo incontaminato, dove sua figlia non può andare oltre il suo essere bambina e non può desiderare altro che il cammello che aveva sognato. È un mondo dove si parla italiano e il tedesco, ma dove Angelica parla anche francese quando le sue figlie non devono capire. Si respira un'atmosfera fatta di protezione e amore mascherata da rigide regole senza cuore e l'abbraccio finale che unisce tutti ne è il quadro più bello. Alice Rohrwacher con la sua pellicola dai forti caratteri autobiografici vince il Gran Prix a Cannes regalandoci un affresco dai colori tenui, a tratti surreale e che ricorda per certi versi le atmosfere felliniane. ( Antonietta D'Ambrosio )
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stefano capasso
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martedì 27 maggio 2014
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un periodo di cambiamenti
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Una famiglia variegata, alternativa, di etnia mista che vive in un casolare decadente ai margini della comunità locale nel territorio umbro. Sono apicoltori e il miele è tutto ciò che gli dà loro da vivere.
E la loro vita somiglia molto a quella delle api. Operosi, lavorano tutti, i figli anche più piccoli sono importante forza lavoro, indispensabile alla produzione del miele. Come le api, hanno relazioni simbiotiche e con gerarchie ben definite, con il papà tedesco che manda avanti la famiglia in modo autoritario. Sono due entità a rischio: le api per i nuovi insetticidi che la comunità offre ai contadini e la famiglia perché le nuove norme sanitarie e di produttività non consentiranno più una modalità di lavoro senza nessuno standard igienico e di sicurezza.
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Una famiglia variegata, alternativa, di etnia mista che vive in un casolare decadente ai margini della comunità locale nel territorio umbro. Sono apicoltori e il miele è tutto ciò che gli dà loro da vivere.
E la loro vita somiglia molto a quella delle api. Operosi, lavorano tutti, i figli anche più piccoli sono importante forza lavoro, indispensabile alla produzione del miele. Come le api, hanno relazioni simbiotiche e con gerarchie ben definite, con il papà tedesco che manda avanti la famiglia in modo autoritario. Sono due entità a rischio: le api per i nuovi insetticidi che la comunità offre ai contadini e la famiglia perché le nuove norme sanitarie e di produttività non consentiranno più una modalità di lavoro senza nessuno standard igienico e di sicurezza.
In tutto questo ci sono le due figlie più grandi che affrontano il difficile passaggio verso l’età adulta. Identificarsi e definirsi in questo contesto è complicato, mancano modelli di riferimento e la famiglia sembra incapace di prestare attenzione ai loro nuovi bisogni. Soprattutto Gelsomina, la più grande. Lei affronterà di fatto il cambiamento verso l’età adulta, stimolata dal sentimento che nasce verso un ragazzo che arriva al casolare per lavorare, nell’ambito un programma di recupero alternativo alla detenzione.
E sullo sfondo è descritto il passaggio ad una nuova era, dove la tv e i talk show arrivano a scuotere e a mettere in discussione i ritmi e le usanze di questi contadini.
Alice Rohrwacher racconta con delicatezza un momento di transizione che è personale, dei protagonisti come individui singoli, familiare perché i rapporti all’interno cambieranno e storica, relativa ai cambiamenti del costume dei primi anni 90. Descrive molto bene atmosfere che quasi si respirano, si fa seguire pur regalando poche emozioni
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pincenzo
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venerdì 23 maggio 2014
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spontaneità e responsabilità
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Nella campagna tra il Lazio e la Toscana vive una famiglia, un po' allargata e molto alternativa, che si dedica all'apicoltura in un vecchio casale. Il padre, tedesco, è il centro di questa famiglia, circondato da quattro figlie, una moglie e una terza donna, tutte che subiscono il suo carattere rude, irritabile, affascinate dal suo modo di interagire con la natura. Ma poi arrivano un ragazzo e un'occasione che potrebbe risollevare le precarie condizioni economiche della famiglia. L'incanto si rompe e si apre un nuovo capitolo della loro vita. Un film calligrafico, dominato dalla recitazione naturale e spontanea delle bambine che ci mostrano il mondo degli adulti in una chiave di responsabilità ma anche di gioco, inconsapevoli delle trame che governano la loro esistenza ma attivamente partecipi e, a volte, critiche.
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Nella campagna tra il Lazio e la Toscana vive una famiglia, un po' allargata e molto alternativa, che si dedica all'apicoltura in un vecchio casale. Il padre, tedesco, è il centro di questa famiglia, circondato da quattro figlie, una moglie e una terza donna, tutte che subiscono il suo carattere rude, irritabile, affascinate dal suo modo di interagire con la natura. Ma poi arrivano un ragazzo e un'occasione che potrebbe risollevare le precarie condizioni economiche della famiglia. L'incanto si rompe e si apre un nuovo capitolo della loro vita. Un film calligrafico, dominato dalla recitazione naturale e spontanea delle bambine che ci mostrano il mondo degli adulti in una chiave di responsabilità ma anche di gioco, inconsapevoli delle trame che governano la loro esistenza ma attivamente partecipi e, a volte, critiche. Il tema del rapporto della figlia maggiore, Gelsomina, con il padre poteva essere più approfondito, senza lasciarlo alle immagini e all'immaginazione dello spettatore. Ma, si sa, è questa la cifra del cinema d'autore italiano contemporaneo, ermetico ed evocativo, raramente esplicito.
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(di moebius)
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luca scial�
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mercoledì 18 giugno 2014
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i sogni di una giovane apicoltrice
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In una sterminata campagna toscana, Alice e Wolfgang gestiscono un'azienda a conduzione familiare che produce miele. La coppia vive in una casa rurale coi minimi comfort moderni, quasi ai margini della società moderna, assieme alle quattro figlie e la sorella di lui. A dare loro una mano è soprattutto la primogenita, Gelsomina, che come tutte le adolescenti vive appieno il fascino della natura ma ha anche tanti sogni di evadere da quel Mondo. A loro si aggiunge un ragazzino tedesco disadattato, che dovrà svolgere presso di loro dei lavori sociali. Una scelta presa dal padre senza consultare il resto della famiglia. Come non bastasse, all'insaputa del padre, contrario, Gelsomina iscrive l'azienda di famiglia a un programma televisivo.
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In una sterminata campagna toscana, Alice e Wolfgang gestiscono un'azienda a conduzione familiare che produce miele. La coppia vive in una casa rurale coi minimi comfort moderni, quasi ai margini della società moderna, assieme alle quattro figlie e la sorella di lui. A dare loro una mano è soprattutto la primogenita, Gelsomina, che come tutte le adolescenti vive appieno il fascino della natura ma ha anche tanti sogni di evadere da quel Mondo. A loro si aggiunge un ragazzino tedesco disadattato, che dovrà svolgere presso di loro dei lavori sociali. Una scelta presa dal padre senza consultare il resto della famiglia. Come non bastasse, all'insaputa del padre, contrario, Gelsomina iscrive l'azienda di famiglia a un programma televisivo. La famiglia così si scopre spesso facilmente violabile alle pressioni del mondo esterno.
A tre anni di distanza da Corpo celeste, Alice Rohrwacher ripropone una nuova storia sull'adolescenza, questa volta però sostituendo il misticismo religioso a quello televisivo. La giovane protagonista Gelsomina, infatti, sogna di vincere un premio di un programma televisivo, che salverebbe l'azienda dei genitori in profonda crisi. Le sue avventure si svolgono immerse nella natura, ma anche tra le fatiche di un lavoro tanto appassionante quanto faticoso qual è l'apicoltura e la produzione di miele. A darle il volto la giovanissima Maria Alexandra Lungu, all'esordio cinematografico. Il suo sogno televisivo rievoca quello del protagonista ingenuo visto in Reality, di Matteo Garrone. Sebbene il film viaggi sulla falsariga della semplicità e dell'ingenuità, ha sullo sfondo un certo pessimismo e una certa cupezza. Incarnati nella figura del padre, certo che il mondo stia per finire. Il finale amaro ma al contempo speranzoso, di chapliniana memoria, è la giusta sintesi di tutta la storia.
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(di luca scial�)
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flyanto
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lunedì 26 maggio 2014
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la crescita inevitabile di un'adolescente
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Film in cui si racconta di una famiglia, composta dai due genitori e dalle quattro figlie, che vive in campagna occupandosi principalmente di allevare api e di produrre miele. Essa vive praticamente come se fosse isolata dal resto della civiltà e cioè con uno stile di vita assai distante dall'uso di qualsiasi moderna tecnologia o metodo regolato dalle normative vigenti proprie della società contemporanea. La maggior parte del lavoro sui campi e soprattutto quello dedito alla produzione del miele risiede nella figlia maggiore, ormai adolescente, Gelsomina la quale vive col padre un rapporto di amore/odio, ma sempre alla ricerca dell'approvazione e della lode paterna a cui, invece, manca profondamente la presenza di un figlio maschio.
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Film in cui si racconta di una famiglia, composta dai due genitori e dalle quattro figlie, che vive in campagna occupandosi principalmente di allevare api e di produrre miele. Essa vive praticamente come se fosse isolata dal resto della civiltà e cioè con uno stile di vita assai distante dall'uso di qualsiasi moderna tecnologia o metodo regolato dalle normative vigenti proprie della società contemporanea. La maggior parte del lavoro sui campi e soprattutto quello dedito alla produzione del miele risiede nella figlia maggiore, ormai adolescente, Gelsomina la quale vive col padre un rapporto di amore/odio, ma sempre alla ricerca dell'approvazione e della lode paterna a cui, invece, manca profondamente la presenza di un figlio maschio. LA quieta esistenza che la famiglia stà vivendo verrà turbata dall' arrivo di una troupe televisiva, al fine di riprendere un programma di rilancio agricolo dell'area campestre umbra, un tempo abitata dalle popolazioni etrusche, e dall'arrivo di un ragazzino problematico, dato in affido alla suddetta famiglia, che subito si conquista le simpatie del capo famiglia enella cui estraneità si riconosce Gelsomina stessa. L'equilibrio in cui la famiglia vive ovviamente si spezza a contatto con queste novità consistenti che porteranno alla stessa famiglia un notevole cambiamento interiore e non solo.
Questa seconda opera di Alice Rohrwacher, giustamente premiata per la regia dalla giuria al Festival di Cannes, conferma il talento della giovane regista, già ampiamente apprezzata per il suo precedente "Corpo Celeste". Ancora una volta la Rohrwacher presenta e prende in esame la figura di un'adolescente che sta crescendo e che sta formando piano piano la propria personalità e che in questo percorso si sente fortemente a disagio ed ormai inadatta all'ambiente che la circonda. Mentre nel primo film la ragazzina, peraltro un poco più giovane della Gelsomina del secondo, si confrontava con un ambiente a lei estraneo, sconosciuto nonchè profondamente ipocrita, comprendente anche il chiuso ambiente della Chiesa stessa, in "Le Meraviglie" la protagonista sembra cominciare a prendere coscienza di sè e, dunque, in un certo qual modo a ribellarsi ad una tipologia di vita e di ambiente a cui era stata con le proprie sorelle finora abituata, dal suo contatto con due realtà per lei del tutto nuove, sconosciute, un pò misteriose e per lei ricche di fascino. Il tutto, in entrambe le opere viene analizzato dalla regista con profonda acutezza e sensibilità ed ancora una volta ella è riuscita a trovare e ad affidare la parte della protagonista ad una ragazzina adolescente, Maria Alexandra Lungu, che si è dimostrata quanto mai all'altezza del suo particolare e delicato ruolo grazie alla propria naturale espressività e drammaticità delle espressioni del volto. Anche le altre ragazzine di contorno, nella parte delle sorelle più piccole, sono da lodare per la loro spontaneità ed immediatezza. Monica Bellucci, nella parte della conduttrice televisiva in costume da divinità etrusca, come sempre, è da elogiare per la sua bellezza ma, al confronto delle piccole protagoniste dove scompare, purtroppo non per la sua performance che risulta abbastanza mediocre.
Non so quanto di autobiografico La Rohrwacher abbia immesso in questa pellicola e ciò vale anche poco conoscerlo, ma sicuramente qualche ricordo personale ha molto contribuito alla realizzazione di quest'opera.
Preferendo personalmente più "Corpo Celeste" in quanto più spontaneo e meno "costruito" su ricordi troppo personali, non posso comunque che riconoscere il pregio ed il valore di questo film che comunque consacra a a pieno titolo la sua regista tra le migliori della nuova generazione.
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fabiofeli
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lunedì 2 giugno 2014
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crescere in campagna
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Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Nella campagna della Tuscia, l’adolescente Gelsomina (Maria Alexandra Longu) vive in un casale fatiscente con tende inchiodate agli stipiti delle porte delle camere con le tre sorelle minori, la madre Angelica (Alba Rohrwacher) e il padre Wolfgang (Sam Louwyck), un brusco tedesco autoritario. Il lavoro nei campi e la cura di molte arnie per la produzione di un miele prelibato assorbe gran parte del tempo della famiglia, che conduce una esistenza povera ma in armonia con la natura.
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Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Nella campagna della Tuscia, l’adolescente Gelsomina (Maria Alexandra Longu) vive in un casale fatiscente con tende inchiodate agli stipiti delle porte delle camere con le tre sorelle minori, la madre Angelica (Alba Rohrwacher) e il padre Wolfgang (Sam Louwyck), un brusco tedesco autoritario. Il lavoro nei campi e la cura di molte arnie per la produzione di un miele prelibato assorbe gran parte del tempo della famiglia, che conduce una esistenza povera ma in armonia con la natura. I problemi economici sono gravi, ma potrebbero in parte essere superati con l’arrivo di un ragazzo tedesco, Martin, arrestato per piccoli furti; questi è affidato dai servizi sociali tedeschi alla famiglia dietro compenso per il lavoro rieducativo che svolgerà. Il ragazzo non parla, ma ha una perizia straordinaria nel fischiare imitando il canto degli uccelli; lavora con buona volontà, adattandosi alle spartane abitudini familiari.
Altra occasione di guadagno potrebbe essere un concorso televisivo che premia i prodotti naturali della zona. Non a caso la piccola azienda si sottopone alla dispendiosa e rigida disciplina del Controllo Qualità, con inevitabili errori e disavventure. Gelsomina, all’insaputa di suo padre che non approverebbe, iscrive la famiglia al concorso, affascinata dalla conduttrice televisiva (Monica Bellucci), truccata come una incredibile fata con una parrucca di stoffa bianca.
Inizia l’assurda mascherata televisiva con i produttori in ridicoli costumi etruschi. Gelsomina ha preparato una esibizione assieme a Martin: mentre lui fischia, lei lascia uscire dalla bocca alcune api.
Tutto si risolverebbe per il meglio, se si vincesse il premio …
Un’opera condotta come una favola messa di fronte a una realtà difficile, nella quale l’incanto e la poesia della natura e di una vita regolata sui ritmi dalla luce del giorno non nasconde la durezza della vita in campagna. I temi più importanti della storia, raccontati con sobrietà di immagini e di espressioni dai due piccoli protagonisti, sono la crescita dei due adolescenti e il progressivo distacco da un padre-padrone autoritario, ma infine comprensivo. Perché ogni stagione ha il suo tempo e il nuovo è fuori dal ristretto mondo familiare.
Echi felliniani (il nome della protagonista e il cammello nell’aia) e del Sorrentino spietato nell’irridere gli assurdi programmi televisivi aggiungono sapore a questo delicato film, premiato dalla giuria di Cannes.
Un piccolo gioiello da vedere.
Valutazione *** ½
FabioFeli
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francesco izzo
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domenica 1 giugno 2014
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proprio un bel film : palma d'oro meritatissima.
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La commedia si svolge in un casale umbro, dove ad una famiglia di apicultori viene affidato un ragazzino con problemi di inserimento sociale.
Un po' troppo marcata la figura del capo famiglia nel suo aspetto costantemente burbero, sono bravissime invece Alba Rohrwacher e la giovanissima Gelsomina a rendere i loro ruoli.Un giorno si scontrano malauguratamente con l'avanzare del nuovo ed invadente mondo dell'immagine ed i suoi operatori.
La giovane Gelsomina alla fine non resiste e iscrive la sua famiglia alla selezione di un concorso.
Al quale - e questa è a mio avviso la scena di gran lunga più bella ed intensa del film - la sua famiglia fa,secondo le attuali leggi dell'immagine e della comunicazione -una pessima figura.
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La commedia si svolge in un casale umbro, dove ad una famiglia di apicultori viene affidato un ragazzino con problemi di inserimento sociale.
Un po' troppo marcata la figura del capo famiglia nel suo aspetto costantemente burbero, sono bravissime invece Alba Rohrwacher e la giovanissima Gelsomina a rendere i loro ruoli.Un giorno si scontrano malauguratamente con l'avanzare del nuovo ed invadente mondo dell'immagine ed i suoi operatori.
La giovane Gelsomina alla fine non resiste e iscrive la sua famiglia alla selezione di un concorso.
Al quale - e questa è a mio avviso la scena di gran lunga più bella ed intensa del film - la sua famiglia fa,secondo le attuali leggi dell'immagine e della comunicazione -una pessima figura. Secondo invece quelle eterne dei veri valori e della vera vita agreste,un'ottima figura. Ma questo richiede di essere capito,e non tutti ne sono capaci.
Così il concorso non lo vincono, ed invece devono sloggiare perché con i soldi del premio il loro vicino costruirà un agriturismo (e loro non amano questo mondo di invadenza e di consumi).
Complimenti ad Alice Rohrwacher. Sarà anche narrazione autobiografica,ma io queste cose le adoro.
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(di francesco izzo)
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pepito1948
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martedì 27 maggio 2014
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meraviglie della poesia
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La terra nella sua essenza arcaicamente bucolica ma anche brutalmente multiforme: fangosa, ospitale, da toccare, da dormirci sopra come atto di amore ed immersione totale. Le api, simbolo di incessante produttività ma anche di libertà acuminata, di umoralità ma anche di comunicazione tattile. Il letto come luogo di unione fisica ma anche di sonno, sogno e di riflessione. La casa di campagna, essenziale, dove le ombre prevalenti si alternano alla luce del sole mischiandosi ad un chiaroscuro di voci ora sussurrate ora urlate ora accorate, dove i raggi filtranti di luce si prestano ad essere bevuti con le mani a coppa per la loro solare limpidezza. Una povertà immanente spalmata come brina ma sublimata dalla vitalità, sia pure appesantita da una quotidianità difficile e irta di problemi, di una famiglia rifluita come spezzone di una comunità più ampia in un luogo solitario della Tuscia, in cui sembra aleggiare il mistero e l’antica memoria degli Etruschi.
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La terra nella sua essenza arcaicamente bucolica ma anche brutalmente multiforme: fangosa, ospitale, da toccare, da dormirci sopra come atto di amore ed immersione totale. Le api, simbolo di incessante produttività ma anche di libertà acuminata, di umoralità ma anche di comunicazione tattile. Il letto come luogo di unione fisica ma anche di sonno, sogno e di riflessione. La casa di campagna, essenziale, dove le ombre prevalenti si alternano alla luce del sole mischiandosi ad un chiaroscuro di voci ora sussurrate ora urlate ora accorate, dove i raggi filtranti di luce si prestano ad essere bevuti con le mani a coppa per la loro solare limpidezza. Una povertà immanente spalmata come brina ma sublimata dalla vitalità, sia pure appesantita da una quotidianità difficile e irta di problemi, di una famiglia rifluita come spezzone di una comunità più ampia in un luogo solitario della Tuscia, in cui sembra aleggiare il mistero e l’antica memoria degli Etruschi. Padre padrone ed iroso, moglie mediatrice e dispensatrice di affettività, un nugulo di figlie femmine, tra cui si erge Gelsomina, la maggiore, vice-factotum dell’azienda di apicoltura familiare. Intorno a lei si svolge il filo narrativo e da lei s’irradia l’iniziativa che spinge ed influenza l’evoluzione della famiglia ed i suoi moti sussultori. Gelsomina è il fiore che sta sbocciando prematuramente, a causa delle responsabilità che il padre le ha caricato sulle spalle, ma che non rinuncia alla sua adolescenza ed alle relative iniziazioni verso il mondo “esterno”, fatto ai suoi occhi di suggestioni, di incanti, di magie, di personaggi fiabeschi. Ed è proprio una fata turchina, bella ma posticcia, intrigante ma con le rughe e senza bacchetta magica, che la conquista spingendola verso la fabbrica delle illusioni per antonomasia, la televisione, ai cui bagliori inconsistenti non si può resistere. Ma non sarà quell’esperienza –fatta di lusinghe e di vacuità- a svezzarla, ma l’arrivo in famiglia di un ragazzo chiuso e taciturno che nessuno è riuscito a toccare e che comunica solo con un linguaggio melodioso e ancestrale, che trascende l’arida concettualità della parola. Solo Gelsomina riuscirà a decifrarlo e potrà valicare quella barriera, con l’acerba dolcezza e la candida audacia della sua grazia di pupa fattasi farfalla.
Alice R., autrice e regista alla seconda impegnativa prova giustamente premiata a Cannes, innesta la sua storia, fatta di fili che si snodano, si prolungano e si intrecciano sinuosamente, in un contesto neorealista e “proletario”, in cui la natura è scarna e neutra spettatrice delle piccole gesta di un quadrilatero umano (tre donne ed un uomo) che si dipanano serpeggiando tra asperità, morbidezze, mediazioni, maturazioni, scontri e sogni di un vivere semplice nell’esteriorità ma complesso nelle sue dinamiche di crescita individuale e collettiva del gruppo. Ma la narrazione, pur nella sua cruda autenticità, è espressa in ogni momento attraverso il filtro di una poetica fatta di chiaroscuri, di atmosfere primordiali, di infantili rapimenti davanti all’irrompere di mondi luccicanti che nascondono la loro capacità corruttiva, di ombre che si muovono platonicamente sulla parete illuminata di una grotta vibrante di corrispondenze affettive. Impossibile non andare con il pensiero ad un’altra Gelsomina (felliniana) che ha in comune con la protagonista il candore vitale e la determinazione di vivere succhiando il massimo di conoscenza e di sensazioni dal prorompere incessante del “fuori da sé”, e l’impulso irrefrenabile a resistere alle pressioni castranti e neganti del “proprio uomo”. Straordinarie le giovani interpreti delle due figlie maggiori, pienamente credibili e disinvolte nei rispettivi ruoli, grazie anche ad una regia attenta a “naturalizzare” i personaggi e nel contempo a non sminuire il simbolismo immanente e l’impronta onirica, fortemente marcata nel finale che si presta a diverse letture. Meraviglie dell’incanto, del disincanto stemperato nei valori della terra, degli affetti, della scoperta della bellezza come valore fondante, meraviglie delle vibrazioni auliche della dimensione poetica della vita.
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