filmguida2014
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domenica 26 gennaio 2014
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una "favola" dalle intenzioni buone e accomodanti
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Faenza, dal romanzo al quale si ispira, tenta di trarne fuori una cornice femminista un po' accomodante e un po' didascalica, rivolta a chi tenta di leggere il dramma dell'esperienza del lager con leggerezza e con poca riflessione politica. Ma se le intenzioni di sceneggiatura non sono deprecabili, altrettanto lo è il risultato filmico con un'insieme abbastanza statico e fumettistico, dove la ripetitività di tale narrazione raggiunge il suo culmine con una serie di trovatine diciamo così cinefile molto scontate ed evitabili (i protagonisti che vedono "Il grande dittatore" con alcuni errori di continuità nelle sequenze, Anita che scrive le sue emozioni e che vive la sua prigionia con emotività dominante un po' come in "Il diario di Anna Frank"), e ancor più irritante il zuccheroso e televisivo lieto fine, offensivo non solo per la storia in se, ma anche per le sue intenzioni un po' truffaldine di voler "rimuovere" le sofferenze psicologiche della protagonista.
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Faenza, dal romanzo al quale si ispira, tenta di trarne fuori una cornice femminista un po' accomodante e un po' didascalica, rivolta a chi tenta di leggere il dramma dell'esperienza del lager con leggerezza e con poca riflessione politica. Ma se le intenzioni di sceneggiatura non sono deprecabili, altrettanto lo è il risultato filmico con un'insieme abbastanza statico e fumettistico, dove la ripetitività di tale narrazione raggiunge il suo culmine con una serie di trovatine diciamo così cinefile molto scontate ed evitabili (i protagonisti che vedono "Il grande dittatore" con alcuni errori di continuità nelle sequenze, Anita che scrive le sue emozioni e che vive la sua prigionia con emotività dominante un po' come in "Il diario di Anna Frank"), e ancor più irritante il zuccheroso e televisivo lieto fine, offensivo non solo per la storia in se, ma anche per le sue intenzioni un po' truffaldine di voler "rimuovere" le sofferenze psicologiche della protagonista. Buona la fotografia, curata la scenografia ma solo nella prima parte, e non molto irritante l'insieme recitativo, un po' classificato come "retro" che strizza l'occhio a certe buone opere filmiche del passato, dove in fin dei conti si celebra proprio la leggerezza e la "gentilezza" di certe impostazioni interpretative. Fiacca colonna sonora. Nonostante tutto meno falso e venduto rispetto al precedente "Un giorno questo dolore ti sarà utile".
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melania
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giovedì 23 gennaio 2014
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film poetico
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Mi è piaciuto moltissimo,per la trama,l'ottimo cast,per le emozioni che il film ha suscitato in me.Si segue con attenzione dall'inizio alla fine,si va via dalla sala portando un ricordo vivo dei personaggi,con particolare riferimento alla protagonista che è estremamente amabile.Assolutamente consigliabile!
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flyanto
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giovedì 23 gennaio 2014
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il duro dopo shoah raccontato con poesia
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Film liberamente tratto dal romanzo autobiografico di Edith Bruck "Quanta stella c'è in cielo" in cui si racconta l'esistenza e le vicissitudini vissute da una sedicenne di nome Anita appena rilasciata dai campi di concentramento dove era stata rinchiusa insieme a tutta la propria famiglia. Mentre questa però è stata sterminata, la ragazza si è salvata e trova accoglienza in casa di una giovane zia, in realtà molto fredda nei suoi confronti, che abita in un paesino al confine della Cecoslovacchia con l'Ungheria. Qui, piano piano Anita riesce a ritornare in forze ed a cominciare a vivere una vita sociale con gli esponenti della comunità presso cui vive.
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Film liberamente tratto dal romanzo autobiografico di Edith Bruck "Quanta stella c'è in cielo" in cui si racconta l'esistenza e le vicissitudini vissute da una sedicenne di nome Anita appena rilasciata dai campi di concentramento dove era stata rinchiusa insieme a tutta la propria famiglia. Mentre questa però è stata sterminata, la ragazza si è salvata e trova accoglienza in casa di una giovane zia, in realtà molto fredda nei suoi confronti, che abita in un paesino al confine della Cecoslovacchia con l'Ungheria. Qui, piano piano Anita riesce a ritornare in forze ed a cominciare a vivere una vita sociale con gli esponenti della comunità presso cui vive. Pertanto, trova lavoro presso un laboratorio di sartoria imparando a cucire con la macchina e nel frattempo si innamora, ricambiata, del giovane fratello del marito della zia. Con lui però, per inesperienza e molta buona fede, instaura un rapporto conflittuale di attrazione e respingimento e pertanto poco sereno e dunque poco soggetto a durare nel tempo. Alla fine di tutto ciò ella prenderà la decisione di lasciare il paesino e partire per Gerusalemme al fine di raggiungere un amico ebreo e là rifarsi una vita dedicandosi all'attività che più le piace, e cioè quella di scrivere storie per bambini.
Roberto Faenza qui ha girato un film molto delicato e sentimentale, ma attraverso lo svolgersi della vicenda concernente la situazione di un'adolescente egli coglie l'occasione soprattutto per presentare le condizioni che hanno vissuto ed in cui si sono trovati coloro che erano stati liberati dai campi di sterminio, insomma tutto il periodo dopo la Shoah. Pertanto si viene a conoscenza di quante ancora difficoltà questi individui dovettero affrontare e superare al fine di ottenere finalmente un'esistenza degna di essere vissuta. La giovane protagonista, infatti, nel corso dei primi tempi deve vivere praticamente nascosta nella casa della zia in quanto ancora priva di documenti. L'atmosfera in generale vigente in quel periodo comunque è un'atmosfera intrisa di continui sospetti (anche l'Unione Sovietica non vedeva troppo di buon occhio gli ebrei), di miserie morali e materiali, insomma un periodo di "ricostruzione" molto faticoso e quasi sempre "in salita". Il film termina con la bellissima frase "che l'unico bagaglio in possesso è il futuro" ed è proprio quello che possiede la ragazza, dando così un messaggio di speranza per l'avvenire che poi, nel caso specifico, si è visto non deludere affatto.
Una particolare menzione va rivolta alla giovane Eline Powell, eterea ed elegante in tutta la sua figura, che ben interpreta il personaggio dell'adolescente assegnatole. Ma anche i personaggi di contorno, Andrea Osvart nel ruolo della zia, Antonio Cupo in quello del marito ed il giovane Robert Sheehan in quello del giovane innamorato, non deludono e confermano la sapiente ed accurata scelta di Faenza.
Consigliato vivamente
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gaiart
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martedì 21 gennaio 2014
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anita b. e les femmes fortes non solo di faenza
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ANITA B.
E LES FEMMES FORTES non solo di FAENZA
di
Gaia Serena Simionati
"Lascia Auschwitz fuori da questa casa”
Sappiamo ormai tutti cheShoah(tempesta devastante)è una parola che in ebraico significa "distruzione". Viene preferita a Olocausto, (in quanto non richiama, come quest’ultimo, l’idea di un sacrificio inevitabile), dal greco holos "completo" e kaustos "rogo", cioè lo sterminio compiuto dai nazisti di circa sei milioni di ebrei.
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ANITA B.
E LES FEMMES FORTES non solo di FAENZA
di
Gaia Serena Simionati
"Lascia Auschwitz fuori da questa casa”
Sappiamo ormai tutti cheShoah(tempesta devastante)è una parola che in ebraico significa "distruzione". Viene preferita a Olocausto, (in quanto non richiama, come quest’ultimo, l’idea di un sacrificio inevitabile), dal greco holos "completo" e kaustos "rogo", cioè lo sterminio compiuto dai nazisti di circa sei milioni di ebrei.
A questo numero però vanno aggiunte anche tutte le persone e le etnie ritenute "indesiderabili": omosessuali, oppositori politici, zingari, testimoni di Geova, pentecostali, spesso dimenticati.
Con la giornata della memoria, in arrivo il 27 gennaio, i film sull’argomento proliferano. Roberto Faenza, il regista, precisa alla preview stampa che, Anita B., ispirato al romanzo autobiografico Quanta stella c’è nel cielo diEdith Bruck, non è un film sulla Shoà. Ma sul dopo, Auschwitz. Cioè sul ricordo e la sua gestione. E sulle donne, potremmo aggiungere!
Che fare allora ricordare o dimenticare? Rischio di museificazione della memoria o attenzione per il ricordo?
Secondo alcuni per superare bisogna rimuovere. Da questo assioma, si sviluppa il film, quando Eli (RobertSheehan) raccomanda ad Anita: "Lascia Auschwitz fuori da questa casa".
Anita è interpretata da Eline Powell, la giovane e brava attrice inglese, figlia di un pluripremiato scienziato per gli studi sull’AIDS. Nel film è una sedicenne orfana, di origine ungherese che, sopravvissuta ad Auschwitz, viene accolta in casa della zia Monika, sorella di suo padre, la quale le impone di dimenticare e di non parlare mai di quello che le è successo con nessuno in casa. Essa vive la nipote come un peso, forse quello del passato tenuto vivo.
Al contrario, Anita nutre speranze, vuole capire e ri-generare vita. Nella nuova casa si trova però ad affrontare una realtà inaspettata: nessuno, neppure Eli, con cui scoprirà l’amore, vuole ricordare. Il più grande tabù è proprio l’esperienza del campo. Qualcosa di cui vergognarsi o volontà di evitare di ricordare il passato?
Il dolore dello sterminio genera quindi diverse reazioni o paradossi. Da un lato la tradizione dello Zio Jacob (Moni Ovadia), coscienza critica della comunità ebraica, che sostiene che la Torah si tiene con due mani, la testa e il cuore.
Dall’altro, di spirito sionista, si ritiene invece che si debba vivere con la Torah in una mano e un'arma nell'altra. Chi si fermerà per rimettere radici e chi invece sceglierà di partire per la Terra Promessa. Tutti pronti per una nuova vita.
Purtroppo Anita B. pur aprendo interrogativi interessanti, e sedimentandoli su più livelli, pur essendo elegante nei costumi, nelle ambientazioni, o nella recitazione (gli attori incisivi e convincenti, tra di essi il forte carattere di Moni Ovadia, la maturazione credibile del personaggio di Eline Powell, o l’eleganza silenziosa della pianista Guenda Glori), risulta nel complesso annacquato e fragile.
Faenza sa ben dirigere, sa narrare, ma è come se al racconto mancasse forza, visione e novità. Un po’ come una zuppa tiepida che riscalda, ma non nutre.
Di sicuro, non è uno di quei film indelebili, nelle memorie di tutti, appunto.
Come invece lo è stato il caso dell’eccellente pellicola di Rama Burshtein, Lemale et Ha'Halal (Fill the void) in Italia La sposa promessa, in cui la regista spiega che la religione aiuta a preservare la passione e che essa è uno strumento molto potente in tal senso.
Incentrato su una forma d’integralismo ortodosso haredi, ramo dell’ebraismo e sul misterioso stile di vita della comunità chassidica, il film che è un misto di erotismo, eccitazione, dogma, paura e lutto, narra della storia di Shira, una giovane donna la cui vita assume un peso di grande responsabilità. Simile a quello di Anita, se vogliamo, ma molto più risonante. Forse, nel raccontare eroine e grandi personaggi femminili, le registe donne sanno essere più sensibili e profonde nel traghettarne le emozioni al vasto pubblico.
Purtroppo, per Faenza e per fortuna per gli spettatori, negli stessi giorni è in uscita anche Hannah Arendt, di un'altra regista donna, Margarethe von Trotta, un film geniale, dalla sceneggiatura intensissima sulla controversa filosofa. Qui partendo dal suo libro “La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme" (1963), emerge la controversa teoria per cui la completa inconsapevolezza o responsabilità delle proprie azioni criminali, unite all'assenza di radici e di memoria, renderebbero esseri (non persone) spesso primitivi, agenti del male, come Eichmann stesso e tutti coloro che agirono nella Shoah.
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nitrix
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martedì 21 gennaio 2014
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che bel cinema
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UN BUON FILM REALIZZATO DA UN REGISTA COLTO E INTELLIGENTE CHE A VOLTE CI SI DIMENTICA PERCHE TROPPO SPESSO LONTANO DAGLI SCHERMI MA RIMANE SEMPRE E COMUNQUE UNO DEI MIGLIORI.AUGURI PER IL PROSSIMO.
MI PERMETTO UN PICCOLO APPUNTO SULLA CRITICA CINEMATOGRAFICA DELLA SIG.RA PAOLA CASELLA: NON CAPISCO LA FOTOGRAFIA CARAMELLATA E IL MONTAGGIO MORBIDO CON TUTTO IL RISPETTO PER LA SIG.RA PAOLA
GLI FACCIO NOTARE CHE LE FESTE DI NATALE SONO FINITE.
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brian77
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giovedì 16 gennaio 2014
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scontato
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Veramente brutto: scontato, impacciato, sviluppi sempre scontati, dialoghi e immagini da film televisivo serioso di almeno vent'anni fa. Carina la protagonista, anche se un po' troppo rubiconda per il ruolo.
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pressa catozzo
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giovedì 16 gennaio 2014
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intramontabile un grande
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Faenza regista non amato per la sua genuinità. Da H2S opera indimenticabile che credo pochi abbiano visto. Spero di poterlo rivedere ma credo che sia finito al rogo. Ogni volta riesce ad amagliarmi con i suoi racconti e anche questa volta devo ringraziarlo . Se avete paura che le vostre coscenze siano coinvolte o avete pregiudizi andate a vedere film di natale, qui aimè dovrete riflettere.
W IL CINEMA SEMPRE. Se trovate il suo libro FAN FAN LA TV amerete questo regista anche come scrittore. Amato da pochi temuto da tanti.
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