giugy3000
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martedì 7 maggio 2013
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una golino ambiziosa ma poco seducente
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Se ne parlava come il film dell'anno, capace di far resuscitare un cinema italiano in declino, che rarissime volta porta sul piatto tematiche difficili ed attuali come quelli di vita e morte, men che mai da una donna dietro la macchina da presa e perdipiù al suo primo lungometraggio. Premettendo che a tali vicende così drammatiche e dibattute da millenni nella bioetica e fuori è impossibile dare votazioni, è bene segnalare attraverso un 7- del tutto simbolico e giocoso che la Golino ha dato vita ad una pellicola troppo ambiziosa e chi troppo vuole nulla stringe, perchè il risultato non è per nulla armonico, ma ricco di clichè imbarazzanti e bellissimi spunti riflessivi che rimangono ahimè irrisolti e mal abbozzati.
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Se ne parlava come il film dell'anno, capace di far resuscitare un cinema italiano in declino, che rarissime volta porta sul piatto tematiche difficili ed attuali come quelli di vita e morte, men che mai da una donna dietro la macchina da presa e perdipiù al suo primo lungometraggio. Premettendo che a tali vicende così drammatiche e dibattute da millenni nella bioetica e fuori è impossibile dare votazioni, è bene segnalare attraverso un 7- del tutto simbolico e giocoso che la Golino ha dato vita ad una pellicola troppo ambiziosa e chi troppo vuole nulla stringe, perchè il risultato non è per nulla armonico, ma ricco di clichè imbarazzanti e bellissimi spunti riflessivi che rimangono ahimè irrisolti e mal abbozzati.
Irene, nome in codice Miele, svolge una vera e propria doppia vita. Per i parenti, amici e fidanzato è una studentessa in trasferta che divide la stanza con una coinquilina, ma in realtà è un angelo di morte che a seconda delle chiamate di un suo compare (ex fidanzato e amico medico) pratica il suicidio assistito ai malati terminali. Attività balorda che richiede sangue freddo e numerosi spostamenti in Messico, paese nel quale Miele si rifornisce di un farmaco letale ma legale per sopprimere i cani e di cui, ovviamente, fa usufruire le sue vittime che hanno liberamente deciso di porre fine alla loro non-più-vita. Un giorno però si trova di fronte all'ingegner Grimaldi, uomo di mezza età che infrange alcune regole del suo non tanto etico lavoro: non solo non vuole alcun aiuto nella sua pratica di morte, ma non è vittima di nessuna malattia fisica apparente e il motivo alla base della sua scelta parrebbe "solo" una forte depressione. La ruotine di Miele vacilla fortemente e l'interrogativo decisivo è dietro l'angolo: varrà ancora la pena dedicare la sua vita a quell'attività? Lei, che si è sempre creduta sicura ed invincibile, non è forse ancor più fragile dei pazienti che ogni giorno le chiedono una buona morte?
La temeraria Golino ci mette di fronte ad uno dei muri più alti ed invalicabili dei discorsi sociali odierni con due pregi immensi: riesce a non scivolare mai nello stucchevole pur trattando della più lacrimevole delle trame e ci porta all'attenzione del suicidio assistito, tema quasi mai intavolato che differisce dall'eutanasia per il fatto che l'atto finale di togliersi la vita - somministrandosi le sostanze necessarie in modo autonomo e volontario - è compiuto interamente dal soggetto stesso e non da soggetti terzi.
La dispensatrice di morte della regista è un personaggio così lontano e così vicino a noi: ha solo trent'anni, sa cos'è il vero dolore per aver perso un genitore in tenera età, è ferma nel suo agire come una guerriera ma addolcisce i più tragici momenti dell'esistenza altrui, facendo scegliere il sottofondo musicale con cui andarsene, stordendo prima con della vodka il/la malato/a.
Interessantissime alcune scelte di sceneggiatura, una colonna sonora accattivante che stordisce a tratti lo spettatore, come se alzando il volume dell'ipod potessimo sentire meno il rumore del dolore;torna il tema del mare, caro già ad Amenàbar, dove Irene si immerge spesso, per purificarsi dopo ogni "esecuzione" come per lavarsi le ferite dell'animo che i suoi gesti giorno dopo giorno le creano. Altro pregio l'eccellente fotografica e last but not least l'eccezionale interpretazione di Jasmine Trinca, perla del cinema italiano che emanava sentore di successo già nella sua straziante parte in "La meglio gioventù" di Giordana. Arriviamo alle note dolenti. La parte di Carlo Cecchi nell'ingegner Grimaldi è sconnessa, sopra la righe, a tratti insulsa per ciò che riguarda l'intensità di confidenza che raggiungerà con Irene, legata a lui come ad un padre mancato e in certe scene ben oltre il semplice affetto. Tutto il film pare protendere verso un finale e un significato e poi ecco che invece il tutto si ribalta e si ha la sensazione di non comprendere fino in fondo quei sorrisi equivoci che a tratti Miele riserva a sè e al giro di vite che le ruota attorno. Un prodotto confezionato in maniera poco attenta, dove si evita sì il melenso ma si riesca anche di andar lontano da quel dolce trasporto che si deve avere guardando spettacoli così tristi. (difetto, questo, bissato già da Bellocchio). Assurda la velocità dei cambiamenti di vista e prospettive, poco credibili le vicende sentimentali di Miele che anch'esse ruotano continuamente, così come i suoi credi esistenziali che arrivano a sfiorare in ultimo una prospettiva quasi religiosa nel film mai contemplata!
Se dunque ci fermiamo, come fu già per "Bella addormentata" agli interrogativi innumerevoli sollevati da cui in emergono in punta di piedi le convinzioni dei registi, la pellicola è da lodare, ma se andiamo un po' oltre le macrotematiche e ne approfondiamo il loro svolgimento e la loro portata a livello scenografico, la delusione è assai vicina. Prodotto dal compagno Riccardo Scamarcio, il debutto di Valeria Golino purtroppo riesce solo a metà, facendoci ancora una volta riflettere sulla necessità di leggi chiare e necessarie sul non morire come animali nel buio della sofferenza, ma la storia non seduce e quel che è peggio si fa dimenticare presto, troppo presto.
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[+] ottimo commento
(di freerider)
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flyanto
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lunedì 6 maggio 2013
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un dolce nome per una dolce morte
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Questo film narra la storia di una giovane donna il cui nome in codice è "Miele" (ma quello reale è Irene) che svolge l'attività di aiutare dei malati terminali, assistendoli, nel percorso verso la morte da loro richiesta espressamente e da lei dispensata grazie all'aiuto di alcuni farmaci letali. Quando alla giovane donna si rivolge un anziano ingegnere con lo stesso proposito degli altri malati di porre fine alla propria esistenza sofferente, ella comincia pian piano ad entrare in crisi nei confronti della sua attività di dispensatrice di morte ed a poco a poco a giungere alla decisione di interromperla definitivamente. Questa pellicola costituisce l'opera prima dell'attrice Valeria Golino come regista (e verrà presentato a Cannes nella sezione "Un certain regard") e risulta altamente riuscita nella sua realizzazione in quanto, trattando il tema "scomodo" e delicato nello stesso tempo dell'eutanasia, è perfettamente equilibrata sotto tutti i punti di vista: dialoghi, toni, recitazione e vicenda in sè.
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Questo film narra la storia di una giovane donna il cui nome in codice è "Miele" (ma quello reale è Irene) che svolge l'attività di aiutare dei malati terminali, assistendoli, nel percorso verso la morte da loro richiesta espressamente e da lei dispensata grazie all'aiuto di alcuni farmaci letali. Quando alla giovane donna si rivolge un anziano ingegnere con lo stesso proposito degli altri malati di porre fine alla propria esistenza sofferente, ella comincia pian piano ad entrare in crisi nei confronti della sua attività di dispensatrice di morte ed a poco a poco a giungere alla decisione di interromperla definitivamente. Questa pellicola costituisce l'opera prima dell'attrice Valeria Golino come regista (e verrà presentato a Cannes nella sezione "Un certain regard") e risulta altamente riuscita nella sua realizzazione in quanto, trattando il tema "scomodo" e delicato nello stesso tempo dell'eutanasia, è perfettamente equilibrata sotto tutti i punti di vista: dialoghi, toni, recitazione e vicenda in sè. In essa la Golino presenta la propria posizione favorevole nei confronti dell'eutanasia, ma senza toni accesi o polemici ed, anzi, induce lo spettatore stesso a riflettere su questa tematica tanto attuale e purtroppo tanto dibattuta. Estremamente riuscito e credibile è il personaggio di Irene interpretato dalla bravissima Jasmine Trinca che grazie proprio alla sua interpretazione intensa aggiunge consistentemente valore al film. La sua qualità è data anche dalle riprese di certe scene o particolari di scene girate perfettamente girate dalla Golino. Insomma, polemiche a parte che sicuramente solleverà, questo film è da definirsi un vero gioiello, uno di quelli che infonde tanta malinconia e nello stesso tempo anche una piccola lieve speranza. Da consigliare vivamente.
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plania
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domenica 5 maggio 2013
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prima prova d'autore!
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Film essenziale, asciutto, a tratti persino spigoloso, come il tema che tratta. Una promettentissima prima regia che sembrerebbe maschile per quanto poco concede, e giustamente in questo caso, al sentimentalismo. Grandissimi i due protagonisti. Non è difficile prevedere che a Cannes qualcosa racimolerà!
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irene
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domenica 5 maggio 2013
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ma che bello!
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Graditissima sorpresa questo esordio alla regia di Valeria Golino. Film girato molto bene, con grande cura, con tagli di inquadratura originali, bellissimi primi piani, brevissimi flash-back nel finale. Un film che parla di morte potrà scoraggiare qualcuno, ma a differenza di altri film sull'argomento (uno su tutti, il tanto lodato "Amour"), non si indugia sulla sofferenza, perché "quei momenti" sono vissuti sui primi piani della protagonista, nei suoi occhi, nella sua immobilità che tutto è tranne che indifferenza. Jasmine Trinca conferma tutta la bravura che aveva già mostrato in "Un giorno devi andare", anzi, si migliora ancora, perché la sua interpretazione è di una sensibilità e intensità davvero rare e tutti gli altri interpreti, tutti, anche quelli con ruoli brevi o di contorno, sono perfetti.
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Graditissima sorpresa questo esordio alla regia di Valeria Golino. Film girato molto bene, con grande cura, con tagli di inquadratura originali, bellissimi primi piani, brevissimi flash-back nel finale. Un film che parla di morte potrà scoraggiare qualcuno, ma a differenza di altri film sull'argomento (uno su tutti, il tanto lodato "Amour"), non si indugia sulla sofferenza, perché "quei momenti" sono vissuti sui primi piani della protagonista, nei suoi occhi, nella sua immobilità che tutto è tranne che indifferenza. Jasmine Trinca conferma tutta la bravura che aveva già mostrato in "Un giorno devi andare", anzi, si migliora ancora, perché la sua interpretazione è di una sensibilità e intensità davvero rare e tutti gli altri interpreti, tutti, anche quelli con ruoli brevi o di contorno, sono perfetti.
Bellissimo film, non ve lo fate sfuggire.
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angelo umana
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domenica 5 maggio 2013
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ilusiòn de vivir
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Si è parlato molto di questo film, esordio di Valeria Golino alla regia, come di un film sull’eutanasia. Per un personalissimo parere, “protagonista” del film non è l’argomento eutanasia: essa è mostrata come una pratica possibile anche in Italia, la medicina c’è, c’è pure la preparazione e la scelta della musica che accompagni il trapasso, non mancano i risvolti affettivi d’obbligo nelle persone che hanno deciso di non soffrire più e nei loro familiari, le lacrime, tutto naturalmente rappresentato, una pratica semplice in fondo. Densa di pathos la morte di un giovane ragazzo accompagnato dall’abbraccio e dal pianto di sua madre.
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Si è parlato molto di questo film, esordio di Valeria Golino alla regia, come di un film sull’eutanasia. Per un personalissimo parere, “protagonista” del film non è l’argomento eutanasia: essa è mostrata come una pratica possibile anche in Italia, la medicina c’è, c’è pure la preparazione e la scelta della musica che accompagni il trapasso, non mancano i risvolti affettivi d’obbligo nelle persone che hanno deciso di non soffrire più e nei loro familiari, le lacrime, tutto naturalmente rappresentato, una pratica semplice in fondo. Densa di pathos la morte di un giovane ragazzo accompagnato dall’abbraccio e dal pianto di sua madre.
Protagonista attorno a cui gira il film è Irene (Jasmine Trinca), detta Miele quando svolge la funzione di “undertaker”, accompagnatrice all’altro mondo di persone che così hanno deciso: ha la tragedia disegnata in un volto duro, quasi incomunicabile, l’aria tremendamente seria sia che parli con suo padre o che consumi amplessi col suo compagno, persone che non sanno nulla dell’attività che svolge, serissima tra Roma, Padova, Los Angeles e Messico, dove procura il Lamputal, veleno per uccidere animali in stato terminale. Non smette quell’espressione nemmeno quando si sfianca in lunghe forzose nuotate con la muta, come a voler scrollarsi di dosso la pesantezza di quel mestiere. E’ protagonista la sua solitudine, il dover celare il suo “lavoro di merda”, così glielo definisce la sorella di un morituro. Per strada chiede a una turista giapponese di farsi una foto con lei: è tremendamente sola Miele-Irene. Non si può dire che abbia il tempo per stabilire con chi muore un rapporto, che del resto è innecessario (i “verbi al futuro” sono banditi in questi casi).
Irene è “chimica e solitaria”: così la apostrofa l’ing. Grimaldi (Carlo Cecchi), un anziano di grande cultura e interessante, che sembra aver visto tutto il visibile nel mondo e che ha deciso di andarsene, non per malattia terminale ma per il “male di vivere”, la mancanza di stimoli e di progetti, l’assenza di illusioni. Apparentemente cinico, nel film è pure pronunciata la parola “stoico”, ma forse non del tutto propriamente. E’ con lui che Irene si apre un po’, con lui va via la durezza del suo viso, l’unica persona con cui comincia a comunicare per davvero e può perfino sfogarsi, piangere come a togliersi una scorza di dosso (“nessuno vuole morire veramente”, “con i malati è più facile”, gli confessa tra molte altre cose). Mentre con le altre persone la morte le sembrava una pratica da sbrigare, con Grimaldi le appare innaturale, desidera che viva, vuole riprendersi il veleno che gli ha consegnato. Tra i morituri Irene-Miele ha trovato un rapporto umano autentico.
Boris Sollazzo a Radio24 ha definito il film come “Inizio respingente, finale sdolcinato”. E’ certamente un buon film, accostare l’eutanasia alla voglia di vivere e far progetti (“tener la ilusiòn” direbbero gli spagnoli) e alla solitudine di Irene, la sua ricerca di sé. E’ costellato però di “pretesti” riempitivi, le immagini suggestive e la creazione continua dell’attesa che qualcosa avvenga, l’aria di “gravità” di quasi tutti i momenti, che del resto ricordano la gravità delle espressioni della Golino nei suoi film da attrice, peraltro ottimi. In certi casi il film è indugiante, come un aereo che possa andare in stallo e collassare al suolo. Questo commento contiene uno “spoiler”: Grimaldi non farà a Irene il torto di avvelenarsi con il Lamputal.
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bolle
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domenica 5 maggio 2013
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deludente
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Lo spunto poteva essere interessante, ma...la sceneggiatura si perde, il film risulta lento con parti che potevano essere tagliate.
Lode alla fotografia e al taglio delle inquadrature.
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foffola40
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domenica 5 maggio 2013
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insolito e coraggioso
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coraggioso perchè è un tema difficile e angosciante per tutti inoltre è il primo esperimento da regista di una donna finora solo attrice.
Bella la fotografia, le immagini veloci forse troppo insieme all'audio troppo basso ho dovuto interpretare qualche volta anche per la mia vicina. e' anche un film pieno di tensione perchè non si sa cosa accadrà al prossimo cliente, come affronterà l'ultima prova. Mi ha fatto venire in mente un bel libro "l'accabadora" che svolgeva in sardegna un compito simile su richiesta dei parenti ma senza soldi. Ecco l'aspetto economico è poco: chiaro chi intascava la somma, Miele, il medico o chi altri ? Non è secondario. Foffola40
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francesca50
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sabato 4 maggio 2013
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film molto italiano
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Film molto italiano per la noia che alla fine induce e per la conclusione che vuol creare un finale poco spiegato, ma che invece lascia qualcosa di irrisolto e di amaro nello spettatore che non sa più se credere nell'eutanasia.
Sembra per intellettuali, ma è poco pensato. Su un tema così già sfruttato mi aspettavo un prodotto meglio confezionato. Il sorriso finale della Tinca dice e non dice... O sono io che non capisco! o a me è sembrato solo un sorriso cretino, dopo la morte inaspettata di chi si pensava fosse ormai convinto di viver, e non il sorriso di chi ha risolto i suoi problemi esistenziali, di donna che cambia strada e non si capisce bene perché.
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Film molto italiano per la noia che alla fine induce e per la conclusione che vuol creare un finale poco spiegato, ma che invece lascia qualcosa di irrisolto e di amaro nello spettatore che non sa più se credere nell'eutanasia.
Sembra per intellettuali, ma è poco pensato. Su un tema così già sfruttato mi aspettavo un prodotto meglio confezionato. Il sorriso finale della Tinca dice e non dice... O sono io che non capisco! o a me è sembrato solo un sorriso cretino, dopo la morte inaspettata di chi si pensava fosse ormai convinto di viver, e non il sorriso di chi ha risolto i suoi problemi esistenziali, di donna che cambia strada e non si capisce bene perché.
Credo che sempre meno andrò a vedere film italiani se non per sorridere superficialmente. Su quelli andiamo meglio. Invece i film come questo, seri, sono da bocciare, specialmente ripeto per come si concludono!
Tali film mi fanno capire perché non vinciamo mai un premio!
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[+] daccordissimo
(di pietroabb)
[ - ] daccordissimo
[+] idem sentire
(di barone di firenze)
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aletesei
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venerdì 3 maggio 2013
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mi aspettavo un film più profondo
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Ho partecipato ad un forum con Golino, Trinca e Scamarcio prima di vedere il film e devo dire che avevo grandi aspettative perché tutti e tre gli artisti mi sono sembrati simpatici ed intelligenti, ma il film non mi ha presa per nulla, è stata una delusione..ci sono molti, troppi, primi piani di Jasmine Trinca (Irene Miele nel film) come se il suo sguardo (bellissimo) bastasse a colmare tutti i tempi vuoti del film, questo secondo me può funzionare una, due, dieci volte, poi basta..poi non ride quasi mai se non in compagnia dell'altro protagonista Carlo Cecchi (Carlo Grimaldi nel film) a cui vorrebbe insegnare il senso della vita non conoscendolo ancora nenache lei visto che vive di contrasti, isolata da famiglia,amici e partners, non è verosimile.
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Ho partecipato ad un forum con Golino, Trinca e Scamarcio prima di vedere il film e devo dire che avevo grandi aspettative perché tutti e tre gli artisti mi sono sembrati simpatici ed intelligenti, ma il film non mi ha presa per nulla, è stata una delusione..ci sono molti, troppi, primi piani di Jasmine Trinca (Irene Miele nel film) come se il suo sguardo (bellissimo) bastasse a colmare tutti i tempi vuoti del film, questo secondo me può funzionare una, due, dieci volte, poi basta..poi non ride quasi mai se non in compagnia dell'altro protagonista Carlo Cecchi (Carlo Grimaldi nel film) a cui vorrebbe insegnare il senso della vita non conoscendolo ancora nenache lei visto che vive di contrasti, isolata da famiglia,amici e partners, non è verosimile..è vero che il cinema è finzione, ma la stessa Golino che reclama alla critica che si riconosca la spontaneità della recitazione e del personaggio di Jasmine Trinca, non offre alla fine tale prodotto quanto piuttosto un film che ha la pretesa di parlare del fine vita, senza realmente approfondire l'argomento..per me resta un film troppo superficiale..
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[+] "non si ride quasi mai..."
(di eusebio abbondanza )
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(di luanaa)
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(di irene)
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(di luanaa)
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dakrua
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venerdì 3 maggio 2013
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una splendida jasmine trinca
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Quant'è bella Jasmine Trinca. E' sicuramente il commento più serio che si può fare di Miele, e forse anche l'aspetto sul quale Golino ha più scommesso. Lasciatasi rapire da riprese mozzafiato, studiatissime, e da una fascinazione estetica e plastica per la splendida attrice - che dà qui una grande prova, dimostrando che potrebbe diventare qualcuno se solo riuscisse a scrollarsi di dosso l'etichetta radical-chic di "impegnata", anche quando impegnata non è -, Golino non riesce a restituire la dimensione altamente drammatica che rimane quindi sullo sfondo di un film che avrebbe ambiziosamente sperato di poter dire di più.
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Quant'è bella Jasmine Trinca. E' sicuramente il commento più serio che si può fare di Miele, e forse anche l'aspetto sul quale Golino ha più scommesso. Lasciatasi rapire da riprese mozzafiato, studiatissime, e da una fascinazione estetica e plastica per la splendida attrice - che dà qui una grande prova, dimostrando che potrebbe diventare qualcuno se solo riuscisse a scrollarsi di dosso l'etichetta radical-chic di "impegnata", anche quando impegnata non è -, Golino non riesce a restituire la dimensione altamente drammatica che rimane quindi sullo sfondo di un film che avrebbe ambiziosamente sperato di poter dire di più. L'eutanasia è tema ormai notissimo, anche se in Italia poco dibattuto per la pruderie di far cadere governi di ogni tipo. E' suicidio assistito, pur sempre suicidio, questo sembra volerci dire Golino quando Trinca scoppia in singhiozzi tra le braccia dell'amico, anziano e disilluso, ed è confusa dopo l'unica scena veramente straziante di "paziente" che assiste. "Tutti vogliono vivere", confida Trinca, anche se la vita è diventata un fardello insopportabile. Non si esce turbati perché in realtà il dramma non viene mai problematicamente posto, anzi: sembra che Miele/Irene (Trinca) si sia risolta a quel difficile mestiere, essere "l'angelo della morte", per un irrisolto dell'infanzia. E questo così stretto rapporto con la morte, infine, non sia niente di diverso che trattenere il ricordo della madre morta prematuramente. "Mare dentro", qualcuno lo ricorderà, cercava e chiedeva una soluzione al problema - la chiedeva alla comunità. Qui siamo oltre, in un'Italia che già fa da sé, che già ha perso completamente il rapporto con le istituzioni, dove una morte dignitosa si può, anche se a un prezzo che non è da tutti (Golino lo fa dire all'anziano ingegnere). L'irrisolto del tema di denuncia, sempre ammesso che Golino intendesse affrontarlo, non spegne la luce magnifica di Jasmine Trinca, valorizzata da una fotografia degna d'ammirazione, che fa del rapporto con l'ambiente la prima risorsa.
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[+] deludente...
(di francesca50)
[ - ] deludente...
[+] che non sa recitare...
(di luanaa)
[ - ] che non sa recitare...
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