barone di firenze
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lunedì 27 maggio 2013
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perplessita'
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Affrontare un argomento cosi importante alla prima regia mi è sembrato alquanto presuntuoso, il tema dell'eutanasia è un tema scabroso, muove le coscienze siano essere religiose che laiche. Premetto che io sono a favore ma la ragazza che lo fa per un'ideologia mi sembra un po' forzato, infine che l'ingegnere si buttava dalla finestra o alla canna del gas è abbastanza scontato dopo il rapporto intercorso con la ragazza. E poi perché non aiutare chi vuol morire stanco della vita che differenza fra un vegetale con chi non vede più via d'uscita comunque? Suvvia il veleno comperato in Messico mi sembra il massimo, lo so che li la ricetta è un opzionale ma non credo che il medico conduttore delle danze avrebbe avuto problemi a procurare un veleno non riscontrabile in autopsia.
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Affrontare un argomento cosi importante alla prima regia mi è sembrato alquanto presuntuoso, il tema dell'eutanasia è un tema scabroso, muove le coscienze siano essere religiose che laiche. Premetto che io sono a favore ma la ragazza che lo fa per un'ideologia mi sembra un po' forzato, infine che l'ingegnere si buttava dalla finestra o alla canna del gas è abbastanza scontato dopo il rapporto intercorso con la ragazza. E poi perché non aiutare chi vuol morire stanco della vita che differenza fra un vegetale con chi non vede più via d'uscita comunque? Suvvia il veleno comperato in Messico mi sembra il massimo, lo so che li la ricetta è un opzionale ma non credo che il medico conduttore delle danze avrebbe avuto problemi a procurare un veleno non riscontrabile in autopsia. Insomma troppe falle per un argomento da trattare con le molle.
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m.barenghi
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lunedì 27 maggio 2013
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contraddizioni a gogò
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Ma quale neuropsichiatra potrebbe mai consegnare al proprio paziente depresso l'indirizzo di un gruppo clandestino di volontari che praticano l'eutanasia? E' su questo presupposto totalmente folle sul piano logico, morale e soprattutto della credibilità che si fonda l'impianto diegetico di "Miele", opera-prima di Valeria Golino. Film secco e asciuttonella sua scrittura, spesso monocorde (cfr. la piattissima gamma espressiva della Trinca, costantemente in guerra col mondo e con sè stessa), confuso (se il montaggio è il prncipale connotante del "fare-cinema" qui siamo veramente un po' a terra!!), e volutamente scostante, sia per la fotografia "sporca" che per la confusione del sonoro in presa diretta.
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Ma quale neuropsichiatra potrebbe mai consegnare al proprio paziente depresso l'indirizzo di un gruppo clandestino di volontari che praticano l'eutanasia? E' su questo presupposto totalmente folle sul piano logico, morale e soprattutto della credibilità che si fonda l'impianto diegetico di "Miele", opera-prima di Valeria Golino. Film secco e asciuttonella sua scrittura, spesso monocorde (cfr. la piattissima gamma espressiva della Trinca, costantemente in guerra col mondo e con sè stessa), confuso (se il montaggio è il prncipale connotante del "fare-cinema" qui siamo veramente un po' a terra!!), e volutamente scostante, sia per la fotografia "sporca" che per la confusione del sonoro in presa diretta. Non saprei bene cosa salvare: di certo la sequenza finale nella moschea a Istanbul e la recitazione di Carlo Cecchi, che sostiene comunque un personaggio contradditorio e, come ho detto prima, assurdo. A dispetto infatti di tutti gli esegeti che hanno letto il film schierandosi beceramente dalla parte "laica" piuttosto che "religiosa", il tema del film della Golino NON E' L'EUTANASIA ma la SOLITUDINE: suona dunque assai stridente che l'ing. Grimaldi decida di porre fine ai propri giorni proprio nel momento in cui la propria solitudine è stata interrotta da una presenza che gli suona comunque calorosa, e non senza aver compiuto un gesto importante di altruismo che libererà la ragazza da pesi di coscienza o sensi di colpa.
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(di angelo umana)
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diomede917
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lunedì 27 maggio 2013
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....e comunque viva la vita......
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Irene sembra una ragazza come tante, è poco appariscente, ma in realtà vive una vita clandestina……dietro una presunta studentessa universitaria a Padova si nasconde Miele…..un nome in codice che caratterizza la sua vera professione…..lei aiuta i malati terminale a morire dolcemente facendo loro ingerire un particolare barbiturico a uso veterinario proveniente dalle farmacie messicane.
I suoi occhi sono fissi ma tristi……il suo corpo è fortemente mascolino allenato da immersioni e arrampicate in bicicletta….cerca di contenere le difficoltà che questo lavoro le impone contenendolo con dei rigidi rituali……l’ultima domanda di ripensamento, una lettera d’addio del malato, una musica scelta dallo stesso per andare a miglior vita con la colonna sonora giusta….
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Irene sembra una ragazza come tante, è poco appariscente, ma in realtà vive una vita clandestina……dietro una presunta studentessa universitaria a Padova si nasconde Miele…..un nome in codice che caratterizza la sua vera professione…..lei aiuta i malati terminale a morire dolcemente facendo loro ingerire un particolare barbiturico a uso veterinario proveniente dalle farmacie messicane.
I suoi occhi sono fissi ma tristi……il suo corpo è fortemente mascolino allenato da immersioni e arrampicate in bicicletta….cerca di contenere le difficoltà che questo lavoro le impone contenendolo con dei rigidi rituali……l’ultima domanda di ripensamento, una lettera d’addio del malato, una musica scelta dallo stesso per andare a miglior vita con la colonna sonora giusta….e poi li lascia in compagnia dei propri cari negli ultimi intensi tre minuti osservandoli come un angelo della morte…..e lei con le cuffie alle orecchie si allontana con una musica ipnotica quasi onirica che la preserva dalla dura realtà della stanza di fianco.
Un giorno s’imbatte in un settantenne che non ha un male visibile e terminale…..ma l’invisibile male di vivere e necessita del suo aiuto per porre fine all’apatia di una vita che non ha più niente da dire…..questo incontro scombina i suoi principi e inizia un intenso confronto/rapporto con l’anziano signore sul significato della voglia di vivere un ragionamento che avrà un evidente effetto boomerang.
Ammetto di aver avuto un certo scetticismo di questo esordio alla regia di Valeria Golino, scetticismo fugato subito dalla prima inquadratura con questa porta chiusa e la musica soffusa con lo sguardo intenso della bravissima Jasmine Trinca…..
Valeria Golino ha avuto un bel coraggio rispetto all’esordio di altre sue colleghe (tipo Morante o Bruni Tedeschi) puntando su una tematica difficile e piena di trappole come l’eutanasia…..prendendo spunto dal romanzo A Nome tuo di Mauro Covacich…..
Bisogna dire che azzecca tutte le mosse non cadendo nel ricattatorio lacrimevole (anche se sono presenti scene di forte impatto emotivo)…..ci presenta questo mestiere un malato alla volta, step by step fino alla drammatica fine di un ragazzo affetto da una malattia neurodegenerativa….. ci accompagna nel dolore e nell’isolamento affettivo della protagonista (una ragazza che non ha uno straccio di fidanzato e che intrattiene una relazione con un geloso uomo sposato)…..e si lascia guidare dalla bravura dei suoi interpreti (da lodare un immenso Calo Cecchi) negli incontri/scontri verbali fatti di provocazioni, sguardi e momenti di dolcezza……
Nonostante il tema affrontato Miele è da ritenersi comunque un inno alla vita……una vita che ti può riservare tante stranezze come un foglio che vola senza un perché…..
Voto 8,5
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flaw54
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venerdì 24 maggio 2013
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una rivelazione
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Una Golino regista che non ti aspetti. Un tema difficile e spesso tenuto nascosto affrontato con realismo e durezza. Ottima L'interpretazione di Jasmine Trinca che sembra essersi specializzata in ruoli problematici e complessi. Da vedere ma attenzione: è un pugno nello stomaco!
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pressa catozzo
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mercoledì 22 maggio 2013
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cattobigotti
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Ma niente niete tutti questi NO siano opera di fervendi cattolici pro vita pro embrioni pro vattellaapesca? Questo film che si sarà discutibile ma dicerto non è da lapiadre ne tantomeno da mettere al rogo come Giordano Bruno. Comunque io sono in linea con la linea di questo film. Ah dimenticavo W IL CINEMA SEMPRE anche se discutibile.
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pressa catozzo
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martedì 21 maggio 2013
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ripensamento di pressa catozzo
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Questa opera ha seguitato a girare nella mia testa e pensa e ripensa ne ho dedotto che è un film d'amore. I pregiudizi lasciamoli alla politica e al clero. Per essere un'opera prima e un argomento così attuale , brava Golino e grazie per il tuo impegno. W IL CINEMA SEMPRE.
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chierico luigi
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lunedì 20 maggio 2013
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mors tua vita mea
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Il film è frammentario,sebbene tratti un tema basato sul dolore e sulla disperazione,
è totalmente privo di emozioni e soprattutto di pathos; il dolore e la disperazione privi di sentimento
non vengono trattati, se non in un episodio di 5 minuti.
La vicenda manca di unicità,senza un filo conduttore ed un dialogo di sostegno.
Le scene ed i momenti appaiono raccolti alla rinfusa, alla cieca, senza un senso logico e costruttivo,
facendo per altro ricorso ad inutile e sempre odioso uso di fugaci didascalie.
Non vi è mai coinvolgimento ed il modesto montaggio di G. Franchini fa il resto.
Molte volte le scene al buio e le frasi appena sussurrate costringono lo spettatore a vederci chiaro...
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Il film è frammentario,sebbene tratti un tema basato sul dolore e sulla disperazione,
è totalmente privo di emozioni e soprattutto di pathos; il dolore e la disperazione privi di sentimento
non vengono trattati, se non in un episodio di 5 minuti.
La vicenda manca di unicità,senza un filo conduttore ed un dialogo di sostegno.
Le scene ed i momenti appaiono raccolti alla rinfusa, alla cieca, senza un senso logico e costruttivo,
facendo per altro ricorso ad inutile e sempre odioso uso di fugaci didascalie.
Non vi è mai coinvolgimento ed il modesto montaggio di G. Franchini fa il resto.
Molte volte le scene al buio e le frasi appena sussurrate costringono lo spettatore a vederci chiaro...
nell'animo di una giovane donna, mercenario senza scrupoli, che fa della morte il suo sostegno di vita.
Quale il motivo? non certo la pietà o la carità o la partecipazione alla tragedia che porta al gesto disperato.
Quando sopravviene lo scrupolo, per la non condivisione, dinanzi al suicidio c'è l'indifferenza!
Si salva qualche immagine, che prescinde però dal contesto, e la fotografia, quando non è venuta a mancare la luce...
Le allusioni: le frequenti immersioni nel mare, le corse in bici, qualche fugace rapporto, i viaggi in aereo.
La purificazione, una vita sana, l'amore per la vita, un volo... per un altro mondo.
TROPPO POCO
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antonella scafati
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lunedì 20 maggio 2013
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bello ma tosto
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storia attuale ben interpretata, anche se un pò angosciante.
viene da chiedersi come fa la protagonista a fare un lavoro cosi di m.....a (parole della sorella di un malato che chiede aiuto a miele per morire). come fa a vivere vedendo e vendendo la morte. si sfoga nello sport e in rapporti sessuali fugaci ma non basta. sarà l'anziano con la salute di ferro che vuole suicidarsi per noia che la farà riflettere.dopo il suo incontro e durante la loro amicizia, comincerà a considerarsi un'assassina e lo sfogo migliore lo troverà proprio in lui che alla fine la solleverà del peso e della responsabilità del suo suicidio.
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56mad
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domenica 19 maggio 2013
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evoluzione
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ma siamo proprio sicuri che sia un film sull'eutanasia? Non è invece una storia che prescinde dalla "dolce"morte ,che la dà per scontata riconoscendola come un diritto della persona terminale e insopportabilmente sofferente ?Dove sono le discussioni o le prese di distanza etiche o confessionali? Non ci sono . L'unica presa di posizione contro il diritto all'autodeterminazione dell'individuolo sulla fine della vita è della protagonista, che si scandalizza e si ribella dopo aver consegnato il farmaco letale a Grimaldi, scoprendo in seguito che quest'ultimo soffre di un male della psiche invece che del corpo .Alla regista non interessa discutere di eutanasia, le interessa seguire Miele nel suo percorso intriso di sofferenza .
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ma siamo proprio sicuri che sia un film sull'eutanasia? Non è invece una storia che prescinde dalla "dolce"morte ,che la dà per scontata riconoscendola come un diritto della persona terminale e insopportabilmente sofferente ?Dove sono le discussioni o le prese di distanza etiche o confessionali? Non ci sono . L'unica presa di posizione contro il diritto all'autodeterminazione dell'individuolo sulla fine della vita è della protagonista, che si scandalizza e si ribella dopo aver consegnato il farmaco letale a Grimaldi, scoprendo in seguito che quest'ultimo soffre di un male della psiche invece che del corpo .Alla regista non interessa discutere di eutanasia, le interessa seguire Miele nel suo percorso intriso di sofferenza .Irene-Miele ,dopo la prematura scomparsa della madre ,prova a studiare medicina e la abbandona dopo poco tempo ,dedicandosi ad assistere e curare nell'unico modo ancora possibile chi, prossimo alla morte ,pur "desiderando solo vivere ancora, non ha più nulla di degno di essere chiamato vita "(cito a senso le sue parole ).La vediamo sempre in ossessivo movimento : vola, viaggia in autobus.nuota ,pedala e ascolta musica in modo coatto,senza serenità,forse solo per mantenere la salute mentale dopo tutto il dolore che si obbliga a condividere . Anche il rapporto con gli uomini della sua vita è presentato come non significativo .La novità che la smuove è proprio l'incontro con Grimaldi , che tenendola freddamente lontana le permette di allontanarsi da quello che ha scandito la sua vita .E', sulla sua spalla che piange la disperazione della madre e del figlio terminale, suo ultimo "paziente",è a lui che confessa di non farcela più ,è lui che la libera da qualsiasi responsabilità nella propria morte rispedendole il farmaco letale ( insieme ad una ironica caricatura) e scegliendo di morire buttandosi dalla finestra . Distaccandosi dall'obbligo di vivere la morte può provare a far volare i ricordi in mezzo alle risa dei bambini .finale poetico e pieno di speranza . . .Irene ora dovrebbe proprio farcela !
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luigi chierico
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domenica 19 maggio 2013
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mors tua vita mea
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Un atto banale a dispregio della filosofia, della scienza, della ragione e della religione.
Il film è frammentario, sebbene tratti un tema basato sul dolore e sulla disperazione,
è totalmente privo di emozioni e soprattutto di pathos; il dolore e la disperazione non vengono
trattati, se non in un episodio di cinque minuti.
La vicenda manca di unicità, senza un filo conduttore ed un dialogo di sostegno.
Le scene ed i momenti appaiono raccolti alla rinfusa, alla cieca, senza un senso logico e costruttivo,
facendo peraltro ricorso ad un inutile ed odioso uso di didascalie.
Il modesto montaggio di G. Franchini fa il resto.
Molte volte buio e frasi appena sussurrate costringono lo spettatore a cercare di vederci chiaro…
nell’ animo di una giovane, mercenario senza scrupoli, che fa della morte il suo sostegno di vita, quale il motivo?
non certo la pietà o la carità o la partecipazione.
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Un atto banale a dispregio della filosofia, della scienza, della ragione e della religione.
Il film è frammentario, sebbene tratti un tema basato sul dolore e sulla disperazione,
è totalmente privo di emozioni e soprattutto di pathos; il dolore e la disperazione non vengono
trattati, se non in un episodio di cinque minuti.
La vicenda manca di unicità, senza un filo conduttore ed un dialogo di sostegno.
Le scene ed i momenti appaiono raccolti alla rinfusa, alla cieca, senza un senso logico e costruttivo,
facendo peraltro ricorso ad un inutile ed odioso uso di didascalie.
Il modesto montaggio di G. Franchini fa il resto.
Molte volte buio e frasi appena sussurrate costringono lo spettatore a cercare di vederci chiaro…
nell’ animo di una giovane, mercenario senza scrupoli, che fa della morte il suo sostegno di vita, quale il motivo?
non certo la pietà o la carità o la partecipazione.
Quando sopravviene lo scrupolo, per la non condivisione, dinanzi alla morte c’è l’indifferenza!
Si salva qualche immagine, che prescinde dalla narrazione e dai fatti, e la fotografia,
quando non è venuta a mancare la luce.
Le allusioni: le frequenti immersioni nel mare, le corse in bici, i viaggi in aereo.
La purificazione, una vita sana, un volo…verso un altro mondo.
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