storyteller
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lunedì 13 aprile 2015
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un po' pretenzioso, indubbiamente peculiare
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Non intendo perdermi a sottolineare quello che ha scritto chi ha apprezzato il film. Per quanto mi riguarda ne ho gradito la cifra narrativa, il simbolismo esasperato, il montaggio e la fotografia.
Anche i personaggi si lasciano apprezzare con la loro psicologia a tratti contorta, e in quanto regista "inconsueto" Refn sembra aver trovato il modo di raccontare una storia di vendette spietate e altrettanto inattesi gesti di pietà alla sua personalissima maniera, di nuovo, e comunque rinnovandosi.
E se le sequenze onirico/allucinate appaiono un po' forzate, di certo non lo sono la perfetta sintesi di suoni e immagini - così come l'intreccio, volutamente sottotono, delle diverse vicende, ciascuna caratterizzata da una logica implacabile e poi abilmente ricondotta ad un unico "continuum".
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Non intendo perdermi a sottolineare quello che ha scritto chi ha apprezzato il film. Per quanto mi riguarda ne ho gradito la cifra narrativa, il simbolismo esasperato, il montaggio e la fotografia.
Anche i personaggi si lasciano apprezzare con la loro psicologia a tratti contorta, e in quanto regista "inconsueto" Refn sembra aver trovato il modo di raccontare una storia di vendette spietate e altrettanto inattesi gesti di pietà alla sua personalissima maniera, di nuovo, e comunque rinnovandosi.
E se le sequenze onirico/allucinate appaiono un po' forzate, di certo non lo sono la perfetta sintesi di suoni e immagini - così come l'intreccio, volutamente sottotono, delle diverse vicende, ciascuna caratterizzata da una logica implacabile e poi abilmente ricondotta ad un unico "continuum".
Ci terrei a fare un appunto su quanto scritto da diversi critici "professionisti": ci vuole un bel coraggio a definirsi critici per poi liquidare un qualunque film (nello specifico, questo) con battutine da periodico di gossip e assurdi richiami al buongusto e alla morale. Tornate allo IULM, che è meglio.
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andrej
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martedì 25 aprile 2017
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una tragedia greca in ambientazione moderna
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Dico subito che non sono un appassionato del cinema di Refn, di cui non amo la discontinuita' di stile, la troppo disinvolta mescolanza di realismo, surrealismo e simbolismo, i ritmi lenti/lentissimi con improvvise, brevi accelerazioni di violenza, i silenzi infiniti, i colori (soprattutto gialli e rossi) saturi e irreali. Cio' premesso, questo film mi e' piaciuto assai piu' di altri dello stesso regista, per la drammaticita' della vicenda narrata (davvero simile a quelle delle antiche tragedie greche) e per la potenza di certi personaggi: la madre, strega tiranna e incestuosa, il poliziotto vendicatore, spietato ma giusto, il protagonista, bloccato e sopraffatto da traumi e rimorsi che hanno spento in lui ogni entusiasmo vitale.
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Dico subito che non sono un appassionato del cinema di Refn, di cui non amo la discontinuita' di stile, la troppo disinvolta mescolanza di realismo, surrealismo e simbolismo, i ritmi lenti/lentissimi con improvvise, brevi accelerazioni di violenza, i silenzi infiniti, i colori (soprattutto gialli e rossi) saturi e irreali. Cio' premesso, questo film mi e' piaciuto assai piu' di altri dello stesso regista, per la drammaticita' della vicenda narrata (davvero simile a quelle delle antiche tragedie greche) e per la potenza di certi personaggi: la madre, strega tiranna e incestuosa, il poliziotto vendicatore, spietato ma giusto, il protagonista, bloccato e sopraffatto da traumi e rimorsi che hanno spento in lui ogni entusiasmo vitale. Peccato che certi difetti (stranezze, lentezze e licenze eccessive, il finale ambiguo e irrisolto, del resto comune anche ad altri film del regista) impediscano alla pellicola di diventare quel capolavoro che avrebbe potuto essere.
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pensierocivile
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mercoledì 12 giugno 2013
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chi prendere a pugni?
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All'inizio compaiono delle mani che si serrano in pugni, alla fine quelle stesse mani si consegnano “forse” al loro destino, nel mezzo molte braccia vengono martoriate, amputate, eppure restano il fulcro del racconto, l'espressione di un protagonista che non ha null'altro, “unica” propaggine sessuale capace di soddisfare la sua “donna”. E poi il confronto con dio, lo scontro corpo a corpo, “a mani nude” con dio, la resa. Basterebbe questo a rendere SOLO DIO PERDONA un film al di sopra della media, ma c'è dell'altro, c'è una famiglia malata, rapporti morbosi, un protagonista “servo”, succube, “innamorato” di sua madre, un ambiente oppressivo che è stato mentale, incroci di vite senza possibilità di redenzione.
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All'inizio compaiono delle mani che si serrano in pugni, alla fine quelle stesse mani si consegnano “forse” al loro destino, nel mezzo molte braccia vengono martoriate, amputate, eppure restano il fulcro del racconto, l'espressione di un protagonista che non ha null'altro, “unica” propaggine sessuale capace di soddisfare la sua “donna”. E poi il confronto con dio, lo scontro corpo a corpo, “a mani nude” con dio, la resa. Basterebbe questo a rendere SOLO DIO PERDONA un film al di sopra della media, ma c'è dell'altro, c'è una famiglia malata, rapporti morbosi, un protagonista “servo”, succube, “innamorato” di sua madre, un ambiente oppressivo che è stato mentale, incroci di vite senza possibilità di redenzione. Non è semplice entrare in sintonia con questa opera di Refn, come non lo era con VALHALLA RISING, a cui assomiglia “mortalmente”, ma è ridicolo stupirsi della cura, dell'attenzione maniacale che il regista infligge al “proprio” sguardo, quando è la sua filmografia l'atto di fede al quale far riferimento; da sempre, o meglio, è dal termine della trilogia di PUSHER che Refn ha intrapreso la strada della perfezione formale, della rappresentazione astratta e asettica e SOLO DIO PERDONA non è altro che il risultato più simile all'astrazione assoluta. Pochissime espressioni e dialoghi, movimenti lenti e “definitivi”. L'azzardo di questa operazione è coraggioso e senza confini, spesso si va fuori giri (pessima la scena della cena a tre, pessimo il turbine che colpisce la regia prima della lotta corpo a corpo fra i protagonisti), i dialoghi lasciano un po' perplessi, Ryan Gosling non sempre si concede al meglio, ma SOLO DIO PERDONA resta negli occhi, come il piacere di un canto, come l'incubo di un ritorno al principio della vita, nel ventre di una madre.
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miroforti
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venerdì 7 giugno 2013
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solo dio perdona di nicolas winding refn
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«Vado a incontrare il diavolo»; queste sono le ultime parole di Billy al fratello Julian (Ryan Gosling), in una palestra di thai-box, a Bangkok, gestita dai due per coprire la loro attività più redditizia, lo spaccio di droga. Nonostante l’inferno di disperazione nel quale è calato, Billy non incontrerà il diavolo, ma un Dio punitore che non è incline al perdonare, come invece il titolo sembrerebbe suggerire. Il Far East di Refn si fa anche Far West nell’affrontare la tematica della vendetta e del regolamento dei conti e in questa fusione di atmosfere e suoni, di orgoglio e di machismo, il gangster movie orientale si accosta al western.
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«Vado a incontrare il diavolo»; queste sono le ultime parole di Billy al fratello Julian (Ryan Gosling), in una palestra di thai-box, a Bangkok, gestita dai due per coprire la loro attività più redditizia, lo spaccio di droga. Nonostante l’inferno di disperazione nel quale è calato, Billy non incontrerà il diavolo, ma un Dio punitore che non è incline al perdonare, come invece il titolo sembrerebbe suggerire. Il Far East di Refn si fa anche Far West nell’affrontare la tematica della vendetta e del regolamento dei conti e in questa fusione di atmosfere e suoni, di orgoglio e di machismo, il gangster movie orientale si accosta al western. La vicenda è raccontata e mostrata in un film prosciugato, che esprime l’essenziale e forse anche meno: lunghe e penetranti sacche di silenzio sono interrotte da guizzi di sangue o da brevi dialoghi evanescenti. La narrazione procede attraverso intrecci di sguardi e di espressioni, con movimenti e gesti pesati e attenti; in Solo Dio perdona non si parla inutilmente come non ci si muove inutilmente, e ciò che viene mostrato merita attenzione, la macchina da presa ci lascia assaporare le inquadrature, ci fa indagare i volti dei personaggi e si sofferma naturalmente sulle numerose violenze messe in atto. È proprio la violenza, qui sotto forma di vendetta, a fare da leitmotiv dell’intera opera; fa parte di quasi ogni uomo o donna nella pellicola ma come si accennava prima c’è un Dio della violenza che coagula il tutto, un poliziotto in pensione, dalle movenze asciutte e dallo sguardo severo e inespressivo, protagonista di alcune bellissime sequenze canore che sottolineano per contrasto il suo modo di elargire la giustizia agli uomini, sempre rigorosamente fisico e carnale. Il contatto e il corpo sono altri due elementi fondamentali della poetica di Refn, che esibisce una prosa mimica e gestuale molto suggestiva; in questo muto fraseggiare si distingue il ruolo predominante delle mani, attraverso le quali l’uomo (anche se a ragion del vero, l’uomo in questione sembra essere declinato al maschile) esprime al meglio la sua essenza. Con le mani un uomo lotta, si difende e aggredisce; strumento di vendetta la mano si fa anche organo sessuale, che tocca e assapora il proprio e l’altrui corpo. Con esse Julian tenterà di ritornare a – o di (ri)trovare – un’origine perduta o strappata via, penetrando nel ventre della madre. In questa dialettica l’ultima “punizione” di Chang ai danni del protagonista acquista un significato aggiunto; è il tentativo di privare la vittima di tutto ciò che è o che potrà essere, di privarla della sua stessa umanità perché, per usare le parole dello stesso Refn, «Togli a un uomo le mani e gli porti via tutto».
In conclusione però, c’è da dire che a monte di tutte le speculazioni interpretative che si possono fare, il film conquista grazie ad atmosfere molto evocative e a un elevata dose di ricerca estetica, che comprende musiche, scenografie, inquadrature e luci, che spesso immergono la pellicola in un rosso sanguigno che domina incontrastato. L’estetizzazione pervade anche le scene più cruente e nella lotta che è danza della violenza, coreografata a ritmo di musica elettronica, sotto il feroce sguardo di un dragone rosso e nero, si consuma il confronto disperato tra un uomo e un Dio giustiziere; e sappiamo già come andrà a finire, ma non distogliamo lo sguardo, rapiti da questa bellezza.
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ultimo inquisitore
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mercoledì 5 giugno 2013
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bangkok, purgatorio per americani
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Solo Dio Perdona - Only God Forviges (2013)
L'ulitma opera di Refn è un manifesto sulla violenza e sulla giustizia ambientato in una Bangkok/Purgatorio, dove un misterioso poliziotto veglia e abbassa la sua lama affilatissima per mutilare corpi e combattere. Il tempo è sospeso, lo spettatore non riesce a cogliere immediatamente il gioco d'illusione temporale per via della sofisticata e potente regia visiva che fa calare il peso della recitazione (assente) e della storia. Ma le immagini parlano da sole, le allucinazioni sembrano vere quanto la realtà, ma è un gioco di personaggi e figure mistiche, dove il Golia mutilato muore come il più infimo traditore. Il giustiziere è silenzioso, calmo, superiore, addirittura canta, ed è invincibile.
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Solo Dio Perdona - Only God Forviges (2013)
L'ulitma opera di Refn è un manifesto sulla violenza e sulla giustizia ambientato in una Bangkok/Purgatorio, dove un misterioso poliziotto veglia e abbassa la sua lama affilatissima per mutilare corpi e combattere. Il tempo è sospeso, lo spettatore non riesce a cogliere immediatamente il gioco d'illusione temporale per via della sofisticata e potente regia visiva che fa calare il peso della recitazione (assente) e della storia. Ma le immagini parlano da sole, le allucinazioni sembrano vere quanto la realtà, ma è un gioco di personaggi e figure mistiche, dove il Golia mutilato muore come il più infimo traditore. Il giustiziere è silenzioso, calmo, superiore, addirittura canta, ed è invincibile. Bangkok contro l'America, un delizioso cocktail di sangue, dove ogni carta svelata porta a un'altra e così via, in un vortice di violenza epica. Immagini meravigliose, fotografia eccezionale, sbalorditiva. Montaggio azzeccatissimo, quasi "danzante" a ritmo di una musica elettronica che ourtroppo fa rimpiangere quella di Drive e Bronson.
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lupoautarchico
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sabato 20 luglio 2013
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refn ci riporta alla violenza
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Thailandia.Infine la storia narrata prende forma in un altrove che si distanzia dai luoghi che la pellicola ci ha insegnato
ad immaginare,malamente.Interni ed esterni respirano,i colori e le linee di ogni angolo giungono ad una propria e autonoma
vita,dall'ovattata morbidezza dei locali alle luci ad incandescenza fredde che offendono gli occhi nelle non sempre splendide
strade della metropoli asiatica.
Bangkok e lo spettatore stanno insieme,si tengono per mano.Ma non si tratta di fiducia,è un inganno.Refn ritorna,a parlare
della violenza.Lo fa come sa farlo,come lo sente,come crede sia meglio.Non ci illudiamo e non speriamo,come suoi complici, che
lo faccia altrimenti.
Due fazioni,come in ogni contesa in cui si è almeno protagonisti o testimoni attenti.
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Thailandia.Infine la storia narrata prende forma in un altrove che si distanzia dai luoghi che la pellicola ci ha insegnato
ad immaginare,malamente.Interni ed esterni respirano,i colori e le linee di ogni angolo giungono ad una propria e autonoma
vita,dall'ovattata morbidezza dei locali alle luci ad incandescenza fredde che offendono gli occhi nelle non sempre splendide
strade della metropoli asiatica.
Bangkok e lo spettatore stanno insieme,si tengono per mano.Ma non si tratta di fiducia,è un inganno.Refn ritorna,a parlare
della violenza.Lo fa come sa farlo,come lo sente,come crede sia meglio.Non ci illudiamo e non speriamo,come suoi complici, che
lo faccia altrimenti.
Due fazioni,come in ogni contesa in cui si è almeno protagonisti o testimoni attenti.Da un lato un uomo ucciso e un fratello
ed una madre che cercano vendetta.Dall'altro un giustiziere che per coincidenza è anche poliziotto.Porta equilibrio il
piedipiatti,lo fa con la lama,con la muay thai.Applica la legge del contrappasso.
Ma le cose si complicano,abbiamo un pò di luce anche dove si penserebbe solo il buio.Julian (Ryan Gosling) ha per madre Jenna
(Kristin Scott Thomas), ma è una genitrice deviata,ha instillato il peccato,ha condotto nell'anima dei figli il dolore,la pulsione che sentone di reprimere o di scatenare nella violenza insensata.
Julian scorge in sè il Male,ma si lascia la possibilità del Bene,o almeno del suo Onore.
Cosa deriverà da questo scontro interno ed esterno, tra personaggi e dentro i personaggi, va lasciato scoprire a chi deciderà
di inoltrarsi nell'opera.Con un consiglio da chi scrive: domandatevi se solo Dio perdona.
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flyanto
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lunedì 3 giugno 2013
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quando per vendetta si ricorre alla più estrema vi
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Film in cui si narra di un giovane uomo (Ryan Gosling) che gestisce a Bangkok insieme al fratello una palestra di thai boxe che serve in realtà come copertura di un intenso traffico di droga abilmente gestito da loro e dalla di loro ancora più spietata madre. Nel corso di una delle sue solite azioni violente, uno dei fratelli viene ucciso e da qui ogni azione ed avvenimento che accadrà sarà esclusivamente in funzione di vendicare la sua morte, procurandone altre terribili e feroci. Da tutto ciò emerge pian piano il carattere differente dei vari personaggi: quello del fratello defunto, quanto mai violento, spietato e completamente privo di principi morali, quello della madre, anch'esso privo di scrupoli nonchè di un benchè minimo principio morale che non sia teso solo a guadagnare potere e soldi ed infine quello del fratello minore, appunto Ryan Gosling, che nonostante tutto si rivela l'unico essere umano dotato di una certa coscienza morale nonostante sia cresciuto e sia stato educato in un ambiente fortemente dominato dalla violenza di ogni genere.
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Film in cui si narra di un giovane uomo (Ryan Gosling) che gestisce a Bangkok insieme al fratello una palestra di thai boxe che serve in realtà come copertura di un intenso traffico di droga abilmente gestito da loro e dalla di loro ancora più spietata madre. Nel corso di una delle sue solite azioni violente, uno dei fratelli viene ucciso e da qui ogni azione ed avvenimento che accadrà sarà esclusivamente in funzione di vendicare la sua morte, procurandone altre terribili e feroci. Da tutto ciò emerge pian piano il carattere differente dei vari personaggi: quello del fratello defunto, quanto mai violento, spietato e completamente privo di principi morali, quello della madre, anch'esso privo di scrupoli nonchè di un benchè minimo principio morale che non sia teso solo a guadagnare potere e soldi ed infine quello del fratello minore, appunto Ryan Gosling, che nonostante tutto si rivela l'unico essere umano dotato di una certa coscienza morale nonostante sia cresciuto e sia stato educato in un ambiente fortemente dominato dalla violenza di ogni genere. Egli, infatti, dovrà affrontare e combattere ogni sorta di efferatezza perchè fortemente spinto da chi, cioè la propria madre, ha una forte influenza su di lui e che non può assolutamente deludere per non venire a sua volta eliminato definitivamente. Non riuscirà del tutto, o per lo meno secondo i piani prestabiliti, nella sua opera vendicatrice che invece verrà portata a termine da un famoso "giustiziere" armato di spada, chiamato dalla polizia stessa in aiuto, ma egli riuscirà in ogni caso a togliersi di dosso quel senso di colpa che lo attanaglia da molti anni e che lo ha portato a trasferirsi dagli USA in Thailandia. Questo thriller del danese Nicolas Winding Refn, già autore del pluripremiato e, senza alcun dubbio, più riuscito "Drive", ancor più che, appunto, questa sua ultima pellicola, è intrisa di una grossa presenza di violenza che effettivamente può dare fastidio allo spettatore comune ma che, secondo me, invece, ben si colloca in un determinato contesto, qui da lui presentato. Infatti, questo è il modo personale di fare cinema del regista danese e della sua concezione personale della società contemporanea (o per lo meno di una certa parte di essa) e pertanto, ripeto, la violenza di alcune scene, per quanto forti ed estreme in alcuni frangenti, non risultano affatto accessorie ma, anzi, giustificano e spiegano alla perfezione l'idea del mondo da Refn rappresentato. La trama in sè di questo thriller, forse, sì, è un pò esagerata e poco realistica in certi momenti, ma si rifà, ed in una maniera non troppo occulta, a molte pellicole del cinema orientale dove il concetto predominante è quello di perseguire un percorso di vendetta ad ogni costo, anche, appunto, facendo ricorso alla violenza più estrema. Inoltre, molte tecniche usate per perpetuare le varie forma di violenza (come quella di cavare gli occhi od addirittura di tagliare le orecchie) richiamano quelle precedentemente rappresentate in alcune pellicole di Alejandro Jodorowski a cui, peraltro, il film, mi pare, sia pure dedicato o fatto menzione. Il film è stato presentato in concorso al Festival di Cannes dove comprensibilmente non ha vinto nulla ma, almeno, ha fatto parlare tanto di sè. Personalmente esso costituisce una pellicola abbastanza originale (sebbene, come già accennato, certamente non all'altezza del precedente "Drive"), contraddistinto dalle tipiche inquadrature di Refn che con uno stile lineare ed elegante introducono perfettamente e lentamente allo svolgersi di un' azione susseguente. Sempre molto azzeccate, particolari e poco diffuse le musiche che fanno da sfondo e per ciò che concerne gli attori sono da menzionare l'attore "feticcio" del regista Ryan Gosling, perfettamente calato nella parte del figlio dall'aria spaesata nonchè un pò sottomessa a chi più di e su di lui ha una maggiore personalità ed una maggiore ingerenza e, quasi irriconoscibile nell suo aspetto troppo seducente e pacchiano, Kristin Scott Thomas, qui in un ruolo a lei insolito ma di cui, come sempre ella si rivela all'altezza. Insomma, personalmente consiglio questo thriller esclusivamente agli amanti del genere e soprattutto a coloro che non troppo sensibili alla vista di varie ed esplicite scene di sangue.
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tarantinofan96
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lunedì 2 settembre 2013
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la summa di n.w. refn
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L'ultimo film di Nicolas Winding Refn parte da una trama piuttosto tipica dei B-Movies anni 70 - 80, infatti parla di Julian (Ryan Gosling) che deve vendicare la morte del fratello con l'aiuto della madre (Kristin Scotto Thomas), ma non è così semplice quando Julian scopre che il fratello ha violentato e ucciso una prostituta. Dopo essersi conquistato il pubblico con Drive, Refn dirige questo film il cui tema principale è la vendetta. Si può quasi dire che sia stato un'azzardo, infatti molti suoi fan sono rimasti delusi sperando di vedere un sequel prolifico del suo precedente film (probabilmente ingannati dal fatto che anche qui il protagonista è Ryan Gosling).
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L'ultimo film di Nicolas Winding Refn parte da una trama piuttosto tipica dei B-Movies anni 70 - 80, infatti parla di Julian (Ryan Gosling) che deve vendicare la morte del fratello con l'aiuto della madre (Kristin Scotto Thomas), ma non è così semplice quando Julian scopre che il fratello ha violentato e ucciso una prostituta. Dopo essersi conquistato il pubblico con Drive, Refn dirige questo film il cui tema principale è la vendetta. Si può quasi dire che sia stato un'azzardo, infatti molti suoi fan sono rimasti delusi sperando di vedere un sequel prolifico del suo precedente film (probabilmente ingannati dal fatto che anche qui il protagonista è Ryan Gosling). Non fatevi ingannare quindi perchè Solo Dio Perdona è un film lento quasi privo di azione e silenzioso: i dialoghi sono pochi e la trama va avanti soprattutto con le azioni dei protagonisti. Ma non si tratta assolutamente di un brutto film, anzi ci troviamo davanti a quello che si può considerare la summa del cinema di Refn ovvero la maturazione definitiva di un regista innovativo, vilento, onirico. La fotografia è uno dei punti di forza del film, prevale il colore rosso scelto non a caso dal regista infatti in questo film quasi tutto è rosso, a partire dalle scritte dei titoli di testa. La regia e le inquadrature sono perfette. Non aspettatevi un film semplice e di facile visione: "Se via spettate film di facile viosione evivtate pure il mio cinema. O con me o contro di me" ha detto Nicolas Winding Refn. Qundi sta a voi decidere se stare dalla sua parte oppure no. Io sto decisamente dalla sua.
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danylt
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martedì 11 giugno 2013
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maestoso refn!
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La violenza come istinto primordiale…è questa la tematica che risalta subito all’occhio di chi si ritrova a guardare l’ultimo film di Nicolas Winding Refn. La violenza sembrava essere anche la prima e unica critica fatta sia quando è stato presentato a Cannes che tra le persone e amici che dopo averlo visto mi hanno consigliato di non andare a vedere perché “non vale la pena”. La violenza in effetti viene descritta come intrinseca in ogni personaggio, è da essa che scaturisce tutto quando il fratello di Julian (un Ryan Gosling un po’ sottotono ma comunque efficace) violenta ed uccide una minorenne in un quartiere di Bangkok dove i due fratelli gestiscono una palestra di thai boxe che nasconde la loro illecita attività di spaccio di droga.
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La violenza come istinto primordiale…è questa la tematica che risalta subito all’occhio di chi si ritrova a guardare l’ultimo film di Nicolas Winding Refn. La violenza sembrava essere anche la prima e unica critica fatta sia quando è stato presentato a Cannes che tra le persone e amici che dopo averlo visto mi hanno consigliato di non andare a vedere perché “non vale la pena”. La violenza in effetti viene descritta come intrinseca in ogni personaggio, è da essa che scaturisce tutto quando il fratello di Julian (un Ryan Gosling un po’ sottotono ma comunque efficace) violenta ed uccide una minorenne in un quartiere di Bangkok dove i due fratelli gestiscono una palestra di thai boxe che nasconde la loro illecita attività di spaccio di droga. La violenza scatena altra violenza e da qui scaturisce la vendetta. Una vendetta che Julian è costretto a consumare da una madre vessatrice e maligna (una Kristin Scott Thomas in forma e convincente) che lo umilia e con cui ha un rapporto allo stesso tempo ambiguo e morboso che porta Julian a seguire e acconsentire a tutto quello che gli viene chiesto. Ed è proprio nel labirinto delle frustrazioni, paure, violenze e tentazioni di Julian che veniamo trasportati attraverso i suoi passi lenti e incerti stanze illuminate e tinte di rosso, dove ogni mossa e pensiero vengono accompagnati da una musica tetra e ridondante che ti lascia affascinato. Ma c’è una figura che viene vista come qualcosa di mistico e da sconfiggere allo stesso tempo, l’angelo della morte che ha il volto impassibile e agghiacciante di Vithaya Pansringarm, è lui che tira veramente le redini del film, perché è lui che decide chi e come deve morire e lo fa nascondendo la sua vera natura di giustiziere dietro il lavoro di poliziotto, seguito dai suoi scagnozzi come se fossero completamente asserviti al suo comando. Poche le parole, tanti gli sguardi e le mosse che riescono comunque a riempire un film lento ma che riesce a farti uscire dalla sala con un vuoto dentro che piano piano colmi rispondendo da solo a tutte le domande che il film ti lascia, non solo fini al film, ma anche personalmente. Ti cattura Refn e lo fa usando una regia non perfetta ma raccontando una storia piena di simboli e di significato. Usa una simbologia che forse alla prima visione non viene completamente notata e capita, ma che prima o poi riesce a catturare e a farti assaporare l’essenza di un film che assolutamente “vale la pena” vedere.
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ilmengoli
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venerdì 26 luglio 2013
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solo dio perdona (2013)
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Julien (Ryan Gosling), trasferitosi a Bangkok in seguito all'uccisione del padre, gestisce una palestra di pugili tailandesi assieme al fratello Billy (Tom Burke). Una sera Billy, dopo aver violentato e ucciso una prostituta, viene anch'esso ucciso dal padre della ragazza. Dietro l'omicidio si cela anche un silenzioso ma pratico poliziotto, Chang (Vithaya Pansringam) un giustiziere dei peccatori, una sorta di Angelo della Vendetta. Crystal (Kristin Scott Thomas) , madre dei due fratelli, venuta a conoscenza dell'omicidio del primogenito, si reca immediatamente a Bangkok e chiede a Julien di vendicare il fratello.
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Julien (Ryan Gosling), trasferitosi a Bangkok in seguito all'uccisione del padre, gestisce una palestra di pugili tailandesi assieme al fratello Billy (Tom Burke). Una sera Billy, dopo aver violentato e ucciso una prostituta, viene anch'esso ucciso dal padre della ragazza. Dietro l'omicidio si cela anche un silenzioso ma pratico poliziotto, Chang (Vithaya Pansringam) un giustiziere dei peccatori, una sorta di Angelo della Vendetta. Crystal (Kristin Scott Thomas) , madre dei due fratelli, venuta a conoscenza dell'omicidio del primogenito, si reca immediatamente a Bangkok e chiede a Julien di vendicare il fratello. A causa dell'eccessivo rancore di Julien nei suoi confronti, è la madre a dover organizzare l'uccisione dell'assassino di suo figlio che, una volta attuata, innesta una catena infinita di sangue e omicidi per tutta la violenta capitale tailandese.
Nicholas Winding Refn, come da lui affermato, è un feticista della violenza, per cui prova una passione quasi carnale. Ce lo aveva dimostrato nel 2011 con Drive, e ce lo mostra di nuovo due anni dopo con "Solo Dio Perdona". Se nel primo la violenza era solo condimento della storia, in quest'ultimo film essa diventa sicuramente la portata principale, il piatto forte di una cena che, senza la sua esagerazione, risulterebbe probabilmente perfetta.
Infatti "Solo Dio Perdona" pecca solo di essere violento. E la domanda che mi sorge spontanea è: che bisogno c'era di rappresentare tutta questa violenza? Perché, perché, perché? Caro Nicholas, ma non potevi risparmiarteli quei 10 minuti osceni in cui Chang strappa via l'occhio e una parte di faccia a uno degli scagnozzi di Crystal?
A mio giudizio, il film risulta perfetto per circa 80 minuti dei 90 complessivi, in particolare nelle stanze oniriche rivestite da carta da parati dragonesca, illuminate da luce rossa accecante, volta quasi a significare un contatto più diabolico che divino, come invece potrebbe suggerire il titolo del film. Oppure la bellissima scena in cui Julien, dopo aver aperto con la sciabola la madre, le tocca l'utero in virtù di un forte e profondo amore edipico. O ancora, le molteplici sequenze dall'alto raffiguranti le mani, simbolo prima di virilità, poi di affetto e grazia materna e infine tagliate inesorabilmente.
Inoltre, sebbene non li avessi apprezzati in Drive, mi sono piaciuti particolarmente i muti dialoghi tra i vari personaggi, scanditi da rigide espressioni e da occhi penetranti, parlanti più di quanto lo siano le parole stesse. I dolci sguardi di Gosling, mai così emblema di tristezza, mai così silenzioso e pensieroso, nemmeno nelle misere 57 battute di Drive (in questo film 12). Per poi non parlare delle inesorabili sciabolate di Chang, l'Angelo della Vendetta, il Dio Vendicatore, che si fa giustizia da solo in una realtà socio-urbanistica caotica e violenta, abitata da luridi stupratori e violentatori e da assetati di vendetta, privi di ogni valore morale.
Ho apprezzato, se non amato, il film sotto questi aspetti, e mi è molto dispiaciuto vedere come un'opera così preziosa possa essere facilmente e rapidamente sminuita attraverso l'uso di quello che dovrebbe invece esserne il capo saldo, ossia la violenza. Nelle molte scene in cui compare questo sgradito protagonista, fatta eccezione per alcune splendide di Chang, essa appare quasi gratuita, senza un vero fine alle sue spalle. Io so che Refn non è uno sciatto e non farebbe mai nulla casualmente, ma in questo caso la sua idea di violenza, come d'altronde era già accaduto in Drive, non mi ha per nulla colpito, anzi, come già detto, avrei preferito di gran lunga un film ancora più statico e lento in cui fossero solo le psichedeliche colonne sonore e le immagini e foto quasi oniricamente ipnotiche a regnare.
Molto interessante , anche dal punto di vista letterale, è sicuramente il complesso rapporto edipico tra madre-figlio, riprendendo quello che è uno dei capolavori della letteratura greca dell'antichità. Julien nutre quasi un amore carnale per la madre, e viceversa, e ciò, a mio giudizio, è ben espresso nella divertente battuta della madre al ristorante con Julien e la falsa fidanzata, in cui dice che quest'ultimo ha sempre nutrito rancore per il fratello anche a causa della lunghezza del pene. Essa, ripensandoci, rimane come compiaciuta dal ricordo della notevole lunghezza del pene di Billy, come se tra lei e suo figlio ci fosse stato un rapporto fisico e sessuale.
"Solo Dio Perdona" di Nicholas Winding Refn è un film estremamente particolare che coniuga fotografie ed immagini ipnotiche e angustianti a musiche psichedeliche, che, purtroppo, pecca solo in violenza, componente esagerata. Un ottimo film , che ho amato, seppur non totalmente, e gustato e che, se me lo chiedessero, riguarderei volentieri. Molto meglio di Drive.
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