flyanto
|
lunedì 17 novembre 2014
|
un complicato intrigo tra i ghiacci più solidi
|
|
|
|
Film ambientato in una località montana al confine tra l'Italia e la Slovenia in cui si svolgono le vicende di alcuni personaggi coinvolti in misteriosi e non sempre leciti, affari. La zoologa (Ksenia Rappoport) che si aggira per i boschi al fine di dare da mangiare ad un orso qui localizzato nel corso delle sue peregrinazioni ed indagini viene a contatto con, appunto, questi individui arrivando a scoprire i vari rapporti tra loro determinati per lo più dai loschi traffici di persone clandestine, nonchè di omicidi commessi.
Questa pellicola di Claudio Noce presenta una storia tra il thriller e lo spionaggio evidenziando la condizione esistente di controversie etniche (popolazioni italiane e popolazioni slovene o bosniache) che sono regolate per lo più o da faide e rancori atavici o, nel caso di una qualche esistente forma di complicità, da affari sporchi in cui il numero delle vittime è in continuo aumento.
[+]
Film ambientato in una località montana al confine tra l'Italia e la Slovenia in cui si svolgono le vicende di alcuni personaggi coinvolti in misteriosi e non sempre leciti, affari. La zoologa (Ksenia Rappoport) che si aggira per i boschi al fine di dare da mangiare ad un orso qui localizzato nel corso delle sue peregrinazioni ed indagini viene a contatto con, appunto, questi individui arrivando a scoprire i vari rapporti tra loro determinati per lo più dai loschi traffici di persone clandestine, nonchè di omicidi commessi.
Questa pellicola di Claudio Noce presenta una storia tra il thriller e lo spionaggio evidenziando la condizione esistente di controversie etniche (popolazioni italiane e popolazioni slovene o bosniache) che sono regolate per lo più o da faide e rancori atavici o, nel caso di una qualche esistente forma di complicità, da affari sporchi in cui il numero delle vittime è in continuo aumento. Il regista riesce a rappresentare questo tipico ambiente popolato da persone violente, schive ed orgogliose soprattutto della propria etnia e dei propri principi in una maniera quanto mai efficace in quanto assai precisa, lucida e soprattutto cruda proprio perchè questa realtà stessa si presenta così fortemente estrema. E la vicenda narrata viene rappresentata in un crescendo di tensione sempre maggiore sino all'epilogo ed alla risoluzione finale estrema che ovviamente non può certo essere pacifica e serena.
Film in generale interessante e, direi, ben interpretato da tutti gli attori coinvolti, che sono Ksenia Rappoport, Emir Kusturica, Adriano Giannini e Domenico Diele per citare solo i i principali, e soprattutto molto suggestivo per la sua ambientazione fatta di foreste coperte dal ghiaccio e dalla neve che rafforzano e sottolineano il concetto di freddezza e spietatezza non tanto del clima ma per lo più degli animi umani. E forse proprio questa foresta innevata è la protagonista vera e propria dell'intera vicenda.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
alexander 1986
|
venerdì 10 aprile 2015
|
ghiaccio incolore
|
|
|
|
Un paesino sperduto tra le innevate montagne sul confine tra Italia e Slovenia è messo in agitazione dalla scomparsa di Lorenzo, lavoratore locale. La cosa mette in agitazione tutta la comunità, come se là, fra la neve, si nascondesse un segreto inconfessabile di cui quell'uomo è la chiave. Su ciò indaga Lana (Ksenia Rappoport), agente che per non turbare i rudi indigeni si finge zoologa. Ne verrà fuori una brutta storia, che affonda le radici a fatti di sangue lontani nel tempo.
Secondo film del giovane regista Noce, autore soprattutto di cortometraggi e clip musicali e si vede: buona la fotografia, buona la messa in scena ma carente lo sviluppo concreto della trama. La pellicola si sviluppa come una serie di frammenti ben fatti singolarmente ma mal legati tra loro.
[+]
Un paesino sperduto tra le innevate montagne sul confine tra Italia e Slovenia è messo in agitazione dalla scomparsa di Lorenzo, lavoratore locale. La cosa mette in agitazione tutta la comunità, come se là, fra la neve, si nascondesse un segreto inconfessabile di cui quell'uomo è la chiave. Su ciò indaga Lana (Ksenia Rappoport), agente che per non turbare i rudi indigeni si finge zoologa. Ne verrà fuori una brutta storia, che affonda le radici a fatti di sangue lontani nel tempo.
Secondo film del giovane regista Noce, autore soprattutto di cortometraggi e clip musicali e si vede: buona la fotografia, buona la messa in scena ma carente lo sviluppo concreto della trama. La pellicola si sviluppa come una serie di frammenti ben fatti singolarmente ma mal legati tra loro. Fra gli interpreti la Rappoport finisce quasi per giganteggiare, anche di fronte a un Emir Kusturica sfruttato soprattutto per il nome. Resta l'impressione di una serie di buone idee non valorizzate.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alexander 1986 »
[ - ] lascia un commento a alexander 1986 »
|
|
d'accordo? |
|
morganakam
|
lunedì 1 giugno 2015
|
salvabile
|
|
|
|
Insomma..questo film mi ha dato parecchio filo da torcere.
Partiamo che non è molto lungo ma data la lentezza e i pochi dialoghi sembra che duri quasi il doppio. Per più di trenta minuti è stato noioso e se non fosse successo qualcosa in particolare l'avrei stoppato, poi un po' si è ripreso.
Infatti per quel primo tempo non si è capito lo scopo del film..erano tutte scene così brevi e sconnesse le une dalle altre, i pochi dialoghi e tranciati di netto.
Dove si vede l'ottima regia? Nei paesaggi, qualche scena particolare ma non nel ritmo, in alcuni momenti sembrava che gli attori avessero la videocamera incorporata e quando correvano o camminavano ti girava quasi la testa.
[+]
Insomma..questo film mi ha dato parecchio filo da torcere.
Partiamo che non è molto lungo ma data la lentezza e i pochi dialoghi sembra che duri quasi il doppio. Per più di trenta minuti è stato noioso e se non fosse successo qualcosa in particolare l'avrei stoppato, poi un po' si è ripreso.
Infatti per quel primo tempo non si è capito lo scopo del film..erano tutte scene così brevi e sconnesse le une dalle altre, i pochi dialoghi e tranciati di netto.
Dove si vede l'ottima regia? Nei paesaggi, qualche scena particolare ma non nel ritmo, in alcuni momenti sembrava che gli attori avessero la videocamera incorporata e quando correvano o camminavano ti girava quasi la testa.
Non conoscevo gli attori, sono stati tutti molto bravi soprattutto nell'accento friuliano ma secondo me quando parlavano in sloveno o in serbo dovevano mettere i sottotitoli. (qualcosina ho capito perché ho studiato russo).
Chi ha classificato questo film come thriller? Non è assolutamente così, io lo definirei più un noir/drammatico, c'è stata poca azione.
Se non avesse questi attori, paesaggi belli, qualche scena efficace e il buon finale il film per me sarebbe insufficiente.
Secondo me i registi italiani sono troppo mosci, dovrebbero imparare da quelli spagnoli.
Tutto sommato si è salvato, la storia poteva essere raccontata in un altro modo.
Il mio voto finale è 6,5...volevo mettere 3 stelline, ma alla fine l'ho abbassato a 2.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a morganakam »
[ - ] lascia un commento a morganakam »
|
|
d'accordo? |
|
maxdiveroli
|
domenica 26 ottobre 2014
|
una scommessa vinta
|
|
|
|
Col suo secondo lungometraggio, Claudio Noce conferma la sua visione lucida e competente. “La foresta di ghiaccio” è un film intenso, coinvolgente, che inizialmente disorienta per il tentativo di ampliare i confini del cinema di “genere”. Forse inadatto ad una lettura superficiale per la sua architettura complessa che si pone a metà tra il thriller ed il noir, si snoda su vari registri; gioca la sua scommessa accettando di perdere forse qualcosa in termini di scorrevolezza dell’intreccio pur di coinvolgere emotivamente lo spettatore attraverso la rappresentazione di varie solitudini ognuna nella diversa declinazione della propria personale tragedia o smarrimento.
[+]
Col suo secondo lungometraggio, Claudio Noce conferma la sua visione lucida e competente. “La foresta di ghiaccio” è un film intenso, coinvolgente, che inizialmente disorienta per il tentativo di ampliare i confini del cinema di “genere”. Forse inadatto ad una lettura superficiale per la sua architettura complessa che si pone a metà tra il thriller ed il noir, si snoda su vari registri; gioca la sua scommessa accettando di perdere forse qualcosa in termini di scorrevolezza dell’intreccio pur di coinvolgere emotivamente lo spettatore attraverso la rappresentazione di varie solitudini ognuna nella diversa declinazione della propria personale tragedia o smarrimento.
Come nei suoi lavori precedenti Noce affida un ruolo fondamentale all’ambientazione nella quale si svolge il racconto. Se in “Aria” (il cortometraggio del 2005 vincitore del David di Donatello) la borgata richiamava la “periferia emozionale” del piccolo protagonista ed in “Good Morning Aman” il quartiere Esquilino era visto come un deserto brulicante nel quale Aman vagava sperduto in cerca di sé stesso, ne “La foresta di ghiaccio” le oscure vicende vissute dai protagonisti vengono messe a confronto con un contesto naturale livido che è freddo ed ostile come la disumanità del commercio di clandestini che si consuma in quei luoghi.
All’interno di questa allegoria fondamentale, l’obiettivo di comunicare il continuo senso di cupa tensione nella quale i personaggi si muovono con non minore fatica che tra i ghiacci e la neve alta fino alle ginocchia, viene raggiunto grazie ad un uso sapiente della telecamera a mano, dei rallenty e dei cambi di velocità che non risultano essere mai banali o autocompiaciuti ma sempre funzionali al racconto ed alla comunicazione delle emozioni che il regista vuole di volta in volta sottolineare.
Al pari dell'intensa colonna sonora, nella costruzione "ad incastri" del film pesa in maniera decisiva il ruolo della fotografia, vera e propria “colonna visuale” delle emozioni portanti del racconto. Come nei corti “Altra musica” (dove la scelta del bianco e nero nel descrivere il disagio adolescenziale del protagonista ed il suo confronto generazionale col padre-musicista, sembrava voler alludere a suggestioni di capolavori del passato) e ne “Il mistero di La Tour”, entrambi del 2012, (punteggiato dal frequente ricorso a sfondi bui illuminati da una luce fioca laterale come nei dipinti del Caravaggio che così tanto avevano influenzato il pittore francese), anche ne “La foresta di ghiaccio” la fotografia pone l'accento su quegli aspetti emotivi che sono alla base del film. Con il ricorso a chiaroscuri di grande effetto dove vengono messi in contrasto i colori slavati ed a tratti abbaglianti degli esterni con quelli foschi degli interni, Noce ed il direttore della fotografia, Michele D’Attanasio, sembrano voler ripercorrere la stessa strada di “Good Morning Aman” nella volontà di amplificare il buio interiore dei protagonisti.
In questo senso rispetto al suo primo film, Noce fa, a mio parere, un ulteriore passo avanti ed allarga il respiro della sua visione del cinema fatto di rimandi, citazioni e metafore; s’inserisce probabilmente in questo contesto l’uso del paesaggio che risulta apprezzabilmente lontano da immagini documentaristiche o da “cartolina”. Trattati alla stregua dei protagonisti del film, i vari scenari architettonici e naturali contribuiscono a sottolineare le emozioni attorno alle quali ruota tutto il film. In particolare la teleferica che trasmette la sensazione di sospensione nel vuoto nella quale sono imprigionati i personaggi o la diga, rappresentata con dei campi lunghi di forte impatto espressivo, a voler forse sottolineare la differenza di scala tra l’uomo con le sue miserie ed un contesto imponente, apparentemente indifferente ed in larga parte “disumano”.
Intensamente interpretato, con un montaggio ed una regia coinvolgenti sempre al servizio del film, “La foresta di ghiaccio” si fa apprezzare non solo per il coraggio dimostrato nel voler andare oltre i limiti del “genere” ma per l’obiettivo di rivolgersi al grande pubblico con un prodotto forse non semplice ma senz’altro ambizioso e raffinato realizzato attraverso una costruzione accurata ed una direzione attenta e capace.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maxdiveroli »
[ - ] lascia un commento a maxdiveroli »
|
|
d'accordo? |
|
peer gynt
|
mercoledì 8 luglio 2015
|
un mistero che si perde fra le montagne innevate
|
|
|
|
L'indeterminatezza narrativa puo' essere una scelta stilistica: per creare atmosfera e far sì che lo spettatore si interroghi su quanto vede gli rendo la storia difficile da seguire, la spezzo in strade che non portano da nessuna parte, la infarcisco di personaggi che gli confondono le idee. E potrebbe anche funzionare. Ma questa indeterminatezza narrativa può avere anche un'altra spiegazione: non so oppure non voglio raccontare. E questo sembra proprio il caso di questo film. Un noir ambientato nelle montagne, con un mistero che si scioglie solo nel finale. Ma gli autori lo hanno perso molto prima, lo spettatore. Per non aver avuto l'umiltà di abbassarsi al livello (per nulla umile, anzi!) di chi soprattutto racconta una storia e aver voluto fare del cinema d'arte, del cinema di profonda riflessione sul mistero dell'uomo, sulla sua malvagità.
[+]
L'indeterminatezza narrativa puo' essere una scelta stilistica: per creare atmosfera e far sì che lo spettatore si interroghi su quanto vede gli rendo la storia difficile da seguire, la spezzo in strade che non portano da nessuna parte, la infarcisco di personaggi che gli confondono le idee. E potrebbe anche funzionare. Ma questa indeterminatezza narrativa può avere anche un'altra spiegazione: non so oppure non voglio raccontare. E questo sembra proprio il caso di questo film. Un noir ambientato nelle montagne, con un mistero che si scioglie solo nel finale. Ma gli autori lo hanno perso molto prima, lo spettatore. Per non aver avuto l'umiltà di abbassarsi al livello (per nulla umile, anzi!) di chi soprattutto racconta una storia e aver voluto fare del cinema d'arte, del cinema di profonda riflessione sul mistero dell'uomo, sulla sua malvagità.
Lodevole il tentativo, fallimentare il risultato. La storia non prende, il mistero non interessa e per larga parte del film sfugge del tutto, e questa ossessione (che ormai ha ampiamente stufato) per la mdp a spalla rende il tutto faticoso e pesante. E neppure la buona prova degli attori e il buon finale, con un epico duello fra due dei protagonisti su un'altissima diga, riconcilia lo spettatore con un film che la mancanza di una vera storia e di buoni dialoghi seppellisce sotto un crescente disinteresse.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a peer gynt »
[ - ] lascia un commento a peer gynt »
|
|
d'accordo? |
|
|