renato volpone
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venerdì 22 febbraio 2013
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vedere solo il cielo
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Mark può vedere solo il cielo perché all'età di sei anni ha avuto la poliomielite, da allora vive sdraiato su una barella e in un polmone d'acciaio. Però vuole scoprire il mondo, il suo corpo, la sessualità e per farlo comincia una serie di sedute di sesso-terapia se così si possono chiamare. Non sono solo sedute di terapia per lui, ma per noi, per il pubblico, e ci troviamo a dover pensare al rapporto che abbiamo con il nostro corpo, a come lo usiamo nel sesso, al piacere che proviamo e a quello che ci lasciamo sfuggire per l'incapacità di godere di una carezza. Ci troviamo a mettere in discussione il rapporto sesso/religione, discussione a cui Mark sottopone il proprio confessore e da cui noi ne traiamo grande giovamento.
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Mark può vedere solo il cielo perché all'età di sei anni ha avuto la poliomielite, da allora vive sdraiato su una barella e in un polmone d'acciaio. Però vuole scoprire il mondo, il suo corpo, la sessualità e per farlo comincia una serie di sedute di sesso-terapia se così si possono chiamare. Non sono solo sedute di terapia per lui, ma per noi, per il pubblico, e ci troviamo a dover pensare al rapporto che abbiamo con il nostro corpo, a come lo usiamo nel sesso, al piacere che proviamo e a quello che ci lasciamo sfuggire per l'incapacità di godere di una carezza. Ci troviamo a mettere in discussione il rapporto sesso/religione, discussione a cui Mark sottopone il proprio confessore e da cui noi ne traiamo grande giovamento. Ci troviamo a pensare all'amore, a quanto sia grande il bisogno di tenerezza, di poesia, di sensibilità interiore. Il punto di vista è fermo, non puoi sfuggire alla verità, e tra sorrisi, risate, lacrime, giungi alla tua ultima seduta attonito di quanto il mondo possa essere grande se solo osi guardare oltre il tuo giardino e avere il coraggio di essere te stesso nonostante tutto. Una grande lezione di vita.
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[+] bravo tenato
(di ropetto)
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donni romani
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sabato 9 febbraio 2013
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l'handicap senza retorica cinematografica
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Mano ferma nel trattare un materiale sempre pericoloso come l'handicap, perennemente a rischio di scivolare nel pietistico o nel retorico, interpreti in stato di grazia - Helen Hunt candidata all'Oscar - e una sceneggiatura lineare che lascia però ampio spazio alle emozioni spontanee, semplici, immediate fanno di "The sessions" ("The surrogate" in originale, tradotto, se così si può dire, in italiano con un titolo sempre in inglese ma diverso, mah!) un film limpido, coraggioso e mai venato di volgarità pur trattando di sesso, parlando di sesso, mostrando sesso.
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Mano ferma nel trattare un materiale sempre pericoloso come l'handicap, perennemente a rischio di scivolare nel pietistico o nel retorico, interpreti in stato di grazia - Helen Hunt candidata all'Oscar - e una sceneggiatura lineare che lascia però ampio spazio alle emozioni spontanee, semplici, immediate fanno di "The sessions" ("The surrogate" in originale, tradotto, se così si può dire, in italiano con un titolo sempre in inglese ma diverso, mah!) un film limpido, coraggioso e mai venato di volgarità pur trattando di sesso, parlando di sesso, mostrando sesso. Il sesso che Mark O'Brian, poeta, scrittore e giornalista, che ha contratto la polio a sei anni e negli Anni Ottanta vive in un polmone d'acciaio quasi tutta la sua giornata, non ha mai conosciuto, e nonostante la sua profonda fede cattolica che gli fa considerare un rapporto fuori dal matrimonio come un peccato, vuole sperimentare prima di morire. La confessione con Padre Brendan, prete intelligente e comprensivo lo convince che Dio non avrà niente in contrario se Mark conoscerà l'amore carnale al di fuori del matrimonio e così inizia la ricerca della donna che lo aiuterà a superare paure fisiche e soprattutto psicologiche. La scelta cade su una terapeuta del sesso, Cheryl Cohen Greene che in sei sedute dovrà insegnare a Mark ad accettare il proprio corpo, a non avere sensi di colpa e a ricevere e dare piacere liberandosi da legacci mentali e pregiudizi, insegnamenti ben più profondi di quelli "tecnici" che Mark si aspetta, insegnamenti che portano i due a stringere un rapporto emotivo ed umano pericoloso per entrambi, ma che oltre al dolore della separazione lascerà ai due un ricordo struggente e a Mark la possibilità di innamorarsi di nuovo, cosa che avverrà qualche anno dopo. Al funerale di Mark viene letta dalla sua compagna la poesia che lui aveva dedicato a Cheryl, in un muto scambio di sguardi ed emozioni che legano le due donne ad un uomo che nonostante l'handicap aveva una vitalità, un senso dell'umorismo e una profondità rare. La storia è quella del vero Mark O'Brian, e la capacità di Lewin di dirigere gli attori verso un traguardo fedele alla realtà senza mai forzare la mano è fortemente aiutata dalla naturalezza con cui i tre attori principali tengono la scena, Helen Hunt spogliandosi e recitando nuda con una spontaneità che toglie al suo personaggio ogni venatura macchiettistica, Macey regalando al suo padre Brendan un'umanità e un'empatia sincere e non legate al suo ruolo sacerdotale e soprattutto John Hawkes che fa di Mark un uomo e non un personaggio, fa del suo handicap un bagaglio e non un fardello, recitando con il solo sguardo e con la sola voce.
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diomede917
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sabato 23 febbraio 2013
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sesso, amore e altri surrogati
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Strani scherzi della distribuzione, i due film che hanno dominato il Sundance 2012 escono in Italia a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro.
Così dopo il “Re della terra selvaggia” adesso è il turno di The sessions.
Il film si ispira agli articoli e alla vita del poeta e giornalista Marc O’ Brien, poliomielitico dall’età di 4 anni e che da allora vive dentro un polmone d’acciaio.
Alla veneranda età di 38 anni gli viene commissionata un’inchiesta riguardante il sesso tra i disabili e intervistando i protagonisti si rende conto che lui stesso non sa niente dell’argomento in quanto vergine.
Inizia così per lui un complesso processo di iniziazione appoggiandosi all’esperienza di una terapeuta sessuale (la Surrogate che è il titolo originale del film) e, in parallelo, anche a un terapeuta spirituale visto che il nostro protagonista è un irlandese di Boston e l’elemento religioso è insito nel suo DNA.
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Strani scherzi della distribuzione, i due film che hanno dominato il Sundance 2012 escono in Italia a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro.
Così dopo il “Re della terra selvaggia” adesso è il turno di The sessions.
Il film si ispira agli articoli e alla vita del poeta e giornalista Marc O’ Brien, poliomielitico dall’età di 4 anni e che da allora vive dentro un polmone d’acciaio.
Alla veneranda età di 38 anni gli viene commissionata un’inchiesta riguardante il sesso tra i disabili e intervistando i protagonisti si rende conto che lui stesso non sa niente dell’argomento in quanto vergine.
Inizia così per lui un complesso processo di iniziazione appoggiandosi all’esperienza di una terapeuta sessuale (la Surrogate che è il titolo originale del film) e, in parallelo, anche a un terapeuta spirituale visto che il nostro protagonista è un irlandese di Boston e l’elemento religioso è insito nel suo DNA.
Questo percorso quindi è rappresentato dal parallelismo degli appuntamenti per scoprire e accettare la propria sessualità e le confessioni a chiesa aperta con un prete che diventa sempre di più il migliore amico.
Il grande pregio di “The Sessions” è che tratta una tematica pericolosa e piena di trappole evitando il facile pietismo o qualsiasi colpo basso per accaparrasi il pubblico, metabolizzando quello che era Marc O’ Brien il regista Ben Lewin ci regala un film ricco di senso dell’umorismo (soprattutto nel suo modo di relazionarsi con un Dio a cui credere per incolparlo della situazione) e grandissima poesia.
A facilitare questo lavoro la presenza di un cast in forma strepitosa.
John Hawkes, Helen Hunt e William C. Macy hanno il merito di donarci dei personaggi sinceri molto reali grazie un’interpretazione che non va mai fuor dalle righe o gigioneggia in stile actor’ studio.
Forse è per questo motivo che The sessions è fuori dai giochi degli Oscar (e il Marc O’ Brein di John Hawkes è meritevole almeno della nomination) a parte la candidatura di uan Helen Hunt così splendidamente acqua e sapone.
Consiglio vivamente la visione di questo film perché dietro la povertà di mezzi con cui è stato realizzato c’è una grande quantità di contenuti racchiusi nella splendida poesia che chiude intensamente il film
Voto 8,5
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ashtray_bliss
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domenica 24 febbraio 2013
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la vita e un viaggio degno di essere intrapreso
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Mah cosa scrivere di un film come questo ? Non e' "Quasi Amici ", non e' il "Mare Dentro" e non e' per tutti !
Secondo me ti da' l'idea esatta del polmone d'acciaio : cosa serve e cosa provoca se salta la corrente ! Ti comunica una sensazione claustrofobica che forse il poeta-- giornalista O Brian non ha provato nei suoi lunghi 43 anni di permanenza li dentro. Sapere che questo non e' un film di fantasia ma una storia vera rende ancora piu vivo il senso di depressione, compassione e ammirazione per l'uomo che l'ha vissuta.
Il dramma del suo handicap e' vissuto molto da vicino cosi che lo spettatore si sente proiettato proprio accanto al letto-barella del protagonista e quasi quasi si sente pure l'odore dei disinfettanti, del profumo leggero che viene usato o dei suoi folti capelli !
Anche la terapeuta risulta una figura complessa magari pure un po complessata (marito a casa -figlio che la chiama per nome).
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Mah cosa scrivere di un film come questo ? Non e' "Quasi Amici ", non e' il "Mare Dentro" e non e' per tutti !
Secondo me ti da' l'idea esatta del polmone d'acciaio : cosa serve e cosa provoca se salta la corrente ! Ti comunica una sensazione claustrofobica che forse il poeta-- giornalista O Brian non ha provato nei suoi lunghi 43 anni di permanenza li dentro. Sapere che questo non e' un film di fantasia ma una storia vera rende ancora piu vivo il senso di depressione, compassione e ammirazione per l'uomo che l'ha vissuta.
Il dramma del suo handicap e' vissuto molto da vicino cosi che lo spettatore si sente proiettato proprio accanto al letto-barella del protagonista e quasi quasi si sente pure l'odore dei disinfettanti, del profumo leggero che viene usato o dei suoi folti capelli !
Anche la terapeuta risulta una figura complessa magari pure un po complessata (marito a casa -figlio che la chiama per nome). Non so, ma ho avuto l'impressione che volesse qualcosa di meglio per se e forse era proprio Mark che cercava. La figura del prete e' favolosa : capelli lunghi -sigaretta -birra -bandana e poi i discorsi brevi e la disponibilita' ad ascoltare SEMPRE anche particolari piccanti (usiamo qualche perifrasi) senza sputare sentenze o giudizi.
Tutti gli altri attori molto ben scelti e inseriti in ruoli non facili da indossare. Il protagonista non poteva essere piu dentro al personaggio esprimendo tutta l'interiorita' che doveva avere O Brian.
Consigliato.
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il beppe nazionale
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venerdì 21 marzo 2014
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da giudicare senza pregiudizi
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E i pregiudizi sono 1) è un film che parla di disabili, quindi massima delicatezza; 2) il tema è importante e a prescindere sarà trattato dignitosamente; 3) se interpreti un paralitico sei uno dei migliori attori in circolazione.
Andiamo con ordine. La storia di O'Brien è una storia tragica in cui non abbiamo un disabile su sedia a rotelle, ma un poliomielitico costretto a muoversi con una lettiga. Condizione ancora più anomala il fatto che la paralisi è solo muscolare, pertanto la sensibilità del corpo v'è ancora e si fa sentire.
Hawkes è sicuramente bravo nelle posizioni che assume, nella fatica che trasmette, nel modo di parlare.
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E i pregiudizi sono 1) è un film che parla di disabili, quindi massima delicatezza; 2) il tema è importante e a prescindere sarà trattato dignitosamente; 3) se interpreti un paralitico sei uno dei migliori attori in circolazione.
Andiamo con ordine. La storia di O'Brien è una storia tragica in cui non abbiamo un disabile su sedia a rotelle, ma un poliomielitico costretto a muoversi con una lettiga. Condizione ancora più anomala il fatto che la paralisi è solo muscolare, pertanto la sensibilità del corpo v'è ancora e si fa sentire.
Hawkes è sicuramente bravo nelle posizioni che assume, nella fatica che trasmette, nel modo di parlare. Di Helen Hunt s'è detto che ha compiuto un'interpretazione coraggiosa, e nessun termine potrebbe essere più adatto. La Hunt mostra il suo corpo con disinvoltura e in pose che solo la delicatezza del regista non fa degenerare nel porno-soft. Le tante lodi a padre Macy sopravvalutano invece un personaggio che sta sullo sfondo, che ascolta, e che semplicemente accantona il bigottismo ecclesiastico per via della pena, e ribadisco pena, suscitata dalla condizione di O'Brien. Padre Brendan non è un illuminato, è una persona umana semplice e comprensiva, che ha sì il suo ruolo ma che non diventa determinante.
Quali sono i punti deboli di questo film? Forse che è troppo vero, e diventa quasi più un documentario narrativo che un film vero e proprio. Non c'è la tanta decantata "irrestitibile ironia", quella di Quasi Amici per intenderci, ma c'è la piccola ironia di una persona rassegnata. C'è la difficoltà della disabilità, evidente, tecnica, ma ci sono poche emozioni e soprattutto poche poesie, strumento primario per impennare i pathos. Abbiamo infine un partner surrogato, la Hunt, la cui caratterizzazione è appena abbozzata, che esercita il suo lavoro, e che instaura un rapporto ambiguo con O'Brien solo perchè questo le fa qualche domanda sulla sua vita. Ci chiediamo: "Perchè queste donne hanno amato O'Brien? Con cosa le ha conquistate? Abbiamo assistito a sindromi della crocerossina o c'è stato qualcosa di più?". Dal film, personalmente, non riesco a capirlo.
The Session solleva tantissimi interrogativi morali e ha il merito di mostrare una realtà da troppo tempo considerata tabù. Mostra questa realtà, ma non ce la fa vivere, poichè la penetrazione nel cuore dei personaggi è lasciata, per la maggior parte, all'immaginazione dello spettatore. Guardiamo un sorriso malinconico, un occhio, uno sguardo di compassione, una mente che si tiene attiva nonostante viva imprigionata in un corpo di carne imprigionato a sua volta in uno meccanico. Ma come possiamo entrare nel personaggio? Come possiamo viverlo senza limitarci a questo e a qualche dialogo? Dov'è l'introspezione più dura che questo tipo di film dovrebbe toccare?
Per tutta questa serie di motivi mi trovo a dire che The Sessions è un film meccanico, un documentario con bravi attori, che poteva impattare molto più pesantemente sull'animo del fruitore.
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felicity
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domenica 18 agosto 2024
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tenero, toccante e profondamente umano
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The Sessions è una storia piccola, quasi minimalista, appartenente ad un quotidiano inconsueto.
Il film ha un tocco particolare, un modo di intendere la messinscena che riesce ad essere personale ed universale al contempo.
Il regista è affetto da poliomelite come il protagonista: la sua regia placida e compatta gli permette di costruire un film che sa fare i conti con il fantasma della morte grazie all’arma dell’umorismo e proprio per merito della mai stucchevole vivacità intellettuale ed emotiva del protagonista che un potenziale dramma diventa qua e là una delicatissima commedia con venature da romanzo di formazione sessuale.
Un film così tenero, toccante e profondamente umano non potrebbe esistere senza i suoi straordinari interpreti.
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The Sessions è una storia piccola, quasi minimalista, appartenente ad un quotidiano inconsueto.
Il film ha un tocco particolare, un modo di intendere la messinscena che riesce ad essere personale ed universale al contempo.
Il regista è affetto da poliomelite come il protagonista: la sua regia placida e compatta gli permette di costruire un film che sa fare i conti con il fantasma della morte grazie all’arma dell’umorismo e proprio per merito della mai stucchevole vivacità intellettuale ed emotiva del protagonista che un potenziale dramma diventa qua e là una delicatissima commedia con venature da romanzo di formazione sessuale.
Un film così tenero, toccante e profondamente umano non potrebbe esistere senza i suoi straordinari interpreti.
Privato della mobilità, Hawkes si produce in una perfomance da Oscar utilizzando gli unici strumenti a sua disposizione: il volto, lo sguardo e la voce. E' raro, per un ruolo così virtuosistico, assistere a un'interpretazione così disarmante e ricca di calore, al servizio del film e non del narcisismo personale dell'interprete.
Non è da meno Helen Hunt che si spoglia di ogni pregiudizio dimostrando un coraggio da leone nell'adesione al personaggio di Cheryl.
Essenziale anche la presenza di William Macy, padre spirituale capellone e protagonista di divertenti siparietti.
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flyanto
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lunedì 25 febbraio 2013
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alla scoperta del sesso anche in condizioni fortem
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Film basato su di una storia vera in cui un uomo di circa 40 anni, costretto a vivere con l'ausilio di un polmone d'acciaio, cerca di perdere la propria verginità e di soddisfare i propri naturali impulsi sessualii, prima della sua morte. Vi riuscirà e scoprirà anche le gioie ed il calore del sesso grazie ad un'abile e sensibile terapista sessuale. Film molto ben diretto con uno stile asciutto, lucido e all' insegna di una profonda sensibilità come si confà alla trattazione del tema delicato del sesso riguardante le persone fortemente disabili. Pertanto questa pellicola non sfocia mai in alcuna scena o situazione volgare o grossolana ma, anzi, sensibilizza notevolmente lo spettatore, per lo più fortunatamente ignaro a questo tipo di problematica, rendendolo partecipe e fortemente colpito.
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Film basato su di una storia vera in cui un uomo di circa 40 anni, costretto a vivere con l'ausilio di un polmone d'acciaio, cerca di perdere la propria verginità e di soddisfare i propri naturali impulsi sessualii, prima della sua morte. Vi riuscirà e scoprirà anche le gioie ed il calore del sesso grazie ad un'abile e sensibile terapista sessuale. Film molto ben diretto con uno stile asciutto, lucido e all' insegna di una profonda sensibilità come si confà alla trattazione del tema delicato del sesso riguardante le persone fortemente disabili. Pertanto questa pellicola non sfocia mai in alcuna scena o situazione volgare o grossolana ma, anzi, sensibilizza notevolmente lo spettatore, per lo più fortunatamente ignaro a questo tipo di problematica, rendendolo partecipe e fortemente colpito. Molto bravi ed altamente convincenti tutti i protagonisti, da John Hawkes nella parte del paraplegico, ad Helen Hunt in quella della terapista sessuale ed a William H. Macy in quella del prete, prima un pò spaesato e sbigottito dalle confessioni del protagonista e poi caldamente vicino a lui e suo sostenitore.l
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vitel88
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venerdì 31 maggio 2013
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l'amore di un disabile
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Non sono molte le pellicole in circolazione dove viene trattato il tema delicato della sessualita' per disabili e devo dire che il regista Ben Lewin ,ha affrontato l'argomento in modo eccellente con delicatezza e un pizzico di ironia nonostante la storia drammatica.
Il film racconta la vera storia del poeta e scrittore Mark O' Brien(John Hawkes) ,che all'eta' di 6 anni per una grave forma di Poliomielite ha vissuto in un polmone d'acciaio , riuscendo a muovere parzialmente solo la testa.
Mark O' Brien si racconta con la voce di chi respira grazie ad una ventilazione artificiale ed e' giustamente arrabbiato con la vita che lo costringe a dover dipendere da altre persone per qualsiasi movimento e aver paura del proprio corpo che lui non conosce poiche' la sua attivita' muscolare e' scarsa per potersi toccare in modo autonomo.
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Non sono molte le pellicole in circolazione dove viene trattato il tema delicato della sessualita' per disabili e devo dire che il regista Ben Lewin ,ha affrontato l'argomento in modo eccellente con delicatezza e un pizzico di ironia nonostante la storia drammatica.
Il film racconta la vera storia del poeta e scrittore Mark O' Brien(John Hawkes) ,che all'eta' di 6 anni per una grave forma di Poliomielite ha vissuto in un polmone d'acciaio , riuscendo a muovere parzialmente solo la testa.
Mark O' Brien si racconta con la voce di chi respira grazie ad una ventilazione artificiale ed e' giustamente arrabbiato con la vita che lo costringe a dover dipendere da altre persone per qualsiasi movimento e aver paura del proprio corpo che lui non conosce poiche' la sua attivita' muscolare e' scarsa per potersi toccare in modo autonomo.
Arrivato all'eta' di 38 anni sente la necessita' e il desiderio di perdere la verginita' e diventare uomo a tutti gli effetti ,cosi' decide di affidarsi a una terapista sessuale (non e' una prostituta) di nome Cheryl (Helen Hunt) che con professionalita' lo mettera' a suo agio aiutandolo pian pian a conoscere il proprio corpo e infine ad avere con lei un rapporto sessuale completo.
Mark durante queste sedute si innamorera' della sua terapista che a sua volta ricambiera' questo sentimento facendogli capire pero' ,che questa relazione non poteva andare avanti.
A 5 anni dalla sua morte Mark riuscira' a trovare un amore vero e completo con cui condividere gli ultimi anni della sua vita,corta ma vissuta respiro dopo respiro.
Un giorno ci dovranno spiegare perché all’Oscar è stata candidata la pur bravissima Helen Hunt e non John Hawkes, che per tutto il film ha dovuto interpretare la parte difficile di un'invalido in modo straordinario trasmettendo al pubblico grandi emozioni.
Per prepararsi al ruolo di Mark O'Brien, Hawkes ha voluto immergersi totalmente nel personaggio leggendo l'autobiografia di O' Brien.
Grande aiuto gli è arrivato dalla visione del documentario Breathing Lessons di Jessica Yu, in cui O'Brien parla apertamente di vita, morte, sesso, lavoro e poesia, dall'interno del suo polmone artificiale.
Poiché il polmone lasciava a O'Brien la possibilità di muovere la testa solo di 90 gradi, la sua spina dorsale era sostanzialmente curva.
Per ottenere l'effetto di un corpo contorto, Hawkes ha progettato una specie di palla di calcio in gommapiuma da tenere attaccato al lato sinistro della colonna vertebrale.
Inoltre, prima di sperimentare in prima persona come si sta dentro a un polmone d'acciaio, Hawkes ha trascorso molto tempo a stretto contatto con pazienti per cui il polmone era un'esigenza vitale.
Se non avete ancora visto il film ,vi consiglio di guardarlo .
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jacopo b98
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venerdì 11 ottobre 2013
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una perla del cinema indipendente usa
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1988, il poeta Mark O’Brien (Hawkes) è malato di poliomielite dall’età di sei anni ed è costretto a trascorrere buona parte del tempo in un polmone d’acciaio. All’età di trentotto anni decide di perdere la verginità e si mette in contatto con una terapista sessuale (Hunt) per le delicate pratiche. La donna, alla quarta seduta, dopo aver raggiunto l’orgasmo simultaneo, decide di interrompere le sedute a causa del fiorire dei loro sentimenti. O’Brien morirà cinque anni dopo. È una storia vera quella al centro dell’esordio alla regia e alla sceneggiatura di Ben Lewin. È un film drammatico che fa sorridere, per la sincerità disarmante della sceneggiatura e per l’accurata e delicata ricostruzione dei vari personaggi: il malato Mark, incarnato da un Hawkes in stato di grazia, lanciato in un’interpretazione impressionante che avrebbe meritato la nomination all’Oscar; la terapista Helen Hunt, nominata meritatamente all’Oscar, che delinea un personaggio spiazzante e delicatissimo, non preoccupandosi delle numerose scene di nudo anche integrale che mostrano i primi accenni di decadimento fisico; il prete hippie Macy, ecc.
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1988, il poeta Mark O’Brien (Hawkes) è malato di poliomielite dall’età di sei anni ed è costretto a trascorrere buona parte del tempo in un polmone d’acciaio. All’età di trentotto anni decide di perdere la verginità e si mette in contatto con una terapista sessuale (Hunt) per le delicate pratiche. La donna, alla quarta seduta, dopo aver raggiunto l’orgasmo simultaneo, decide di interrompere le sedute a causa del fiorire dei loro sentimenti. O’Brien morirà cinque anni dopo. È una storia vera quella al centro dell’esordio alla regia e alla sceneggiatura di Ben Lewin. È un film drammatico che fa sorridere, per la sincerità disarmante della sceneggiatura e per l’accurata e delicata ricostruzione dei vari personaggi: il malato Mark, incarnato da un Hawkes in stato di grazia, lanciato in un’interpretazione impressionante che avrebbe meritato la nomination all’Oscar; la terapista Helen Hunt, nominata meritatamente all’Oscar, che delinea un personaggio spiazzante e delicatissimo, non preoccupandosi delle numerose scene di nudo anche integrale che mostrano i primi accenni di decadimento fisico; il prete hippie Macy, ecc. È un film indipendente americano che riconferma al 100% il valore del cinema USA a basso costo. È un film bellissimo e indimenticabile da vedere e rivedere, senza essere mai stanchi. Non è mai volgare e tratta tematiche intense e delicate con grande ironia. E questo è senza dubbio un merito.
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andrea alesci
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mercoledì 27 gennaio 2016
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la greve leggerezza dei nostri corpi
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Ci volevano il tatto e la delicatezza di Helen Hunt per dare vita al personaggio di Cheryl Cohen Greene, terapista sessuale specializzata nel lavorare con persone disabili. Quelle leggere qualità che possiede la pellicola diretta da Ben Lewin e che porta sul grande schermo la storia vera di Mark O’Brien (1949 - 1999), affetto da poliomelite sin da quand’era bambino e costretto per questo a trascorrere l’esistenza all’interno di un polmone d’acciaio – come ben documentato dal documentario vincitore del premio Oscar 1996 Breathing Lessons: The Life and Work of Mark O’Brien di Jessica Yu, dal quale Lewin ha preso le mosse.
Una vita bloccata – il corpo di Mark era reso immobile dalla malattia, consentendogli soltanto di parlare –, che l’attore John Hawkes riesce a rendere con grande verosimiglianza, tratteggiando il vivace carattere del giornalista e scrittore Mark O’Brien; quella sua capacità di unire la profondità di parole misurate quanto un respiro a fervide battute capaci di aprire il viso di chi gli sta di fronte in un sorriso.
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Ci volevano il tatto e la delicatezza di Helen Hunt per dare vita al personaggio di Cheryl Cohen Greene, terapista sessuale specializzata nel lavorare con persone disabili. Quelle leggere qualità che possiede la pellicola diretta da Ben Lewin e che porta sul grande schermo la storia vera di Mark O’Brien (1949 - 1999), affetto da poliomelite sin da quand’era bambino e costretto per questo a trascorrere l’esistenza all’interno di un polmone d’acciaio – come ben documentato dal documentario vincitore del premio Oscar 1996 Breathing Lessons: The Life and Work of Mark O’Brien di Jessica Yu, dal quale Lewin ha preso le mosse.
Una vita bloccata – il corpo di Mark era reso immobile dalla malattia, consentendogli soltanto di parlare –, che l’attore John Hawkes riesce a rendere con grande verosimiglianza, tratteggiando il vivace carattere del giornalista e scrittore Mark O’Brien; quella sua capacità di unire la profondità di parole misurate quanto un respiro a fervide battute capaci di aprire il viso di chi gli sta di fronte in un sorriso. Quel carattere che pervade l’intero film, sospeso con perfetta grazia tra il dramma e la commedia.
Lì dove ha origine il progetto del 38enne Mark O’Brien: perdere la verginità. Arrivare a fare l’amore con una donna (pur se è la “surrogata sessuale” Cheryl), ma non prima di aver ricevuto la benedizione di padre Brendan, interpretato con la consueta coinvolgente simpatia da William H. Macy. Così, tra divertenti confessioni, passeggiate con l’assistente Vera (Moon Bloodgood), sguardi d’intesa con l’assistente Rod (W. Earl Brown) e pensieri rivolti alla Madonna appesa nella sua umile casa di Berkeley, Mark O’Brien procede in questa originale terapia.
Una terapia che una seduta dopo l’altra porta Mark/John Hawkes a scoprire lo splendido piacere di carezzare il corpo di Cheryl/Helen Hunt, ad assaporare i cortocircuiti del desiderio sessuale, sperimentare l’estasi di due nudità che si allacciano, godere dell’obnubilante orgasmo di una penetrazione. Così, il tabù per eccellenza (il sesso) viene a spiegarsi davanti ai nostri occhi con la leggiadra intimità di una lezione d’amore, mostrandoci semplicemente come siano leggeri i nostri corpi e quanto la chimica tra due persone possa sconvolgere l’esistenza.
E ci mostra quanto l’amore sia naturale e inaspettato. Inatteso come quello che si scatena in Mark per la sua prima assistente Amanda (Annika Marks) alla quale aveva chiesto di sposarlo, salvo riceverne le dimissioni; inatteso come quello che s’insinua tra Mark e Cheryl nella loro ultima seduta di terapia; inatteso come quello che sboccia tra Mark e Susan, volontaria che le coincidenze della vita gli hanno messo dinanzi in una stanza d’ospedale, dopo il ricovero a causa di un black-out che aveva rischiato di ucciderlo.
“L’amore è un viaggio” recita il discorsetto finale di padre Brendan a Mark. Il regista Ben Lewin (anch’egli affetto da poliomelite) l’ha reso evidente con un’opera sul senso dell’amore fisico e spirituale che supera ogni barriera e si condensa in una lacrima durante il funerale di Mark, quando le tre donne che ha amato, ciascuna in modo diverso, sono lì ad ascoltare la “Poesia d’amore, per nessuno in particolare”. E se la vita è come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, quella lacrima di versi lo colma. Come parole che ci toccano gentilmente l’anima.
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