pino balestrieri
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mercoledì 5 gennaio 2022
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ottimo lavoro
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Il film si ispira al poeta e giornalista Marc O’ Brien, poliomielitico.
Non sono molti i film che trattano il tema della sessualità per disabili e devo dire che il regista affronta l'argomento in modo eccellente con delicatezza e ironia, nonostante la drammaticità della vicenda.
L’attore principale meriterebbe un premio.
n.b Si consiglia la visione ad un pubblico maggiorenne.
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andrea alesci
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mercoledì 27 gennaio 2016
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la greve leggerezza dei nostri corpi
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Ci volevano il tatto e la delicatezza di Helen Hunt per dare vita al personaggio di Cheryl Cohen Greene, terapista sessuale specializzata nel lavorare con persone disabili. Quelle leggere qualità che possiede la pellicola diretta da Ben Lewin e che porta sul grande schermo la storia vera di Mark O’Brien (1949 - 1999), affetto da poliomelite sin da quand’era bambino e costretto per questo a trascorrere l’esistenza all’interno di un polmone d’acciaio – come ben documentato dal documentario vincitore del premio Oscar 1996 Breathing Lessons: The Life and Work of Mark O’Brien di Jessica Yu, dal quale Lewin ha preso le mosse.
Una vita bloccata – il corpo di Mark era reso immobile dalla malattia, consentendogli soltanto di parlare –, che l’attore John Hawkes riesce a rendere con grande verosimiglianza, tratteggiando il vivace carattere del giornalista e scrittore Mark O’Brien; quella sua capacità di unire la profondità di parole misurate quanto un respiro a fervide battute capaci di aprire il viso di chi gli sta di fronte in un sorriso.
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Ci volevano il tatto e la delicatezza di Helen Hunt per dare vita al personaggio di Cheryl Cohen Greene, terapista sessuale specializzata nel lavorare con persone disabili. Quelle leggere qualità che possiede la pellicola diretta da Ben Lewin e che porta sul grande schermo la storia vera di Mark O’Brien (1949 - 1999), affetto da poliomelite sin da quand’era bambino e costretto per questo a trascorrere l’esistenza all’interno di un polmone d’acciaio – come ben documentato dal documentario vincitore del premio Oscar 1996 Breathing Lessons: The Life and Work of Mark O’Brien di Jessica Yu, dal quale Lewin ha preso le mosse.
Una vita bloccata – il corpo di Mark era reso immobile dalla malattia, consentendogli soltanto di parlare –, che l’attore John Hawkes riesce a rendere con grande verosimiglianza, tratteggiando il vivace carattere del giornalista e scrittore Mark O’Brien; quella sua capacità di unire la profondità di parole misurate quanto un respiro a fervide battute capaci di aprire il viso di chi gli sta di fronte in un sorriso. Quel carattere che pervade l’intero film, sospeso con perfetta grazia tra il dramma e la commedia.
Lì dove ha origine il progetto del 38enne Mark O’Brien: perdere la verginità. Arrivare a fare l’amore con una donna (pur se è la “surrogata sessuale” Cheryl), ma non prima di aver ricevuto la benedizione di padre Brendan, interpretato con la consueta coinvolgente simpatia da William H. Macy. Così, tra divertenti confessioni, passeggiate con l’assistente Vera (Moon Bloodgood), sguardi d’intesa con l’assistente Rod (W. Earl Brown) e pensieri rivolti alla Madonna appesa nella sua umile casa di Berkeley, Mark O’Brien procede in questa originale terapia.
Una terapia che una seduta dopo l’altra porta Mark/John Hawkes a scoprire lo splendido piacere di carezzare il corpo di Cheryl/Helen Hunt, ad assaporare i cortocircuiti del desiderio sessuale, sperimentare l’estasi di due nudità che si allacciano, godere dell’obnubilante orgasmo di una penetrazione. Così, il tabù per eccellenza (il sesso) viene a spiegarsi davanti ai nostri occhi con la leggiadra intimità di una lezione d’amore, mostrandoci semplicemente come siano leggeri i nostri corpi e quanto la chimica tra due persone possa sconvolgere l’esistenza.
E ci mostra quanto l’amore sia naturale e inaspettato. Inatteso come quello che si scatena in Mark per la sua prima assistente Amanda (Annika Marks) alla quale aveva chiesto di sposarlo, salvo riceverne le dimissioni; inatteso come quello che s’insinua tra Mark e Cheryl nella loro ultima seduta di terapia; inatteso come quello che sboccia tra Mark e Susan, volontaria che le coincidenze della vita gli hanno messo dinanzi in una stanza d’ospedale, dopo il ricovero a causa di un black-out che aveva rischiato di ucciderlo.
“L’amore è un viaggio” recita il discorsetto finale di padre Brendan a Mark. Il regista Ben Lewin (anch’egli affetto da poliomelite) l’ha reso evidente con un’opera sul senso dell’amore fisico e spirituale che supera ogni barriera e si condensa in una lacrima durante il funerale di Mark, quando le tre donne che ha amato, ciascuna in modo diverso, sono lì ad ascoltare la “Poesia d’amore, per nessuno in particolare”. E se la vita è come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, quella lacrima di versi lo colma. Come parole che ci toccano gentilmente l’anima.
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toty bottalla
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giovedì 12 novembre 2015
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storia dura addolcita da favola e poesia!
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Mark O'Brien (John Hawkes) è un poeta paralizzato dal collo in giù ma ha l'impulso erotico e si affida a una terapista sessuale (Helen Hunt)...La vera storia del giornalista e poeta statunitense 1949-1999 è raccontata con dolcezza ed indulgenza, senza patemi, inutili eroismi ed evitando facili incitazioni lacrimose, il film diretto da Ben Lewin racconta la sessualità di un disabile senza ipocrisia e imbarazzo tenendo la macchina da presa a "distanza" donando così una visione realistica, l'intelligenza, la cultura e la dolcezza di Mark poi, giustificano l'attrazione sentimentale delle "sue donne" e quindi la fase un pò romanzata del film.
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Mark O'Brien (John Hawkes) è un poeta paralizzato dal collo in giù ma ha l'impulso erotico e si affida a una terapista sessuale (Helen Hunt)...La vera storia del giornalista e poeta statunitense 1949-1999 è raccontata con dolcezza ed indulgenza, senza patemi, inutili eroismi ed evitando facili incitazioni lacrimose, il film diretto da Ben Lewin racconta la sessualità di un disabile senza ipocrisia e imbarazzo tenendo la macchina da presa a "distanza" donando così una visione realistica, l'intelligenza, la cultura e la dolcezza di Mark poi, giustificano l'attrazione sentimentale delle "sue donne" e quindi la fase un pò romanzata del film. Saluti.
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scarface9
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martedì 19 agosto 2014
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grazie mark
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Corpi nudi tra parole d'amore. Profonde emozioni contrapposte a superficiali visioni. The sessions andrebbe fatto vedere nelle scuole, senza premesse o commenti. Di una leggerenza disarmante quanto la complessità del tema affrontato: la vita sessuale dei disabili. Grazie a Mark O'Brien e a chi ne ha ripresi gli scritti, le poesie e gli articoli, oggi abbiamo un'opera d'arte di larga diffusione che può far aprire anche le menti più chiuse.
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il beppe nazionale
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venerdì 21 marzo 2014
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da giudicare senza pregiudizi
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E i pregiudizi sono 1) è un film che parla di disabili, quindi massima delicatezza; 2) il tema è importante e a prescindere sarà trattato dignitosamente; 3) se interpreti un paralitico sei uno dei migliori attori in circolazione.
Andiamo con ordine. La storia di O'Brien è una storia tragica in cui non abbiamo un disabile su sedia a rotelle, ma un poliomielitico costretto a muoversi con una lettiga. Condizione ancora più anomala il fatto che la paralisi è solo muscolare, pertanto la sensibilità del corpo v'è ancora e si fa sentire.
Hawkes è sicuramente bravo nelle posizioni che assume, nella fatica che trasmette, nel modo di parlare.
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E i pregiudizi sono 1) è un film che parla di disabili, quindi massima delicatezza; 2) il tema è importante e a prescindere sarà trattato dignitosamente; 3) se interpreti un paralitico sei uno dei migliori attori in circolazione.
Andiamo con ordine. La storia di O'Brien è una storia tragica in cui non abbiamo un disabile su sedia a rotelle, ma un poliomielitico costretto a muoversi con una lettiga. Condizione ancora più anomala il fatto che la paralisi è solo muscolare, pertanto la sensibilità del corpo v'è ancora e si fa sentire.
Hawkes è sicuramente bravo nelle posizioni che assume, nella fatica che trasmette, nel modo di parlare. Di Helen Hunt s'è detto che ha compiuto un'interpretazione coraggiosa, e nessun termine potrebbe essere più adatto. La Hunt mostra il suo corpo con disinvoltura e in pose che solo la delicatezza del regista non fa degenerare nel porno-soft. Le tante lodi a padre Macy sopravvalutano invece un personaggio che sta sullo sfondo, che ascolta, e che semplicemente accantona il bigottismo ecclesiastico per via della pena, e ribadisco pena, suscitata dalla condizione di O'Brien. Padre Brendan non è un illuminato, è una persona umana semplice e comprensiva, che ha sì il suo ruolo ma che non diventa determinante.
Quali sono i punti deboli di questo film? Forse che è troppo vero, e diventa quasi più un documentario narrativo che un film vero e proprio. Non c'è la tanta decantata "irrestitibile ironia", quella di Quasi Amici per intenderci, ma c'è la piccola ironia di una persona rassegnata. C'è la difficoltà della disabilità, evidente, tecnica, ma ci sono poche emozioni e soprattutto poche poesie, strumento primario per impennare i pathos. Abbiamo infine un partner surrogato, la Hunt, la cui caratterizzazione è appena abbozzata, che esercita il suo lavoro, e che instaura un rapporto ambiguo con O'Brien solo perchè questo le fa qualche domanda sulla sua vita. Ci chiediamo: "Perchè queste donne hanno amato O'Brien? Con cosa le ha conquistate? Abbiamo assistito a sindromi della crocerossina o c'è stato qualcosa di più?". Dal film, personalmente, non riesco a capirlo.
The Session solleva tantissimi interrogativi morali e ha il merito di mostrare una realtà da troppo tempo considerata tabù. Mostra questa realtà, ma non ce la fa vivere, poichè la penetrazione nel cuore dei personaggi è lasciata, per la maggior parte, all'immaginazione dello spettatore. Guardiamo un sorriso malinconico, un occhio, uno sguardo di compassione, una mente che si tiene attiva nonostante viva imprigionata in un corpo di carne imprigionato a sua volta in uno meccanico. Ma come possiamo entrare nel personaggio? Come possiamo viverlo senza limitarci a questo e a qualche dialogo? Dov'è l'introspezione più dura che questo tipo di film dovrebbe toccare?
Per tutta questa serie di motivi mi trovo a dire che The Sessions è un film meccanico, un documentario con bravi attori, che poteva impattare molto più pesantemente sull'animo del fruitore.
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jacopo b98
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venerdì 11 ottobre 2013
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una perla del cinema indipendente usa
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1988, il poeta Mark O’Brien (Hawkes) è malato di poliomielite dall’età di sei anni ed è costretto a trascorrere buona parte del tempo in un polmone d’acciaio. All’età di trentotto anni decide di perdere la verginità e si mette in contatto con una terapista sessuale (Hunt) per le delicate pratiche. La donna, alla quarta seduta, dopo aver raggiunto l’orgasmo simultaneo, decide di interrompere le sedute a causa del fiorire dei loro sentimenti. O’Brien morirà cinque anni dopo. È una storia vera quella al centro dell’esordio alla regia e alla sceneggiatura di Ben Lewin. È un film drammatico che fa sorridere, per la sincerità disarmante della sceneggiatura e per l’accurata e delicata ricostruzione dei vari personaggi: il malato Mark, incarnato da un Hawkes in stato di grazia, lanciato in un’interpretazione impressionante che avrebbe meritato la nomination all’Oscar; la terapista Helen Hunt, nominata meritatamente all’Oscar, che delinea un personaggio spiazzante e delicatissimo, non preoccupandosi delle numerose scene di nudo anche integrale che mostrano i primi accenni di decadimento fisico; il prete hippie Macy, ecc.
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1988, il poeta Mark O’Brien (Hawkes) è malato di poliomielite dall’età di sei anni ed è costretto a trascorrere buona parte del tempo in un polmone d’acciaio. All’età di trentotto anni decide di perdere la verginità e si mette in contatto con una terapista sessuale (Hunt) per le delicate pratiche. La donna, alla quarta seduta, dopo aver raggiunto l’orgasmo simultaneo, decide di interrompere le sedute a causa del fiorire dei loro sentimenti. O’Brien morirà cinque anni dopo. È una storia vera quella al centro dell’esordio alla regia e alla sceneggiatura di Ben Lewin. È un film drammatico che fa sorridere, per la sincerità disarmante della sceneggiatura e per l’accurata e delicata ricostruzione dei vari personaggi: il malato Mark, incarnato da un Hawkes in stato di grazia, lanciato in un’interpretazione impressionante che avrebbe meritato la nomination all’Oscar; la terapista Helen Hunt, nominata meritatamente all’Oscar, che delinea un personaggio spiazzante e delicatissimo, non preoccupandosi delle numerose scene di nudo anche integrale che mostrano i primi accenni di decadimento fisico; il prete hippie Macy, ecc. È un film indipendente americano che riconferma al 100% il valore del cinema USA a basso costo. È un film bellissimo e indimenticabile da vedere e rivedere, senza essere mai stanchi. Non è mai volgare e tratta tematiche intense e delicate con grande ironia. E questo è senza dubbio un merito.
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no_data
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lunedì 29 luglio 2013
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da vedere
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Film veramente forte emotivamente, tocca un argomento di cui non si sa molto e lo fa con delicatezza ma senza risparmio.
Grande interpretazione degli attori e grande prova di regia.
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vitel88
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venerdì 31 maggio 2013
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l'amore di un disabile
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Non sono molte le pellicole in circolazione dove viene trattato il tema delicato della sessualita' per disabili e devo dire che il regista Ben Lewin ,ha affrontato l'argomento in modo eccellente con delicatezza e un pizzico di ironia nonostante la storia drammatica.
Il film racconta la vera storia del poeta e scrittore Mark O' Brien(John Hawkes) ,che all'eta' di 6 anni per una grave forma di Poliomielite ha vissuto in un polmone d'acciaio , riuscendo a muovere parzialmente solo la testa.
Mark O' Brien si racconta con la voce di chi respira grazie ad una ventilazione artificiale ed e' giustamente arrabbiato con la vita che lo costringe a dover dipendere da altre persone per qualsiasi movimento e aver paura del proprio corpo che lui non conosce poiche' la sua attivita' muscolare e' scarsa per potersi toccare in modo autonomo.
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Non sono molte le pellicole in circolazione dove viene trattato il tema delicato della sessualita' per disabili e devo dire che il regista Ben Lewin ,ha affrontato l'argomento in modo eccellente con delicatezza e un pizzico di ironia nonostante la storia drammatica.
Il film racconta la vera storia del poeta e scrittore Mark O' Brien(John Hawkes) ,che all'eta' di 6 anni per una grave forma di Poliomielite ha vissuto in un polmone d'acciaio , riuscendo a muovere parzialmente solo la testa.
Mark O' Brien si racconta con la voce di chi respira grazie ad una ventilazione artificiale ed e' giustamente arrabbiato con la vita che lo costringe a dover dipendere da altre persone per qualsiasi movimento e aver paura del proprio corpo che lui non conosce poiche' la sua attivita' muscolare e' scarsa per potersi toccare in modo autonomo.
Arrivato all'eta' di 38 anni sente la necessita' e il desiderio di perdere la verginita' e diventare uomo a tutti gli effetti ,cosi' decide di affidarsi a una terapista sessuale (non e' una prostituta) di nome Cheryl (Helen Hunt) che con professionalita' lo mettera' a suo agio aiutandolo pian pian a conoscere il proprio corpo e infine ad avere con lei un rapporto sessuale completo.
Mark durante queste sedute si innamorera' della sua terapista che a sua volta ricambiera' questo sentimento facendogli capire pero' ,che questa relazione non poteva andare avanti.
A 5 anni dalla sua morte Mark riuscira' a trovare un amore vero e completo con cui condividere gli ultimi anni della sua vita,corta ma vissuta respiro dopo respiro.
Un giorno ci dovranno spiegare perché all’Oscar è stata candidata la pur bravissima Helen Hunt e non John Hawkes, che per tutto il film ha dovuto interpretare la parte difficile di un'invalido in modo straordinario trasmettendo al pubblico grandi emozioni.
Per prepararsi al ruolo di Mark O'Brien, Hawkes ha voluto immergersi totalmente nel personaggio leggendo l'autobiografia di O' Brien.
Grande aiuto gli è arrivato dalla visione del documentario Breathing Lessons di Jessica Yu, in cui O'Brien parla apertamente di vita, morte, sesso, lavoro e poesia, dall'interno del suo polmone artificiale.
Poiché il polmone lasciava a O'Brien la possibilità di muovere la testa solo di 90 gradi, la sua spina dorsale era sostanzialmente curva.
Per ottenere l'effetto di un corpo contorto, Hawkes ha progettato una specie di palla di calcio in gommapiuma da tenere attaccato al lato sinistro della colonna vertebrale.
Inoltre, prima di sperimentare in prima persona come si sta dentro a un polmone d'acciaio, Hawkes ha trascorso molto tempo a stretto contatto con pazienti per cui il polmone era un'esigenza vitale.
Se non avete ancora visto il film ,vi consiglio di guardarlo .
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astromelia
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lunedì 15 aprile 2013
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sorprendente e diverso
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la prima impressione vedendo questo film è stata la perplessità del racconto,poco plausibile perchè raro e diverso ,ma poi durante la visione la cosa prende piede,poichè i fatti sono realmente accaduti,non conoscevo l'esistenza di terapisti sessuali ,qui li chiameremmo gigolò o escort,non importa se il "cliente" è un persona normale o un handicappato,fattostà che la hunt ha prestato il suo corpo e non solo la recitazione in questo movie che non muove compassione ma comprensione di una realtà diversa bravo l'attore protagonista ma non stupefacente.
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pensierocivile
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mercoledì 10 aprile 2013
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guardare al di là
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Non è semplice entrare in sintonia con THE SESSIONS, prima di tutto perchè l'approccio alla "finzione" cinematografica non esiste, c'è un racconto documentale, la cronaca delle conseguenze della scelta di perdere la verginità per un tetraplegico prigioniero di un polmone d'acciaio, senza "cinema", senza regia cinematografica, un semplice racconto; altro problema è Helen Hunt, coraggiosissima nel donarsi completamente ad un personaggio purtroppo costruito, caratterialmente finto e fastidioso, distante rispetto al corso della pellicola che tenta l'anonimato per porre in evidenza il racconto. Sono due ostacoli non da poco, ma se si riesce a guardare al di là, il film apre il cuore, senza pietismi o ricatti morali, semplicemente è una gioia sentir nascere un nuovo amore del protagonista con un ".
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Non è semplice entrare in sintonia con THE SESSIONS, prima di tutto perchè l'approccio alla "finzione" cinematografica non esiste, c'è un racconto documentale, la cronaca delle conseguenze della scelta di perdere la verginità per un tetraplegico prigioniero di un polmone d'acciaio, senza "cinema", senza regia cinematografica, un semplice racconto; altro problema è Helen Hunt, coraggiosissima nel donarsi completamente ad un personaggio purtroppo costruito, caratterialmente finto e fastidioso, distante rispetto al corso della pellicola che tenta l'anonimato per porre in evidenza il racconto. Sono due ostacoli non da poco, ma se si riesce a guardare al di là, il film apre il cuore, senza pietismi o ricatti morali, semplicemente è una gioia sentir nascere un nuovo amore del protagonista con un "...e non sono vergine!" E gli occhi delle donne amate nel finale sono il senso di una vita non banale.
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