ernestodemaio
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domenica 11 giugno 2017
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film banale, con svarione nel doppiaggio
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Mi associo alle critiche al film prevalenti, alla trama, ai dialoghi, ai blooper, ecc ecc.
Aggiungo qualche altra osservazione.
E' stupefacente come scompaia di scena, anche nei dialoghi, il personaggio della detective Monica Ashe. Altra prova di banalità.
Avete notato che non viene svolta alcuna indagine sulle ultime ore della prima vittima, Fan Yau? E' nella normale prassi delle polizie di tutto il mondo da sempre, ma qui non ci si abbassa a simili banalità: si sarebbe rischiato di arrivare troppo presto all'identificazione del killer.
In ultimo, ma non meno importante, il doppiaggio.
A parte il parlare "sospirato" di Roberto Draghetti (Alex Cross), ormai purtroppo tipico del doppiaggio italiano, una vera perla di Valentina Mari, che fa dire a Maria Cross "rosso cremìsi", invece di crèmisi.
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Mi associo alle critiche al film prevalenti, alla trama, ai dialoghi, ai blooper, ecc ecc.
Aggiungo qualche altra osservazione.
E' stupefacente come scompaia di scena, anche nei dialoghi, il personaggio della detective Monica Ashe. Altra prova di banalità.
Avete notato che non viene svolta alcuna indagine sulle ultime ore della prima vittima, Fan Yau? E' nella normale prassi delle polizie di tutto il mondo da sempre, ma qui non ci si abbassa a simili banalità: si sarebbe rischiato di arrivare troppo presto all'identificazione del killer.
In ultimo, ma non meno importante, il doppiaggio.
A parte il parlare "sospirato" di Roberto Draghetti (Alex Cross), ormai purtroppo tipico del doppiaggio italiano, una vera perla di Valentina Mari, che fa dire a Maria Cross "rosso cremìsi", invece di crèmisi. Non so voi, ma, quando sento queste cose, rabbrividisco.
Il doppiaggio in Italia è sempre stato di altissima qualità, ma ultimamente è sempre più approssimativo nelle pronunce italiane e straniere, sempre più scorretto grammaticalmente, contribuendo non poco al decadimento della nostra lingua.
Una volta i doppiatori, come tutti gli attori di rispetto, frequentavano scuole di dizione, di recitazione, studiavano letteratura; oggi, col dilagare delle famiglie di doppiatori, basta essere parenti di attori per lavorare nel settore?
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elgatoloco
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domenica 22 marzo 2015
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francamente quasi una delusione
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Abbastanza presto, in realtà, ci si accorge, anche se con il meccanismo della sorpresa, che l'assassino vero è...(non lo scrivo per non togliere la sorpresa a nessuno spettatore eventuale). Jean Reno è sacrificato nella parte a lui assegnata, gli altri interpreti, anch'essi di discreta statura professionale, non arrivano, però, a livelli eccelsi. Francamente: un altro libro di James Patterson filmato ma qui non a livelli eccelsi. El Gato
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gommaflex28
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mercoledì 27 novembre 2013
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dialoghi elementari, trama banale
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Più che la banalità della trama (prevedibile, quando si tratta di un serial killer), quello che irrita è l'elementarità dei dialoghi.
Lo spettatore che va a vedere un film il cui protagonista è un poliziotto psicologo, si aspetterebbe qualcosa di più della capacità di svelare che la moglie ha bevuto un cappuccino da una (vistosa) macchia schiumosa sul bavero del vestito.
La caratterizzazione dei personaggi è di scarsa qualità. Le scene d'azione sono nella norma (tranne il ridicolo blooper finale della cinghia: come ha fatto ad infilarla?).
Ma soprattutto, insisto, quello che delude sono i dialoghi banali, piatti, prevedibili, privi di un minimo di approfondimento.
Unica nota positiva è la prestazione di Matthew Fox.
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Più che la banalità della trama (prevedibile, quando si tratta di un serial killer), quello che irrita è l'elementarità dei dialoghi.
Lo spettatore che va a vedere un film il cui protagonista è un poliziotto psicologo, si aspetterebbe qualcosa di più della capacità di svelare che la moglie ha bevuto un cappuccino da una (vistosa) macchia schiumosa sul bavero del vestito.
La caratterizzazione dei personaggi è di scarsa qualità. Le scene d'azione sono nella norma (tranne il ridicolo blooper finale della cinghia: come ha fatto ad infilarla?).
Ma soprattutto, insisto, quello che delude sono i dialoghi banali, piatti, prevedibili, privi di un minimo di approfondimento.
Unica nota positiva è la prestazione di Matthew Fox. Ma non basta.
Film scadente.
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pensierocivile
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venerdì 6 settembre 2013
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furbo come un fox
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Matthew Fox ci credeva, è lampante, credeva in questo killer folle tirato in ogni muscolo, spietato, chirurgico. Tutti i suoi sforzi in fondo non son altro che rammarico per tanto spreco di energie e volontà in uno dei film peggiori dell'anno. Si parte come un thriller di psicologie, si arriva alla pura e semplice vendetta, nessuna possibilità di indagine, nessuna possibilità di empatia con i personaggi, dopo la "ferita" nella famiglia del protagonista per mano del killer, si imbracciano i fucili e si parte, fucilate qua e là, e fine. L'indagine è semplice da seguire poiché inesistente, tutto è già nella mente di Alex Cross basta chiedergli: "da dove colpirà il killer?" e lui "magicamente" saprà rispondere.
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Matthew Fox ci credeva, è lampante, credeva in questo killer folle tirato in ogni muscolo, spietato, chirurgico. Tutti i suoi sforzi in fondo non son altro che rammarico per tanto spreco di energie e volontà in uno dei film peggiori dell'anno. Si parte come un thriller di psicologie, si arriva alla pura e semplice vendetta, nessuna possibilità di indagine, nessuna possibilità di empatia con i personaggi, dopo la "ferita" nella famiglia del protagonista per mano del killer, si imbracciano i fucili e si parte, fucilate qua e là, e fine. L'indagine è semplice da seguire poiché inesistente, tutto è già nella mente di Alex Cross basta chiedergli: "da dove colpirà il killer?" e lui "magicamente" saprà rispondere. Jean Reno fa la solita comparsata alimentare, in un ruolo scritto per vecchi caratteristi avviati lentamente verso il declino. Però Matthew Fox ci credeva...
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ilmengoli
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venerdì 26 luglio 2013
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alex cross (2013)
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"Alex Cross" di Rob Cohen sembra tanto una presa in giro. Esso è un thriller più adatto alla televisione che al cinema. Il film infatti presenta tratti canonici di una delle tante serie tv americane come "CSI", "Criminal Minds", "Law and Order" e fallisce malamente invece nel portare al cinema una storia non degna del cinema, scritta male, banale, molto superficiale e, soprattutto, totalmente irrealistica.
"Alex Cross" ha avuto anche grossi problemi legati alla scelta degli attori. Non si motiva la scelta di Tyler Perry come attore a discapito del fenomenale Morgan Freeman, interprete del dottor Cross nei precedenti due film ("Il collezionista", "Nella morsa del ragno").
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"Alex Cross" di Rob Cohen sembra tanto una presa in giro. Esso è un thriller più adatto alla televisione che al cinema. Il film infatti presenta tratti canonici di una delle tante serie tv americane come "CSI", "Criminal Minds", "Law and Order" e fallisce malamente invece nel portare al cinema una storia non degna del cinema, scritta male, banale, molto superficiale e, soprattutto, totalmente irrealistica.
"Alex Cross" ha avuto anche grossi problemi legati alla scelta degli attori. Non si motiva la scelta di Tyler Perry come attore a discapito del fenomenale Morgan Freeman, interprete del dottor Cross nei precedenti due film ("Il collezionista", "Nella morsa del ragno"). L'attore afroamericano, apprezzato moltissimo negli Stati Uniti per la creazione della matriarca Madea, da lui spesso anche interpretata, è quasi del tutto sconosciuto nel resto del mondo, o almeno qui in Europa. Quindi mi sorge spontaneo il dubbio che questo film fosse indirizzato a un pubblico esclusivamente americano (anche per il tipo di storia), anche per rilanciare Perry come attore, ma che poi, tra una lite e un'altra in fase di produzione, si sia poi optato per farlo uscire anche in Europa, pur sapendo che il film non sarebbe piaciuto né alla critica né al pubblico, con misere entrate al box office (anche perché, almeno qui in Europa, contemporaneamente ad "Alex Cross", sono usciti il film di Michael Bay e la commedia apatowiana "Facciamola finita", prodotti sicuramente migliori di questo). L'autolesionismo americano mi sorprende sempre.
Ma ciò che più di tutto rende il film scadente è, come sopra accennato, la storia. La trama infatti sembra scritta da un bambino più che da uno sceneggiatore pagato (e anche bene). Lo script è di bassissima qualità e, più che un film o una serie tv, mi ha ricordato un videogioco per giovani appassionati di playstation. Tutto è molto prevedibile e banale e, proprio come in un videogioco, pare che il film stesso dia indicazioni su come capire una cosa prima che possa effettivamente accadere, privando lo spettatore di una qualsiasi forma di suspense e tensione narrativa. Non ci servono le istruzioni Cohen!
Già dalle prime tre scene si può valutare la qualità del film. Infatti ci viene presentato, in maniera isterica e frenetica, il detective/dottore Alex Cross in tre situazioni completamente diverse l'una dall'altra. Si inizia difatti con un Cross dinamico, si prosegue con un Cross altruista nei confronti di una carcerata e si finisce con uno padre di famiglia, che assiste la figlia nel suonare il piano, e tutto questo nell'arco di nemmeno cinque minuti. Non si può presentare così frettolosamente un personaggio e, soprattutto, non lo si può fare con tre situazioni completamente diverse ma una seguente all'altra. È un procedimento infantile e confusionario, e sembra partorito da uno sceneggiatore del tutto inesperto e acerbo.
Conclusi questi primi cinque minuti, si passa subito al concreto e ci viene immediatamente mostrato il villain del film, magro e muscoloso, che, sotto richiesta di un anonimo, si offre volontario per un incontro di box contro il campione dei pesi massimi di quella particolare arena. Lo speaker annuncia il suo nome (da combattimento), il Macellaio di Sligo, interpretato da un Matthew Fox mai visto così prima d'ora. L'attore americano ha perso moltissimi chili per questo ruolo e il suo corpo é terrificante in quanto muscoloso e scarno al tempo stesso. Il personaggio da lui interpretato è squilibrato e lo eccita il dolore carnale, lo diletta, e Matthew Fox con la faccia così magra e spigolosa é il non plus ultra della pazzia, violenta e carnefice. Inoltre, con questo cranio pelato e lucido, mi ha ricordato moltissimo il John Doe di Kevin Spacey in "Seven", anch'egli un diabolico pazzo schizofrenico. Piccola parentesi: mi ha un po' infastidito un errore grossolano nella prima scena di lotta in cui è palese che i due combattenti stanno in realtà fingendo di scazzottarsi, rendendo di conseguenza tutta la scena abbastanza ridicola.
Il Macellaio di Sligo viene poi ribattezzato dai poliziotti Picasso poiché lascia su ogni scena del delitto un suo disegno a carboncino, simile a quelli cubisti del noto pittore spagnolo, in cui è contenuto un piccolo indizio per il luogo o la vittima del prossimo omicidio (autolesionista il ragazzo!). Alex Cross e il suo team, composto dalla molto affiatata coppia Thomas (Edward Burns) e Monica (Rachel Nichols), vengono dunque ingaggiati da
Giles Mercier (Jean Reno), ricco proprietario di una multinazionale a Detroit, prossima vittima designata di Picasso. Tentando di proteggerlo, Alex e Thomas ciò che a loro è più caro al mondo e, spinti da una cieca sete di vendetta e giustizia privata, metteranno a repentaglio la loro vita pur di scovare e uccidere questo brutale serial killer.
Parlavo prima di un problema legato agli attori che ora approfondisco. Per quanto riguarda Tyler Perry non c'é male se non fosse che è un po' troppo sovrappeso e ciò si fa sentire sin dai primi secondi, troppo ansimante nella sequenza dell'inseguimento. Matthew Fox è fantastico, nulla da dire, poi così magro è ancora più credibile. Mentre è orrendo, dal punto di vista estetico, Jean Reno, versione balenottera azzurra. Non lo avevo mai visto così grasso, ed è raccapricciante vedere la sua enorme pancia stretta nella orsa di una camicia bianca e di un gilet blu forse un po' troppo attillati. Rob Cohen, ma che gli hai fatto a sto povero Cristo? Infine ci si poteva risparmiare lo stereotipo sulle guardie tedesche che, in una battuta fatta peraltro da una delle guardie tedesche, vengono etichettate come le più efficienti e punitive (chiaro riferimento al periodo nazista). Nel cast compare anche il mitico John C. McGinley nel ruolo di un poliziotto un po' troppo tonto e all'antica. Noi lo preferiamo come "Dottor Cox" in Scrubs, non è vero?
"Alex Cross" è un thriller blando che inizia e finisce male, con un colpo di scena mal scritturato e loffio. Nel film regna la superficialità, servita e riverita dall'irrealismo e dalla banalità. Tyler Perry non è malaccio (snche se Morgan Freeman era meglio), mentre Matthew Fox è il vero valore aggiunto del film che se no di buono ha solo il ritmo, abbastanza veloce.
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avana
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martedì 23 luglio 2013
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non all'altezza dei precedenti film su alex cross
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ho letto quasi tutti i romanzi di Patterson, ottimo giallista. Ho apprezzato i film Nella morsa del ragno e il collezionista. Questo film non è all'altezza assolutamente.
E, se lo vedrete, fate caso al doppiaggio: pessimo.
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vincenzo iennaco
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domenica 21 luglio 2013
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un prequel per il ritorno di alex cross
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Dopo un'assenza di dodici anni torna sul grande schermo il detective Alex Cross, nato dalla penna prolifica di James Patterson. Nei primi due capitoli, Il collezionista (1997) e Nella morsa del ragno (2001), assistemmo alla perspicacia deduttiva dell'attempato profiler dell'FBI di Washington, nella figura compassata e calzante di Morgan Freeman. Questo terzo capitolo è un prequel che ci riporta indietro all'epoca in cui Cross è un detective della polizia di Detroit, qui alle prese con un killer professionista tanto estroso quanto letale, il cui appellativo di Picasso riveste di "arte diabolica" le sue esecuzioni. E Cross quanto più si troverà sulle sue tracce tanto più ne proverà direttamente l'efficacia glaciale ed implacabile di quel sicario psicopatico.
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Dopo un'assenza di dodici anni torna sul grande schermo il detective Alex Cross, nato dalla penna prolifica di James Patterson. Nei primi due capitoli, Il collezionista (1997) e Nella morsa del ragno (2001), assistemmo alla perspicacia deduttiva dell'attempato profiler dell'FBI di Washington, nella figura compassata e calzante di Morgan Freeman. Questo terzo capitolo è un prequel che ci riporta indietro all'epoca in cui Cross è un detective della polizia di Detroit, qui alle prese con un killer professionista tanto estroso quanto letale, il cui appellativo di Picasso riveste di "arte diabolica" le sue esecuzioni. E Cross quanto più si troverà sulle sue tracce tanto più ne proverà direttamente l'efficacia glaciale ed implacabile di quel sicario psicopatico.
Sebbene il film si muova sulle corde classiche dell'action-thriller, il regista Cohen (e una sceneggiatura essenziale) focalizzano l'obiettivo proprio sul pathos emotivo delle vicende, relegando i personaggi in schematizzazioni semplicistiche che ne stilizzano un pò le personalità. Ma, tutto sommato, l'action non sembra risentirne eccessivamente, tranne che nel finale sbrigativo e quasi dolente.
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donni romani
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domenica 13 gennaio 2013
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un alex cross sotto tono
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Torna il detective profiler Alex Cross nato dalla penna di James Patterson e portato sullo schermo già due volte da Morgan Freeman che questa volta passa la mano, forse per sopraggiunti limiti di età, a Tyler Perry, roccioso quanto basta per impersonare un detective pensante ma ben disposto a sporcarsi le mani quando il gioco si fa duro. E qui il gioco si fa duro fin dalle prime scene, quando Sullivan - un magrissimo e allucinato Matthew Perry - killer freddo e spietato, ma anche dedito al piacere della tortura, uccide una giovane donna d'affari asiatica.
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Torna il detective profiler Alex Cross nato dalla penna di James Patterson e portato sullo schermo già due volte da Morgan Freeman che questa volta passa la mano, forse per sopraggiunti limiti di età, a Tyler Perry, roccioso quanto basta per impersonare un detective pensante ma ben disposto a sporcarsi le mani quando il gioco si fa duro. E qui il gioco si fa duro fin dalle prime scene, quando Sullivan - un magrissimo e allucinato Matthew Perry - killer freddo e spietato, ma anche dedito al piacere della tortura, uccide una giovane donna d'affari asiatica. Alex Cross e il suo collega Tommy Kane iniziano una caccia serrata in cui a volte inseguono e a volte sono inseguiti dal killer che semina indizi, si fa avvicinare per poi scomparire, colpisce a tradimento e li coinvolge in una lotta che si fa anche personale dalla sera in cui, mentre è al telefono con Cross gli uccide a bruciapelo la giovane moglie incinta. L'analisi psicologica del killer porta Cross ad identificare una ben più estesa trama del crimine e senza svelare troppo diciamo che i nomi di richiamo del cast saranno coinvolti nei colpi di scena finali. Il film però resta un onesto thriller e nulla più, con alcune belle scene, con spunti interessanti ma per nulla originali e una sceneggiatura stanca e svogliata che affida al confronto Bene-Male tutto il peso della suspance, riuscendo a creare quel minimo di tensione necessario, ma senza andare mai oltre, senza veramente sorprendere e senza creare personaggi indimenticabili. Peccato, perchè il detective creato da Patterson, se accompagnato da dialoghi più serrati e scelte registiche meno tradizionali, può ancora dire la sua nel cinema psico poliziesco.
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[+] una piccola osservazione
(di stef82)
[ - ] una piccola osservazione
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