the moon
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venerdì 15 marzo 2013
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semplicemente bello
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Semplicemente bello,senza pretese,senza eccessi,ottima musica e una scenegiatura costruita sull'attore protagonista;un Richard Gere bravo e perfetto nel ruolo dell'uomo d'affari elegante,spallegiato da un casting di tutto rispetto.E' un triller che ha ritmo e non stanca mai,che scorre senza sconfinare e nel capolavoro e nella frode.
Da vedere con una sigaretta consumata lenta e un ottimo maccallan.
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renato volpone
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giovedì 14 marzo 2013
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un alibi per difendere un mondo arido
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Il mondo dell'alta finanza, il potere, le debolezze umane, un uomo e la sua amante. Robert Miller, interpretato da un credibilissimo Richard Gere, si divide tra gli affari, la famiglia e la giovane amante. Gli affari, però, viaggiano sul filo di lana tra conti truccati e investimenti sbagliati. La famiglia si rivela un nido arido e sterile in un mondo dominato dalla ricchezza e dall'agio che si autoreferenzia con fondazioni e filantropia. La giovane amante muore in un incidente stradale e sconvolge i fragili equilibri. Il protagonista, colpevole di un colpo di sonno che ha portato alla tragedia, fugge dal luogo dell'incidente aiutato da un ragazzo nero di Haarlem, figlio del vecchio autista di famiglia, e comincia un gioco di falsità per salvarsi e salvare il mondo che lo circonda, gioco che lo porterà ad affrontare e fronteggiare la propria coscienza.
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Il mondo dell'alta finanza, il potere, le debolezze umane, un uomo e la sua amante. Robert Miller, interpretato da un credibilissimo Richard Gere, si divide tra gli affari, la famiglia e la giovane amante. Gli affari, però, viaggiano sul filo di lana tra conti truccati e investimenti sbagliati. La famiglia si rivela un nido arido e sterile in un mondo dominato dalla ricchezza e dall'agio che si autoreferenzia con fondazioni e filantropia. La giovane amante muore in un incidente stradale e sconvolge i fragili equilibri. Il protagonista, colpevole di un colpo di sonno che ha portato alla tragedia, fugge dal luogo dell'incidente aiutato da un ragazzo nero di Haarlem, figlio del vecchio autista di famiglia, e comincia un gioco di falsità per salvarsi e salvare il mondo che lo circonda, gioco che lo porterà ad affrontare e fronteggiare la propria coscienza. Lo spettatore viene portato ad essere complice della falsa testimonianza giustificando l'azione del colpevole, sperando sempre che abbia il coraggio di una confessione, di un pianto, ma le poche lacrime che versa sono anch'esse subito riassorbite da un gesto di stizza, quasi posseduto da un "mostro" degli affari che lo guida e lo tiene al guinzaglio. Forte, lucido, instancabile riesce nel mare in tempesta a trovare sempre la soluzione, non importa se eticamente non sia quella giusta, ma è la "sua" soluzione. Incapace di vivere i sentimenti, il cui minimo accenno viene prontamente cancellato, affogando la coscienza, riesce ad inaridire l'animo di chiunque venga a contatto con lui. Specchio di una società alta, ma "bassa" di spirito, il racconto non salva nessuno, nemmeno il bravo ragazzo che verrà fagocitato dallo prospettiva di una vita più facile. Nicholas Jarecki è bravissimo a tenere i personaggi in bilico sul confine tra il bene il male, tra il vero e il falso, straziando l'animo del pubblico con una musica lenta, dolorosa e incalzante, luci nebbiose e ammantate di un verde cupo nella notte, in contrasto con il giallo degli uffici, portandolo e portando i personaggi infine a cadere nel vuoto, il vuoto di un mondo senz'anima e senza scrupoli.
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(di trinitron)
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rivolta99
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giovedì 14 marzo 2013
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molto lento
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delusione. Molto lento. "Tutti hanno un prezzo", questo costa troppo caro!!
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dario carta
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mercoledì 13 marzo 2013
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madoff,geko e miller: cinema e realtà
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Provocatorio e convincente,"Arbitrage",primo lavoro di Nicholas Jarecki, non tira in ballo parafrasi nel descrivere con il linguaggio del nuovo cinema il sottile filo teso fra Bene e Male,e con un idioma tagliente e severo innesta il dubbio della revisione dei valori tradizionali in questa società.
Con "Arbitrage" non solo si arriva a percepire un attacco alla mentalità americana che valuta il denaro come valore svincolato al senso di morale,ma si coglie anche l'invito del regista a intuire la nuova forma di crimine che,soppiantata la matrice mafiosa dell'illegalità organizzata,alimenta una società permeata dal flusso dell'economia estrema e della finanza illecita.
Lo sfruttamento della fiducia a danno degli investitori fu il delitto che ha portato al crollo delle Borse del 2008.
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Provocatorio e convincente,"Arbitrage",primo lavoro di Nicholas Jarecki, non tira in ballo parafrasi nel descrivere con il linguaggio del nuovo cinema il sottile filo teso fra Bene e Male,e con un idioma tagliente e severo innesta il dubbio della revisione dei valori tradizionali in questa società.
Con "Arbitrage" non solo si arriva a percepire un attacco alla mentalità americana che valuta il denaro come valore svincolato al senso di morale,ma si coglie anche l'invito del regista a intuire la nuova forma di crimine che,soppiantata la matrice mafiosa dell'illegalità organizzata,alimenta una società permeata dal flusso dell'economia estrema e della finanza illecita.
Lo sfruttamento della fiducia a danno degli investitori fu il delitto che ha portato al crollo delle Borse del 2008. Stone ne ha raccolto il segnale in "Wall Street",in un parallelo romanzato con la vicenda di Bernie Madoff.
In "Arbitrage" Jarecki muove un personaggio che,come Madoff e Geko,annuncia come denaro e crimine siano ugualmente declinabili al principio della corruzione. Robert Miller (Richard Gere),capo di una Compagnia di investimenti,è coinvolto in una megatruffa di 400 milioni di dollari sottratti alla Società,capitale che l'uomo non è in grado di restituire agli investitori.
Il collante della storia è Miller,da cui Jarecki non distoglie telecamera e attenzione neanche per una frazione di secondo. Miller,inquadrato fin dall'incipit del film come un predatore,incarna ambiguità,eccesso ed ambizione e veicola il segnale d'allarme per un'etica messa al martirio dalla speculazione e dall'interesse al servizio di un ego fuori misura.
Il lavoro,strutturato su una regia serrata e tagliente,è alimentato da energia e tensione al calor bianco e dimostra come dramma e thriller possano tradurre un alto livello di suspense in un cinema dove dialogo e ritmo sostituiscono azione e teatralità.
Jarecki non molla un attimo la presa su Miller e lo fotografa a casa,dove la menzogna convive con il senso di accettazione rassegnata di Ellen,lo ritrae nei dialoghi con la figlia,anch'essi fasulli ed equivoci,lo segue dall'amante,tradita pure lei dopo la sua morte dal calcolo e dalla convenienza. Vita privata e lavoro di Miller sono fissati nella impietosa radiografia di una figura circolare,ma Jarecki non elargisce soluzioni e non sublima giudizi.
La sua è semmai una cronaca sociale con una sola svolta,quella dove il dramma assume le forme di un legal thriller di tutto rispetto giocato sulla scacchiera della discussione morale,ma privo di sentenze etiche o conclusioni soggettive.
Il regista seziona un uomo e il suo ambiente,lo ritrae nello spaccato di un palcoscenico che Jarecki fotografa e racconta come una realtà pericolosamente attuale,affetta dai sintomi di un'epoca in grave crisi d'identità umana.
"Arbitrage" è l'esempio di un cinema ben scritto e ben confezionato,neutrale sul fronte di sentenze o assoluzioni sulla liceità del calcolo e della manipolazione e veicolo libero al servizio di una storia su personaggi plausibili e oggi più che mai realistici.
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simo36x
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venerdì 8 marzo 2013
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delusione!
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donni romani
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mercoledì 31 ottobre 2012
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fascino classico per un thriller all stars
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Solido thriller old style, che mescola amore, denaro, transazioni finanziarie al limite del lecito e amori clandestini, e che lo fa con un'eleganza antica, prendendosi i suoi tempi e inseguendo i protagonisti con un pressing emotivo in perfetto equilibrio. Robert Miller è un uomo di successo, ha una società di investimenti, conti off shore ovviamente e in apertura di film lo vediamo festeggiare con la moglie e i figli il suo sessantesimo compleanno, salvo poi correre dall'amante, una ragazza francese a cui ha intestato una galleria d'arte. Ma sotto l'apparente perfezione di una vita brillante in cui ogni desiderio viene esaudito senza difficoltà si nasconde un buco finanziario che rischia di mandare in rovina la sua azienda, un investimento sbagliato che Miller tenta di nascondere vendendo la compagnia prima che lo scandalo esploda.
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Solido thriller old style, che mescola amore, denaro, transazioni finanziarie al limite del lecito e amori clandestini, e che lo fa con un'eleganza antica, prendendosi i suoi tempi e inseguendo i protagonisti con un pressing emotivo in perfetto equilibrio. Robert Miller è un uomo di successo, ha una società di investimenti, conti off shore ovviamente e in apertura di film lo vediamo festeggiare con la moglie e i figli il suo sessantesimo compleanno, salvo poi correre dall'amante, una ragazza francese a cui ha intestato una galleria d'arte. Ma sotto l'apparente perfezione di una vita brillante in cui ogni desiderio viene esaudito senza difficoltà si nasconde un buco finanziario che rischia di mandare in rovina la sua azienda, un investimento sbagliato che Miller tenta di nascondere vendendo la compagnia prima che lo scandalo esploda. Nei concitati giorni della vendita accade però un imprevisto, un mortale incidente di macchina in cui Miller non può essere coinvolto, pena un'inchiesta che rallenterebbe la vendita della società e di conseguenza rischierebbe di far precipitare la situazione. Abituato a gestire ogni situazione Miller cerca di tamponare con le sue conoscenze una bomba pronta a travolgerlo, ma un detective della Squadra Omicidi, tenace e per nulla intimorito dal potere di Miller, continua a scavare, stringendo un assedio intorno alle mura del fortino che il magnate ha costruito per proteggersi. Non è il caso di svelare oltre, perchè la trama è di quelle che vanno godute scena per scena, scene che si susseguono con cadenza precisa, passando dai confronti intimi - primo fra tutti quelli fra Miller e la figlia, erede designata che scopre i traffici del padre e non sa come comportarsi - a quelli tipici dell'accerchiamento del sospettato da parte del poliziotto esperto, che si concretizza in dialoghi secchi e ponderati, mosse speculari in una partita a scacchi fra maestri della simulazione e della strategia. Ottimi gli interpreti - Richard Gere perfettamente a suo agio nel ruolo, Susan Sarandon un po' sacrificata durante tutto il film ma che si prende una bella rivincita nel finale e Tim Roth detective imperscrutabile e guardingo - che con la loro classe contribuiscono a creare un'atmosfera inquietante e strisciante, in cui ogni decisione può essere quella che porterà alla salvezza o alla dannazione.
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