13 Assassini |
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Un film di Takashi Miike.
Con Kôji Yakusho, Yusuke Iseya, Tsuyoshi Ihara, Takayuki Yamada, Sosuke Takaoka.
continua»
Titolo originale Juusan-nin no shikaku.
Azione,
Ratings: Kids+16,
durata 141 min.
- Giappone, Gran Bretagna 2010.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 24 giugno 2011.
MYMONETRO
13 Assassini
valutazione media:
3,55
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Roberto Escobar
L'Espresso
Se la morte è vicina, gli uomini sono più grati di esser vivi... sentenzia il perfido e algido Naritsugu Matsudaira (Goro Inagaki) proprio al culmine della parossistica battaglia che insanguina l'ultima metà di "13 Assassini" ("Juusan-nin no shikaku", Giappone e Gran Bretagna, 2010, 120'). Fratello dello Shogun, capo politico e militare supremo, Naritsugu è certo che i signori esistano per esser serviti. Quanto ai servi, quelli non esistono solo per servire, ma anche per essere uccisi. Contro le sue angherie disumane - stupri, orride mutilazioni, omicidi per così dire sportivi - si muove Shinzaemon Shimada (Koji Yakusho), insieme con il nipote Shinrokuro (Takayuki Yamada) e altri dieci impavidi samurai. A loro s'aggiunge Koyata (Yusuke Iseya), un popolano svelto e irridente che vive nei boschi, e che nulla condivide dell'etica dei samurai e della loro retorica della morte.
Se i luoghi, gli anni, i vestiti e le armi non fossero quelli del Giappone medievale, il film di Takashi Miike e dello sceneggiatore Daisuke Tengan potrebbe essere un western (ben più in grande, nel 1954 così fu per "I sette samurai" di Akira Kurosawa). Come in un western, appunto, buoni e cattivi si somigliano, e qua e là si confondono. A segnarne la pur labile differenza c'è solo una scelta di campo di tipo morale, una sorta di rivolta che i buoni compiono nei confronti del proprio mondo, ma sulla base di valori insiti in quello stesso mondo. Questo fanno Shinzaemon e i suoi: trasferiscono la retorica dell'onore, della fedeltà e della spada dalla gerarchia dei potenti al popolo. E in nome del popolo continuano a uccidere e morire, orgogliosi di uccidere e morire.
Per quasi tutto il film, anche le immagini e il montaggio di "13 Assassini" condividono l'etica eroica e l'estetica funerea dei protagonisti. A esse si affida del tutto Takashi, a garanzia di uno spettacolo fatto di massacri, duelli e corpi insanguinati. Ma alla fine - poco motivato, e però benvenuto - emerge un punto di vista diverso. Al centro del campo di battaglia ormai silenzioso, fra centinaia di cadaveri, restano il giovane Shinrokuro e il disincantato Koyata. Non sarò più samurai, dice il primo, forse farò il bandito, o magari andrò in America "e farò l'amore con tutte le donne". Quanto al saggio boscaiolo, la questione non è mai stata in dubbio: meglio le donne. Poi i due se ne vanno lontani dalla morte, e dunque ben felici di essere e restare vivi. Alla faccia del tetro Naritsugu, per dirla in italiano.
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