dandy
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mercoledì 28 marzo 2018
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remake dignitoso.
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Al suo primo jidaigeki(film di spadaccini in costume)Miike rifà il film omonimo di Eiichi Kudo con buon mestiere.Lascia da parte i virtuosismi per uno stile più sobrio ed elegante,senza rinunciare a efferatezze varie e spargimenti di sangue.Qui l'antagonista è esasperato nella sua meschina e sadica sete di sangue,così come il duello finale,dove i cattivi paiono moltiplicarsi all'infinito.Se rispetto al fim del'63 il ritmo è più fluido e l'azione è al massimo,non vi sono però novità nei temi già esposti,dalla fine di un'epoca gloriosa all'onore da preservare ad ogni costo,specie se si è un samurai.
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Al suo primo jidaigeki(film di spadaccini in costume)Miike rifà il film omonimo di Eiichi Kudo con buon mestiere.Lascia da parte i virtuosismi per uno stile più sobrio ed elegante,senza rinunciare a efferatezze varie e spargimenti di sangue.Qui l'antagonista è esasperato nella sua meschina e sadica sete di sangue,così come il duello finale,dove i cattivi paiono moltiplicarsi all'infinito.Se rispetto al fim del'63 il ritmo è più fluido e l'azione è al massimo,non vi sono però novità nei temi già esposti,dalla fine di un'epoca gloriosa all'onore da preservare ad ogni costo,specie se si è un samurai.E qui il finale è un pò meno potente,più plateale.Niente più che un film ben fatto,che piacerà di certo ai fan del regista.Uno dei pochissimi ad essere usciti in sala in Italia.
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carlo vecchiarelli
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domenica 6 aprile 2014
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l'epica orientale rivisitata
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La tradizione samurai viene celebrata in maniera definitiva, e non è un caso che ciò avvenga agli inizi del terzo millennio, decifrata all'ombra della disgregazione dell'ultimo Giappone feudale, ancorato al servilismo e la prostrazione del popolo e dei sudditi nei confronti della classe aristocratica, intoccabile. Takeshi Miike rielabora "13 assassini" di Eiichi Kudo (1963) traendo ispirazione dall'ancor più datato "I 7 samurai" di Akira Kurosawa, dando vita ad un remake che vuole sintetizzare il "western orientale" per eccellenza, in una perfetta convergenza tra la visione dinamica e moderna della rappresentazione e lo stile tradizionale e impeccabile del rappresentato.
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La tradizione samurai viene celebrata in maniera definitiva, e non è un caso che ciò avvenga agli inizi del terzo millennio, decifrata all'ombra della disgregazione dell'ultimo Giappone feudale, ancorato al servilismo e la prostrazione del popolo e dei sudditi nei confronti della classe aristocratica, intoccabile. Takeshi Miike rielabora "13 assassini" di Eiichi Kudo (1963) traendo ispirazione dall'ancor più datato "I 7 samurai" di Akira Kurosawa, dando vita ad un remake che vuole sintetizzare il "western orientale" per eccellenza, in una perfetta convergenza tra la visione dinamica e moderna della rappresentazione e lo stile tradizionale e impeccabile del rappresentato.
Attraverso scenografie raffinate e inquadrature curate sotto ogni dettaglio, le immagini scandiscono la lotta universale dell'uomo contro l'ingiustizia, il cui archetipo è sintetizzato da Naritsugu, fratello dello shogun, la cui violenza gratuita ricorda le atmosfere più horror dei film del regista, tra il brutale sadismo delle mutilazioni di "Audition" e il cinismo dei personaggi di "Hichi the killer". Gli eccessi e i deliri di onnipotenza del giovane protetto sono così empi da incrinare le gerarchie, e in gran segreto alcuni grandi capi della regione tramano per la sua uccisione. Per evitare guerre fratricide, il delicato compito viene affidato a 12 dei migliori samurai del Giappone, la cui guida carismatica è Shinzaemon Shimada (Kôji Yakusho), un maestro della katana in là con gli anni e oramai ritiratosi dagli incarichi ufficiali. Sarà lui a rappresentare l'altissima integrità morale della società guerriera giapponese, potente e temuta ma che non esita al sacrificio più estremo per mantenere alta la propria onorabilità di fronte alla comunità: è proprio con un raggelante "suppuku" , il suicidio samurai, che si apre il film. Il reclutamento porterà a conoscere differenti visioni della dignità e del rigore samurai, fino al reclutamento fortuito di un abitante delle foreste attraversate durante il viaggio, che ricorda tanto la pazzia ironica e triste del Toshiro Mifune di Kurosawa, un outsider che rifiuta le rigide concezioni dei ronin, a partire dall'utilizzo della spada e che trova l'unico appoggio nel più ribelle dei samurai, Shimada Shinrokurō, al quale la sanguinosa impresa proporrà una catarsi esistenziale.
Miike disegna una sfida leggendaria, talmente paradossale da somigliare ad una provocazione: 13 ronin contro l' esercito personale di Naritsugu: oltre 200 uomini. Dall'alto della sua esperienza guerriera, Shimada progetta con pazienza una trappola perfetta nel cuore di uno sperduto villaggio contadino, tra ponti sospesi, barriere scorrevoli, esplosivi, katane sparse in ogni anfratto, bufali impazziti dal fuoco e ovviamente l'arte della spada. In un turbinio di violenza ed eroismo, il massacro avrà luogo, il sangue colerà a fiumi, in una lotta dove nessuno potrà uscire davvero vincitore, conseguente epilogo di una visione crepuscolare della realtà nipponica di metà '800, oramai pronta ad una trasformazione della propria società, anche a costo di stravolgere la propria tradizione basata sull'onore e il rispetto, valori che il Takeshi Miike del terzo millennio sembra rimpiangere a tal punto da volerli scolpire nella memoria dello spettatore.
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paride86
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mercoledì 17 ottobre 2012
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bello
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Storie di tredici uomini - samurai e non - e della loro missione: uccidere un arrogante e prepotente nobile giapponese.
A parte la difficoltà nel seguire la storia - nomi simili, pettinature e costumi identici - questo film ha un fascino particolare che verte sull'ossimoro onore-orrore.
La scena finale della battaglia è decisamente epica.
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Storie di tredici uomini - samurai e non - e della loro missione: uccidere un arrogante e prepotente nobile giapponese.
A parte la difficoltà nel seguire la storia - nomi simili, pettinature e costumi identici - questo film ha un fascino particolare che verte sull'ossimoro onore-orrore.
La scena finale della battaglia è decisamente epica.
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nuno's
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giovedì 6 settembre 2012
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azione: harakiri
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Tre stelle sono perfette. Credo che quattro siano troppe, forse a causa un pò della trama piuttosto semplice o di vari errori di sceneggiatura quali testa che rotola in maniera antifisica, incapacità di un esercito di uccidere tredici uomini che, per quanto abili possano essere e nonostante si trovino in alcune scene completamente circondati, affrontano sempre un uomo alla volta, massimo tre, e dalle spalle si vedono esplicitamente i samurai immobili ad aspettare il proprio turno. Per il resto belle scene d'azione, tante emozioni (dal dramma/gore della ragazza senza arti al comico del tredicesimo samurai e della scena finale) e soprattutto tanti samurai abili di spada. Per gli amanti è una bomba di adrenalina.
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Tre stelle sono perfette. Credo che quattro siano troppe, forse a causa un pò della trama piuttosto semplice o di vari errori di sceneggiatura quali testa che rotola in maniera antifisica, incapacità di un esercito di uccidere tredici uomini che, per quanto abili possano essere e nonostante si trovino in alcune scene completamente circondati, affrontano sempre un uomo alla volta, massimo tre, e dalle spalle si vedono esplicitamente i samurai immobili ad aspettare il proprio turno. Per il resto belle scene d'azione, tante emozioni (dal dramma/gore della ragazza senza arti al comico del tredicesimo samurai e della scena finale) e soprattutto tanti samurai abili di spada. Per gli amanti è una bomba di adrenalina.
Scena migliore: candidate possono essere la battaglia finale con il primo protettore del signore, o l'inaspettato discorso (del tipo di andare in america a uscire con tante donne) da parte del nipote del protagonista, o la scena della ragazza senza arti che, brutta per alcuni spettatori, risulta spettacolare per gli amanti del gore.
Scena peggiore: per i più sensibili la scena della ragazza senza arti, o l'omicidio di un intera famiglia da parte del signore. Sinceramente sono rimasto deluso dalla scena del ponte, quando il padre che ha perso moglie e figlio a causa del signore si oppone al suo passaggio.
Giudizio finale: Bello, anche se del genere è meglio La congiura della pietra nera che, nonostante si parli di abili combattenti e non necessariamente samurai, offre uno spettacolo migliore da tutti i punti di vista. Non gli metto quattro stelle proprio perchè conosco altri film del genere che sono sicuramente superiori.
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calgary
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lunedì 28 novembre 2011
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appena guardabile
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Film dallo sviluppo molto prevedibile ed estremamente lento nella narrazzione per più di metà film. Dialoghi non molto significativi e intercalati da pause eccessive. Fotografia appena sufficiente con una sequenza finale di lotta davvero inverosimile.
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sarti1971
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sabato 19 novembre 2011
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surreale
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Potrebbe anche essere un film interessante, fermo restando che Rambo in confronto a questi 13 assassini e' un ragazzino indifeso! Interessante la visione del "grande onore" giapponese.
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linus2k
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venerdì 18 novembre 2011
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ed il giappone divenne moderno...
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La prima sensazione dopo aver visto “13 assassini” di Takeshi Miike, ramake dell’omonimo film degli anni ’20, non può che essere di sorpresa, specie per chi conosce il mondo psichedelico, onirico, ironico e spesso molto violento del Tarantino dagli occhi a mandorla.
Il regista nipponico, famoso appunto per la sua “produzione logorroica” e per l’eccesso di violenza nelle scene dei suoi film, si cimenta nel più classico dei film orientali: il cappa e spada sui samurai, e lo fa nella maniera più classica, precisa e quasi maniacale nella ricerca fotografica del dettaglio e dell’atmosfera.
Nulla è fuori posto in questo “13 assassini”, nessun fotogramma; i piccoli eccessi sono misurati e rapportati in maniera eccelsa con la tram.
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La prima sensazione dopo aver visto “13 assassini” di Takeshi Miike, ramake dell’omonimo film degli anni ’20, non può che essere di sorpresa, specie per chi conosce il mondo psichedelico, onirico, ironico e spesso molto violento del Tarantino dagli occhi a mandorla.
Il regista nipponico, famoso appunto per la sua “produzione logorroica” e per l’eccesso di violenza nelle scene dei suoi film, si cimenta nel più classico dei film orientali: il cappa e spada sui samurai, e lo fa nella maniera più classica, precisa e quasi maniacale nella ricerca fotografica del dettaglio e dell’atmosfera.
Nulla è fuori posto in questo “13 assassini”, nessun fotogramma; i piccoli eccessi sono misurati e rapportati in maniera eccelsa con la tram.
Nonostante questo, il film rielabora la figura del samurai superandola e producendone una immagine matura e moderna, rovesciando l’immagine classica che prevede la figura eroica del Samurai, cavaliere senza paura al servizio del proprio Signore, in cieco asservimento alla gerarchia anteposto al Ronin, una sorta di samurai “cane sciolto”, tradizionalmente associato a figure negative.
L’eroe del film risulta essere Shimada Shinzaemon, vecchio samurai spinto da senso di giustizia verso la violenza gratuita e sadica di Naritsugu, giovane signore crudele ed ambizioso. È lui che mette insieme una squadra di vecchi samurai e ronin che in autonomia, decidono di muovere guerra e fermare il ricco feudatario. Dall’altra parte, Hanbei, il fedele samurai che incarna la classica figura del samurai fedele fino al punto da difendere un signore di cui condanna moralmente tutti gli atti criminali.
Lo scontro finale tra questi mondi , tra Shimada e Hanbei, diventa quindi lo scontro tra quel Giappone medioevale e gerarchico e quello moderno.
Un film di genere che merita di essere visto e che conferma ancora una volta le grandi capacità e la enorme ecletticità del regista nipponico.
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numenoreano
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giovedì 3 novembre 2011
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miike racconta l'harakiri di un codice obsoleto
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Sembra quasi inevitabile per molti tra i registi nipponici di un certo spessore il doversi confrontare con il periodo Tokugawa. Tabù Gohattodi Oshima, Zatoichi di Kitano, senza andare indietro e scomodare film come L'ultimo samurai di Kobayashi ecc...
Miike questa volta veste i panni seri, e lo fa con un remake. Dopo aver raccolto i frutti sbocciati all'estero dei film di Kurosawa con Sukiyaki Western Django - dei frutti ibridati e "sporcati" dallo sguardo occidentale - sente il bisogno di rifiltrare tutto ricordando al mondo che molto del cinema occidentale - che fosse spaghetti western o fosse polar - era in debito col cappa e spada.
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Sembra quasi inevitabile per molti tra i registi nipponici di un certo spessore il doversi confrontare con il periodo Tokugawa. Tabù Gohattodi Oshima, Zatoichi di Kitano, senza andare indietro e scomodare film come L'ultimo samurai di Kobayashi ecc...
Miike questa volta veste i panni seri, e lo fa con un remake. Dopo aver raccolto i frutti sbocciati all'estero dei film di Kurosawa con Sukiyaki Western Django - dei frutti ibridati e "sporcati" dallo sguardo occidentale - sente il bisogno di rifiltrare tutto ricordando al mondo che molto del cinema occidentale - che fosse spaghetti western o fosse polar - era in debito col cappa e spada.
E' uno sguardo maturo il suo. Maturo del cinema moderno, ma maturo anche del suo cinema senza compromessi. Perchè la carriera di questo regista parla chiaro: violenza fa parte dell'uomo, della sua natura. Qui racconta un Giappone anch'esso prossimo alla maturazione, con una riflessione molto critica su un codice dell'obbedienza samurai che messo all'estremo mostra tutte le sue falle e finisce per collassare, lasciando il Giappone stesso libero di crescere. Questa critica prende corpo ed è parte attiva nella storia sotto le vesti di un improbabile tredicesimo assassino il quale non è un samurai, non ha un codice, ma pare conoscere il mondo come e più degli altri dodici. Così, creato il pretesto narrativo, ancora una volta per Miike è la violenza a mettere a nudo la vera natura e le esigenze dell'uomo moderno.
Da questo calderone nasce un film di rara eleganza. Non servono le capriole teatrali ed i tanti colori tipologia wuxia cinese, perchè la spada giapponese è priva di fronzoli. Come recita uno dei protagonisti di questo film: "trapassa con un unico fendente".
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rum42coah
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venerdì 5 agosto 2011
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il numero non fa la differenza
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Questo film con una durata estenuante(più di due ore) si è rilevato essere una piacevole sorpresa che avrebbe potuto avere un voto superiore se non fosse stato per una prima parte terribile(donne senza lingua e torturate),sanguinosa ed alquanto intricata dal punto di visto della trama.Di sicuro il primo aggettivo che mi viene in mente per questo film è violenza allo stato puro,ma non come i film americani alla Drive Angry dove la finzione è tangibile,in quanto nel film di samurai abbiamo dei corpi trucidati,malmenati e uccisi molto verosimili e d”effetto.Il film è ovviamente giapponese e tratta di una sanguinosa lotta tra samurai,solo che la sfida parte in disparità:13 contro 200.
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Questo film con una durata estenuante(più di due ore) si è rilevato essere una piacevole sorpresa che avrebbe potuto avere un voto superiore se non fosse stato per una prima parte terribile(donne senza lingua e torturate),sanguinosa ed alquanto intricata dal punto di visto della trama.Di sicuro il primo aggettivo che mi viene in mente per questo film è violenza allo stato puro,ma non come i film americani alla Drive Angry dove la finzione è tangibile,in quanto nel film di samurai abbiamo dei corpi trucidati,malmenati e uccisi molto verosimili e d”effetto.Il film è ovviamente giapponese e tratta di una sanguinosa lotta tra samurai,solo che la sfida parte in disparità:13 contro 200.Tuttavia alla fine,si scoprirà come il numero non fa sempre la differenza,specie se i 13 samurai sono i migliori del Giappone.Le scene di guerra sono ottime e la battaglia molto lunga(per me un po’ ripetitiva ad un certo punto)ma con tanti colpi di scena.La fine è prevedibile e come tanti altri film,benché accettabile.In definitiva un film che sarà un culto per gli amanti del samurai e della vecchia scuola giapponese,ma per gli altri che non amano il genere,lo troveranno al quanto pesante e ripetitivo.A me,personalmente non è dispiaciuto,se pur non entusiamandomi.
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nevermore
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giovedì 21 luglio 2011
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bruttezza abbacinante
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Bruttii dialoghi , brutti i personaggi , bruttissime le scene d azione alla giapponese : dieci contro duemila , ma non c è problema tanto si combatte a turno mentre gli altri in attesa di essere massacrati in meno di un secondo si scaldano menando fendenti per aria .
La tanto attesa battaglia finale è il coronamento della bruttezza . Bisogna essere veri maestri di coerenza per creare un prodotto brutto in ogni suo minimo particolare .
Particolarmente toccante il dialogo finale tra il pazzo del bosco , che tiene testa a soldati armatissimi lanciando sassi ,ed il giovane samurai superstite : quest ultimo abbandonerà le armi per andare a puttane in America.
Come il west di Leone e Bronson , anche l epoca dei samurai lascia il posto al nuovo che avanza ? Speriamo soprattutto che ci sia coerenza anche in questo e che non ritorni mai più niente del genere.
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Bruttii dialoghi , brutti i personaggi , bruttissime le scene d azione alla giapponese : dieci contro duemila , ma non c è problema tanto si combatte a turno mentre gli altri in attesa di essere massacrati in meno di un secondo si scaldano menando fendenti per aria .
La tanto attesa battaglia finale è il coronamento della bruttezza . Bisogna essere veri maestri di coerenza per creare un prodotto brutto in ogni suo minimo particolare .
Particolarmente toccante il dialogo finale tra il pazzo del bosco , che tiene testa a soldati armatissimi lanciando sassi ,ed il giovane samurai superstite : quest ultimo abbandonerà le armi per andare a puttane in America.
Come il west di Leone e Bronson , anche l epoca dei samurai lascia il posto al nuovo che avanza ? Speriamo soprattutto che ci sia coerenza anche in questo e che non ritorni mai più niente del genere.
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