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nicole64
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domenica 28 novembre 2010
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tra ironia e dramma
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Film semplice ma che spacca, nonostante sia una pellicola indipendente il tema che affronta è il più forte che si sia mai potuto raccontare. Gli attori eccellenti (Nicole Kidman è e rimane l'attrice di sempre) senza tralasciare la presenza di John Cameron Mitchell che da regista semplice e non molto noto sa fare della sua opera la più straordinaria e drammatica commedia dell'anno.
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gregory
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venerdì 26 novembre 2010
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un film che vale un capolavoro !!
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Film Capolavoro...si è proprio questa la giusta definizione per Rabit Hole. Dramma intenso coinvolgente, che ha il coraggio di affrontare una delle più atroci tematiche mai affrontate. Pur non essendo una novità il tema, lo è invece la trama, e il modo in cui Mitchell (il regista) è riuscito a declinarla in ogni minima scena. La capacita attoriale di una delle coppie più intense del cinema del 2010 ( per lo meno), è tale da riuscire a bucare lo schermo, ed è come se parlassero in prima persona al publico in sala. NICOLE KIDMAN si conferma "l'attrice" per ecellenza, che riesce sempre a conciliare il dramma con elementi emozionali che si rifanno alla realtà e al modo di vivere di tutti i giorni, cosi da riuscire ad emozionare con una ""semplice"" interpretazione di quel che è un' uomo (una donna in questo caso) che si ritrova a far i conti con un dolore immenso, straziante, mortale, innaturale, e totalmente disarmante per la vita quotidiana di una famiglia.
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Film Capolavoro...si è proprio questa la giusta definizione per Rabit Hole. Dramma intenso coinvolgente, che ha il coraggio di affrontare una delle più atroci tematiche mai affrontate. Pur non essendo una novità il tema, lo è invece la trama, e il modo in cui Mitchell (il regista) è riuscito a declinarla in ogni minima scena. La capacita attoriale di una delle coppie più intense del cinema del 2010 ( per lo meno), è tale da riuscire a bucare lo schermo, ed è come se parlassero in prima persona al publico in sala. NICOLE KIDMAN si conferma "l'attrice" per ecellenza, che riesce sempre a conciliare il dramma con elementi emozionali che si rifanno alla realtà e al modo di vivere di tutti i giorni, cosi da riuscire ad emozionare con una ""semplice"" interpretazione di quel che è un' uomo (una donna in questo caso) che si ritrova a far i conti con un dolore immenso, straziante, mortale, innaturale, e totalmente disarmante per la vita quotidiana di una famiglia. Infatti, oltre alla tematica centrale (quella dell' elaborazione del dolore per la perdita di un figlio), vengono affrontate altre tematiche (crisi di coppia, di identita, di quotidianeità) che sono il risultato, la conseguenza, di ciò che è capitato a questa famiglia, travolgendola e stravolgendone l'esistenza. AARON ECKHART è veramente una scoperta, nel senso che si conferma uno degli attori piu versatili del panorama internazionale; se bene non molto celebre ( tra i profani almeno) è considerato una ""giovane"" promessa del cinema, anche se ha già ricoperto ruoli magistrali, accostandosi ad attori del calibro di Nicole Kidman, Catherine Zeta Jones, Heath Ledger ecc... Che dire poi di DIANE WIEST non c'è bisogno di sprecare parole; come si dice: Un Nome Una Garanzia, è una delle attrici ( come Meryl Streep, Helen Mirren, Glenn Close) che costituiscono la colonna portante di quella straordinaria arte che è la cinematografia. Che dire di più ? Che ci aspettiamo tanto da questo film, e che non deluderà, sicuramente, (facciamo gli spergiuri) in campo di premi, di STATUETTE...Un film, non consigliato, da non perdere assolutamente !!!
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lollo92
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venerdì 19 novembre 2010
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una perfetta catarsi cinematografica
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Era dai tempi di the hours che non mi emozionavo così tanto nel vedere nicole kidman. nel vederla gridare, ridere, sorridere, piangere ho pensato "eccola qui, finalmente". quella di rabbit hole è forse una delle sue più grandi interpretazioni. merito di una sceneggiatura che pur basandosi su un plot che il cinema conosce bene ha saputo toccare le delicate corde dell'elaborazione del lutto in maniera del tutto nuova. sapientemente in bilico fra dramma familiare, storia di riconciliazione e humor nero, il film è un affresco vero e affascinante di vita di coppia fotografato in attimi di assoluta complessità, che gli attori sanno rendere in ogni sguardo, gesto o movimento del corpo.
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Era dai tempi di the hours che non mi emozionavo così tanto nel vedere nicole kidman. nel vederla gridare, ridere, sorridere, piangere ho pensato "eccola qui, finalmente". quella di rabbit hole è forse una delle sue più grandi interpretazioni. merito di una sceneggiatura che pur basandosi su un plot che il cinema conosce bene ha saputo toccare le delicate corde dell'elaborazione del lutto in maniera del tutto nuova. sapientemente in bilico fra dramma familiare, storia di riconciliazione e humor nero, il film è un affresco vero e affascinante di vita di coppia fotografato in attimi di assoluta complessità, che gli attori sanno rendere in ogni sguardo, gesto o movimento del corpo.
fino ad un finale aperto, pragmatico, forse non consolatorio ma che di certo apre la strada per immaginare un mondo dove gli uomini possano veramente essere felici. proprio come nel fumetto del titolo, Rabbit hole.
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nicole64
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giovedì 18 novembre 2010
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film indipendente che vale più di un kolossal
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Questo film ha tutta l'aria di essere un capolavoro assoluto, lodato dalla critica internazionale (stroncato in parte da quella italiana) la vicenda di questa coppia che perde il loro unico figlio è talmente realistica che sembra che gli attori lo abbiano perso veramente. Al Festival di Roma ovviamente non ha convinto tutti i critici, probabilmente perché il regista non ha voluto girare una storia strappa lacrime insulsa e già vista molte volte, ma sappiamo bene che ormai noi italiani non ne capiamo nulla di cinema. Nicole Kidman è al top con questo film, l'attrice australiana convince il pubblico a tal punto da farci dimenticare il suo imperdonabile errore di rifarsi le labbra, la sua bravura è eccezionale che si merita l'Oscar senza nemmeno considerare le altre papabili nominate.
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Questo film ha tutta l'aria di essere un capolavoro assoluto, lodato dalla critica internazionale (stroncato in parte da quella italiana) la vicenda di questa coppia che perde il loro unico figlio è talmente realistica che sembra che gli attori lo abbiano perso veramente. Al Festival di Roma ovviamente non ha convinto tutti i critici, probabilmente perché il regista non ha voluto girare una storia strappa lacrime insulsa e già vista molte volte, ma sappiamo bene che ormai noi italiani non ne capiamo nulla di cinema. Nicole Kidman è al top con questo film, l'attrice australiana convince il pubblico a tal punto da farci dimenticare il suo imperdonabile errore di rifarsi le labbra, la sua bravura è eccezionale che si merita l'Oscar senza nemmeno considerare le altre papabili nominate. Il resto del cast è eccezionale, Aaron Eckhart e Dianne Weist sono attori completi e strabilianti che rendono il film ancora più incredibile. Rabbit Hole dona una sensazione di coraggio e perdita, film triste con qualche accenno di ironia sa cogliere fino in fondo la reazione di due genitori alle prese con la scomparsa di un figlio.
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[+] la critica italiana, da che pulpito....
(di cannedcat)
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giovedì 4 novembre 2010
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convivere con il dolore
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Becca (Nicole Kidman) e Howie (Aaron Eckhart) hanno vissuto la tragedia della morte del figlio, investito accidentalmente da un giovane (Miles Teller). Nonostante siano trascorsi ormai otto mesi, la coppia vive ancora una crisi profonda, accentuata dalla gravidanza della sorella di Becca, Izzy (Tammy Blanchard).
Ispirandosi ad un'opera teatrale di Lindsay-Abaire (che ha anche curato la scenaggiatura), Mitchell gira un dramma intimista su un tema delicato come la perdita di un figlio, analizzando al microscopio le dinamiche psicologiche ed emotive di Becca ed Howie (tipica coppia borghese della middleclass americana) e le inevitabili difficoltà nel superare il trauma ed elaborare il lutto.
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Becca (Nicole Kidman) e Howie (Aaron Eckhart) hanno vissuto la tragedia della morte del figlio, investito accidentalmente da un giovane (Miles Teller). Nonostante siano trascorsi ormai otto mesi, la coppia vive ancora una crisi profonda, accentuata dalla gravidanza della sorella di Becca, Izzy (Tammy Blanchard).
Ispirandosi ad un'opera teatrale di Lindsay-Abaire (che ha anche curato la scenaggiatura), Mitchell gira un dramma intimista su un tema delicato come la perdita di un figlio, analizzando al microscopio le dinamiche psicologiche ed emotive di Becca ed Howie (tipica coppia borghese della middleclass americana) e le inevitabili difficoltà nel superare il trauma ed elaborare il lutto. Se Howie sembra rimuovere il dolore sforzandosi di vivere come se nulla fosse di giorno e passando insonne la notte davanti ai video del piccolo Danny, Becca lo affronta invece in modo più diretto e viscerale, senza nascondere la rabbia e la sofferenza. Entrambi cercano una via d'uscita dall'angoscia insopportabile che ne sta sgretolando le esistenze, l'uno rifugiandosi nella distrazione di una relazione che resterà platonica, l'altra cercando e trovando un contatto con il colpevole involontario della disgrazia, il giovanissimo Jason (sicuramente questo uno degli elementi più originali ed emozionanti del film). Lo spettatore si strugge e si commuove (pur se Mitchell è ammirevole nel trattenersi da facili patetismi) mentre assiste all'impotenza addolorata di due essere umani in scacco, a come la tragedia smascheri ipocrisie familiari e religiose (Becca definisce Dio un "coglione sadico" e lo paragona al padre, sembra credere che il fratello eroinomane abbia meritato la morte e che la sorella non meriti un figlio) e cortocircuiti comunicativi (l'amica di famiglia che ancora non ha trovato il coraggio di chiamare). Il messaggio che resta è che quella di Becca ed Howie, come quella di quanti si trovano durante la propria vita ad affrontare un'esperienza atroce e e sconvolgente, è destinata ad essere una lotta senza fine nello sforzo di andare avanti, fatta di piccoli successi e cocenti sconfitte, senza mai sapere cosa ci sarà davvero dopo, consapevoli che il dolore col tempo diviene un mattone il cui peso può diventare sopportabile, ma di cui non ci si potrà mai liberare. Il titolo rimanda alle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie ed allude ad un viaggio verso l'ignoto (oltre a riprendere il titolo del libro a fumetti che Jason regala a Becca).
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(di riccardo t.)
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