nino pell.
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lunedì 14 dicembre 2009
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quando i preconcetti prendono il sopravvento
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Questa pellicola di Sergio Rubini è sicuramente un ottimo film che fa riflettere su come spesso certi modi di pensare della società siano abbastanza atavici e poco propensi a guardare oltre certi preconcetti di tipo sociale. La trama è ambientata nel Sud Italia, ma io penso che, indipendentemente dal luogo in cui ci si trova, è di consueto uso comune il giudicare una persona dal lavoro che svolge o dalla sua cultura, senza essere in grado di percepirne capacità intellettive che magari alla prima impressione potrebbero sfuggire. E questo accade spesso anche in famiglia dove sovente regna l'incomprensione e non sempre si è invogliati a scegliere la strada per la quale si è più portati. Nel caso del film in questione, come se una persona di origini semplici non possa avere l'ispirazione e la propensione all'arte e che quest'ultima sia un privilegio solo di certe classi sociali.
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Questa pellicola di Sergio Rubini è sicuramente un ottimo film che fa riflettere su come spesso certi modi di pensare della società siano abbastanza atavici e poco propensi a guardare oltre certi preconcetti di tipo sociale. La trama è ambientata nel Sud Italia, ma io penso che, indipendentemente dal luogo in cui ci si trova, è di consueto uso comune il giudicare una persona dal lavoro che svolge o dalla sua cultura, senza essere in grado di percepirne capacità intellettive che magari alla prima impressione potrebbero sfuggire. E questo accade spesso anche in famiglia dove sovente regna l'incomprensione e non sempre si è invogliati a scegliere la strada per la quale si è più portati. Nel caso del film in questione, come se una persona di origini semplici non possa avere l'ispirazione e la propensione all'arte e che quest'ultima sia un privilegio solo di certe classi sociali. Rubini si è dimostrato quindi regista particolarmente bravo nel dirigere questa pellicola che appare genuina e scorrevole nell'interpretazione e nella trama, ma la cui vera bellezza è un acuto ed attento esame riflessivo su certe contraddizioni che spesso esistono nell'ambito dei rapporti sociali. Alla fine la soluzione che egli escogita in questo film si manifesta in uno sberleffo o meglio un'intelligente presa in giro nei riguardi di certe forme di preconcetti e di chiusure mentali e la capacità di guardare alla vita ed oltre essa. Bravo Rubini.
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mariac
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lunedì 28 dicembre 2009
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retrospettiva
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Colorato, leggero, frizzante, con un amaro retrogusto, queste le qualità del nuovo film di Sergio Rubini che scruta ancora una volta, come per La Terra, alcuni aspetti dell'entroterra pugliese.
La retrospettiva della figura di un padre è il tema principale della pellicola a cui si accompagnano la chiusura, l'ipocrisia, l'accanimento raffigurato dai soliti personaggi di paese a cui nulla è dovuto ma a cui tanto è offerto in termini di rispetto e riconoscenza.
L'immagine di un padre assente, assorto in una ricerca artistica non facilmente compresa, egoista, concentrato su se stesso cambia nel viaggio a ritroso ripercorso da un figlio che ha fatto di tutto per non assomigliare a quell'idea di genitore che ha, secondo lui, reso potenzialmente infelice la sua infanzia.
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Colorato, leggero, frizzante, con un amaro retrogusto, queste le qualità del nuovo film di Sergio Rubini che scruta ancora una volta, come per La Terra, alcuni aspetti dell'entroterra pugliese.
La retrospettiva della figura di un padre è il tema principale della pellicola a cui si accompagnano la chiusura, l'ipocrisia, l'accanimento raffigurato dai soliti personaggi di paese a cui nulla è dovuto ma a cui tanto è offerto in termini di rispetto e riconoscenza.
L'immagine di un padre assente, assorto in una ricerca artistica non facilmente compresa, egoista, concentrato su se stesso cambia nel viaggio a ritroso ripercorso da un figlio che ha fatto di tutto per non assomigliare a quell'idea di genitore che ha, secondo lui, reso potenzialmente infelice la sua infanzia.
E' un commovente capolavoro capace di immortalare in una tenera storia la vita di chi, da giovane, ha imputato con vigorosa forza ai propri procreatori le sventure che gli sono capitate e poi quando gli stessi mutano il proprio viso, scoprendolo improvvisamente segnato dal tempo tutto varia.
Le disavventure, le sfortune, le notti più nere si trasformano in aneddoti divertenti da raccontare aventi l'abilità di convertire quei personaggi ostili in simpatiche macchiette a cui è impossibile non guardare con affetto.
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preziosa
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venerdì 4 dicembre 2009
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la rivincita del pittore incompreso
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E' un fim drammatico,a tratti triste e commovente;è ambientato in Puglia, a Gravina di Puglia, San Vito dei Normanni e Bari, presenta inquadrature molto nitide, è molto accurato nelle ricostruzioni ambientali e d'epoca, nei costumi e nel trucco dei personaggi principali, che all'inzio e alla fine del film sono trasformati in anziani. Poco dopo le prime scene, si torna nel passato, verso la metà degli anni '60,in cui si svolge il fulcro delle vicende. Ernesto di professione è un capostazione, ma non è il lavoro che avrebbe voluto svolgere. E'pittore che dipinge per hobby, ma si sente incompreso da tutti, persino la moglie Franca, professoressa, non lo incoraggia e non lo sostiene più di tanto, come invece dovrebbbe fare.
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E' un fim drammatico,a tratti triste e commovente;è ambientato in Puglia, a Gravina di Puglia, San Vito dei Normanni e Bari, presenta inquadrature molto nitide, è molto accurato nelle ricostruzioni ambientali e d'epoca, nei costumi e nel trucco dei personaggi principali, che all'inzio e alla fine del film sono trasformati in anziani. Poco dopo le prime scene, si torna nel passato, verso la metà degli anni '60,in cui si svolge il fulcro delle vicende. Ernesto di professione è un capostazione, ma non è il lavoro che avrebbe voluto svolgere. E'pittore che dipinge per hobby, ma si sente incompreso da tutti, persino la moglie Franca, professoressa, non lo incoraggia e non lo sostiene più di tanto, come invece dovrebbbe fare. Dopo la prima e unica mostra personale nel paese organizzata dalla proloco, Ernesto avendo ricevuto da professionisti, critiche molto negative, che lo mettono in ridicolo, comincia a sentirsi incompreso, frustato, quasi un fallito, va in depressione e questo lo rende nervoso e aggressivo. In realtà i critici sono invidiosi di lui e fanno di tutto per ostacolare la realizzazione dei suoi sogni. Il cognato Pinuccio, col quale Ernesto non va molto d'accordo perchè lo vede come un approfittatore di situazioni, superficiale, attratto solo dalle donne, in realtà Pinuccio nella sua semplicità e superficialità, ha capito tutta la situazione: i suoi compaesani critici d'arte non sono altro che degli invidiosi che gli metteranno i bastoni fra le ruote per il resto della sua vita e vogliono farlo "fesso". Ad un certo punto Ernesto decide di ripetere la copia di un quadro di Cezanne(L'uomo con bombetta) il falso d'autore fortemente criticato nella prima mostra e che lo ha portato alla crisi depressiva. Mostrerà di nuovo il dipinto al pubblico in occasione della festa di compleanno del figlio Gabriele, ma anche stavolta e peggio di prima, sentendosi di nuovo criticato e preso in giro, reagisce in modo estremamente aggressivo con tutti, rovinando la festa del figlio. Gabriele infatti, da bambino vede il padre come un cattivo. Il bambino di tanto in tanto si immagina scene di personaggi fantstici che si concretizzano, come se fossero veri(il clown, l'uomo con bombetta che somiglia allo zio Pinuccio) sembra quasi che sia un modo che ha Gabriele per difendersi dalla situazione del padre frustrato e dai genitori che sovente litigano. Gabriele solo da adulto,dopo la morte del padre, scoprirà il vero segreto di Ernesto, che anni prima si era preso una bella rivincita e per vendetta aveva trovato un espediente col suo falso d'autore, per redendere "fessi" per ben 10 anni, tutti quanti, specie i critici d'arte e i visitatori della pinacoteca di Bari. Gabriele scoperto l'espediente, capisce finalmente il padre che gli appare con occhi diversi, in modo più positivo.
Ottima intepretazione di Sergio Rubini, buona per Scamarcio e la Golino.
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pipay
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sabato 2 gennaio 2010
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una frustrazione che genera ironia e sberleffo
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Il film fotografa magistralmente la realtà della vita di provincia, in particolare quella che si svolge in un paesino della Puglia, circa mezzo secolo fa. Un capostazione frustrato insegue velleità artistiche e tenta invano di farsi un nome come pittore. Si tratta di un personaggio tormentato, incompreso, insoddisfatto. Attorno a lui ruota un mondo, un microcosmo locale costituito di invidie, illazioni, ipocrisie, amicizie e inimicizie. E c'è la sua famiglia: una moglie fin troppo paziente, che fa continui sforzi e sacrifici per rimanergli accanto, e un figlio, un bambino che non è ovviamente in grado di comprendere le aspirazioni del padre e si sente più strumentalizzato che amato. Ma il capostazione-artista (e qui sta la genialità della storia) si rende artefice di una beffa, di uno sberleffo sorprendente e quasi inimmaginabile.
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Il film fotografa magistralmente la realtà della vita di provincia, in particolare quella che si svolge in un paesino della Puglia, circa mezzo secolo fa. Un capostazione frustrato insegue velleità artistiche e tenta invano di farsi un nome come pittore. Si tratta di un personaggio tormentato, incompreso, insoddisfatto. Attorno a lui ruota un mondo, un microcosmo locale costituito di invidie, illazioni, ipocrisie, amicizie e inimicizie. E c'è la sua famiglia: una moglie fin troppo paziente, che fa continui sforzi e sacrifici per rimanergli accanto, e un figlio, un bambino che non è ovviamente in grado di comprendere le aspirazioni del padre e si sente più strumentalizzato che amato. Ma il capostazione-artista (e qui sta la genialità della storia) si rende artefice di una beffa, di uno sberleffo sorprendente e quasi inimmaginabile. Grazie a questo "asso nella manica" lui potrebbe screditare qualche "saccente" e riacquistare un certo credito nell'ambito del paese. Ma preferisce, con grande ironia e dignità, portarsi fin nella tomba il suo segreto. Segreto che poi scoprirà il figlio, ormai adulto, molti anni dopo, rivalutando così totalmente la figura del padre. Aggiungo solo poche cose: ottima regia; ottima la cura dei particolari; eccezionale l'interpretazione di tutti gli attori (solo in qualche sequenza si rischia di sconfinare nella caricatura e nel bozzettismo). Un grande Rubini, dunque, al meglio delle sue qualità di regista e di attore.
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solo un'opinione
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giovedì 13 settembre 2012
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particolare...
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Film molto particolare...
e di conseguenza anche la recensione sarà particolare, diversa dal solito, questa volta non saranno sensazioni e pensieri scaturiti dal film ma diretti al film e ai loro protagonisti.
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Film molto particolare...
e di conseguenza anche la recensione sarà particolare, diversa dal solito, questa volta non saranno sensazioni e pensieri scaturiti dal film ma diretti al film e ai loro protagonisti.
Solitamente dopo la visione di un film ho dei sentimenti discretamente convergenti verso la storia che ho visto o i personaggi che l'hanno composta, questa volta insolitamente, ripeto, i sentimenti sono davvero molto contrastanti.
Quelli di padre sono scocciati, arrabbiati e cattiveriosamente ostili verso la figura del protagonista, un padre anch'esso che per la sua passione dimentica moglie e figlio, trascurandoli in tutto e per tutto inseguendo questo istinto potente che lo associa ad una specifica forma d'arte.
Quelli di essere umano che non si fa tanto intenerire dal caso umano di quest'uomo che si posiziona a metà tra il genio compreso e il perfetto sfigato ma quanto profondamente ammirato e catturato dal genio di una persona che mantiene segreta la sua astuzia a tutti, anche a se stesso e che per una volta non scende a patti con il diavolo pur di guadagnare il furor di popolo, di quello stesso popolo che probabilmente egli stesso reputa ingorante e superficiale, per di più altrettanto probabilmente, a ragione.
La sua più grande vittoria, la sua manifesta superiorità intellettuale la manifesta di nascosto, in silenzio proprio come spesso fanno le persone che sentono di aver capito qualcosa di se stessi o degli altri e che non hanno il bisogno di far sapere agli altri ciò che hanno compreso soltanto per il gusto di darsi un tono o per togliere quel tono al loro prossimo.
Ecco quindi che mi ritrovo combattuto tra condanna e assoluzione verso quest'uomo che probabilmente ha compiuto, sempre secondo il mio modo di vedere la vita, una scelta di troppo;
condannarlo come pessimo padre e marito e disprezzarne l'esistenza per i danni che ha pur forse involontariamente fatto nella vita delle due persone che si sono trovate per scelta o meno a stargli accanto oppure elevarlo ad una di quelle vite dal valore superiore, che passano in silenzio nel mondo del business che sono uno di quei esempi che vale sempre la pena di raccontare per dire che la vita può esser geniale e stimolante se si sceglie di viverla alla ricerca di qualcosa di diverso dal giudizio sempre ignorante e accondiscendente della massa.
Anche la figura della moglie mi affligge un pò, moglie che affoga la sua frustrazione tra una sigaretta e l'altra e tra degli spiccioli pensieri di tradimento e puro, femminile, confronto estetico.
Poi ci sono le figure secondarie come il critico d'arte e il suo avvocato o l'avvenente ricca signora che fa del fascino la sua cultura e che, come quasi tutti i semplici osservatori, può giudicare o per puro senso estetico oppure per propagazione del giudizio più numeroso. Qui è dipinta in modo cattivo ma reale la profonda ignoranza e superficialità dell'essere umano in società che non vuole sforzarsi ne di pensare ne di capire ma che vive appoggiandosi al pensiero e ai comportamenti dei suoi simili;
Mediocrità che diventa una scelta di vita ma che per certo non condanna a morte prematura.
E poi ci sono i luoghi, l'atmosfera e il profumo di un tempo, di un italia che non c'è più oppure che non c'è mai stata, almeno per quel che riguarda la mia vita di quell'italia che forse era meno ricca ma più solida, era meno importante ma con molta più personalità, di quell'italia dove c'era ancora il senso della condivisione e del riuscire a stare bene assieme e dove non era così forte la competizione ad ogni costo e dove si lavorava per costruire e non per sopravvivere.
E' bello poter guardare certe scene e sentire il profumo delle persone.
Molto interessante in fine è la questione del figlio che sembra assistere alla morte del padre come un semplice osservatore esterno, come un figlio di carta, di regolamento, di documento che non porta dentro di se molti ricordi del padre che non è certamente cresciuto riconoscendo le scelte dello stesso ma che ciò nonostante sembra esser sopravvissuto ugualmente in maniera dignitosa, quasi a far sembrare la figura paterna non così determinante
ma che sembra poi ribaltare completamente il giudizio complessivo sulla figura paterna nel momento in cui si trova difronte all'atto di pura e limpida genialità del padre, come se quella scoperta ridasse valore ad una vita che forse fino a quel momento era meglio accantonare perchè figlia di vergogna e fallimento; come se quella stessa vita ora fosse figlia di astuzia e pura genialità.
Ma si può cambiare opinione in maniera così radicale in così pochi istanti e per un così piccolo gesto?
Onestamente in questo caso, io, non so rispondere..
Ed è proprio in questo contrasto che mi perdo, che non riesco ad esprimere un giudizio che mi possa sembrare equilibrato, non riesco a pesare sulla bilancia pregi e difetti, cose giuste ed errori, gesta e frasi ed è così che questo film mi lascia, con un enorme punto di domanda sulla testa ma con un sacco di dubbi da risollevare su alcune delle mie, fino a quel punto, certezze...
ed è anche così che voglio sentirmi dopo aver visto un film, con un sacco di spunti per pensare e perchè no, a volte anche in difficoltà a capire da che parte guardarli...
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francesco2
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venerdì 19 novembre 2010
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nuova pittura paradiso
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Un altro ritorno, dopo quello di Almodovar in "Volver": Rubini torna al suo Sud in tutti i sensi, perché senza esprimersi in termini ghezziani la cosa ha una valenza geografica, artistica(E' un altro sguardo sul Sud dopo quello della bruttina "Terra", che guardacaso era proprio un film "di sguardi"), e personale ( Suo padre era un capostazione, come il protagonista del film, e proprio "La stazione" si chiamava il primo film di Rubini)).
E' facile, magari sin troppo, valutare "L'uomo nero" del titolo come specchio dei tormenti preadolescenziali, come dimostra chiaramente- anche troppo- la scena in cui il ragazzino viene avvicinato da una mistriosa ombra che si rivela poi quantomai innocua.
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Un altro ritorno, dopo quello di Almodovar in "Volver": Rubini torna al suo Sud in tutti i sensi, perché senza esprimersi in termini ghezziani la cosa ha una valenza geografica, artistica(E' un altro sguardo sul Sud dopo quello della bruttina "Terra", che guardacaso era proprio un film "di sguardi"), e personale ( Suo padre era un capostazione, come il protagonista del film, e proprio "La stazione" si chiamava il primo film di Rubini)).
E' facile, magari sin troppo, valutare "L'uomo nero" del titolo come specchio dei tormenti preadolescenziali, come dimostra chiaramente- anche troppo- la scena in cui il ragazzino viene avvicinato da una mistriosa ombra che si rivela poi quantomai innocua. Del resto la dimensione del piccolo protagonista, preceduta da una scena discutibile del padre morente che diceva: "Erano tutti stronzi", è già d isuo paradosale: se non solo il padre ARTISTA affronta la dimensione provinciale del paese (Madre ed al contempo figlia dei critici tromboni), ma , sia detto senza offesa, è il padre stesso un paradosso, non necessaraiamente per colpa sua in quanto al contempo artista (Incompreso?) ed uomo dedito ad una professione umile.
Se però è in parte sbagliato l'accostamento tra questo affresco del Sud e quello di Tornatore, o forse no, è perché Rubini mette in evidenza quello stesso a ore per il cinema che (contrad) distingueva Peppuccio: con qualche variante interessante, però. Mentre lì c'era una ripartizione schematica dei ruoli (Noiret mostrava a Totò Cascio la magia del cinema), qui è proprio Gabriele che sembra usare la fantasia magari più costruttivamente del padre, quando immaginando ciò che sente dai genitori elabora già una trasfigurazione della realtà del tutto personale, che lo aiuta a capire meglio l'Arte, o forse la vita. Eppure, quanto e più la piccola protagonista di "Somewhere", non risulta antipatico proprio perché tutt'altro che perfettino: è colpa sua, infatti, se ad u certo punto cala il buio proprio mentre il padre sta esponendo. Rischia quindi, in complicità con un amichetto, di gettare BUIO ove la carriera dell'uomoa vrebbe potuto avvolgersi di LUCE, anche se è lecito supporre che, considerati i personaggi dei due critici, probabilmente le cose sarebbero andate allo stesso modo.
La magia, un pò come per "Alice" di Woody Allen, che la definiva l'unica chiave per sfuggire alla tristezza del mondo, è dunque qualcosa che intimorisce ed allo stesso tempo alletta Gabriele, quasi come presentisse che ha che ahe fare con un padre i cui meriti verranno capiti troppo tardi. Poi, è troppo facile (Anche qui) leggere una parabola della vita di Rubini, sia che si parli del figlio (La magia come chiave per uscire dal provincialismo e dalla noia), che dl padre (Gli artisti incompresi dai tromboni che dovrebbero stimolare il pubblico a capirne di più). Certo, valutando la sceneggiatura (Tanto per cambiare) bozzettistica e varie (e) semplificazioni, parzialmente anche nel rapporto tra padre e figlio, è facile capire le perplessità di Davide Turrini quando parla di cinema "Vurria ma non posso". Ma nel panorama asfittico del cinema di casa nostra, è comunque un film da non dimenticare, più della strombazzata Sicilia di "Baaria".
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paperino
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venerdì 30 settembre 2011
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ottima prova di rubini e del film italiano
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Attore estremamente espressivo e capace di trasformazioni fisiche incredibili ( penso al personaggio "cattivo" de " La terra" ) riesce sempre a riconsegnerci paplpabile l'atmosfera della sua terra, della vita di paese di un tempo con le sue ipocrisie e meschinità. Facile è l'accostamento a Tornatore che però si cimenta con film di più ampio respiro ( come la contestata " Baaria") la cui complessità e lunghezza possono finire coll'inficiare il risultato.
I film di Rubini sono più circostritti e incisivi, arrivano diritti al punto riuscendo però a delineare i caratteri dei personaggi. Anche l'indulgere a volte in stereotipi ( il bambino ciccione e mangione, Anna falchi vamp di provincia ) possono essere perdonati dal geniale ricorso alle " visioni" del piccolo protagonista che arricchiscono con un tocco di fantasia surreale l'andamento del film .
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Attore estremamente espressivo e capace di trasformazioni fisiche incredibili ( penso al personaggio "cattivo" de " La terra" ) riesce sempre a riconsegnerci paplpabile l'atmosfera della sua terra, della vita di paese di un tempo con le sue ipocrisie e meschinità. Facile è l'accostamento a Tornatore che però si cimenta con film di più ampio respiro ( come la contestata " Baaria") la cui complessità e lunghezza possono finire coll'inficiare il risultato.
I film di Rubini sono più circostritti e incisivi, arrivano diritti al punto riuscendo però a delineare i caratteri dei personaggi. Anche l'indulgere a volte in stereotipi ( il bambino ciccione e mangione, Anna falchi vamp di provincia ) possono essere perdonati dal geniale ricorso alle " visioni" del piccolo protagonista che arricchiscono con un tocco di fantasia surreale l'andamento del film .Forse l'unico appunto può essere mosso alla scena iniziale che dà inizio al flashback con il protagonista ormai cresciuto ed estraneo alla vita di paese ( molto " Nuovo cinema paradiso" ) riscattato però dal ripresentarsi della materializzazione di un desiderio di incontro col padre giovane per una riconciliazione attesa da troppo tempo. Proseguendo lungo la strada scelta dal padre il segreto sul vero Cézanne rimarrà tale per sempre, come la beffa ( De filippo ?....)
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alespiri
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sabato 26 dicembre 2009
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rubini/tornatore per un film ambizioso, ma...
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Rubini strizza un occhio a Tornatore indulgendo una volta di troppo su retoriche oleografiche, la musica di Piovani ci riporta in atmosfere de "La vita è bella". Il film non decolla e indugia compiaciuto di se tesso su sequenze di treni a vapore sempre uguali e che non portano da nessuna parte. La metafora del ritorno del figlio (di Rubini padre) al passato per "uccidere il padre" dentro di sè, così come da bambino, il protagonista, SCOPRì LA VERA NATURA DELL'UOMO NERO DA LUI TANTO TEMUTO, CI PORTA A CONSIDERARE CHE NULLA è FORSE COME SEMBRA; LA DISTANZA IN CUI CI PONE IL TEMPO CI DISVELA IL VERO, CHE APPARE CONSOLATORIO COME nEL FILM, MA A VOLTE PUò DARE COLPI ASSAI PIù DURI.
Rubini ha la mano del regista che sa trasmettere emozioni, deve trovare però una sua personalità ben definita.
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Rubini strizza un occhio a Tornatore indulgendo una volta di troppo su retoriche oleografiche, la musica di Piovani ci riporta in atmosfere de "La vita è bella". Il film non decolla e indugia compiaciuto di se tesso su sequenze di treni a vapore sempre uguali e che non portano da nessuna parte. La metafora del ritorno del figlio (di Rubini padre) al passato per "uccidere il padre" dentro di sè, così come da bambino, il protagonista, SCOPRì LA VERA NATURA DELL'UOMO NERO DA LUI TANTO TEMUTO, CI PORTA A CONSIDERARE CHE NULLA è FORSE COME SEMBRA; LA DISTANZA IN CUI CI PONE IL TEMPO CI DISVELA IL VERO, CHE APPARE CONSOLATORIO COME nEL FILM, MA A VOLTE PUò DARE COLPI ASSAI PIù DURI.
Rubini ha la mano del regista che sa trasmettere emozioni, deve trovare però una sua personalità ben definita.
Bella la fotografia e la sceneggiatura. Sorprendente il trucco. Bravi gli attori, un plauso particolare ai bambini che, in questo film, superano tutti.
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(di marezia)
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alespiri
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martedì 5 gennaio 2010
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rubini fa tornatore. un film ambizioso, ma...
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RECENSIONE RILETTA E RISCRITTA
Il film di Rubini, ambizioso nell’intento psicologico, indulge spesso su immagini oleografiche ed un po’ retoriche di un Italia che diventa lo stereotipo del sud di quegli anni. Le atmosfere sono chiaramente evocative di un taglio registico stile Tornatore e ricordano Baaria. La colonna sonora, a volte invadente, di Nicola Piovani (grande maestro, per carità!) ricorda troppo da vicino “la vita è bella”.
Il film non decolla e indugia compiaciuto di se stesso, perdendosi, a volte, nella ripetitività di alcune sequenze, come quella del treno a vapore.
Nel film corre un parallelismo tra padre e figlio e tra figlio e la figura dell’uomo nero.
La metafora nasce da un ritorno al passato del protagonista, in seguito alla morte del padre, proprio per rievocare la sofferenza e darle un giusto significato.
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RECENSIONE RILETTA E RISCRITTA
Il film di Rubini, ambizioso nell’intento psicologico, indulge spesso su immagini oleografiche ed un po’ retoriche di un Italia che diventa lo stereotipo del sud di quegli anni. Le atmosfere sono chiaramente evocative di un taglio registico stile Tornatore e ricordano Baaria. La colonna sonora, a volte invadente, di Nicola Piovani (grande maestro, per carità!) ricorda troppo da vicino “la vita è bella”.
Il film non decolla e indugia compiaciuto di se stesso, perdendosi, a volte, nella ripetitività di alcune sequenze, come quella del treno a vapore.
Nel film corre un parallelismo tra padre e figlio e tra figlio e la figura dell’uomo nero.
La metafora nasce da un ritorno al passato del protagonista, in seguito alla morte del padre, proprio per rievocare la sofferenza e darle un giusto significato. Il percorso a ritroso lo porterà ad “uccidere” la negatività della figura del padre, che, nella morte, si disvela nella sua vera essenza. Negatività che prende forma nella figura dell’”uomo nero”, appunto, da lui nell’infanzia molto temuta e che in realtà altro non era che un uomo buono.
Il film ci porta a considerare che nulla è come sembra e che a volte gli occhi di un bambino non possono capire la sofferenza dei grandi a meno che questi non abbiano la capacità di “essere in loro” conservando un nucleo di fanciullezza.
La distanza in cui ci pone il tempo a volte ci fa vedere le cose nella loro essenza.
La pellicola vorrebbe essere un’analisi di questo e di altro ma il finale, molto più spesso, non è così consolatorio come nel film. A volte certi traumi lasciano colpi assai più duri.
Rubini ha la mano del regista che sa trasmettere le emozioni ma ha il limite di volerle razionalmente analizzare. E, inoltre, denota una personalità registica non ancora ben definita.
Bellissima la fotografia, le scenografie, la sceneggiatura. Sorprendente il trucco.
Nell’ordinario la recitazione della Golino e di Scamarcio, molto meglio Rubini, ma un plauso particolare va ai bambini che, in questo film, superano tutti.
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[+] piovani
(di cantastorie)
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(di lunetta)
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[+] rubini e tornatore
(di robert1948)
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everyone
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domenica 3 gennaio 2010
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coincidenza singolare
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Del film dò un giudizio medio non troppo convicente la recitazione di alcuni interpreti in primis la Golino con a seguito il buon Scamarcio che non ha davvero la stoffa per un essere un Giannini dei giorni nostri..La mia curiosità si incentra invece sul tema trattato dal film essendo identico nella sostanza ed anche in alcuni particolari ad un'opera letteraria uscita alcuni anni fa ovvero "Via Gemito"di cui è autore Domenico Starnone vincitore del premio Strega 2001.Il caso ha voluto che lo stessi leggendo mentre mi recavo a vedere il film e mi ha sorpreso vedere svilupparsi sulle pagine e sulla pellicola le stesse dinamiche che Rubini e Starnone siano fratelli??? Un'opera, il film ,garbata sul filo della memoria di un bambino diventato adulto di successo in quanto allontanatosi da un contesto già troppo saturo della ingombrante presenza di un padre artista frustrato e incompreso ma capace di giocare ai suoi tronfi detrattori una bella beffa post mortem.
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