ninue
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martedì 2 marzo 2010
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quanto siamo lontani
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quanto siamo lontani noi cosidetti "civili e normali" dai sentimenti. E' un film sulla solidarietà fra i vinti dove le istituzioni non esistono dove per fortuna esiste ancora la pazienza, l'amore gratuito e la condivisione dei sogni.
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roberto simeoni
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domenica 28 febbraio 2010
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fra pasolini e van sant
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Una storia vera, una storia d'amore, raccontata attraverso i veri protagonisti che l'hanno vissuta. Lui, un emarginato, che ha vissuto ben quattordici anni in prigione, lei un transessuale, che ha trovato la forza di uscire dalla droga grazie all'amore per quest'uomo, duro, ma tenero dentro; infine Genova, la città dove la vicenda si svolge, la terza fondamentale protagonista. Film straordinario e inclassificabile, che oscilla fra il documentario e l'opera di finzione, con riprese dal vero e spezzoni di repertorio commentati dalle voci dei protagonisti e da una voce off esterna, che introduce e chiude la narrazione. Chiaramente ispirato dall'insegnamento di Pasolini, aggiornato dalle sperimentazioni del Van Sant più ispirato (Paranoid Park) e con imprevedibili echi linchyani (in certi momenti il film sembra un noir allucinato reso ancora più inquietante dalla consapevolezza che i personaggi sullo schermo sono veri, non attori che interpretano una parte) "La bocca del lupo" è un film ipnotico e affascinante, disturbante nel suo realismo, ma anche commovente nella sincerità del sentimento.
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Una storia vera, una storia d'amore, raccontata attraverso i veri protagonisti che l'hanno vissuta. Lui, un emarginato, che ha vissuto ben quattordici anni in prigione, lei un transessuale, che ha trovato la forza di uscire dalla droga grazie all'amore per quest'uomo, duro, ma tenero dentro; infine Genova, la città dove la vicenda si svolge, la terza fondamentale protagonista. Film straordinario e inclassificabile, che oscilla fra il documentario e l'opera di finzione, con riprese dal vero e spezzoni di repertorio commentati dalle voci dei protagonisti e da una voce off esterna, che introduce e chiude la narrazione. Chiaramente ispirato dall'insegnamento di Pasolini, aggiornato dalle sperimentazioni del Van Sant più ispirato (Paranoid Park) e con imprevedibili echi linchyani (in certi momenti il film sembra un noir allucinato reso ancora più inquietante dalla consapevolezza che i personaggi sullo schermo sono veri, non attori che interpretano una parte) "La bocca del lupo" è un film ipnotico e affascinante, disturbante nel suo realismo, ma anche commovente nella sincerità del sentimento.
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ondacinema
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domenica 21 febbraio 2010
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dritto nella storia del documentario italiano
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Il primo dei protagonisti della favola a lieto fine - questo, in fondo, è "La bocca del lupo" - ai chiama Enzo, il suo accento non può nascondere l'origine siciliana, le rughe sul volto tradiscono le difficoltà di un esistenza ai margini, lo sradicamento dalla propria terra, il duro lavoro manuale, soprattutto i lunghi anni trascorsi in carcere. E' qui che ha modo di conoscere Mary, rinchiusa in una sezione apposita, perché quelli come lei non vengono messi né con gli uomini né con le donne. I due si innamorano presto, si frequentano nelle ore d'aria, comunicano attraverso nastri registrati che diverranno preziosissimi per il regista che avrà deciso di ripercorrere la loro vicenda quando lei, dopo aver pazientemente atteso per tanti anni, potrà ricongiungersi in libertà con il suo amato.
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Il primo dei protagonisti della favola a lieto fine - questo, in fondo, è "La bocca del lupo" - ai chiama Enzo, il suo accento non può nascondere l'origine siciliana, le rughe sul volto tradiscono le difficoltà di un esistenza ai margini, lo sradicamento dalla propria terra, il duro lavoro manuale, soprattutto i lunghi anni trascorsi in carcere. E' qui che ha modo di conoscere Mary, rinchiusa in una sezione apposita, perché quelli come lei non vengono messi né con gli uomini né con le donne. I due si innamorano presto, si frequentano nelle ore d'aria, comunicano attraverso nastri registrati che diverranno preziosissimi per il regista che avrà deciso di ripercorrere la loro vicenda quando lei, dopo aver pazientemente atteso per tanti anni, potrà ricongiungersi in libertà con il suo amato.
Insieme a Mary ed Enzo, però, è protagonista anche la città teatro della loro passione. La Genova che vediamo è la stessa cantata da Fabrizio De André, coi suoi vicoli malfamati, la prostituzione, le fabbriche sempre più dismesse, le persone scelte oculatamente tra le vittime della società contemporanea. Ma l'apertura e la chiusura a Quarto dei Mille allargano idealmente lo sguardo a tutte le regioni italiane di origine dei nuovi cittadini della Lanterna; anche se le facce scure che talvolta scorgiamo ci suggeriscono che un porto così importante è l'approdo delle culture più disparate, ben oltre i confini nazionali.
Marcello, che cura anche la fotografia, sa immortalare la città con colori lividi dal grande fascino, ma è altrettanto abile a lavorare sul tempo e sulla narrazione. La vicenda è svelata per gradi, solo a film ampiamente inoltrato, ma è necessario mettere insieme gli indizi che sono stati fin lì seminati, che comprendono anche un vasto materiale di repertorio, mentre una voce over colloca poeticamente storia e personaggi (tuttora viventi) in quella simbolica era passata già richiamata dal titolo, tratto da un romanzo tardo ottocentesco di Remigio Zena. La lunga inquadratura frontale, macchina fissa, quasi senza stacchi, è infine il regalo più bello fatto ai due protagonisti, che finalmente possono, uno a fianco all'altra, parlare di loro e di ciò che vogliono senza la mediazione del cinema.
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lella53
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sabato 20 febbraio 2010
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pieno merito...
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Davvero meritati questi premi per un film molto particolare e prezioso per il nostro cinema. Spero non siano finiti qui i riconoscimenti e ulteriori complimenti a tutta la troupe del film che ha saputo regalare immagini e momenti rari di cinematografia.
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domenico a
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sabato 20 febbraio 2010
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cinema antico e modernissimo
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Vedere questo docu-film è come essere folgorati sulla via di Damasco. E’ come entrare nelle viscere di un certo mondo sia esistenziale che culturale. Siamo nei carrugi di Genova, al termine del mondo perché un mondo esiste. Un viaggio al centro della Terra, fatto da esseri marginali, puri nella loro immediatezza senza alcun archetipo di sovrastruttura, bisognosi di quell’affetto e di quella solidarietà che nessun mondo borghese può chiedere o sa pretendere più. Siamo in quello stesso perimetro di Terra che ha cantato in direzione ostinata e contraria De Andrè con le sue Anime Salve, che abbiamo letto nei libri di Genet e di Franco Fortini, che abbiamo trovato ( in questo caso senza ideologie culturali ) nel pensiero di Pasolini e nelle poesie di Victor Cavallo, che cinematograficamente ci ricorda l’interezza morale di Straub e Danielle Huillet, di Nico D’Alessandria de “ L’Imperatore di Roma “, ma anche del Wenders pentito de “ Il Cielo sopra Berlino “ e parafrasando il suo autore-sceneggiatore Handke “ … Quando l’uomo era uomo era il tempo di queste domande… “.
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Vedere questo docu-film è come essere folgorati sulla via di Damasco. E’ come entrare nelle viscere di un certo mondo sia esistenziale che culturale. Siamo nei carrugi di Genova, al termine del mondo perché un mondo esiste. Un viaggio al centro della Terra, fatto da esseri marginali, puri nella loro immediatezza senza alcun archetipo di sovrastruttura, bisognosi di quell’affetto e di quella solidarietà che nessun mondo borghese può chiedere o sa pretendere più. Siamo in quello stesso perimetro di Terra che ha cantato in direzione ostinata e contraria De Andrè con le sue Anime Salve, che abbiamo letto nei libri di Genet e di Franco Fortini, che abbiamo trovato ( in questo caso senza ideologie culturali ) nel pensiero di Pasolini e nelle poesie di Victor Cavallo, che cinematograficamente ci ricorda l’interezza morale di Straub e Danielle Huillet, di Nico D’Alessandria de “ L’Imperatore di Roma “, ma anche del Wenders pentito de “ Il Cielo sopra Berlino “ e parafrasando il suo autore-sceneggiatore Handke “ … Quando l’uomo era uomo era il tempo di queste domande… “. E’ un film duro, rigorosissimo, senza concessioni e quindi poetico e folle; amorevole nei confronti dei protagonisti come solo Tod Browning. con Freaks è riuscito a rendere. Dopo aver visto questo docu-film anche i migliori film italiani di questa decade ci sembrano prodotti confezionati e cellofanati che sanno un po’ di plastica.
Il racconto si svolge nel labirinto dei carrugi del porto di Genova, tra la Croce Bianca, via Pré, via del Campo e Sottoripa, vicoli antichi di un posto che non sarà mai moderno e dove anche il Novecento non sembra ancora giunto. Fortificato da splendide immagini di repertorio che la montatrice Sara Fgaier ha scelto anche con la collaborazione dell'Archivio storico Ansaldo e di molti documentari d’epoca. La storia è quella di un amore forte e intenso tra due “ irregolari “ che si sono conosciuti in carcere, uno ha aspettato l’altro per dieci anni nella speranza di un futuro assieme. I due protagonisti, che vedremo l’uno accanto all’altra solo nel finale del film come nella vita reale, nell’intervista-confessione, sono Vincenzo, un catanese che ha passato ventisette anni in carcere e Mary anche lei in carcere nella sezione transessuali. Si sono aspettati e voluti sin dal tempo del loro primo incontro dietro le sbarre, quando ancora si mandavano bigliettini e messaggi registrati su cassette di straforo. La terza protagonista assoluta è Genova, barbarica e splendente, quasi testimone e complice del loro amore e del loro destino. Con una voce in off e con molte fratture spazio-tempo seguiamo l’oggi dei due protagonisti, vivono entrambi liberi, spensierati e innamorati; sereni nel confronto della vecchiaia che sta per sopraggiungere e abbastanza riconciliati con i loro passati burrascosi e sventurati. Intorno a loro il mondo semplice e disgregato degli emarginati visti con amorevole oggettività e senza alcun accenno di giudizio positivo o negativo che sia.
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francesco2
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giovedì 18 febbraio 2010
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gaudino,gritti e poi.........
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Facendo un paragone(Gratuito?) tra questo filmetto, imperfettissimo ma viscerale e non privo di spunti di riflesione,e i "Giri di luna" di Gaudino, sarebbe interessante
rilevare analogie e differenze tra due sguardi interessati a non perdere la memoria del(nostro)passato.
Quanto sottolineavo poc'anzi è motivato dal fatto che le analogie tra i due film si esauriscono qui(Ma è così poco?).Cioé, nell'essere consapevoli che la Storia è un "Flusso unico"(Non necessariamente un'orologio che ritorna su sé stesso, come nel notevole "Prima della pioggia"), e per capire meglio non solo i grandi temi esisteniali sociali, ma le piccole(Storie) di ciascuno di noi, perdere il senso di ciò che siamo stati è un lusso che non possiamo permetterci.
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Facendo un paragone(Gratuito?) tra questo filmetto, imperfettissimo ma viscerale e non privo di spunti di riflesione,e i "Giri di luna" di Gaudino, sarebbe interessante
rilevare analogie e differenze tra due sguardi interessati a non perdere la memoria del(nostro)passato.
Quanto sottolineavo poc'anzi è motivato dal fatto che le analogie tra i due film si esauriscono qui(Ma è così poco?).Cioé, nell'essere consapevoli che la Storia è un "Flusso unico"(Non necessariamente un'orologio che ritorna su sé stesso, come nel notevole "Prima della pioggia"), e per capire meglio non solo i grandi temi esisteniali sociali, ma le piccole(Storie) di ciascuno di noi, perdere il senso di ciò che siamo stati è un lusso che non possiamo permetterci.Con o senza una presunzione di fondo, sia Gaudino sia questo regista sembrano dunque prendere le distanze dal cinema italiano ove in esso sia presente la rimozione sia ad ampio raggio, nella misura in cui la dimensione tragica viene ignorata(Si veda De Bernardinis su "Segnocinema",annata 98-99),sia relativamente alla storia narrata, che nel durante e nel dopo o regala(?))ieti fine o non è capace di elaborare una "Concezione del dolore", come scrisse Gadda.
Ove però questo film stecca è nel continuare, per quanto senza ipocrisie autocompiaciute, a dipingere i meridionali come de "Viscerali anima e core", degli omoni con baffi grandi così pronti a rompere il muso per la bella, peraltro un transessuale la cui vicenda non assume toni caricaturali ma non viene sicuramente approfondita(Ben diverso secondo me ea lo sguardo di "Transmerica").Da questo punto di vista, "Totò che visse due volte"e"Gomorra" mostrano con efficacia diversa un Sud spogliato di se stesso, ma allo stesso tempo non abbastanza.Cioé, anziché ritagliare una storia (Pre)vista di emarginazione e degrado dipingono con apparente distacco un quadro corale già forse irremediabilmente condannato, in cui la macchina da presa raffigura un vuoto(Morale, materiale, insomma di tutto), i cui protagonisti sembrano dei fantasmi che sopravvivono persino a sé stessi, come anche i protagonisti di alcuni film del portoghese Costa("Ossos", "No cuarto de Vanda").
Se invece questo film è un esempio(Così comune?) di lieto fine senza stupidità, il rischio è lo stesso di"Nuovomondo", dove il trapasso(Geografico, temporale), non interessava le SITUAZIONI e le FORME consuete, col rischio di non condannare il Sud(Chi scrive è palermitano), ma di non redimerlo neanche, dato che come scriveva il compianto Buccheri, "L'unico PROGRESSO politico concesso all'Arte è quello di rinnovare le forme consuete".
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martedì 16 febbraio 2010
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la storia con la esse minuscola
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Come spesso succede, le storie più reali, a contatto con l’uomo e con la terra, col mare e con la strada, sono quelle che più chiamano alla sperimentazione. In questo modo si riconosce che la vita di ogni uomo, e al tempo stesso il sudore o la sofferenza di un popolo o di una classe, per essere raccontati hanno bisogno di vera passione, e della capacità del cinema di farsi linguaggio complesso, per raccontare tutto quel che c’è dietro un volto o un paesaggio (post)industriale.
La Bocca del Lupo parla attraverso i filmati della Genova del ‘900, dove si ritrovano scene di lavoro operaio che ricordano la frenesia di Vertov, e anche di vita rurale, cittadina, e naturalmente tuffi nelle acque livide del mare.
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Come spesso succede, le storie più reali, a contatto con l’uomo e con la terra, col mare e con la strada, sono quelle che più chiamano alla sperimentazione. In questo modo si riconosce che la vita di ogni uomo, e al tempo stesso il sudore o la sofferenza di un popolo o di una classe, per essere raccontati hanno bisogno di vera passione, e della capacità del cinema di farsi linguaggio complesso, per raccontare tutto quel che c’è dietro un volto o un paesaggio (post)industriale.
La Bocca del Lupo parla attraverso i filmati della Genova del ‘900, dove si ritrovano scene di lavoro operaio che ricordano la frenesia di Vertov, e anche di vita rurale, cittadina, e naturalmente tuffi nelle acque livide del mare. Il regista Pietro Marcello riesce ad integrare le immagini con le sue riprese originali, montando la pellicola rovinata e sovraesposta accanto agli arancioni di un tramonto, o il grigio di grossi massi accostato ai colori smorti di alcuni scorci genovesi. La Bocca del Lupo parla ricostruendo la storia di Enzo, siciliano emigrato a Genova da piccolo, col padre venditore di accendini e di sigarette di contrabbando. Gran parte della storia che si vede nei filmati di repertorio, Enzo l’ha vissuta in carcere, divenendo estraneo ad un mondo che si evolve durante le sue assenze. In prigione ha conosciuto Mary, un transessuale, e nella loro eccezionalità non desiderano altro che la realizzazione di una vecchiaia tranquilla e “banale”. La Bocca del Lupo parla con i versi di una voce narrante, con le voci rovinate e dignitose di Enzo e Mary, e con i silenzi, che contribuiscono alla realizzazione di un’atmosfera sospesa, spesso eterea rispetto alla concretezza e la durezza di quel che il film mostra e racconta. È difficile rendere, con le parole, come La Bocca del Lupo sia un realtà un film diverso rispetto a quanto poche righe di sinossi possano lasciar credere: un film assolutamente e a volte ostentatamente artefatto (fino a sentire il bisogno, in una scena, d'uscire dalla finzione, scoprendola e accentuandola), che costruisce attentamente immagini, ma cerca anche manie ed espressioni spontanee, raggiungendo una sincerità che, però, non è mai improvvisazione o pura testimonianza, quanto costruzione di un documento sul tempo, sugli emarginati, sulla sofferenza e la speranza, e, finalmente, sulla storia con la esse minuscola. slowfilm.splinder.com
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g_andrini
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martedì 16 febbraio 2010
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bello!
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Descrive con ironia la vita. A tratti è suggestivo, bravissimo il protagonista. Molto bella la fotografia, e il dettaglio dei personaggi è reso bene. Consiglio personale, dateci una occhiata.
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alespiri
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martedì 16 febbraio 2010
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il sogno è sempre
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Film documento suggestivo ed emozionante. Dal fondo di un'emarginazione che sembra inghiottire tutto, come la bocca di un vorace lupo, si erge un amore che attraversa le "miserie" del tempo. Coraggioso e diretto, costruisce la sua forza narrativa nel racconto verità di Enzo, pluriomicida e Mary, trans eroinomane. Un amore che nasce in carcere e vive di un sogno: un giorno abitare insieme in una casa in campagna, con i cagnolini e un orto di cui prendersi cura. E farsi forza l'un l'altro nelle difficoltà della vita.
Le immagini sono evocative, a volte struggenti nel montaggio nostalgico di filmati di repertorio, che danno al film un taglio realistico ma anche poetico con la voce narrante che ci conduce nei i vicoli, tra passato e presente, di una Genova degradata e miserabile, da cui trasuda però un fascino che incanta.
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Film documento suggestivo ed emozionante. Dal fondo di un'emarginazione che sembra inghiottire tutto, come la bocca di un vorace lupo, si erge un amore che attraversa le "miserie" del tempo. Coraggioso e diretto, costruisce la sua forza narrativa nel racconto verità di Enzo, pluriomicida e Mary, trans eroinomane. Un amore che nasce in carcere e vive di un sogno: un giorno abitare insieme in una casa in campagna, con i cagnolini e un orto di cui prendersi cura. E farsi forza l'un l'altro nelle difficoltà della vita.
Le immagini sono evocative, a volte struggenti nel montaggio nostalgico di filmati di repertorio, che danno al film un taglio realistico ma anche poetico con la voce narrante che ci conduce nei i vicoli, tra passato e presente, di una Genova degradata e miserabile, da cui trasuda però un fascino che incanta. Città di mare, porto che allontana ed avvicina, luogo di addii e d'incontri che ci invita, nonostante tutto, alla speranza triste di un'ultima accoglienza, come riparo dal resto che la vita non può più offrire.
P. S. : un grazie a mymovies per averci dato questa opportunità originale ed intrigante della visione in streaming del film, in prima assoluta. E' stato come costruire un ponte dal virtuale verso la possibilità di vivere emozioni dirette, interattive con gli altri spettatori, coinvolti in quest'evento e raccolti in una websala dove si poteva "guardare" e "sentire" anche l'energia di chi ti stava accanto.
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laulilla
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martedì 16 febbraio 2010
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una bella e poetica storia d'amore
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Queste sono le prime impressioni, dopo l'anteprima di questa sera su My movies, ma mi riprometto di vedere il film anche sul grande schermo, perché la visione al computer lo ha certamente penalizzato.
E' davvero una "cronaca di poveri amanti", quella girata da Pietro Marcello in una Genova popolata da umilissimi personaggi, uomini e donne marginali che prospettano l'altra faccia della città ricca e turistica dal nobile e signorile passato di regina del mare. In una realtà urbana alquanto squallida si situa la storia vera dell'amore fra Enzo, dal vissuto violento che gli è costato ventisette anni di galera, e Mary, transessuale dolcissima, che lo ha conosciuto in carcere, dove scontava una pena più lieve per reati legati a un' apparentemente invincibile tossico-dipendenza.
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Queste sono le prime impressioni, dopo l'anteprima di questa sera su My movies, ma mi riprometto di vedere il film anche sul grande schermo, perché la visione al computer lo ha certamente penalizzato.
E' davvero una "cronaca di poveri amanti", quella girata da Pietro Marcello in una Genova popolata da umilissimi personaggi, uomini e donne marginali che prospettano l'altra faccia della città ricca e turistica dal nobile e signorile passato di regina del mare. In una realtà urbana alquanto squallida si situa la storia vera dell'amore fra Enzo, dal vissuto violento che gli è costato ventisette anni di galera, e Mary, transessuale dolcissima, che lo ha conosciuto in carcere, dove scontava una pena più lieve per reati legati a un' apparentemente invincibile tossico-dipendenza. L'innamoramento è vero e profondo, di quelli destinati a cambiare la vita, tanto che entrambi, riuscendo a trovare un senso alle loro rispettive esistenze, riescono a reinserirsi nella società, certamente migliorati. Mary lo ha atteso per molti lunghi anni, gli ha registrato messaggi in cui egli potesse, udendo la sua voce, trovare la forza per resistere alla desolazione del carcere e del tempo che che non passa mai, ha viaggiato in lungo e in largo per la penisola, in modo che la sua presenza non gli venisse a mancare. Ora che sono insieme, finalmente, affrontano le numerose difficoltà che ogni giorno la vitapresenta loro, con la serenità che il reciproco sostegno permette, dispensando amore anche a tre affettuosissimi e deliziosi cagnolini.
Il film si avvale di una eccellente fotografia dei quartieri degradati, a cui si alternano spezzoni di film amatoriali della Genova d'un tempo che va dai primi anni del 1900 alla fine del secolo scorso, cosicché è probabilmente, almeno a parer mio, la città di Genova, con la sua storia, la protagonista del film, quella che ancora conserva le tracce del suo passato soprattutto nella memoria custodita dalle vecchie pellicole.
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[+] ho rivisto il film e aggiungo
(di laulilla)
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