daniela
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venerdì 6 novembre 2009
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il bene e il male.
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Una violenza misteriosa s'insinua nelle casette del villaggio, levita nei cortili spogli e aleggia nelle radure, sale fino a lambire le fronde di alberi generosi, che incorniciano stupendamente un paesaggio luminoso e raggelato. Il film è tutto percorso da questa minaccia vibrante, gravida nelle premesse e con precisione matematica risolta in ogni scena. Poichè nessuna relazione umana all'interno del perimetro dato è esente da paure, rivalsa e sordida acquiescenza. Tutti, tranne il giovane maestro e la sua promessa sposa, recano i germi di una sopraffazione antica, che nasce solo in parte dalla necessità. Haneke ci dice che il male ed il bene, per quanto a volte difficili da distinguere, allignano nell'essere umano fin dalla primissima infanzia e sono un dato ontologico prima che ambientale.
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Una violenza misteriosa s'insinua nelle casette del villaggio, levita nei cortili spogli e aleggia nelle radure, sale fino a lambire le fronde di alberi generosi, che incorniciano stupendamente un paesaggio luminoso e raggelato. Il film è tutto percorso da questa minaccia vibrante, gravida nelle premesse e con precisione matematica risolta in ogni scena. Poichè nessuna relazione umana all'interno del perimetro dato è esente da paure, rivalsa e sordida acquiescenza. Tutti, tranne il giovane maestro e la sua promessa sposa, recano i germi di una sopraffazione antica, che nasce solo in parte dalla necessità. Haneke ci dice che il male ed il bene, per quanto a volte difficili da distinguere, allignano nell'essere umano fin dalla primissima infanzia e sono un dato ontologico prima che ambientale. Ma è certo che l'asfittica educazione e la legge delle apparenze, ancorate agli stereotipi che reggono la comunità, ne amplificano la portata e ne distorcono in modo aberrante le conseguenze. Haneke ci dice che ogni gruppo stabile di umani, a partire dalla famiglia, è una miscela esplosiva, un coacervo di aggressività e nefandezze. Ci dice che l'uomo è un animale sociale ad alto rischio di aberrazione, che l'esistenza è disseminata di trappole e che una società conservatrice e perbenista cela ed alimenta in pari misura fantasmi spaventevoli. Ci dice che la paura, di un tipo o di un altro, è una costante e determina i comportamenti interagendo con l'esattezza di un enzima. Ci dice che i mostri non nascono dall'oggi al domani, ma sono embrioni che allignano ed evolvono in specifici brodi di coltura e la responsabilità è collettiva non meno che individuale.
Ineccepibili il cast e la fotografia, superbo il taglio delle inquadrature, meno riuscita la sceneggiatura nella parte finale. Risolve troppo velocemente il mistero, che naturalmente non ammette spiegazioni facili, ma che proprio per questo avrebbe dovuto essere tenuto con una nota alta e lunga e non precipitare in un baleno.
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ciccio capozzi
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giovedì 5 novembre 2009
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un segno rigoroso, lontano da dio
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“IL NASTRO BIANCO” di MICHAEL HANEKE; ITA-FRA-GER-AUSTRIA; 09. Germania, vigilia della I Guerra: in una comunità agricola apparentemente serena e ligia alle tradizioni, succedono episodi misteriosi in un crescendo di violenza. Palma D’Oro a Cannes 09, è un’opera costruita con un rigore visuale austero. Il suo bianco e nero (che in realtà è un colore “desaturato”), richiama con decisione un clima culturale, più che una scenografia, di carattere religioso. E’ un protestantesimo rigido, freddo, che solo nella sua sadica e crudele esteriorità si rifà a Dreyer: per il resto è una componente intimamente violenta di educazione di massa all’ipocrisia e alla dissimulazione. Pur non essendo un film horror, ma un’opera di forte impianto civile e storico, costruisce entro il suo spazio vitale, un’atmosfera sospesa di orrore e di paura.
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“IL NASTRO BIANCO” di MICHAEL HANEKE; ITA-FRA-GER-AUSTRIA; 09. Germania, vigilia della I Guerra: in una comunità agricola apparentemente serena e ligia alle tradizioni, succedono episodi misteriosi in un crescendo di violenza. Palma D’Oro a Cannes 09, è un’opera costruita con un rigore visuale austero. Il suo bianco e nero (che in realtà è un colore “desaturato”), richiama con decisione un clima culturale, più che una scenografia, di carattere religioso. E’ un protestantesimo rigido, freddo, che solo nella sua sadica e crudele esteriorità si rifà a Dreyer: per il resto è una componente intimamente violenta di educazione di massa all’ipocrisia e alla dissimulazione. Pur non essendo un film horror, ma un’opera di forte impianto civile e storico, costruisce entro il suo spazio vitale, un’atmosfera sospesa di orrore e di paura. E lo fa senza eccedere minimamente in enfasi, solo narrando la piana linearità dei fatti, ma lasciando chiare tracce di tutte le congetture realisticamente ipotizzabili. Così, sembra dire il regista, si sono educati alla crudeltà collettiva quei ragazzini, in realtà vittime e poi carnefici, prossimi nazisti. Essi stanno infatti attraversando il tunnel della I Guerra Mondiale, che distruggerà quell’apparente pace campestre. Il film riecheggia, con sensibilità figurativa molto del grande cinema tedesco degli anni venti e trenta prima di Hitler.
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marezia
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mercoledì 4 novembre 2009
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troppo didascalico per coinvolgere davvero
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Ho riflettuto e devo dire che il film non mi ha fatta impazzire perché nonostante la bellezza visiva della forma (recitazione, regia e fotografia come ha puntualizzato pipay) manca nella sostanza del guizzo da horror che determinati momenti avrebbero richiesto. E qui sorge la domanda: perché? E' una scelta voluta o no? A me ha dato l'impressione di un racconto paradigmatico, di una parabola vera e propria e quindi propendo per la prima ipotesi: il male è spesso silenzioso e ha un volto rassicurante, in genere non fa rumore se non quando esplode ma in un piccolo villaggio come in una metropoli capita che si dimentichi il giorno dopo e lasci il posto al prossimo... che peccato, però. Manca il senso del mistero, il pathos che ho visto per esempio ne "Il buio oltre la siepe", altro film in bianco e nero pure con voce narrante.
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Ho riflettuto e devo dire che il film non mi ha fatta impazzire perché nonostante la bellezza visiva della forma (recitazione, regia e fotografia come ha puntualizzato pipay) manca nella sostanza del guizzo da horror che determinati momenti avrebbero richiesto. E qui sorge la domanda: perché? E' una scelta voluta o no? A me ha dato l'impressione di un racconto paradigmatico, di una parabola vera e propria e quindi propendo per la prima ipotesi: il male è spesso silenzioso e ha un volto rassicurante, in genere non fa rumore se non quando esplode ma in un piccolo villaggio come in una metropoli capita che si dimentichi il giorno dopo e lasci il posto al prossimo... che peccato, però. Manca il senso del mistero, il pathos che ho visto per esempio ne "Il buio oltre la siepe", altro film in bianco e nero pure con voce narrante. Detto questo, io l'Oscar lo darei oggi con ancor maggior convinzione di ieri a "Baarìa", i giurati non lo so... (perché questo è il titolo più quotato).
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[+] ciao marezia
(di pipay)
[ - ] ciao marezia
[+] concordo, a parte baaria
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[+] già che ci sono, dal morandini:
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[+] non è del tutto vero.
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[+] senza farne una questione di lana caprina
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tritono
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mercoledì 4 novembre 2009
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grazie crisafi
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Caro Andrew, la ringrazio per la cortese risposta. Tra l' altro e' piacevole vedere che anche in questo forum si possano opporre opinioni senza passare agli insulti o alla derisione. Complimenti anche a lei: non e' frequente sentire tradurre "tritono" in "quarta eccedente" con tanta naturalezza. Nell'inesorabile intrico di bene e male di quella Germania, questo tipo di coscienza musicale era piuttosto diffusa. Purtroppo, qualcuno, tra l'intonazione di una quarta eccedente e la sua risoluzione più o meno ritardata sentiva il bisogno di tendere cordicelle invisibili ai cavallerizzi!
[+] scusate, ho sbagliato formato
(di tritono)
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pipay
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martedì 3 novembre 2009
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capolavoro mancato. e il nazismo è lontano...
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Il film è straordinario per quel che riguarda regia, fotografia, recitazione. Ma si tratta di un lavoro frammentario, irrisolto, che alla fine risulta quasi inutile e produce una certa delusione nello spettatore. Peccato, perché gli ingredienti per fare un'opera di un certo valore c'erano davvero tutti. E il regista non manca di talento. Sa rendere benissimo le tensioni, gli attriti, i misteri, le inquietudini, le invidie, i moti più reconditi dell'animo umano. Da un microcosmo, individuabile in un paesino della Germania prima della Grande guerra, il film fa affiorare tutti gli errori e gli orrori che serpeggiano nel macrocosmo della vita. Ma il film poteva, anche per questo, essere ambientato ovunque: in Germania come in Inghilterra; in Francia come in Austria.
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Il film è straordinario per quel che riguarda regia, fotografia, recitazione. Ma si tratta di un lavoro frammentario, irrisolto, che alla fine risulta quasi inutile e produce una certa delusione nello spettatore. Peccato, perché gli ingredienti per fare un'opera di un certo valore c'erano davvero tutti. E il regista non manca di talento. Sa rendere benissimo le tensioni, gli attriti, i misteri, le inquietudini, le invidie, i moti più reconditi dell'animo umano. Da un microcosmo, individuabile in un paesino della Germania prima della Grande guerra, il film fa affiorare tutti gli errori e gli orrori che serpeggiano nel macrocosmo della vita. Ma il film poteva, anche per questo, essere ambientato ovunque: in Germania come in Inghilterra; in Francia come in Austria. Mi sembra quindi davvero una incredibile forzatura individuare nei bambini e nei ragazzi che troviamo in questa storia i futuri aguzzini militari tedeschi. E' una tesi che proprio non condivido...
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[+] una domanda, però:
(di marezia)
[ - ] una domanda, però:
[+] a marezia
(di luana)
[ - ] a marezia
[+] sinceramente no.
(di marezia)
[ - ] sinceramente no.
[+] quanto a pipay,
(di marezia)
[ - ] quanto a pipay,
[+] p.s.
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[+] infine,
(di marezia)
[ - ] infine,
[+] forse, azzardo
(di luana)
[ - ] forse, azzardo
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(di marezia)
[ - ] sai perché?
[+] p.s.
(di marezia)
[ - ] p.s.
[+] ops!
(di marezia)
[ - ] ops!
[+] sì
(di luana)
[ - ] sì
[+] ehhh... quante chiacchiere
(di pipay)
[ - ] ehhh... quante chiacchiere
[+] sto arrivando, pipay e ti sorprenderò.
(di marezia)
[ - ] sto arrivando, pipay e ti sorprenderò.
[+] eh bravo pipay
(di luana)
[ - ] eh bravo pipay
[+] ha ragione pipay:lo conferma l'autore
(di tritono)
[ - ] ha ragione pipay:lo conferma l'autore
[+] iniziavo a preoccuparmi
(di ralphscott)
[ - ] iniziavo a preoccuparmi
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tritono
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lunedì 2 novembre 2009
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poche idee e tanto fumo
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Il pastore severissimo, la neve (apparentemente!) segno di serenità, il barone sfruttatore e populista, sua moglie insoddisfatta, i bambini tanto bravi a cantare i corali di Bach quanto ad ordire alcune crudeltà, tanti silenzi, tanto buio, e poi... i titoli che non si vedono se non aguzzando gli occhi. Basta come armamentario di espedienti, luoghi comuni, e strizzate d'occhio ad altre creatività, ammirate forse dall' aurore ma certo non possedute? Un film di maniera, della maniera un po' snob e confusionaria che non è infrequente vedere sugli schermi negli ultimi anni, tipo, per fare un nome il Moretti su Beethoven, o l'ultimo Coppola che fa i viaggi nel tempo. Dev'essere la tentazione degli autori (anche grandi e grandissimi) temporaneamente a corto di idee, quella di fare un collage delle (proprie recondite) sensazioni e tentare di venderlo per cosa ispiratissima.
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Il pastore severissimo, la neve (apparentemente!) segno di serenità, il barone sfruttatore e populista, sua moglie insoddisfatta, i bambini tanto bravi a cantare i corali di Bach quanto ad ordire alcune crudeltà, tanti silenzi, tanto buio, e poi... i titoli che non si vedono se non aguzzando gli occhi. Basta come armamentario di espedienti, luoghi comuni, e strizzate d'occhio ad altre creatività, ammirate forse dall' aurore ma certo non possedute? Un film di maniera, della maniera un po' snob e confusionaria che non è infrequente vedere sugli schermi negli ultimi anni, tipo, per fare un nome il Moretti su Beethoven, o l'ultimo Coppola che fa i viaggi nel tempo. Dev'essere la tentazione degli autori (anche grandi e grandissimi) temporaneamente a corto di idee, quella di fare un collage delle (proprie recondite) sensazioni e tentare di venderlo per cosa ispiratissima.
Raccontare storie è difficile, e allora qialcuno sceglie una sua piccola forma di saggio, magari, come in questo caso, strizzando l'occhio alla psicologia o alla Storia .(Ma che pretesa, anche questa, di spiegarci le origini del Male Tedesco con due penellate di bianco e nero! Neanche fossero Tiziano e El Greco! Che presunzione certi cineasti! E che dire di quei critici, anch'essi ovviamente ispratissimi, che --ovviamente col senno di poi--- vedono in ordinarie crudeltà adolescenziali nientemeno che i segni del nacsente disastro nazista?!).
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[+] un film superficiale acclamato dalla critica
(di tatok)
[ - ] un film superficiale acclamato dalla critica
[+] refuso: baricco, non moretti
(di tritono)
[ - ] refuso: baricco, non moretti
[+] nastro bianco e nazismo
(di gulyo)
[ - ] nastro bianco e nazismo
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(di krikri)
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[+] ricordo del dottore
(di hollow)
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[+] ma che stai a dì?
(di mareverticale)
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tatok
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domenica 1 novembre 2009
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le semplicistiche radici del nazismo
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Il film si sviluppa attraverso una splendida
fotografia in bianco e nero, in bilico tra il tentativo
non riuscito di dare basi sociali e filosofiche alla
nascita del nazismo ed una incoerente trama da film "noir".
Innumerevoli dettagli e circostanze dovrebbero fornire
il tessuto di un giallo accattivante e nascosto e così
inducono lo spettatore all'inutile ricerca di un
filo logico complessivo. Dall'altra parte, la semplicistica
assunzione che il nazismo sia nato a causa dell'educazione
estrema e rigida di pastori protestanti in preda a deliri
mistici non convince e fa piombare il contenuto del film
nella paccottiglia delle interpretazioni pseudo filosofiche
di eventi e situazioni in realtà molto complessi e ancora oggi
irrisolti.
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Il film si sviluppa attraverso una splendida
fotografia in bianco e nero, in bilico tra il tentativo
non riuscito di dare basi sociali e filosofiche alla
nascita del nazismo ed una incoerente trama da film "noir".
Innumerevoli dettagli e circostanze dovrebbero fornire
il tessuto di un giallo accattivante e nascosto e così
inducono lo spettatore all'inutile ricerca di un
filo logico complessivo. Dall'altra parte, la semplicistica
assunzione che il nazismo sia nato a causa dell'educazione
estrema e rigida di pastori protestanti in preda a deliri
mistici non convince e fa piombare il contenuto del film
nella paccottiglia delle interpretazioni pseudo filosofiche
di eventi e situazioni in realtà molto complessi e ancora oggi
irrisolti. Anche in questo tentativo il regista ne esce sconfitto,
poichè non riesce a dare profondità psicologica e vita
ai suoi personaggi. Rimangono solo belle inquadrature
dei visi un pò stereotipati di un ottimo cast.
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[+] io non userei l'aggettivo semplicistico.
(di marezia)
[ - ] io non userei l'aggettivo semplicistico.
[+] semplicistico, assolutamente d'accordo
(di tritono)
[ - ] semplicistico, assolutamente d'accordo
[+] sei stato severo
(di ralphscott)
[ - ] sei stato severo
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sassolino
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sabato 31 ottobre 2009
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un incubo in bianco e nero
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C'e' un bellissimo inizio nel film di Haneke, o forse dovremmo dire nell'infanzia di Haneke; un cavallo che corre soave e leggiadro in una gelida campgna austriaca, d'improvviso una fune invisibile ne rompe l'incanto, interrompendone la cavalcata felice e dando inizio a un vero e proprio incubo in bianco e nero.
A poco a poco, nella neve agghiacciante e perenne si sbroglia la matassa di moralismi e perbenismi, si scopre che nel piccolo villaggio di fede luterana tutto non è come sembra.
A partire dal subdolo dottore, padre incestuoso e amante cinico, proseguendo con il barone, incapace in tutta la sua aristocratica ricchezza di dare un affetto vero a moglie e figlio.
Ma la figura più inquietante sembra essere quella del pastore, uomo complesso, costretto a una rigidità permanente, forse per nascondere problemi più grossi.
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C'e' un bellissimo inizio nel film di Haneke, o forse dovremmo dire nell'infanzia di Haneke; un cavallo che corre soave e leggiadro in una gelida campgna austriaca, d'improvviso una fune invisibile ne rompe l'incanto, interrompendone la cavalcata felice e dando inizio a un vero e proprio incubo in bianco e nero.
A poco a poco, nella neve agghiacciante e perenne si sbroglia la matassa di moralismi e perbenismi, si scopre che nel piccolo villaggio di fede luterana tutto non è come sembra.
A partire dal subdolo dottore, padre incestuoso e amante cinico, proseguendo con il barone, incapace in tutta la sua aristocratica ricchezza di dare un affetto vero a moglie e figlio.
Ma la figura più inquietante sembra essere quella del pastore, uomo complesso, costretto a una rigidità permanente, forse per nascondere problemi più grossi. Il mio sospetto, e mi accompagnerà per tutto il film, è che sia lui il vero mostro dei bambini torturati, colui che cerca di moralizzare l'innocenza che in qualche modo ha perso, a dimostrarlo basterebbe il simbolismo del'uccellino infilzato con una forchetta o la reticenza nell'accettare gli istinti umani che sembrano soggiogati, anche qui da un simbolismo, l'uccellino in gabbia. Viene da pensare che quel giovane maestro innamorato della badante del barone sia proprio lo stesso Haneke, un uomo distrutto dalla sua infanzia, talmente traumatizzato da voler cercare di fuggire da quel villaggio, rincorrendo un sogno d'amore che rischiari l'orizzonte e spenga le neve.
Splendidamente fotografato, di un rigore Bressoniano, è un violentissimo atto d'accusa verso tutte le intolleranze, verso i cattivi padri e la falsa morale. Ha il merito di contenere veri momenti di poesia, penso alle continue ribellioni dei bambini che non accettano una realtà priva d'innocenza, al corteggiamento assiduo della giovane cameriera da parte del maestro, che si muove come un personaggio di Flaubert.
Fa venire in mente un bellissimo film degli anni 40, "la morte corre sul fiume" anche per le scene dal taglio impressionistico; li' c'era un senso del fantastico difficilmente raggiungibile ma c'e' qualcosa di simile anche qui, in un finale memorabile in cui una dissolvenza sembra cancellare tutto il mostruoso passato.
Impegnativo, ma per chi va oltre la mezzora straordinario.
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lisbeth
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sabato 31 ottobre 2009
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l'apocalisse dietro l’angolo
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L’apocalisse dietro l’angolo, l’incubazione del male, la genesi di mostri studiati in vitro nel loro farsi, crescere e moltiplicarsi, questo è il film vincitore della 62° edizione di Cannes, Il nastro bianco, già nel titolo così asettico, così totalmente dissanguato nella negazione che il bianco impone ad ogni sospetto di colore e dunque di libero fluire del sangue della vita.
Gelido e tagliente come la coltre di neve che copre il villaggio, abbacinante come i campi che sembrano di ghiaccio anche quando sono ricolmi di spighe, il film è girato in un bianco e nero senza ombre nè calore, il silenzio è la cifra costante, qualche tocco di Schubert e pochi brani da corali a cappella di Lutero non bastano a rompere l’aria rarefatta che si respira per tutta la durata, all’aprirsi di una visione ai confini della realtà ma che della realtà ci dice molto, dove oggetti, luoghi e persone di comunissima apparenza diventano terrificanti epifanie della totale negazione di umanità.
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L’apocalisse dietro l’angolo, l’incubazione del male, la genesi di mostri studiati in vitro nel loro farsi, crescere e moltiplicarsi, questo è il film vincitore della 62° edizione di Cannes, Il nastro bianco, già nel titolo così asettico, così totalmente dissanguato nella negazione che il bianco impone ad ogni sospetto di colore e dunque di libero fluire del sangue della vita.
Gelido e tagliente come la coltre di neve che copre il villaggio, abbacinante come i campi che sembrano di ghiaccio anche quando sono ricolmi di spighe, il film è girato in un bianco e nero senza ombre nè calore, il silenzio è la cifra costante, qualche tocco di Schubert e pochi brani da corali a cappella di Lutero non bastano a rompere l’aria rarefatta che si respira per tutta la durata, all’aprirsi di una visione ai confini della realtà ma che della realtà ci dice molto, dove oggetti, luoghi e persone di comunissima apparenza diventano terrificanti epifanie della totale negazione di umanità.
Ogni parvenza di realismo narrativo della trama si dissolve di fronte al senso di mistero che aleggia fino alla fine e non trova soluzioni, le tracce si disperdono già al loro primo apparire, il film non racconta una storia o delle storie, vuol darne l’impressione ma nell’attimo stesso del verificarsi l’evento sfuma.
Tagli improvvisi di sequenze, cambi repentini di scena, il filo continuamente spezzato si riannoda ogni volta nel martellante senso di minaccia incombente, sia questa dettata dai sinistri che si susseguono senza che qualcuno ne cerchi il colpevole, o siano piuttosto i comportamenti sociali e famigliari, segnati da tare ataviche, modellati su assurdi paradigmi di repressione e violenza.
Haneke guarda nell’incubatrice della generazione che, vent’anni dopo, avrebbe marciato al passo dell’oca sotto la Porta di Brandeburgo per la gloria del Terzo Reich e dice:
«Sono dieci anni che lavoro attorno a questo soggetto,e non era certo mia intenzione parlare solo di Germania. In realtà in qualsiasi società se un principio diventa assoluto si disumanizza. Se l'obbiettivo da raggiungere, mettiamo da un educatore verso i propri figli, è talmente alto da diventare un ideale, allora non è più raggiungibile e rischia di creare mostri. Un meccanismo che abbiamo conosciuto nelle religioni, nelle ideologie, nei terrorismi di ogni segno».
I ragazzi del villaggio si muovono come automi, ubbidiscono come piccoli soldati a chi esercita sulla loro innocenza originaria il diritto di calpestarla, che sia il pastore, fanatico moralista che affida ai nastri bianchi il segno della purezza o il medico, pervertito misogino, o la comunità tutta di volti impassibili, ottusi, facce uscite da una tela di Munch, schierate in chiesa a pregare chissà quale loro strano dio.
Un mondo senza speranza, in cui il male è l’innocenza negata che diventa violenza, furia distruttrice, Erinni che sale dal sangue delle vittime e si abbatte sull’uomo.
La notizia dell’attentato di Sarajevo e della morte dell’arciduca Francesco Ferdinando chiude il film.
E’ il 28 giugno 1914.
La voce fuori campo che ha raccontato la “storia” ci aveva avvertito che quello sarebbe stato l’ultimo capodanno di relativa tranquillità.
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[+] ci mancava la tua puntuale dissertazione..
(di luana)
[ - ] ci mancava la tua puntuale dissertazione..
[+] ironico chiaramente
(di luana)
[ - ] ironico chiaramente
[+] risposta a luana
(di lisbeth)
[ - ] risposta a luana
[+] uff...
(di shadgie)
[ - ] uff...
[+] uff,,,
(di luana)
[ - ] uff,,,
[+] risposta a shadgie
(di paola di giuseppe)
[ - ] risposta a shadgie
[+] a tutti
(di marezia)
[ - ] a tutti
[+] a marezia e a lisbeth
(di luana)
[ - ] a marezia e a lisbeth
[+] sei in buona compagnia.
(di marezia)
[ - ] sei in buona compagnia.
[+] p.s.
(di marezia)
[ - ] p.s.
[+] ti capisco, eccome marezia
(di luana)
[ - ] ti capisco, eccome marezia
[+] bella
(di i'para)
[ - ] bella
[+] la teoria di haneke
(di amaryllis)
[ - ] la teoria di haneke
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