Titolo originale Le missionnaire.
Commedia,
durata 90 min.
- Francia 2009.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 19febbraio 2010.
MYMONETROIl Mi$$ionario
valutazione media:
2,61
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il missionario si presenta come una commedia non troppo complessa dove già dai primi minuti, si riesce a dare ai personaggi un ruolo ed un carattere ormai codificati per le commedie italiane. Ma il bello di questo film e che presenta in sostanza una trama abbastanza semplice ma che il regista con frequenti umorismi riesce a rendere accattivante la storia inserendo sempre nuovi personaggi molto buffi. Anche l'interpetazione degli attori si addice pienamente al loro ruolo e poi si nota la presenza di piccole storielle all'intenro della commedia che ravvivano ancora di più la risata. Ancora un altro punto a favore Il missionario lo acquista in quanto l'ironia non è data, come spesso accade, a fraintendimenti e doppi sensi per qui direi che il film addatto a tutte le età.
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Il missionario si presenta come una commedia non troppo complessa dove già dai primi minuti, si riesce a dare ai personaggi un ruolo ed un carattere ormai codificati per le commedie italiane. Ma il bello di questo film e che presenta in sostanza una trama abbastanza semplice ma che il regista con frequenti umorismi riesce a rendere accattivante la storia inserendo sempre nuovi personaggi molto buffi. Anche l'interpetazione degli attori si addice pienamente al loro ruolo e poi si nota la presenza di piccole storielle all'intenro della commedia che ravvivano ancora di più la risata. Ancora un altro punto a favore Il missionario lo acquista in quanto l'ironia non è data, come spesso accade, a fraintendimenti e doppi sensi per qui direi che il film addatto a tutte le età. [-]
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Durante la proiezione potrebbe sorgere spontaneo un (ingenuo) quesito: perché nel nostro paese non viene distribuito "The road"(*) (tratto dall’omonimo capolavoro letterario di Corman McCarthy, che annovera nel cast tra gli altri Viggo Mortensen e Charlize Theron) mentre arriva agevolmente nelle sale una pellicola come "Il Missionario"? Be', facile obiettare facendo notare che sono due film ben distinti e che probabilmente c’è una domanda superiore di commedie più spensierate.
Ma non sono forse sufficienti le produzioni nazionalpopolari nostrane per rispondere a questa verosimile esigenza del grande pubblico? Evidentemente no, perché appunto sta arrivando il secondo lavoro del francese Roger Delattre (sponsorizzato e prodotto da Luc Besson).
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Durante la proiezione potrebbe sorgere spontaneo un (ingenuo) quesito: perché nel nostro paese non viene distribuito "The road"(*) (tratto dall’omonimo capolavoro letterario di Corman McCarthy, che annovera nel cast tra gli altri Viggo Mortensen e Charlize Theron) mentre arriva agevolmente nelle sale una pellicola come "Il Missionario"? Be', facile obiettare facendo notare che sono due film ben distinti e che probabilmente c’è una domanda superiore di commedie più spensierate.
Ma non sono forse sufficienti le produzioni nazionalpopolari nostrane per rispondere a questa verosimile esigenza del grande pubblico? Evidentemente no, perché appunto sta arrivando il secondo lavoro del francese Roger Delattre (sponsorizzato e prodotto da Luc Besson).
Mario Diccara (Jean-Marie Bigard) è appena uscito di prigione dove soggiornava da sette anni per aver messo a segno un furto di gioielli insieme ad altri complici scampati all’arresto, ma che adesso rivendicano comunque la loro parte della refurtiva. Mario non è per niente una femminuccia e tiene a bada con le cattive maniere (è solito rifilare una testata liberatoria a chi in qualche modo lo ostacola!) i due ex-soci criminali e chiede a suo fratello minore Patrick una mano per tirare il fiato e pensare con più tranquillità al da farsi. Patrick (David "Doudi" Strajmayster), che è un prete, ha un’idea: travestire da parroco il fratellone e metterlo in viaggio alla volta di un paesino sperduto nella Francia del sud dove potrà trovare accoglienza da Padre Etienne. Ma, giunto a destinazione, Diccara scopre che il curato è trapassato proprio qualche ora prima, ma soprattutto si accorge che la popolazione locale è fermamente convinta che lui sia il nuovo parroco mandato dalla Diocesi per la sostituzione di Etienne.
Da questo buffo e colossale equivoco parte e si sviluppa l’intero film: "Padre" Mario che tenta invano di divincolarsi dalle attenzioni dei fedeli per raggiungere i preziosi gioielli - nel frattempo recuperati da Patrick - ma che pian piano si scopre un duro dal cuore tenero e comincia lentamente a sentirsi a suo agio in quei nuovi panni; di contro, invece, Patrick ha un cedimento religioso e prende una strada peccaminosa successivamente al decisivo incontro ad alta tensione demenziale - parodia dell’incipit de "Il Padrino" - con il boss mafioso Giancarlo.
Le gag a volte echeggiano al mito del "Don Camillo" di Fernandel altre alla comicità più scurrile dei cine-panettoni, i ruoli dei personaggi come detto si invertono generando un inevitabile sconfinamento blasfemo, e le banalità abbondano.
Ma qualcosa da salvare c’è: Mario, innanzitutto. Il parroco-galeotto protagonista strappa non di rado un sorriso, e per una commedia di questo tipo non è poco. Poi, il lavoro apprezzabile sull’ambientazione calda e folcloristica e in cui il piccolo paese è stato ricostruito con cura nei dettagli, il (timido) tentativo di un’interessante analisi socio-culturale sulle differenze stilistiche tra la vita nei grandi centri e quella negli angusti territori della provincia, e la fotografia esperta di Thierry Arbogast ("Nikita", "Leon", "Il quinto elemento"). La parte finale è quella addirittura che non t’aspetti con virata morale e buonista sugli storici e ottusi contrasti religiosi che il più delle volte danneggiano gli innocenti.
Insomma, se una sera volete far riposare il cervello e andare al cinema con il solo intento di staccare la spina, "Il missionario" potrebbe fare al caso vostro.
(*) In realtà, una risposta ufficiale c’è, assai stravagante ma c’è: "A bloccare il film non è la scarsa qualità, quanto la preoccupazione per una vicenda ritenuta troppo cupa e deprimente per suscitare l’interesse del pubblico". [-]
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L'umorismo d'oltralpe è ben diverso da quello nostrano e non condivide nulla nemmeno con quello sottile dei britannici. Ma è un umorismo corretto, senza troppe pretese o eccessivi fronzoli. Ecco perchè questa delicata pellicola francese strappa qualche sorriso tralasciando volgarità, senza ricorrere all'uso del sarcasmo. Trama semplice, spicciola, sicuramente prevedibile, che vede scorrere la vita di un ex detenuto ai margini della santità, trasformandosi da perfetto delinquente a perfetto prelato di campagna. Tutt'attorno ruotano figure esilaranti come il di lui fratello, vero cattolico, vero parroco, abbagliato, poi, dal colore dei soldi e caduto fatalmente in tentazione; una popolazione, tutta, dalla polizia al sindaco del villaggio, ridanciana e grossolana, rappresentante la ridente provincia francese, dove non s'usano automobili, dove ogni fatto si trasforma in ghiotta occasione per mandare giù un bicchierino, dove la figura del "parrozzo" diventa fondamentale per la risoluzione di ogni piccola o grossa grana quotidiana.
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L'umorismo d'oltralpe è ben diverso da quello nostrano e non condivide nulla nemmeno con quello sottile dei britannici. Ma è un umorismo corretto, senza troppe pretese o eccessivi fronzoli. Ecco perchè questa delicata pellicola francese strappa qualche sorriso tralasciando volgarità, senza ricorrere all'uso del sarcasmo. Trama semplice, spicciola, sicuramente prevedibile, che vede scorrere la vita di un ex detenuto ai margini della santità, trasformandosi da perfetto delinquente a perfetto prelato di campagna. Tutt'attorno ruotano figure esilaranti come il di lui fratello, vero cattolico, vero parroco, abbagliato, poi, dal colore dei soldi e caduto fatalmente in tentazione; una popolazione, tutta, dalla polizia al sindaco del villaggio, ridanciana e grossolana, rappresentante la ridente provincia francese, dove non s'usano automobili, dove ogni fatto si trasforma in ghiotta occasione per mandare giù un bicchierino, dove la figura del "parrozzo" diventa fondamentale per la risoluzione di ogni piccola o grossa grana quotidiana. I luoghi comuni si sprecano, è facile intravedere la "conversione" del più impenitente dei deliquenti e il passaggio è attraversato da qualche divertente episodio, così come prevedibile è l'inversione costante dei ruoli, da cattivi a buoni, da peccatori a santi. Ma nel complesso la pellicola è godibile, se non altro perchè ci insegna che per fare dell'umorismo basta anche saper miscelare luoghi comuni con un pizzico di umiltà.
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