stefanocapasso
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venerdì 25 aprile 2014
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allontanarsi è la strada per liberarsi
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Teheran, anni 50. Il paese è spaccato da diverse correnti di pensiero e politiche. Ci sono i filo monarchici legati allo scia, i rivoluzionari di sinistra che spingono per un paese libero dal colonialismo occidentale e gli uomini legati alla religione. Tre pianeti molto distanti tra loro che ben rappresentano il travaglio storico di questo paese.
Con suggestioni poetiche a tratti manieristiche, il film indaga da vicino nella ordinarietà di questi tessuti sociali attraverso l’occhio di 3 donne diverse.
Fakhri moglie di un generale vive nella mondanità corrotta e autoreferenziale, legata allo scia e all’imperialismo occidentale; l’Islam è il tessuto sociale di Faezeh, il fanatismo religioso che si isola dagli altri le lascia poco spazio, e finirà per subire uno stupro; Munis spera nella rivoluzione partecipando alle manifestazioni di piazza condividendo l’altrettanto fanatica ideologia del movimento.
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Teheran, anni 50. Il paese è spaccato da diverse correnti di pensiero e politiche. Ci sono i filo monarchici legati allo scia, i rivoluzionari di sinistra che spingono per un paese libero dal colonialismo occidentale e gli uomini legati alla religione. Tre pianeti molto distanti tra loro che ben rappresentano il travaglio storico di questo paese.
Con suggestioni poetiche a tratti manieristiche, il film indaga da vicino nella ordinarietà di questi tessuti sociali attraverso l’occhio di 3 donne diverse.
Fakhri moglie di un generale vive nella mondanità corrotta e autoreferenziale, legata allo scia e all’imperialismo occidentale; l’Islam è il tessuto sociale di Faezeh, il fanatismo religioso che si isola dagli altri le lascia poco spazio, e finirà per subire uno stupro; Munis spera nella rivoluzione partecipando alle manifestazioni di piazza condividendo l’altrettanto fanatica ideologia del movimento.
Sono tutte stanche, oppresse dalla mancanza di liberta, maltrattate dagli uomini e dalla mancanza di amore.
E’ un quadro dove in fin dei conti nessuno è libero. Pur cambiando l'abito e le condizioni sociali il mondo interiore degli individui non cambia.
E a far da filo conduttore è Zarin, prostituta che fugge dal bordello, da una vita che non sopporta più. Zarin catalizza il disagi sociale, la sua sofferenza ha una natura trasversale. Gli uomini che frequentano il bordello, quando sono con lei non hanno etichetta, appartenenza politica o religiosa e rappresentano in modo globale la sofferenza e il dolore che la vita quotidiana infligge ai piu deboli. Scappa e si ritrova insieme a Fakhri e Faezeh in una casa di campagna, lontano da tutti dove portano avanti un tentativo condiviso di trovare una nuova pace, un giardino accogliente per la loro anima.
Sara inutile: anche là arrivano le forze del mondo a cercarle e a ricordarle le sofferenze che le sono imposte, il loro stato subalterno.
E allora Zarin cede al suo stato di salute precario, muore, cosi come muore Munis delusa dal crollo del valore della speranza ideologica
La morte e più genericamente il distacco, l’allontanamento, come riposta al dolore esistenziale; come unico atto di libertà in circostanze altamente restrittive.
Il film della regista Iraniana Neshat è stilisticamente molto bello, immagini poetiche, chiari scuri che sottolineano efficacemente il clima, flashback e simbologia si alternano ad una narrazione degli eventi efficace. Un esercizio di stile molto ben fatto che non è riuscito ad emozionarmi completamente
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minnie
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domenica 17 marzo 2013
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donne senza potere
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E' molto forte l'impressione che mi ha fatto questo film che affronta varie tematiche non solo legate alla situazione storica e a un Paese, l'Iran, in cui il fanatismo religioso ha avuto la meglio sulla razionalità. Le vicende di queste donne sono terribili ma la prostituta che si lascia andare, chiaramente anoressica, non è un personaggio solo iraniano; ma la donna di mezza età che spera in un nuovo amore, disillusa subito, non è un personaggio solo iraniano; le due ragazze, una che viene sotterrata dal fratello autoritario dopo che si è buttata dal terrazzo e che chiama da sotto terra la sua fida amica che lentamente prende coscienza, per poi vagare per una città quasi arcaica e ricadere nel pozzo, beh, in bianco e nero con un po' di colore, sono scene davvero agghiaccianti e che fanno pensare, pensare a questa grande storia che è l'emancipazione femminile, una storia che non riesce davvero a progredire, che minaccia sempre di regredire, non appena ci si distrae, non appena cade la tensione e non c'è Eden - il magnifico giardino illuminato dal sole, con una fotografia splendida - che sia irraggiungibile dai predatori della libertà e del corpo femminili.
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E' molto forte l'impressione che mi ha fatto questo film che affronta varie tematiche non solo legate alla situazione storica e a un Paese, l'Iran, in cui il fanatismo religioso ha avuto la meglio sulla razionalità. Le vicende di queste donne sono terribili ma la prostituta che si lascia andare, chiaramente anoressica, non è un personaggio solo iraniano; ma la donna di mezza età che spera in un nuovo amore, disillusa subito, non è un personaggio solo iraniano; le due ragazze, una che viene sotterrata dal fratello autoritario dopo che si è buttata dal terrazzo e che chiama da sotto terra la sua fida amica che lentamente prende coscienza, per poi vagare per una città quasi arcaica e ricadere nel pozzo, beh, in bianco e nero con un po' di colore, sono scene davvero agghiaccianti e che fanno pensare, pensare a questa grande storia che è l'emancipazione femminile, una storia che non riesce davvero a progredire, che minaccia sempre di regredire, non appena ci si distrae, non appena cade la tensione e non c'è Eden - il magnifico giardino illuminato dal sole, con una fotografia splendida - che sia irraggiungibile dai predatori della libertà e del corpo femminili. Un film forte, potente, che è stato colpevolmente poco diffuso ma che lascia un'impronta non banale, non passeggera e davvero forte nell'animo di chi lo vede. Queste registe iraniane sono davvero formidabili (penso alla Satrapi di Persepolis ovviamente, cui questo film somiglia non poco; non c'è il segno grafico inconfondibile della Satrapi ma la regista gioca con il bianco/nero in modo stupendo). Per me è un capolavoro!
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giovj
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giovedì 29 marzo 2012
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il dubbio come potente forza oltre il visibile
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Shirin Neshat,regista iraniana,usa sapientemente e con maestria la luce e la fotografia per narrare la storia di quattro donne
le cui vite si mescolano agli avvenimenti storici iraniani del 1953.
Donne avvolte dalla oppressione che si muovono come creature perdute per sempre.
Immerse nei lavacri, dove l'acqua diventa il grembo materno verso il quale si ritorna per trovare la quiete,si sentono amate.
Il sogno nella realta' si inserisce come narrazione dell'inconscio e le immagini surreali diventano l'impossibile nel possibile.
La struttura circolare crea allo spettatore ossessione,angoscia e mistero e descrive il forte valore del dubbio come potente
forza oltre il visibile.
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Shirin Neshat,regista iraniana,usa sapientemente e con maestria la luce e la fotografia per narrare la storia di quattro donne
le cui vite si mescolano agli avvenimenti storici iraniani del 1953.
Donne avvolte dalla oppressione che si muovono come creature perdute per sempre.
Immerse nei lavacri, dove l'acqua diventa il grembo materno verso il quale si ritorna per trovare la quiete,si sentono amate.
Il sogno nella realta' si inserisce come narrazione dell'inconscio e le immagini surreali diventano l'impossibile nel possibile.
La struttura circolare crea allo spettatore ossessione,angoscia e mistero e descrive il forte valore del dubbio come potente
forza oltre il visibile.
La morte rende liberi per confondersi tra gli uomini.
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roberto simeoni
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lunedì 22 marzo 2010
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deludente
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Da un film che si porta a casa il leone d'argento per la miglior regia sarebbe lecito aspettarsi qualche cosa in più. Il film della Neshat rivela invece tutte i limiti cinematografici di una artista che viene dalla videoarte: troppo estetizzante (fotografia bellissima, ma senza che ciò abbia una giustificazione narrativa), poca cura dei personaggi (che sono appena abbozzati), eccesso di simbolismo fine a se stesso e scarso coinvolgimento emotivo per un film di denuncia che dovrebbe invece puntare maggiormente sulla drammaticità delle vicende che narra. Dura un ora e mezza e sempra che duri un ora in più. Deludente.
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francesco2
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domenica 21 marzo 2010
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racconti dall'iran
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Quando dieci anni fa "Il cerchio"vinse a Venezia, già allora si parlò di premio all'ennesimo film iraniano sulla condizione femminile.Ovviamente, queste parole furono dette prima dell'11 Settembre e delle polemiche sull'Islam che ne seguirono.Questo era uno dei motivi per avvicinarsi a questo lavoro di un'artista iraniana "sperimentata" , che però per la prima volta si cimenta con la regia, con un misto di interesse e circospezione: non sarà l'ennesima opera “che piace alle Giurie dei Festival?”Altro motivo di interesse era valutare se l'approccio non fosse piuttosto quello di "Viaggio a Kandahar", dove più che concentrarsi su un intreccio di storie non si focalizzassero le storie di uno o massimo due protagonisti, al tempo stesso del film e della società in cui sono inseriti(?)
E’ lecito ipotizzare che quest'artista-regista abbia (ri)preso l'iniziativa di un cinema corale,dove però le storie di queste donne non si limitano(sic!)a formare un collage in cui ogni storia è collegata all'altra e ad essa rimanda, fino ad un finale da "Prima della pioggia"dove gli ultimi momenti rimandano all'inizio(Come in un "Cerchio",appunto:che forme assumono in questo caso le lancette dell'orologio?)In parte, più banalmente,la Neshat fa sì che le storie si colleghino tutte tra di loro nel senso che le protagoniste si accolgono reciprocamente;vedi la moglie tradita che accoglie le due sorelle e la cura(Purtroppo inutile) riservata al mondo.
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Quando dieci anni fa "Il cerchio"vinse a Venezia, già allora si parlò di premio all'ennesimo film iraniano sulla condizione femminile.Ovviamente, queste parole furono dette prima dell'11 Settembre e delle polemiche sull'Islam che ne seguirono.Questo era uno dei motivi per avvicinarsi a questo lavoro di un'artista iraniana "sperimentata" , che però per la prima volta si cimenta con la regia, con un misto di interesse e circospezione: non sarà l'ennesima opera “che piace alle Giurie dei Festival?”Altro motivo di interesse era valutare se l'approccio non fosse piuttosto quello di "Viaggio a Kandahar", dove più che concentrarsi su un intreccio di storie non si focalizzassero le storie di uno o massimo due protagonisti, al tempo stesso del film e della società in cui sono inseriti(?)
E’ lecito ipotizzare che quest'artista-regista abbia (ri)preso l'iniziativa di un cinema corale,dove però le storie di queste donne non si limitano(sic!)a formare un collage in cui ogni storia è collegata all'altra e ad essa rimanda, fino ad un finale da "Prima della pioggia"dove gli ultimi momenti rimandano all'inizio(Come in un "Cerchio",appunto:che forme assumono in questo caso le lancette dell'orologio?)In parte, più banalmente,la Neshat fa sì che le storie si colleghino tutte tra di loro nel senso che le protagoniste si accolgono reciprocamente;vedi la moglie tradita che accoglie le due sorelle e la cura(Purtroppo inutile) riservata al mondo.E' questo che ci permette una lettura più interessante.Essere "fuori dal mondo" è un'esperienza di gruppo(La solidarietà del sesso debole contro gli oppressori)ma anche individuale:al di là della fine-inizio, quasi un suicidio ascetico da santone orientale,una delle protagoniste durante una manifestazione si trova(O si sente?)sola in mezzo alla folla:dunque un auto-isolamento(Altro che la “Fede laica” dei “Cuori sacri”nostrani!) e da soli e con gli altri, quasi la ricerca di una verità “Altra” che la folla soffoca, anche quando scenda in piazza animata da nobili intenzioni.Pensandoci meglio, questa doppia angolazione offre un’altra chiave di lettura del delicato e sensibile filmetto:se si pensa ai momenti in cui le protagoniste si allontanano(Dai fratelli, dal mondo,non credo proprio da loro stesse) lo fanno IN GRUPPO,dipinte credo come ombre, in delle strade appena tratteggiate;quando pregano, riprese con abilità e perizia, lo fanno da sole.Dunque,e forse non è così banale,una FUGA attraverso dei (Bei)sentieri ma anche verso l’ALTRO,la TRASCENDENZA.Che non mi sembra un’alienazione monacale, ma piuttosto un distacco da una realtà soffocante per ritrovare loro stesse ed essere, a volte, utili alla società che le circonda.Senza dimenticarsi l’attenzione riservata alla natura:la strada,l’acqua, persino la terra scelta come rifugio per simulare un suicidio.Quasi si stabilisse una maggiore simbiosi con gli elementi della natura che non con l’altro sesso(Non dimentichiamoci il titolo!Italiano?).
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[+] forse meritava tre stelle.......
(di francesco2)
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brian77
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giovedì 18 marzo 2010
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lontano dal grande icnema iraniano
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I film di Kiarostami avevano un altissimo senso della forma che scaturiva da un'apparente semplicità e immediatezza, in realtà molto raffinatissima. Qui c'è invece un'ambizione estetizzante che resta solo pretenziosa, schematica come i suoi personaggi che rappresentano tutti qualcosa: la donna colta, la ragazza preda della religione, quella che vuol fare politica ecc. Resta qualche breve momento affascinante qua e là, ma poca roba. E resta soprattutto l'occasione per andarsi a studiare il golpe che tolse di scena Mossedeq, aprendo la strada alla corruzione e all'ingiustizia sociale del regime dello Scià in combutta con gli americani e le potenze occidentali: da lì i disastri che arrivano all'oggi.
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I film di Kiarostami avevano un altissimo senso della forma che scaturiva da un'apparente semplicità e immediatezza, in realtà molto raffinatissima. Qui c'è invece un'ambizione estetizzante che resta solo pretenziosa, schematica come i suoi personaggi che rappresentano tutti qualcosa: la donna colta, la ragazza preda della religione, quella che vuol fare politica ecc. Resta qualche breve momento affascinante qua e là, ma poca roba. E resta soprattutto l'occasione per andarsi a studiare il golpe che tolse di scena Mossedeq, aprendo la strada alla corruzione e all'ingiustizia sociale del regime dello Scià in combutta con gli americani e le potenze occidentali: da lì i disastri che arrivano all'oggi...
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august robert fogelbergrota
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mercoledì 17 marzo 2010
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un acanto d'amore d'amore nei confronti dell'iran
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Shirin Neshat e Shoja Azari sono due affascinati signore iraniane che ci hanno regalato nonostante alcune forzature e delle piccole imprecisioni tecniche e eccessivi tetaralismi un'opera molto bella, un film in costume simile a quei lavoro di visconti primo tra tutti Senso (1957) dove la parola melodramma significa la fusione di tutte le arti ivi comprese quella filmica. in un elegante tenuta di campagna dove troviamo tutta l'eleganza del magnifico modernismo iraniano tra il 1930 e il 1979 anno della proclamazione della repubblica islamica troviamo le storie di quattro donne che s'intrecciano e storie di quattro donne , Munis , Faezeh, Fakhiri e Zarin .
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Shirin Neshat e Shoja Azari sono due affascinati signore iraniane che ci hanno regalato nonostante alcune forzature e delle piccole imprecisioni tecniche e eccessivi tetaralismi un'opera molto bella, un film in costume simile a quei lavoro di visconti primo tra tutti Senso (1957) dove la parola melodramma significa la fusione di tutte le arti ivi comprese quella filmica. in un elegante tenuta di campagna dove troviamo tutta l'eleganza del magnifico modernismo iraniano tra il 1930 e il 1979 anno della proclamazione della repubblica islamica troviamo le storie di quattro donne che s'intrecciano e storie di quattro donne , Munis , Faezeh, Fakhiri e Zarin . mentre il ruolo della prostituta Zarin non sembra per niente convincente nonostanle la bellezza e il fascino della protagonista Mina Azarian equello della militante politica Pegah Munis Feridoni (che pure è uan bravissima attrice) sono molto convincenti Farrokhlagha (Pegah Feridoni) moglie di un odioso generale é soprattutto la ragazzina zrain un affasciante Orsolya Tóth che scopre la modernitá. la fotografia dell'austriaco Martin Gschlacht è bellissima di un essenzialità ed il montaggio di George Cragg é da vero capolavoro. le musiche del giaponese Ryuichi Sakamoto sono bellissime e alternano anche melodie tradizionali. Un film bello ma che purtroppo per un'eccessiva retorica non si innalza dal voto ottimo nonostante bellissimi momenti come l'accoltellamento di un giovane militare e la scena della festa. quando il popolo iraniano riuscirà a vedere un film simile nelle sue sale cinematografiche e a produrlo in casa propria si potrà essere soddisfatti perché segnerà la fine di governi autoritari e dispotici bastai sulla forza bruta. Un 'opera che dovrebbe essere fatta vedere in tutte le scuole
Robert Fogelberg Rota
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francesca50
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martedì 16 marzo 2010
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interessante per la questione islamica
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è un lavoro interessante sul piano storico e didascalico ma onestamente si rivela un po' noioso ben diverso da quello girato a Kandakar in Afghanistan di cui non ricordo il titolo ma più avvincente.splendida è la fotografia, comunque e intensi gli sguardi delle donne che il film mette in luce oggi hanno ancora meno liberetà che ai tempi dello scià.
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laulilla
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lunedì 15 marzo 2010
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quattro donne iraniane nel 1953
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Ciò che spinge queste donne lontano dalla loro città, che è Teheran nel 1953, cioé alla vigilia della caduta di Mossadeq, è il peso di un maschilismo ottuso e violento, che ciascuna di loro non é più disposta a sopportare. Un fratello odioso e prepotente vorrebbe impedire a Munis di partecipare alla lotta per la libertà del suo paese; un marito ottuso ha tarpato le ali della moglie Fakhri, togliendole anche la voglia di cantare; la giovane Faezeh è stata brutalmente stuprata, mentre Zarin é costretta a prostituirsi ed è ormai così stanca e umiliata da non distinguere più neppure i volti degli uomini che quotidianamente deve ricevere nello squallore del bordello.
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Ciò che spinge queste donne lontano dalla loro città, che è Teheran nel 1953, cioé alla vigilia della caduta di Mossadeq, è il peso di un maschilismo ottuso e violento, che ciascuna di loro non é più disposta a sopportare. Un fratello odioso e prepotente vorrebbe impedire a Munis di partecipare alla lotta per la libertà del suo paese; un marito ottuso ha tarpato le ali della moglie Fakhri, togliendole anche la voglia di cantare; la giovane Faezeh è stata brutalmente stuprata, mentre Zarin é costretta a prostituirsi ed è ormai così stanca e umiliata da non distinguere più neppure i volti degli uomini che quotidianamente deve ricevere nello squallore del bordello. La rivoluzione iraniana pare riportare vita e speranza a Munis, mentre le altre donne sembrano trovare il coraggio di abbandonare la precedente condizione per rifugiarsi in un luogo isolato, quasi edenico, in cui si sentono protette. La fine della speranza rivoluzionaria, per Munis significherà la messa in atto di quel proposito di suicidio, che da tempo aveva vagheggiato, ma per le altre segnerà il ritorno alla condizione precedente, Colpisce nel film la bellezza della fotografia, classicamente pulita, nitidissima, emblematica della situazione quasi atemporale, in cui sono costrette a muoversi le quattro donne, e non solo nel loro rifugio isolato, ma anche nella rigida e immobile realtà iraniana. Si tratta, secondo me, di un film molto interessante e singolare (tratto dal romanzo di una scrittrice iraniana, Shahrnush Parsipur), in cui si mescolano elementi storico-realistici con elementi magici, non sempre facili da interpretare nonostante la regista si sia impegnata per rendere credibili, nel mondo occidentale, situazioni e personaggi molto legati a una cultura diversa. In ogni caso, alcuni elementi che parrebbero legati al "meraviglioso" delle fiabe orientali, contengono, mi pare, elementi presenti anche nella nostra cultura: in primo luogo il "locus amoenus," edenica rappresentazione di un rifugio ideale, per lo più a contatto con una natura amica, in cui è possibile riposare lo spirito tormentato dalle passioni o dal male di vivere; in secondo luogo l'acqua, elemento di purificazione, necessario per accedervi: per tutte e quattro le protagoniste del film l'immersione in un limpido specchio d'acqua, infatti, è la condizione per sospendere le angosce individuali isolandosi dalla realtà dolorosa che stanno vivendo. Fra i due livelli del film: quello della storia (che viene realisticamente evocata con le scene dei cortei e dell'organizzazione della lotta, della presenza dei militari e della loro efferatezza) e quello del rifugio in una realtà fantastica non mi pare che esista una compiuta e convincente sintesi artistica.
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[+] ottimo, e non merita tre stelle
(di francesco2)
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domenico a
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sabato 6 marzo 2010
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un film perfetto
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Una vera sorpresa, un bellissimo film che ricorda i tempi andati; rimandi a immagini alla Pasolini di Uccellacci e Uccellini, debiti formali e narrativi con Bergman, qualcosa che ci ricorda Adua e le compagne di Pietrangeli; una commistione perfetta, un amalgama ben riuscita che a parole non può essere data. Un film che ha una particolare e splendida fotografia di Martin Gschlacht, una colonna sonora armoniosa e toccante di Ryuichi Sakamoto e Abbas Bakthtiari e un montaggio a più mani essenziale e rigoroso. Un’opera prima di una regista iraniana che vive negli Stati Uniti e che è una vera rivelazione e di cui sentiremo sicuramente parlare. La Neshat proviene dalla fotografia (e si vede in tutte le inquadrature che potrebbero essere immagini fisse) e dalla video arte; ha dichiarato di «aver affrontato la sfida del cinema con la collega Shoja Azari: abbiamo redatto almeno 80 diverse stesure della sceneggiatura.
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Una vera sorpresa, un bellissimo film che ricorda i tempi andati; rimandi a immagini alla Pasolini di Uccellacci e Uccellini, debiti formali e narrativi con Bergman, qualcosa che ci ricorda Adua e le compagne di Pietrangeli; una commistione perfetta, un amalgama ben riuscita che a parole non può essere data. Un film che ha una particolare e splendida fotografia di Martin Gschlacht, una colonna sonora armoniosa e toccante di Ryuichi Sakamoto e Abbas Bakthtiari e un montaggio a più mani essenziale e rigoroso. Un’opera prima di una regista iraniana che vive negli Stati Uniti e che è una vera rivelazione e di cui sentiremo sicuramente parlare. La Neshat proviene dalla fotografia (e si vede in tutte le inquadrature che potrebbero essere immagini fisse) e dalla video arte; ha dichiarato di «aver affrontato la sfida del cinema con la collega Shoja Azari: abbiamo redatto almeno 80 diverse stesure della sceneggiatura. Volevamo rendere la storia di queste donne in un'epoca così poco raccontata al massimo livello di commestibilità per il pubblico cinematografico».
La storia è ambienta a Teheran nel 1953. Sullo sfondo, ma neanche troppo, del colpo di stato che segnerà la fine del sogno democratico e il ritorno di Reza Pahlavi, lo Scià, sul trono con la complicità degli Inglesi e degli Americani per il solito controllo del petrolio. In quei momenti drammatici, fatti di manifestazioni, scontri e morti, quattro donne di diversa estrazione sociale, una ex attrice sposata e infelice con un generale, una prostituta, una ragazza che non si vuole sposare e la sua migliore amica cercano di sopravvivere ai loro destini tragici stabiliti dagli uomini. Fakhiri, sposata senza amore, prende il coraggio dopo aver rincontrato il grande amore della sua vita e lascia il marito ma la fiamma di un sentimento trascorso è solo suo e non dell’uomo; Zarin è una prostituta abusata dagli uomini di cui non distingue più i volti; Munis è una giovane donna con un'appassionata coscienza politica che resiste all'isolamento impostole dal fratello, Faezeh sogna di sposare l'uomo che ama… A un passo dalla liberazione personale che è anche il trionfo della democrazia del proprio Paese, sfuma il tutto con il golpe militare organizzato dalla CIA. Munis, Faezeh, Fakhiri e Zarin lasceranno la città e si incontreranno in una villa di campagna, sole e vicine alla terra, uno luogo sereno, bucolico, lontano dagli orrori degli uomini e dove dimenticare i soprusi, la sopraffazione, la violenza, il suicidio, lo stupro. Ma purtroppo per loro la Storia le raggiunge e riporta l’orrore che avevano abbandonato.
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[+] rivelazione
(di niki m)
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