giacomo j.k.
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domenica 8 novembre 2009
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valzer con bashir, la danza macabra di ari folman
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Una sera, Boaz racconta al suo amico regista Ari Folman un sogno che lo perseguita da mesi, sempre uguale, nel quale è inseguito da ventisei cani neri. I due trovano un collegamento tra il sogno e un episodio della guerra in Libano di vent’anni prima, quando entrambi erano al fronte. Solo in quel momento Ari si rende conto di non aver più ripensato a quei mesi in guerra, che da quella notte in avanti lo perseguiteranno con un altro sogno: di notte, insieme a tre commilitoni, Ari, nudo, riemerge dal mare e si avventura sulla costa del Libano, illuminata dalle bombe al fosforo. Ari è sicuro di non aver mai vissuto quel ricordo e, su consiglio di un suo amico psicologo, decide di cercare i suoi vecchi compagni di leva perché lo aiutino a ricordare ciò che in quei mesi era accaduto veramente; avvenimenti che col tempo Ari aveva rimosso; il ricordo più reticente riguarda il particolare episodio della presa di Sabra e Chatila: che sia di quello che parla il sogno? E se così fosse, siamo davvero disposti a liberarlo in tutta la sua violenza? Perché esso non sarà un cartone…
Con una animazione scarna ma efficace, Ari Folman confeziona un’opera incredibilmente sfaccettata che si avventura nelle profondità dell’animo umano, molto più a fondo forse di quanto lo spettatore si possa aspettare; una spettacolare grafic-novel autobiografica in quanto cronaca di un viaggio nei meandri della memoria compiuto da Folman stesso, ma che riguarda tutti.
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Una sera, Boaz racconta al suo amico regista Ari Folman un sogno che lo perseguita da mesi, sempre uguale, nel quale è inseguito da ventisei cani neri. I due trovano un collegamento tra il sogno e un episodio della guerra in Libano di vent’anni prima, quando entrambi erano al fronte. Solo in quel momento Ari si rende conto di non aver più ripensato a quei mesi in guerra, che da quella notte in avanti lo perseguiteranno con un altro sogno: di notte, insieme a tre commilitoni, Ari, nudo, riemerge dal mare e si avventura sulla costa del Libano, illuminata dalle bombe al fosforo. Ari è sicuro di non aver mai vissuto quel ricordo e, su consiglio di un suo amico psicologo, decide di cercare i suoi vecchi compagni di leva perché lo aiutino a ricordare ciò che in quei mesi era accaduto veramente; avvenimenti che col tempo Ari aveva rimosso; il ricordo più reticente riguarda il particolare episodio della presa di Sabra e Chatila: che sia di quello che parla il sogno? E se così fosse, siamo davvero disposti a liberarlo in tutta la sua violenza? Perché esso non sarà un cartone…
Con una animazione scarna ma efficace, Ari Folman confeziona un’opera incredibilmente sfaccettata che si avventura nelle profondità dell’animo umano, molto più a fondo forse di quanto lo spettatore si possa aspettare; una spettacolare grafic-novel autobiografica in quanto cronaca di un viaggio nei meandri della memoria compiuto da Folman stesso, ma che riguarda tutti. Cosa ci fa dimenticare qualcosa che abbiamo vissuto? E soprattutto: cosa ci spinge ad andare alla ricerca di quei ricordi perduti? Il coraggio del protagonista sembra volerci dare la sua risposta: talvolta quei ricordi sono i più importanti di tutta la nostra memoria. Una fatale curiosità che ci spinge a voler conoscere ciò verso cui il nostro si è premunito, ciò che ci siamo autocensurati. Sono ricordi dolorosi e terribili, e allora perché basta un niente a scatenare in noi questa ricerca? Perché, in qualche modo, sentiamo impellente la necessità del ricordo. Riaffiora qui il tema del ricordo legato alle stragi del passato di un individuo (innanzitutto – Folman intraprende il suo viaggio per se stesso), di una famiglia o di un popolo. E se il popolo è quello ebraico, allora il pensiero va subito alla Shoah (e scopriremo che essa ha a che fare con il sogno di Ari più di quanto lui stesso immagini). Insieme al ricordo, l’altra grande necessità è porsi delle domande. E chi si pone le domande che si è posto Ari Folman, difficilmente avrà da temere un branco di cani neri.
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nicoladimi
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mercoledì 28 ottobre 2009
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da vedere!!!
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Grandissimo film sicuramente vissuto che rende l'idea della drammaticità e della assuefazione alle nefandezze della guerra.
Senza clamori colpi di scena ci porta verso il dramma che arriva inesorabilmente alla fine!!!
L'unico problema lo avrà il regista a riuscire a riconfermarsi o a migliorarsi con un nuovo film.
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chesko
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mercoledì 21 ottobre 2009
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il massacro dei campi profughi di sabra e shatila
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Ari Folman regista, attore e scrittore israeliano crea un’opera suggestiva che parte direttamente dalla propria esperienza di soldato nella prima guerra civile libanese, ennesimo teatro di scontro dell’infinito conflitto arabo-cristiano.
L’idea di Folman è stata quella di creare un documentario animato che non appoggiandosi ad immagini di archivio (tranne una l'importante cruda sequenza finale) si sviluppa attraverso viaggi nella memoria di chi come lui ha rimosso i ricordi scomodi e duri della guerra.
I tragici eventi reali esplodono nel subconscio di ognuno degli intervistati (ex soldati, giornalisti, amici e responsabili militari), e Folman cerca parlando con i vecchi compagni di battaglia di ricostruire il proprio e il loro puzzle fatto di metafore ambigue che mescolano realtà ed immaginazione (7 delle 9 testimonianze sono reali).
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Ari Folman regista, attore e scrittore israeliano crea un’opera suggestiva che parte direttamente dalla propria esperienza di soldato nella prima guerra civile libanese, ennesimo teatro di scontro dell’infinito conflitto arabo-cristiano.
L’idea di Folman è stata quella di creare un documentario animato che non appoggiandosi ad immagini di archivio (tranne una l'importante cruda sequenza finale) si sviluppa attraverso viaggi nella memoria di chi come lui ha rimosso i ricordi scomodi e duri della guerra.
I tragici eventi reali esplodono nel subconscio di ognuno degli intervistati (ex soldati, giornalisti, amici e responsabili militari), e Folman cerca parlando con i vecchi compagni di battaglia di ricostruire il proprio e il loro puzzle fatto di metafore ambigue che mescolano realtà ed immaginazione (7 delle 9 testimonianze sono reali).
Non a caso i disordini da stress post-traumatico causano incubi ricorrenti che sono affidati in primis ad un amico analista.
Folman con alcune frequenze paradossali, bellissime le illustrazioni dell’art director David Polonsky, ci spiega come la guerra non porta né onore e né gloria ma lascia sensi di colpa in chi giovanissimo si trova lì coinvolto in un gioco crudele a sparare e a pregare nello stesso istante, rimuovendo poi dalla mente, come fosse stato solo un sogno, le proprie responsabilità.
Il film non è una noiosa ricostruzione politica dell’ennesima strage di guerra, ma è una riflessione sui soldati che sono le prime vittime assoggettate come burattini ad una volontà superiore quasi invisibile ed inesistente che non si sporca le mani direttamente ma usa e consuma l’anima e la dignità propria di ogni individuo.
Tutt’ora continua l’interminabile lotta ebraico-palestinese dove ogni fazione rivendica i propri territori attraverso il nome di un Dio, permettendo però l’uccisione giornaliera di vite umane e non di cristiani o musulmani.
Importante è come Folman non fa il solito documentario di parte “nazionalista“, ma mette in gioco addirittura se stesso interrogandosi su chi come lui era presente e impotente spettatore di una strage non eseguita direttamente dall’esercito israeliano ma che porta indirettamente la loro ombra.
Il valzer ballato da un soldato che spara all’impazzata sotto un poster di Bashir Gemayel è una sequenza onirica destinata a rimanere nella storia cinematografica, il film si prende il premio ai golden globes 2009 come miglior film straniero e la nomination all’oscar portando così al successo Ari Folman al suo vero e proprio esordio cinematografico come regista ed attore.
Lascia il segno emozionando Francesco Ciabatti.
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lisbeth
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venerdì 18 settembre 2009
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valzer di morte sulle note di bach
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Ari Folman aveva 18 anni quando nell''82 era volontario nell'esercito israeliano in Libano.La rimozione era d'obbligo per un ragazzo, bisognava pur riuscire a vivere. Il prezzo da pagare nei vent'anni a seguire erano stati gl'incubi notturni, cani urlanti che lo assediavano,i 26 cani (contabilità schizoide) che aveva dovuto uccidere nelle incursioni, perchè lui, che non era capace di sparare agli uomini, aveva l' incarico di far tacere gli animali. Ma si rimuove l'orrore solo guardandolo in faccia, ed è quello che Folman ha fatto, passando attraverso tutte le strade della psicoterapia,della riflessione storica, del confronto con le storie e le memorie altrui, e il massacro di Sabra e Shatila irrrompe allora in fondo al film con sequenze tragicamente reali dopo il magnifico sviluppo del film come graphic novel, allineate da una fotografia "sporca" e mossa che segna il recupero doloroso della memoria e, sul piano più strettamente linguistico, dà suggestioni di grande respiro epico al film.
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Ari Folman aveva 18 anni quando nell''82 era volontario nell'esercito israeliano in Libano.La rimozione era d'obbligo per un ragazzo, bisognava pur riuscire a vivere. Il prezzo da pagare nei vent'anni a seguire erano stati gl'incubi notturni, cani urlanti che lo assediavano,i 26 cani (contabilità schizoide) che aveva dovuto uccidere nelle incursioni, perchè lui, che non era capace di sparare agli uomini, aveva l' incarico di far tacere gli animali. Ma si rimuove l'orrore solo guardandolo in faccia, ed è quello che Folman ha fatto, passando attraverso tutte le strade della psicoterapia,della riflessione storica, del confronto con le storie e le memorie altrui, e il massacro di Sabra e Shatila irrrompe allora in fondo al film con sequenze tragicamente reali dopo il magnifico sviluppo del film come graphic novel, allineate da una fotografia "sporca" e mossa che segna il recupero doloroso della memoria e, sul piano più strettamente linguistico, dà suggestioni di grande respiro epico al film. Spicca fra tante, oltre naturalmente allo spettacolare valzer di morte con la mitraglietta impazzita (scena che da sola meriterebbe l'Oscar), la sequenza del terrorista bambino, solo contro un carro armato e, dopo,il corpicino straziato su cui scendono pietose le note di Bach. Ma tanti sarebbero i momenti del film su cui soffermarsi a riflettere, a coglierne rimandi di significato. Tanti e insostenibili, a volte. Intenso e doloroso, un'opera di grande poesia.
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il critico
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giovedì 23 luglio 2009
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un film on perfetto ma racconta bene la guerra
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Questo film è il primo che ho visto raccontato in prima persona in cui il personaggio principale è proprio il regista stesso. Il film racconta la guerra del LIbano e le sue crudeltà e infine il massacro fra Sabra e Shatila. Il film fa bene il suo dovere (A volte le cose veramente serie nel film si butta sul ridere, cioè sullo scherzo con una canzone anche se in realtà non fa affatto ridere. Insomma un film da vedere ma non c'è molto da dire quindi la pianto qui
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filippaccio
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martedì 14 luglio 2009
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morte a passo di valzer.
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Un valzer amaro. Per quanto riguarda la tecnica e' un cartone animato adulto, moderno, animazioni e disegni molto accattivanti. Tutto orchestrato molto bene, colonna sonora che contribuisce a tenere alta l'attenzione. Bel prodotto e bella confezione. Per quanto riguarda la guerra il film racconta un episodio, funesto, macabro, crudele, in cui la nostra razza perde come al solito la faccia. Non entro in merito alle ragioni, che sono ormai ragioni di vita per chi vive in quell'area. Il finale e' comunque un tir che ti investe in pieno. Una storia per meditare, per non dimenticare. La ricetta del film che sembra mischiare ingredienti apparentemente troppo diversi, ha un gusto tutto suo, un gusto che non ti aspetteresti.
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Un valzer amaro. Per quanto riguarda la tecnica e' un cartone animato adulto, moderno, animazioni e disegni molto accattivanti. Tutto orchestrato molto bene, colonna sonora che contribuisce a tenere alta l'attenzione. Bel prodotto e bella confezione. Per quanto riguarda la guerra il film racconta un episodio, funesto, macabro, crudele, in cui la nostra razza perde come al solito la faccia. Non entro in merito alle ragioni, che sono ormai ragioni di vita per chi vive in quell'area. Il finale e' comunque un tir che ti investe in pieno. Una storia per meditare, per non dimenticare. La ricetta del film che sembra mischiare ingredienti apparentemente troppo diversi, ha un gusto tutto suo, un gusto che non ti aspetteresti. Bel lavoro!
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antonio l.
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lunedì 6 luglio 2009
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la rimozione nel bene e nel male
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Tre temi che s'intrecciano in un mix riuscito e anche coraggioso.Un tema storico,ricordare un massacro tra i più dimenticati della storia recente,quello di Shabra e Shatila.Ancor oggi un'onta per Israele.Uno militare,di condanna.La recluta e le bizarrie grottesche della guerra.Il ballo sotto i cecchini,il superstite trattato da vigliacco,il bambino kamikaze.E infine quello psicologico della memoria.Del suo grande aiuto nei momenti di disperazione ma anche dei suoi scherzi pericolosi.Della rimozione,efficace meccanismo di sopravvivenza e al tempo stesso di persecuzione.Il tutto avvolto in un originale forma di cartoon stilizzato anni 70 ma austero ed evocativo che,quando tutto il passato è stato ricostruito ed ogni flash prende un senso logico e cronologico,diventa realtà.
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Tre temi che s'intrecciano in un mix riuscito e anche coraggioso.Un tema storico,ricordare un massacro tra i più dimenticati della storia recente,quello di Shabra e Shatila.Ancor oggi un'onta per Israele.Uno militare,di condanna.La recluta e le bizarrie grottesche della guerra.Il ballo sotto i cecchini,il superstite trattato da vigliacco,il bambino kamikaze.E infine quello psicologico della memoria.Del suo grande aiuto nei momenti di disperazione ma anche dei suoi scherzi pericolosi.Della rimozione,efficace meccanismo di sopravvivenza e al tempo stesso di persecuzione.Il tutto avvolto in un originale forma di cartoon stilizzato anni 70 ma austero ed evocativo che,quando tutto il passato è stato ricostruito ed ogni flash prende un senso logico e cronologico,diventa realtà.
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paride86
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domenica 14 giugno 2009
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gli orrori della guerra e i buchi della memoria
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Bellissimo film di animazione, "Valzer con Bashir" racconta la guerra in Libano agli inizi degli anni '80, conflitto di cui si parla poco e tornato attuale dopo i fatti di qualche anno fa.
La storia è quella di un soldato che ha perso la memoria e che, seppur con molto dolore, intraprende un viaggio dentro se stesso e verso gli ex commilitoni per riscoprire la verità. Verità che sarà, ovviamente, tragica e piena di sangue.
Un film d'animazione veramente ben fatto e molto curato non solo nei contenuti ma anche nella forma e nelle musiche.
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matauitatau
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martedì 28 aprile 2009
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grande film
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Veramente molto bello,non perdetevelo.
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venerdì 24 aprile 2009
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quando il rimo(r/s)so bussa alla porta
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La storia è ciclica, la memoria corta, e il cinema anche involontariamente spesso ce lo ricorda.
E' il caso di Valzer con Bashir, ultimo lavoro del regista Israeliano Ari Folman, presentato con grande successo all'ultima mostra di Cannes e candidato all'oscar come miglior film straniero. Un viaggio nella memoria, personale e collettiva, alla ricerca della verità celata dietro gli orrori della strage avvenuta a Beirut, nel 1982, per mano delle milizie libanesi cristiano-maronite in cerca di vendetta per l'assassinio del loro presidente Bashir. A raccontarcelo è lo stesso regista, allora impegnato in Libano come recluta dell'esercito Israeliano. Dopo un lungo processo di rimozione, alla soglia dei cinquant'anni si accorge di non aver ricordi di quei terribili giorni se non un'immagine ricorrente nei propri sogni.
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La storia è ciclica, la memoria corta, e il cinema anche involontariamente spesso ce lo ricorda.
E' il caso di Valzer con Bashir, ultimo lavoro del regista Israeliano Ari Folman, presentato con grande successo all'ultima mostra di Cannes e candidato all'oscar come miglior film straniero. Un viaggio nella memoria, personale e collettiva, alla ricerca della verità celata dietro gli orrori della strage avvenuta a Beirut, nel 1982, per mano delle milizie libanesi cristiano-maronite in cerca di vendetta per l'assassinio del loro presidente Bashir. A raccontarcelo è lo stesso regista, allora impegnato in Libano come recluta dell'esercito Israeliano. Dopo un lungo processo di rimozione, alla soglia dei cinquant'anni si accorge di non aver ricordi di quei terribili giorni se non un'immagine ricorrente nei propri sogni. Parte da qui la ricerca dei vecchi commilitoni ai quali chiedere la ricostruzione di una memoria ormai sopita, fatta di ricordi dai confini incerti, in bilico tra razionale e onirico. Perfetta in questo senso la scelta espressiva della “graphic novel”, capace di restituire la soggettività del trauma che ogni reduce vive e di sganciare il film dal classico reportage di guerra fatto di immagini usurate da continue riproposizioni. Una fuga dal realismo delle immagini per intraprendere un viaggio nella coscienza di ciascuno. Un viaggio la cui meta è la consapevolezza delle colpe, dirette o indirette, che accompagnano ogni strage perpetrata, oggi come ieri, e il cui finale costringe lo spettatore a scontrarsi con la realtà, stavolta fatta d’immagini e non più immaginata.
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