vittorio
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mercoledì 22 aprile 2009
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bello ma non gridiamo al capolavoro!!
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Bella storia profonda che riesce con arte e delicatezza ad entrare nell'animo dello spettatore!! La solitudine è dentro di noi....comunque e dovunque.....
Brava e bella Charlize Terone, brava e bella la Kim Basinger....film da vedere in silenzio!!
Non per tutti!!
Bello ma non gridiamo comunque al capolavoro!!
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mary22
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sabato 11 aprile 2009
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deludente a dir poco
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A tratti noioso racconta una storia che non c'è. Il delitto originario da cui scaturisce la vicenda non è enigmatico ma semplicemente inspiegabile emotivamente.Il ritratto della Theron puramente estetico. Kim Basinger invece è sempre bravissima nell'esprimere un certo tipo di fragilità femminili. Non basta il cast..la fotografia..l'ambientazione. Il film è inesistente. Peccato.
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domenico argondizzo
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venerdì 13 marzo 2009
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il deserto è bello
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Mariana/Silvia, il personaggio che inizialmente più mi ha colpito nel film di Arriaga, ha in sé qualcosa della tragedia greca: volendo quindi adottare una lettura “psicanalitica”, uccide (più o meno consapevolmente) la madre, e, temendo che sua figlia sia uguale a lei (quindi temendo per la sua stessa incolumità), se ne allontana (meglio, la allontana da sé).
Ma questa lettura risulta essere troppo distorcente i meccanismi più sinceri della psiche di una persona media, quindi anche di Mariana/Silvia. Probabilmente, quindi la ragazza/donna, vuole semplicemente sfuggire alle conseguenze delle proprie tragiche azioni; ma è una fuga senza pace, perché dentro di sé mantiene un “senso morale”; ed infatti si condanna ad una perenne espiazione attraverso l’uccisione dei propri sentimenti.
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Mariana/Silvia, il personaggio che inizialmente più mi ha colpito nel film di Arriaga, ha in sé qualcosa della tragedia greca: volendo quindi adottare una lettura “psicanalitica”, uccide (più o meno consapevolmente) la madre, e, temendo che sua figlia sia uguale a lei (quindi temendo per la sua stessa incolumità), se ne allontana (meglio, la allontana da sé).
Ma questa lettura risulta essere troppo distorcente i meccanismi più sinceri della psiche di una persona media, quindi anche di Mariana/Silvia. Probabilmente, quindi la ragazza/donna, vuole semplicemente sfuggire alle conseguenze delle proprie tragiche azioni; ma è una fuga senza pace, perché dentro di sé mantiene un “senso morale”; ed infatti si condanna ad una perenne espiazione attraverso l’uccisione dei propri sentimenti.
La descrizione di Santiago è necessariamente meno approfondita, ciò non volendo dire che esso sia psicologicamente meno complesso. Infatti il regista/sceneggiatore si limita ad accennare lievemente a quanto dolore/amore possa aver provato, trovandosi solo con la piccola Maria (questo abisso viene accennato dalle stesse parole della bambina/ragazza, a proposito della cicatrice sul braccio che il padre le diceva fosse per non dimenticare la madre; egualmente si desume dalla foto incorniciata di Mariana/Silvia). Ciò che deve emergere dal livello del mare è solo la non scontata stabilità sentimentale di Santiago; ciò è funzionale al percorso catartico di Mariana/Silvia, al suo ritorno ad Itaca. Se non fosse stato l’incidente aereo, sarebbe stato un altro evento, magari anche più gravido di conseguenze, ma Lei sarebbe dovuta tornare, perché in una parte del mondo c’era chi la ricordava. La devozione di Santiago mi ha fatto pensare alla Bess di Lars Von Trier.
Il deserto è bello perché può essere un accogliente momentaneo rifugio, rispetto ad una vita in cui sono morte le aspettative, le felicità - anche, perché no, fisiche -, le speranze nel futuro. Il deserto è il posto in cui chi ha sconfitto la morte, può ritrovarsi.
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andreas
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lunedì 19 gennaio 2009
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ottimo
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forse un insieme meno convicente di "21 grammi" e "Babel", ma riscattato dalle incredibili Kim Basinger e Charlize Theron che in particolare conferma la sua vena drammatica.
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cecilia
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giovedì 18 dicembre 2008
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una colonna sonora che scava nell'anima...
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come si chiama la colonna sonora del film???non riscoa trovara e sto impazzendo...
[+] idem
(di andreas)
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gec
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lunedì 1 dicembre 2008
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film molto bello
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arriaga non delude. una delle poche buone cose di questa annata cinematografica: intenso, commovente ma asciutto, duro, uno stile davvero contemporaneo, moderno. splendide attrici, ma bravi tutti.
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t/-\z
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venerdì 21 novembre 2008
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una gran dormita....
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ragazzi...dopo 10 minuti mi sono addormentato....
peccato aver speso 7 euro x un film del genere....
non trasmette nulla,nemmeno quando a metà mi sono svelgiato x vedere cosa fosse cambiato....
beh,ovviamente nula!
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gfloriano
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giovedì 20 novembre 2008
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un percorso di redenzione attraverso il dolore
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Regia: Guillermo Arriaga
Con: Charlize Teron, Kim Basinger, Josè Maria Yazpik, Joaquim de Almeida
Trama: Dopo aver consumato uno dei suoi tanti rapporti occasionali Silvia, fumando l’immancabile sigaretta, guarda fuori dalla finestra: il mare ed il cielo si fondono in un unicum spazio-temporale ......da qui si dipana un piano narrativo che porta lo spettatore in luoghi e tempi diversi a seguire le storie di vari personaggi che vivono situazioni complesse.
Vediamo dunque prima Mariana che deve affrontare le stranezze di sua madre e si improvvisa detective, poi Silvia affermata proprietaria di un ristorante alla moda di Portland che percorre un triste percorso autodistruttivo e infine Gina e Nick che vivono appassionatamente una complicata relazione clandestina.
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Regia: Guillermo Arriaga
Con: Charlize Teron, Kim Basinger, Josè Maria Yazpik, Joaquim de Almeida
Trama: Dopo aver consumato uno dei suoi tanti rapporti occasionali Silvia, fumando l’immancabile sigaretta, guarda fuori dalla finestra: il mare ed il cielo si fondono in un unicum spazio-temporale ......da qui si dipana un piano narrativo che porta lo spettatore in luoghi e tempi diversi a seguire le storie di vari personaggi che vivono situazioni complesse.
Vediamo dunque prima Mariana che deve affrontare le stranezze di sua madre e si improvvisa detective, poi Silvia affermata proprietaria di un ristorante alla moda di Portland che percorre un triste percorso autodistruttivo e infine Gina e Nick che vivono appassionatamente una complicata relazione clandestina....
Seguendo la struttura collaudata dell’affermato Babel il regista messicano costruisce una storia a tinte fosche, dura, interiormente claustrofobica, che dissemina, come le tessere di un complicato puzzle, indizi, dapprima confusi e scollati, poi mirati e illuminanti, nel sottile gioco di smascheramento dei personaggi e del loro filo conduttore....
Tutto quello che appare autonomo e scollato, pian piano si rinsalda e si costruisce attraverso una caccia ai particolari, anche quelli più insignificanti, che conducono inevitabilmente alla rivelazione finale.
Confesso che il la soluzione del rompicapo mi si è disvelata già a metà film, pertanto parlare di colpo di scena finale non mi pare d’uopo.
Il finale fornisce la chiave di lettura a comportamenti apparentemente inspiegabili e non giustificabili, ma resta comunque sospeso il giudizio sui medesimi: la protagonista è vittima o carnefice? La famigerata legge del contrappasso in questa situazione resta sospesa a mezz’aria, l’autopunizione e l’infelicità sono pene adeguate a una colpa generata da grande amore?
L’ambientazione modulata tra gli sconfinati ed assolati deserti messicani e le frastagliate coste dell’est, dove urla e biancheggia il mare, rispecchiano i patimenti interiori della, ancora una volta splendida, protagonista Charlize Teron.
Si rivede dopo tanto tempo la mai dimenticata e sempre affascinante Kim Basinger, di cui la Teron mi sembra l’indiscussa e naturale erede, sia nella bravura, sia nella camaleontica capacità d’essere sempre diversa e credibile nei personaggi volta per volta interpretati.
Un film che colpisce ma che lascia un po’ perplessi.
Trama: ***
Sceneggiatura: ****
Fotografia: ****
Colonna sonora: ***
Impressione generale: ***
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milena
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mercoledì 19 novembre 2008
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film di grande impatto emotivo
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Un bel film,avvincente,immagini meravigliose,una storia particolare di grandi passioni e di grande solitudine.ottimo cast,il film è del tutto consigliabile!
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ciccio capozzi
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mercoledì 19 novembre 2008
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la vita com’è, senza darle un ordine
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“THE BURNING PLAIN. IL CONFINE DELLA SOLITUDINE” di GUILLERMO ARRIAGA; USA, 08. Benché sfalsata su più piani temporali, è la vicenda di Sylvia, gestrice di un Restaurant alla moda nella fredda Portland. Di quali atti, sofferenze e precedenti esperienze incrociatesi attorno a lei, si è nutrito il suo disprezzo di sé. Esordio alla regia di un grande sceneggiatore, in zona Oscar per “Babél”, di cui conserva la stessa struttura narrativa. La sequenza iniziale è importantissima, dal punto di vista narrativo: è di fatto il vero raccordo che tiene insieme l’articolato del film; ma “avviene” nel tempo ben prima dell’inizio reale della storia, che sembra essere dei nostri giorni. In realtà sono ben quattro gli episodi del film.
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“THE BURNING PLAIN. IL CONFINE DELLA SOLITUDINE” di GUILLERMO ARRIAGA; USA, 08. Benché sfalsata su più piani temporali, è la vicenda di Sylvia, gestrice di un Restaurant alla moda nella fredda Portland. Di quali atti, sofferenze e precedenti esperienze incrociatesi attorno a lei, si è nutrito il suo disprezzo di sé. Esordio alla regia di un grande sceneggiatore, in zona Oscar per “Babél”, di cui conserva la stessa struttura narrativa. La sequenza iniziale è importantissima, dal punto di vista narrativo: è di fatto il vero raccordo che tiene insieme l’articolato del film; ma “avviene” nel tempo ben prima dell’inizio reale della storia, che sembra essere dei nostri giorni. In realtà sono ben quattro gli episodi del film. Abbiamo quella della relazione adulterina, ma così ricca di tenerezza, sentimento, umanità e passione, della madre, interpretata da una splendida, commovente e splendente Kim Bansinger, e delle reazioni che questa suscita nella figlia adolescente; quella dell’incontro tra quest’ultima e il figlio dell’amante all’indomani della disgrazia che ha fatto scoprire la tresca; la vicenda di Maria, una bimba in cerca di madre; e poi quella di Sylvia, su cui si saldano e si concludono tutte. Il regista ha dichiarato che immagina così la sue sceneggiature perché egli “Racconta la vita com’è, senza darle un ordine, che nella realtà non esiste mai”; però questa modalità, oltre ad essere un marchio di stile, è uno strumento che gli permette di variare i piani psicologici d’attenzione. In quanto i suoi personaggi, anche se biograficamente sono gli stessi, vivendo una fase di sviluppo diversa, gli si permette d’impegnarli in dialettiche differenti da una fase all’altra. Dando spazio a quelle che sembrano a noi altre motivazioni, con intelligente astuzia, espande e varia il motivo psicologico centrale. Perché poi l’insieme, disegna un’organicità complessiva, nel mentre mette in ombra alcune fragilità motivazionali, che pure affiorano quà e là: come ad esempio, la fase finale del rapporto con la bambina. Beninteso: qui siamo in presenza di un bel film; e queste mende non ne attenuano la qualità complessiva. Perché è costruita una rigorosa, intensa, coerente atmosfera psicologica interparentale: la radice del malessere viene attribuita senza forzature alla necessità di fare i conti col passato. Esso diventa memoria esistenziale attiva, su cui tutto sembra ruotare. La necessità di porvi ordine, nel mentre vi si dà vita, può aprire alla speranza, all’accettazione di sé, al cambiamento. Questo sforzo è fatto da Sylvia (Charlize Théron): anzi tutti i raccordi partono da lei, da impercettibili sfumature, da “increspature” della realtà presente, l’uggiosa, grigia Portland.
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