The Burning Plain - Il confine della solitudine |
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Un film di Guillermo Arriaga.
Con Charlize Theron, Kim Basinger, Jennifer Lawrence, José María Yazpik, Joaquim de Almeida.
continua»
Titolo originale The Burning Plain.
Drammatico,
durata 110 min.
- USA, Argentina 2008.
- Medusa
uscita venerdì 7 novembre 2008.
MYMONETRO
The Burning Plain - Il confine della solitudine
valutazione media:
2,94
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il deserto è bellodi Domenico ArgondizzoFeedback: 0 |
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venerdì 13 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Mariana/Silvia, il personaggio che inizialmente più mi ha colpito nel film di Arriaga, ha in sé qualcosa della tragedia greca: volendo quindi adottare una lettura “psicanalitica”, uccide (più o meno consapevolmente) la madre, e, temendo che sua figlia sia uguale a lei (quindi temendo per la sua stessa incolumità), se ne allontana (meglio, la allontana da sé). Ma questa lettura risulta essere troppo distorcente i meccanismi più sinceri della psiche di una persona media, quindi anche di Mariana/Silvia. Probabilmente, quindi la ragazza/donna, vuole semplicemente sfuggire alle conseguenze delle proprie tragiche azioni; ma è una fuga senza pace, perché dentro di sé mantiene un “senso morale”; ed infatti si condanna ad una perenne espiazione attraverso l’uccisione dei propri sentimenti. La descrizione di Santiago è necessariamente meno approfondita, ciò non volendo dire che esso sia psicologicamente meno complesso. Infatti il regista/sceneggiatore si limita ad accennare lievemente a quanto dolore/amore possa aver provato, trovandosi solo con la piccola Maria (questo abisso viene accennato dalle stesse parole della bambina/ragazza, a proposito della cicatrice sul braccio che il padre le diceva fosse per non dimenticare la madre; egualmente si desume dalla foto incorniciata di Mariana/Silvia). Ciò che deve emergere dal livello del mare è solo la non scontata stabilità sentimentale di Santiago; ciò è funzionale al percorso catartico di Mariana/Silvia, al suo ritorno ad Itaca. Se non fosse stato l’incidente aereo, sarebbe stato un altro evento, magari anche più gravido di conseguenze, ma Lei sarebbe dovuta tornare, perché in una parte del mondo c’era chi la ricordava. La devozione di Santiago mi ha fatto pensare alla Bess di Lars Von Trier. Il deserto è bello perché può essere un accogliente momentaneo rifugio, rispetto ad una vita in cui sono morte le aspettative, le felicità - anche, perché no, fisiche -, le speranze nel futuro. Il deserto è il posto in cui chi ha sconfitto la morte, può ritrovarsi.
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