elgatoloco
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martedì 6 dicembre 2016
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onore alla par condicio, but...
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"Recount"di Jay Coach, in realtà, ha modalità molto"televisive"solo nell'uso della tecnica del campo/controcampo che qui si adatta, come direbbero coloro che si esprimono"anticamente", "alla bisogna", ovvero alla necessità di mostrare il conflitto continuo tra "Democratic Party"e"Grand Old Party"(repubblicani), con il coinvolgimento dei giudici federali e quant'altro... Senza arrivare alle vette d'antan("All Men of the President"etc.), il film -in quanto è un film vero e proprio, ben più che un"semplice TV-movie"(ma anche qui ci sarebbe da dire molto, ossia sull'uso di modalità espressive ed estetiche che traccino un netto discrimine tra TV e cinema, una soglia varcata già da anni), mostra, peraltro non nascondendo il fatto che molti democratici erano"diventati repubblicani"per conoscenze, amicizie, per superare crisi personali e altro, come idem molti repubblicani erano passati al campo opposto(secondo Noam Chomsky interfacce dello stesso partito, ma lasciamo perdere.
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"Recount"di Jay Coach, in realtà, ha modalità molto"televisive"solo nell'uso della tecnica del campo/controcampo che qui si adatta, come direbbero coloro che si esprimono"anticamente", "alla bisogna", ovvero alla necessità di mostrare il conflitto continuo tra "Democratic Party"e"Grand Old Party"(repubblicani), con il coinvolgimento dei giudici federali e quant'altro... Senza arrivare alle vette d'antan("All Men of the President"etc.), il film -in quanto è un film vero e proprio, ben più che un"semplice TV-movie"(ma anche qui ci sarebbe da dire molto, ossia sull'uso di modalità espressive ed estetiche che traccino un netto discrimine tra TV e cinema, una soglia varcata già da anni), mostra, peraltro non nascondendo il fatto che molti democratici erano"diventati repubblicani"per conoscenze, amicizie, per superare crisi personali e altro, come idem molti repubblicani erano passati al campo opposto(secondo Noam Chomsky interfacce dello stesso partito, ma lasciamo perdere...)e il discorso non vale solo al passato, come una competizione elettorale trascini con sé anche l'entusiasmo, magari inizialmente assente, anche di chi non è coinvolto a priori e naturaliter, creando un "flusso libidico", un coinvolgimento pulsionale o quant'altro(vedansi le opere di Deleuze, soprattutto quelle scritte a quattro mani con Félix Guattari)che, magari in un'epoca che si riteneva(e si voleva far ritenere)post-politica come la nostra non ci si aspetterebbe in questa misura, come anche nelle molto scettiche democrazie"di lungo corso", come quella USA, ci sia una dose anche di"irrazionalità"che non ci si aspetterebbe, almeno in questa forma e con tali dimensioni...Di fronte a queste considerazioni, emerge sì, anche, la considerazione per la quale l'elezione di Bush jr.nel 2000(a questo si riferisce il film)sarebbe stata piena di vizi di forma, per non dire di più, ma questo non appare l'elemento centrale, anche perché non siamo di fronte a un"cinema d'assalto"come quello di Michel Moore, che è decisamente altra cosa e si caratterizza in modo molto diverso, fin dalle prime sequenze. Qui, fin dall'inizio, si documenta e ricostruisce, con ottimi/e interpreti, da Kevin Spacey(eccelsa prova)a John Hurt, un'ulteriore, importante conferma. El Gato
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filippo catani
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lunedì 23 gennaio 2017
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elezioni indecifrabili
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Elezioni americane del 2000. Bush e Gore sono separati da un pugno di voti e il conteggio decisivo si svolgerà in Florida. I due comitati elettorali inizieranno una battaglia senza esclusione di colpi.
Un film amaro che ricostruisce con precisione gli eventi che fecero da coda alle elezioni presidenziali del 2000 e portarono alla vittoria di Bush. Tra schede che confondevano gli elettori, coriandoli, un segretario di stato da non credere e una serie di ricorsi fino alla Corte Suprema, la democrazia americana visse una delle pagine più oscure della sua storia recente. Ottima come spesso accade la prova di Spacey.
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