1408

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Un film di Mikael Hafström. Con John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack, Jasmine Jessica Anthony, Tony Shalhoub.
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Horror, Ratings: Kids+13, durata 104 min. - USA 2007. - Lucky Red uscita venerdì 23 novembre 2007. MYMONETRO 1408 * * 1/2 - - valutazione media: 2,86 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

I nostri demoni in mostra Valutazione 0 stelle su cinque

di annalisarco


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mercoledì 15 febbraio 2017

Il maestro del brivido Stephen King non sbaglia mai, perché i suoi racconti non devono impressionare gli occhi, ma la mente. Non ci sono scene di inaudita violenza o morti truculente, solo tortura psicologica. Peggio, direte voi: esatto. Qualsiasi horror o splatter impressiona sul momento, per pochi secondi, i libri di Stephen King ti restano dentro. 1408 é un film tratto dall'omonimo racconto breve incluso nella raccolta Tutto è Fatidico, un thriller psicologico svolto in uno scenario che altro non è che la rappresentazione reale della mente umana: una camera d'albergo. Piccola, non ti appartiene, ti sta stretta, ti é familiare ma non la riconosci come tua perché quante persone - con le loro storie personali totalmente estranee alla tua vita - sono state lí prima di te? Di quanti è stata dimora quella camera? "Le camere d'albergo sono inquietanti per definizione", e questo é ció che riesce a mostrarci l'inconfondibile regia di Mikael Håfström e l'interpretazione eccellente di John Cusack, qui all'apice della sua bravura. É la storia dello scrittore Mike Enslin, specializzato in storie di fantasmi, o almeno cosí vorrebbe che fosse.; la verità è che non ne ha mai visto uno durante le sue notti passate nelle camere degli alberghi conosciuti come "infestati". Ogni suo libro diventa un racconto di come quelle stanze non valgano la loro reputazione e sottilmente Mike gioca al credo-non credo per tenere i suoi (ormai pochi) lettori sulle spine. Lui è il primo a non credere, il primo ad essere scettico, un fantasma che cammina dopo la morte di sua figlia Katie (Jasmine Jessica Anthony) dalla quale non si è mai ripreso, causando anche la fine del suo matrimonio con Lily (Mary McCormack). Mike si è chiuso in se stesso, non comunica molto se non con il suo fedele compagno di avventure: un registratore portatile a cui racconta le notti in quelle camere, un muto interlocutore che gli servirá per riascoltare e scrivere i suoi libri. Una sola camera, la 1408 del Dolphine Hotel, sembra per un attimo attirare veramente l'attenzione di Mike il quale, ignorando l'insistenza del direttore dell'albergo Gerald Olin (Samuel LJackson) nel dissuaderlo dal pernottare in una stanza che ha causato più di 70 suicidi - sí, causato - e in cui nessun ospite dura più di un'ora, decide di restare. Come spesso accade nei romanzi di King, il protagonista incarna tutti gli stereotipi dello scrittore: nel suo mondo, scettico, perennemente con un bicchiere di alcool in mano, depresso e con una sigaretta sempre a portata di mano da utilizzare solo in caso di eventi apocalittici come la fine del mondo. Il suo registro è medio-alto, sceglie con cura ogni termine, descrive ció che vede come se stesse già scrivendo il suo libro. Quella camera, in cui non è presente nessun fantasma - come sottolineato da Olin -, è il peggior male in cui ci si possa imbattere: se stessi. Scelte, rimpianti, dolore, paure, tutto quello che abbiamo seppellito viene scoperchiato e portato alla luce, reso reale dalla nostra stessa mente. Come sopravvivere a tutto questo? Affrontandolo. Mike è da solo con se stesso e i suoi demoni, i fantasmi di questa camera non sono altro che il prodotto dei nostri sbagli e rimorsi, che ti mettono con le spalle al muro e ti portano alla follia. Una vita da egoista con il risultato di non potersi rivolgere a nessuno se non al suo registratore portatile che, alla fine, non è altro che la versione elettronica e in miniatura di Mike; una vita passata a togliere le speranze alle persone, anche quando non era rimasto nient'altro a cui aggrapparsi. E la camera non vuole altro che tormentarlo mostrandogli tutto questo, scaraventarglielo contro nei modi più atroci. Le sue speranze vengono distrutte anche quando, uno scettico come lui, cerca conforto nella Bibbia riposta nel cassetto della camera e che - seppur inizialmente non presentasse alcuna anomalia - una volta aperta mostra solo intere pagine bianche. Dove è la speranza adesso? A cosa aggrapparsi se neanche la fede puó più salvarti? Mike si ritrova davanti a ció che ha sempre fatto alle persone, ai suoi lettori, a sua moglie, a sua figlia; la piccola Katie, che si trova nell'angolo più profondo della sua coscienza, qualcosa che Mike ha sotterrato e chiuso a chiave, e che la camera è pronta a mostrargli. "Aprila": adesso è Mike a comandare, impone alla camera di aprire quell'ultima porta, la stanza più temuta della sua mente, il luogo più pauroso, il dolore più grande. Non c'è inferno peggiore a cui sopravvivere, Mike lo sa bene. Prende il controllo di se stesso, della sua mente e della camera: cambio di ruolo. Un viaggio nell'io più oscuro accompagnato da una narrazione dinamica che non stanca mai lo spettatore, con degli abili richiami tra la storia e i piani tecnici del film. Più si scava nella coscienza del protagonista, più la camera diventa fredda e buia; una camera dorata e piena di luce all'inizio con temperature elevatissime - a causa del malfunzionamento degli impianti di riscaldamento -, grigia e gelata alla fine. Hållström è un maestro nel fiondarci direttamente nell'angosciosa follia che si sta svolgendo all'interno della mente del protagonista, un labirinto senza uscita. Non ci si puó sbarazzare dei brutti ricordi, o essi diventeranno i demoni che ci perseguiteranno per tutta la vita: bisogna imparare a conviverci. E come Mike rimette in discussione le sue convinzioni e il suo scetticismo, concludendo la sua avventura con un ricreduto commento "sulla scala del brivido assegno al Dolphin Hotel 10 teschi", lo quoto e assegno a 1408 10 punti.

Recensione completa su: www.annalisarcoblog.wordpress.com

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