plexone
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martedì 10 maggio 2016
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denunica....
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perdonami, forse un film meritevole di denuncia!
Ddopo 40 anni di frequentazione piuttosto assidua delle sale cinematografiche, questo e' uno dei pochi film in cui mi sono sentito preso per i fondelli e sono dovuto uscire
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plexone
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martedì 10 maggio 2016
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ken loach!!!!!
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Ma di che stiamo parlando, per favore non mescoliamo Tartufi e patate, Ken Loach non si puo' insultare cosi'
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laurence316
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martedì 29 settembre 2015
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il costo umano
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5° film del regista Zhang-ke (in Italia comunque ancora alquanto sconosciuto), Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, Still Life (in originale Sānxiá hǎorén, ovvero, letteralmente, "La brava gente delle Tre Gole") ruota attorno ad un tema centrale e assolutamente attuale e pressante: il costo della modernizzazione e industrializzazione in atto ormai da molti anni nella Cina Popolare (il costo in termini umani, ma non solo); e lo fa attraverso la rappresentazione di un evento emblematico del tema: la costruzione della Diga delle Tre Gole. Questa immane opera, costata uno sproposito, ha causato il trasferimento forzato di oltre 1,4 milioni di abitanti delle zone interessate, ed è già previsto che almeno altri 4 milioni di persone dovranno essere trasferite nel successivo periodo 2008-2023.
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5° film del regista Zhang-ke (in Italia comunque ancora alquanto sconosciuto), Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, Still Life (in originale Sānxiá hǎorén, ovvero, letteralmente, "La brava gente delle Tre Gole") ruota attorno ad un tema centrale e assolutamente attuale e pressante: il costo della modernizzazione e industrializzazione in atto ormai da molti anni nella Cina Popolare (il costo in termini umani, ma non solo); e lo fa attraverso la rappresentazione di un evento emblematico del tema: la costruzione della Diga delle Tre Gole. Questa immane opera, costata uno sproposito, ha causato il trasferimento forzato di oltre 1,4 milioni di abitanti delle zone interessate, ed è già previsto che almeno altri 4 milioni di persone dovranno essere trasferite nel successivo periodo 2008-2023. Senza contare poi l'enorme impatto ambientale e la sommersione di ben 116 località e 1300 siti archeologici. Inoltre, diverse specie animali e vegetali rischiano ora l'estinzione, come il lipote, il delfino d'acqua dolce che popolava in massa lo Yangtze (o Fiume Azzurro), considerato estinto nel 2006, ma poi fortunatamente riavvistato nel corso del 2007. Zhang-Ke si concentra però sulle vicende umane, confronta due condizioni, popolare e borghese, e, attraverso diversi e tutti funzionali piano-sequenza, offre una panoramica dell'evento in corso. Il film ha sicuramente un passo lento (caratteristica distintiva del regista) ma sicuro, presenta per la gran parte attori non professionisti (esculsa Zhao Tao, musa di Zhang-Ke) ed è all'insegna di un forte realismo (al limite del documentarismo), ma stranamente si concede anche a qualche straniante scena vicina più al fantasy. Condivide il dolore con i suoi personaggi e mette di fronte lo spettatore ad una realtà sconfortante. Diviso in 4 capitoli, dai titoli "Sigarette, "Liquori", "Tè" e "Caramelle", e con dialoghi ridotti al minimo, è il miglior risultato sinora per il regista cinese, attivo sin dal 1997.
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mydearasia
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giovedì 10 maggio 2012
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cos'è dominante in questo film?
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....forse i paesaggi? Forse le due storie d'amore/non amore?
apparentemente è forte e dominante il paesaggio che dalla prima all'ultima scena descrive la morte di una città, la morte della speranza degli abitanti ad una vita normale, la morte dei ricordi, la morte della voglia di amare.
ma in realtà le storie, seppur apparentemente deboli di fronte alle macerie della città e della vita delle persone che ivi lavorano e vivono, hanno una forza dirompente. La forza di questi amori incompiuti (per un motivo l'uno e per un altro, la seconda) urla e abbaglia per la loro normalità.
l'impressione è che queste storie assolutamente normali, svolgendosi in un contesto "apocalittico" fatto di macerie, di allucinazioni, di follie, di povertà estrema, rappresentano un pò quello che può essere un filo d'erba che vien fuori dalle fessure del cemento.
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....forse i paesaggi? Forse le due storie d'amore/non amore?
apparentemente è forte e dominante il paesaggio che dalla prima all'ultima scena descrive la morte di una città, la morte della speranza degli abitanti ad una vita normale, la morte dei ricordi, la morte della voglia di amare.
ma in realtà le storie, seppur apparentemente deboli di fronte alle macerie della città e della vita delle persone che ivi lavorano e vivono, hanno una forza dirompente. La forza di questi amori incompiuti (per un motivo l'uno e per un altro, la seconda) urla e abbaglia per la loro normalità.
l'impressione è che queste storie assolutamente normali, svolgendosi in un contesto "apocalittico" fatto di macerie, di allucinazioni, di follie, di povertà estrema, rappresentano un pò quello che può essere un filo d'erba che vien fuori dalle fessure del cemento.
alla fine non è importante scendere nei particolari delle vicende (forse per questo Zhang-Ke non si dilunga poi tanto nella scena d'addio tra Shen Hong ed ex moglie), perchè quello che importa alla fine è evidenziare che anche dove regnano macerie e disperazione, la "normalità" dei rapporti umani vincit omnia!!
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folignoli
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giovedì 14 luglio 2011
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mah...
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Ci ho messo tutta la buona volontà per farmi piacere questo film, vincitore di Venezia 2006, ma non ce l'ho propria fatta. E non si tratta nemmeno del fatto che è lento: ci sono tanti film lenti ma bellissimi. Ci sono tanti film lenti ma pieni di atmosfera. Still Life è un film amatoriale. Il Festival di Venezia, premia solo le intenzioni del film. Ma per raccontare una storia tramite pellicola, non ci possiamo limitare ad avere buone intenzioni ed un soggetto profondo. Serve la tecnica, serve il ritmo, servoni i dialoghi, serve la recitazione, servono personaggi che pssano interessare lo spettatore. Still Life non ha nullo di tutto ciò. E mi stupisce che la critica (anche non veneziana) dipinga questo film come un capolavoro, mortificando dei geni come Tarantino, come gli stessi fratelli Coen (quando ne hanno voglia), come Spike Lee.
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Ci ho messo tutta la buona volontà per farmi piacere questo film, vincitore di Venezia 2006, ma non ce l'ho propria fatta. E non si tratta nemmeno del fatto che è lento: ci sono tanti film lenti ma bellissimi. Ci sono tanti film lenti ma pieni di atmosfera. Still Life è un film amatoriale. Il Festival di Venezia, premia solo le intenzioni del film. Ma per raccontare una storia tramite pellicola, non ci possiamo limitare ad avere buone intenzioni ed un soggetto profondo. Serve la tecnica, serve il ritmo, servoni i dialoghi, serve la recitazione, servono personaggi che pssano interessare lo spettatore. Still Life non ha nullo di tutto ciò. E mi stupisce che la critica (anche non veneziana) dipinga questo film come un capolavoro, mortificando dei geni come Tarantino, come gli stessi fratelli Coen (quando ne hanno voglia), come Spike Lee. Se questo è cinema, allora i sopracitati registi, cosa fanno? Considerare bello questo film, significa rinnegare il cinema VERO dei vari Tarantino, Coen, Anderson, ecc.... La fotografia del film appare assolutamemte non curata. E non si tratta di posizionamento di luci varie, è prorpio della qualità del digitale, con cui è stato girato, a peccare. Una qualità visiva scarsa, inquadrature lunghissime e noiose. Un film da dimenticare.
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mauro
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lunedì 8 dicembre 2008
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perchè ai critici piacciono questi film???
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domani prendo la camera...filmo il tragitto casa lavoro, lavoro casa dico due battute non di più...prendo la multa per non aver pagato il biglietto e inquadratura finale sul frigo vuoto...almeno prenderò l'orso di berlino.
[+] è vero
(di folignoli)
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vittorio
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lunedì 7 gennaio 2008
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boiata gigantesca!!
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Questo è un capolavoro??
Lento, senza capo ne coda, film squallido, con dei dialoghi penosi, immagini noiosissime....
Il più brutto film dell'anno!!!
Da evitare a tutti i costi...
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giuseppe
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sabato 8 dicembre 2007
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mi pongo qualche domanda....
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Se la visione del film fa sbadigliare e, da un certo punto in poi, chi guarda non vede l'ora di leggere la parola FINE, si può ancora pensare che l'opera sia ugualmente un'Opera d'Arte? Se l'impatto col pubblico è di quelli che producono noia e nervosismo, non basta tanto per asserire, con certezza, che l'opera tutto può essere tranne che un'Opera d'Arte? Al di fuori del campo religioso, dove le apparizioni sono da sempre appannaggio di pochi eletti,c'è una qualità estetica destinata ad essere visibile a pochi e invisibile a molti? Il campo dell'arte è un mondo fruibile da una minoranza di spiriti superiori o è un cibo della vita quotidiana di tutti?
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cinephile 62
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mercoledì 21 novembre 2007
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boiata pazzeska
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Impossibile valutare e giudicare un film ke nn c'è!Ha vinto a Venezia x dimostrare ke i critici sono all'avanguardia.Questa nn è arte del futuro,è solo spazzatura del presente.E poi non infanghiamo il neo realismo italiano ke ha dato al mondo lezioni di cinema producendo opere d'arte.Qui nn c'è cinema,nn c'è arte,nn c'è niente.Un consiglio:meglio dormire!
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coppelia
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giovedì 6 settembre 2007
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l'umanità naviga sul fiume yang tze
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Concordo pienamente con la raffinata recensione di Lina Unali, poiché evidenzia aspetti che possono essere apprezzati e compresi in profondità da chi ha una conoscenza geografica, ma anche culturale e storica dei luoghi presentati nel film.La sensibilità dell'autrice dell'articolo mostra immediatamente come i giudizi di coloro che accusano questa opera cinematografica di lentezza e oscurità di significato siano stati un po' troppo affrettati.
La sola scena inziale, con la commovente e lunga carrellata su persone di ogni età che affollano l'imbarcazione che naviga lungo lo Yang Tze, racchiude già in sè gran parte dei significati del film: l'occhio della cinepresa è l'occhio del regista che ci comunica affetto e ammirazione per questa umanità variegata, semplice e paziente che scorre davanti a noi.
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Concordo pienamente con la raffinata recensione di Lina Unali, poiché evidenzia aspetti che possono essere apprezzati e compresi in profondità da chi ha una conoscenza geografica, ma anche culturale e storica dei luoghi presentati nel film.La sensibilità dell'autrice dell'articolo mostra immediatamente come i giudizi di coloro che accusano questa opera cinematografica di lentezza e oscurità di significato siano stati un po' troppo affrettati.
La sola scena inziale, con la commovente e lunga carrellata su persone di ogni età che affollano l'imbarcazione che naviga lungo lo Yang Tze, racchiude già in sè gran parte dei significati del film: l'occhio della cinepresa è l'occhio del regista che ci comunica affetto e ammirazione per questa umanità variegata, semplice e paziente che scorre davanti a noi.
Nel grande fluire di acqua, storia e popolazioni, due persone comuni assurgono al ruolo di protagonisti. Sono alla ricerca di una salvezza per la loro vita nel mezzo di una immane catastrofe; tentano, perciò, di recuperare i loro affetti, e trovano due soluzioni diverse, forse entrambe accettabili, forse entrambe giuste: una giovane infermiera sceglie di lasciare il marito; un minatore ritrova, dopo enormi difficoltà, la moglie, e con lei riprende la vita matrimoniale. Lina Unali sottolinea, con acutezza, da una parte l'accettazione e lo stoicismo dei personaggi, dall'altra l'atmosfera di spaesamento nella quale si muovono, pur continuando a procedere con tenacia in una situazione instabile, così come ci suggerisce l'illuminante ultima scena. In essa,il minatore Han osserva, assorto, un funambolo che cammina lentamente su una corda tesa fra due palazzi in rovina. Se ci si arma di pazienza, forza di volontà e equilibrio,la vita può procedere comunque.
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