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Protagonista assoluto del film, con la sua angosciante persistenza, contraddizione onnipresente che trasforma la realtà più vera e più cruda in una surrealtà spiazzante, è il paesaggio del film (si potrà chiamrlo così?), lo sfondo della vicenda: una gola tra le montagne, una diga che tutto allaga , tutto copre, distruzione di massa e di masse, invadente, ossessiva, allucinante e allucinogena (I dischi volanti, le costruzioni futuristiche che decollano a razzo), uno scenario da “day-after” che è invece la reale Cina del –“day-before” all’alba del suo sviluppo (?) e che, guarda caso proprio dietro le banconote da dieci yuan, imprime, crocifiggendolo, il suo patrimonio passato, trasferendolo in contanti nell’irriconoscibile (orribile) futuro-presente delle speculazioni capitalistiche di stretta attualità.
Pare di rivedere un film di Ken Loach: se non fosse perché mangiano con le bacchette, questi uomini sono gli stessi operai miserabili cui altro non viene chiesto se non demolire tutto, sfasciare a mazzate (perché, per cosa non importa, incastonato in mezzo come una perla c’è il mega-ponte tutto illuminato che chissà quanti applausi e meriti per Montezemolo di Cina!).
O pare forse il seguito di “Vivere” di Zhang Ymou (ora più che mai tutto preso, distratto dai Kolossal e dagli effetti speciali), lo strascico velenoso di una rivoluzione culturale che ancora oggi, e oggi più che mai confusa, divora ogni cosa senza guardare, senza badare, senza nessun rispetto per le persone, idolatria translata e substanziata dal socialismo reale al capitalismo surreale…
Dal cinema (cosiddetto indipendente) cinese un’altra bella opera, meritatamente premiata a Venezia , e speriamo/tifiamo lo sia anche ai botteghini: non di soli Yuan si vive, ma anche di Euro….
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