Le luci della sera |
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Un film di Aki Kaurismäki.
Con Janne Hyytiäinen, Maria Järvenhelmi, Maria Heiskanen, Ilkka Koivula, Sergei Doudko.
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Titolo originale Laitakaupungin Valot.
Thriller,
durata 78 min.
- Finlandia, Germania, Francia 2006.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 12 gennaio 2007.
MYMONETRO
Le luci della sera
valutazione media:
3,47
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Solitudini metropolitane e vuoto di paroladi maurizio crispiFeedback: 0 |
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venerdì 2 febbraio 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Chi s'accosta a questo film pensando di imbattersi in un'opera di cinema-intrattenimento rimarrà certamente deluso. Nel film di Kaurismaki i dialoghi sono ridotti all'osso, il cast di attori è essenziale, c'è pochissima azione. Eppure, il film si sviluppa come un canto incisivo e melanconico sulla solitudine nelle metropoli contemporanee dell'occidente. Il protagonista (la guardia giurata) vorrebbe trovare un suo posto nella vita, farsi strada, conquistare un piccolo pezzetto di "felicità" che, confusamente, egli sente spetti anche a lui; uomo di poche parole e dai pensieri essenziali, incapace di esprimere in forma articolata ed intelligibile, sentimenti, stati, d'animo e passioni, in questa modesta e "minimale" (tuttavia dignitosa) ricerca interiore finisce con l'essere un emarginato nell'ambiente di lavoro ed inviso ai suoi colleghi che lo deridono (una derisione che in alcuni momenti diventa persecuzione bell’e buona). Nella sua solitudine, il nostro non ha mai imparato a "leggere" i comportamenti degli altri e a decifrarne secondi fini e doppiezze. Viene così incastrato in un gioco sporco, in cui diviene inconsapevole complice di un furto ai danni di una gioielleria del Centro commerciale in cui fa la Guardia Giurata. Al "delitto" fa seguito il "castigo" (in verità immeritato). I veri colpevoli della sporca macchinazione la fanno franca. Seguono la riabilitazione e il difficile reinserimento in società: queste diverse fasi avvengono sempre nel più totale vuoto di parola. Non si può mai capire cosa il nostro pensi e senta, se non intuendolo da "azioni" estreme e purtroppo sempre perdenti. Solo alla fine, ma sempre nel vuoto di parola, avviene un gesto di solidarietà, una mano abbandona il suo rattrappimento per toccarne un'altra: forse è l'inizio di una nuova vita, una vita di due solitudini che, senza spendere alcuna parola, s’uniscono l'una con l'altra per formarne una a due che forse sarà meno pesante e un po' più aperta alla speranza. Un ottimismo minimalista pervade, dunque, la conclusione: ma nulla viene detto esplicitamente. E' magistrale il modo in cui il regista ha trattato questa materia fatta di silenzi, di non detti, di vuoto di parola, in ambientazioni prevalentemente notturne o appena pervase dalle prime luci dell'alba con scenari squallidi di cantieri e di strutture portuali, come se il mondo si muovesse in una dimensione in cui il bello, il piacere della natura, la luce piena del giorno e il calore del sole sono stati cancellati per sempre. La vicenda viene narrata con un'attenzione esasperata ai volti dei personaggi e alle sequenze dei loro gesti, il più delle volte muti. Gli sguardi hanno una funzione essenziale, ma è come se gli occhi dessero la possibilità di guardare dentro ad uno spazio opaco in cui i sentimenti sono stati smarriti o non sono mai stati costruiti perché manca perfino il linguaggio interiore per poterli nominare, definire e in definitiva portarli all'esistenza. L'impossibilità di "dire", di utilizzare il linguaggio interiore per esprimere a se stessi gli accadimenti fa sì che manchi in linea di massima l'empatia e la capacità di decifrare le motivazioni altrui. Ma, alla fine, malgrado la povertà del linguaggio interiore, qualcosa di positivo riesce ad attecchire, pur rimanendo confinata al pre-verbale. E' un film che, per alcuni versi, farebbe pensare ad alcuni grandi capovalori del cinema muto.
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