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lunedì 29 gennaio 2024
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perché il buono dà fastidio
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Sono completamente d'accordo con questo commento, sono rimasta affascinata a suo tempo quando ho visto il film e ho pensato che questo regista avrebbe fatto cose belle. Grazie Rita
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la nera
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venerdì 31 luglio 2020
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si
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lunedì 20 agosto 2018
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condividere sinceramente
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Mi piace molto ciò che hai scritto del film che ho visto ad una rassegna cinematografica ad Ancona ..... è un film immagini parole sensazioni che riesco nella memoria quando ho bisogno di respiro di aeree certezze ...!! grazie grazie Gioi
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stefano capasso
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mercoledì 4 giugno 2014
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tradizione e rinnovamento
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Philippe e la sua giovane famiglia, vivono nei Pirenei francesi e sono alla ricerca di una nuova terra dove stabilirsi. Chersogno, piccolo villaggio montano piemontese di tradizione occitana, li accoglie tra diffidenze e gelosie e qualche incoraggiamento di chi intravede in loro la speranza di una nuova rinascita del paese.
Il tentativo di convivenza tra il pastore che fa il lavoro che i padri dei locali avevano sempre fatto e la comunità locale, ormai solo guardiana di quelle tradizioni destinate ad estinguersi in favore del turismo, dura poco. Troppo forti i contrasti tra gente di montagna poco incline al dialogo e sospettosa per natura.
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Philippe e la sua giovane famiglia, vivono nei Pirenei francesi e sono alla ricerca di una nuova terra dove stabilirsi. Chersogno, piccolo villaggio montano piemontese di tradizione occitana, li accoglie tra diffidenze e gelosie e qualche incoraggiamento di chi intravede in loro la speranza di una nuova rinascita del paese.
Il tentativo di convivenza tra il pastore che fa il lavoro che i padri dei locali avevano sempre fatto e la comunità locale, ormai solo guardiana di quelle tradizioni destinate ad estinguersi in favore del turismo, dura poco. Troppo forti i contrasti tra gente di montagna poco incline al dialogo e sospettosa per natura. In un crescendo di episodi spiacevoli, complice anche qualche ingenua superficialità di Philippe il contrasto diviene insanabile e i francesi sono costretti a lasciare il paese che vivrà un epilogo drammatico
“Il vento fa il suo giro” di Giorgio Diritti portando l'attenzione su questa storia semplice, descrive il conflitto tra due esigenze contrapposte: quella di conservare e quella di costruire, Perché si possa conservare una tradizione, una cultura è necessario costruirla e viverla ogni giorno, rinnovandola.
I locali di Chersogno che pure amano la loro terra e la loro storia sono ormai così distanti dalle loro origini da non rendersi conto che la loro, è la veglia ad un moribondo. Philippe e la sua famiglia, sembrano non cogliere il valore e l’importanza del senso di identità di chi l’accoglie, e pur facendo quello che si è sempre fatto in montagna vengono presi per stravaganti o addirittura un pericolo per l’equilibrio dei valligiani.
E come recita il sindaco nella preghiera che chiude il film, perché un cadavere si risvegli occorre che tutti vogliano risvegliarlo, e che sia compiuto il giro del vento, che riporta tutto come era al principio. In sostanza i cicli devono avere il loro termine e naturale e completo perché si possano riaprire
E' poetico ed avvincente il film, narrato con l’occhio discreto e austero di chi quelle terre le conosce bene, e che parla quel linguaggio. E se ad una prima lettura sembra un film che racconta un rifiuto verso uno straniero, guardando più a fondo emerge la descrizione di una difficoltà. Quella dei locali montanari che vivono la frustrazione di chi vede sfuggire un identità e una tradizione antica e di grandi valori. Che uno straniero pur se pieno di buone intenzioni non può comprendere, rischiando di essere l’ennesimo esempio delle nuove tendenze culturali che vogliono colonizzare tutto quello che è ancora disponibile.
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fabal
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giovedì 9 gennaio 2014
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l'essere e il voler essere
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Philippe, ex professore transalpino, decide di trasferirsi in un paese delle valli del Monviso per dedicarsi alla pastorizia. Parte degli autoctoni, già diffidenti nell'accogliere un forestiero, comincia a trovare motivi (e pretesti) di lite: dagli sconfinamenti delle capre, alla violazione di proprietà. Il soggiorno di Philippe si fa sempre più difficile, finché la situazione non degenera.
La coraggiosa ambientazione del film, con tanto di lingua madre sottotitolata, non deve ingannare: per quanto "sferico" (e autoreferenziale) possa essere, Il vento fa il suo giro non è la solita apologia della nicchia. Né si perde nei retorici dualismi tra micro e macrocosmo culturale, l'uno genuino l'altro degenerato.
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Philippe, ex professore transalpino, decide di trasferirsi in un paese delle valli del Monviso per dedicarsi alla pastorizia. Parte degli autoctoni, già diffidenti nell'accogliere un forestiero, comincia a trovare motivi (e pretesti) di lite: dagli sconfinamenti delle capre, alla violazione di proprietà. Il soggiorno di Philippe si fa sempre più difficile, finché la situazione non degenera.
La coraggiosa ambientazione del film, con tanto di lingua madre sottotitolata, non deve ingannare: per quanto "sferico" (e autoreferenziale) possa essere, Il vento fa il suo giro non è la solita apologia della nicchia. Né si perde nei retorici dualismi tra micro e macrocosmo culturale, l'uno genuino l'altro degenerato. Il microcosmo che Diritti descrive è una realtà chiusa senza alcuna pretesa di martirio, in cui ipocrisia e diffidenza fanno parte di quella purezza autistica tanto quanto le mucche e i pascoli. L'arrivo delle capre, che non mangiano solo erba ma anche arbusti e scorze d'albero, non può che turbare il paese. Philippe afferma di non gradire la parola "tolleranza", in quanto presuppone la diseguaglianza degli individui: gli abitanti di Chersogno a malapena accettano i turisti, che rimangono pur sempre "gente di città". Il passo che vorrebbe fare Philippe, invece, è più profondo, e la resistenza della comunità non può nemmeno essere definita intollerante. E' la semplice, incolmabile voragine tra due mondi, in cui anche il fare riflessioni filosofiche sull'uguaglianza è segno di una differenza di fondo, quale c'è tra l'essere e il voler essere parte di una comunità. Ma lungi dall'esaltarne l'autenticità, Il vento fa il suo giro non risparmia qualche stoccata graffiante: l'anziano che, intervistato dalla tv, parla di una comunità in cui tutti si aiutano e pensano al bene reciproco, desta qualche maligno sorriso. Anche perché, nello stesso momento, in paese accade una disgrazia.
L'opera di Diritti non solo non mistifica il proprio oggetto, ma sembra non condividere né l'impossibile progetto di Philippe (deleterio anche per la sua famiglia), né l'ostinazione dei locali. Lo stile narrativo è documentaristico con qualche excursus drammatico, scandito dalle belle musiche. L'efficacia delle riprese garantisce buona qualità estetica e soprattutto sonora, sebbene risulti pesante nelle lunghe conversazioni.
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martino76
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sabato 12 novembre 2011
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grande messaggio da un film semplice
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La prima sensazione è di distacco perché il film è girato in piena montagna, in ambienti che apparentemente hanno poco da dire. Ma anche nella solita vita di paese alcun piccoli eventi hanno tanti messaggi da trasmettere.
L’arrivo di una nuova famiglia in un paese rurale di montagna fa emergere tutte le imperfezioni dell’animo umano; curiosità, diffidenza, pregiudizio, malvagità, vigliaccheria e infine indifferenza.
Il messaggio è ancora più forte perché girato in luoghi, quelli di montagna del nord Italia come del resto può esserlo il paesino sperduto del sud Italia, che per loro natura tendono a chiudersi nel loro mondo fatto di tradizioni ,di bigottismo, alzando barriere verso tutto ciò che è novita.
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La prima sensazione è di distacco perché il film è girato in piena montagna, in ambienti che apparentemente hanno poco da dire. Ma anche nella solita vita di paese alcun piccoli eventi hanno tanti messaggi da trasmettere.
L’arrivo di una nuova famiglia in un paese rurale di montagna fa emergere tutte le imperfezioni dell’animo umano; curiosità, diffidenza, pregiudizio, malvagità, vigliaccheria e infine indifferenza.
Il messaggio è ancora più forte perché girato in luoghi, quelli di montagna del nord Italia come del resto può esserlo il paesino sperduto del sud Italia, che per loro natura tendono a chiudersi nel loro mondo fatto di tradizioni ,di bigottismo, alzando barriere verso tutto ciò che è novita. E’ questo il processo di involuzione che regredisce l’uomo.
Uno dei momenti più bello del film è il dialogo che si tiene in auto tra il francese e il musicista. All’affermazione del musicista che dice: “il popolo per essere se stesso deve continuare a salvaguardare la propria cultura parlare la propria lingua, E’ la lingua che dice che delle persone hanno vissuto assieme per molto tempo”, il francese risponde : “ No! La cultura nasce dalla convivenza. Nel vivere insieme, giorno dopo giorno.. cosa ti è rimasto della tua cultura ? la nostalgia?”
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manuelkom
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martedì 27 settembre 2011
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qualcuno ha urlato al capolavoro.....ma!!!
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Ok...Se vogliamo fare gli italiani patriottici sono d'accordo con voi, ma purtroppo l'amore per il cinema mi spinge a dire che è uno dei film più pallosi della storia!!! Ho letto frasi del tipo "merita le 4 stelle Una per il coraggio, due per le difficoltà della distribuzione, la terza per la prova corale di tutti gli attori, bravissimi e non professionisti, la quarta per risarcirlo moralmente di tutto ciò che ha subito e per tutto ciò che subirà, nella cecità dei nostri critici e dei nostri speculatori culturali." Rispondo a questo, secondo me agli amanti del cinema come me se ne fregano altamente del coraggio del regista...2 ci credo che la distribuzione è stata difficile un film interamente in dialetto piemontese e in francese con una trama povera e secondo me poco attenta, 3 GLI ATTORI BRAVISSIMI?! Per carità erano tutti non professionisti, però da qui a dire bravissimi ce ne vuole.
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Ok...Se vogliamo fare gli italiani patriottici sono d'accordo con voi, ma purtroppo l'amore per il cinema mi spinge a dire che è uno dei film più pallosi della storia!!! Ho letto frasi del tipo "merita le 4 stelle Una per il coraggio, due per le difficoltà della distribuzione, la terza per la prova corale di tutti gli attori, bravissimi e non professionisti, la quarta per risarcirlo moralmente di tutto ciò che ha subito e per tutto ciò che subirà, nella cecità dei nostri critici e dei nostri speculatori culturali." Rispondo a questo, secondo me agli amanti del cinema come me se ne fregano altamente del coraggio del regista...2 ci credo che la distribuzione è stata difficile un film interamente in dialetto piemontese e in francese con una trama povera e secondo me poco attenta, 3 GLI ATTORI BRAVISSIMI?! Per carità erano tutti non professionisti, però da qui a dire bravissimi ce ne vuole... Il peggiore secondo me proprio Thierry Toscan sembrava finto come 7 euro di carta,unica nota lieta Alessandra Agosti come al solito bellissima e preparata, anche in francese! Commentare questo film credo che sia facile e difficile allo stesso tempo,capirlo ancor di più....si ok un paese intero non vuole uno sconosciuto e ci siamo ma la tresca tra la protagonista e il sindaco??Per non parlare del matto che si suicida, il quale per tutto il film si vede circa mezzo minuto!!! IL VENTO FA IL SUO GIRO E SPERIAMO CHE NON TORNI A TROVARCI!
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nigel mansell
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lunedì 5 settembre 2011
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le tradizioni fini a sè stesse sono morte
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Le tradizioni solo fini a se stesse tese solo a ricordare il passato sono morte. Così come muore la cultura, la lingua e la tradizione occitana nel paesino protagonista della storia, perchè essa va rinnovata continuamente nella condivisione come dice il "francese" che arriva dai Pirenei.
Che dire? Ottimo film, immagino girato con pochissimi soldi, ben girato con le facce dei veri valligiani che altrimenti non si sarebbe potuto fare e con una fotografia stupenda.
Impariamo da questa pellicola: la terra non è di nessuno ma di chi ci vive e ne trae sostentamento, non esistono razze, ma solo etnie, e nessuna è superiore all'altra, parlare di tolleranza prevede che ci sia un qualcosa di sgradevole da sopportare e la tradizione come sola ripetizione del passato è come venerare un vecchio pappagallo imbalsamato, tutto impolverato.
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astromelia
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lunedì 29 agosto 2011
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straordinario
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questi film si ha occasione di vederli solamente per caso,magari facendo zapping in tv come mi è successo ieri sera,devo dire una perla rara in mezzo a film italiani decisamente spazzatura, una pellicola perfetta sotto tutti i punti di vista , intensa senza mai stancare,spaccato di vita lontana dal caos quotidiano delle grandi città,ma neanche troppo remota,per tema e insegnamenti, mi aveva colpito il titolo del film ,per fortuna ho pensato bene di guardarlo,semplicemente straordinario, complimenti al regista anche se in ritardo.
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weach
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mercoledì 6 ottobre 2010
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il timore di condividere
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Il vento fa il suo giro
In una a realtà montana della alpi occidentali italiane si porta in scena il silenzio della montagna , i tempi lenti di integrazione del pensiero, il pensiero di diffidenza verso il diverso , verso chi non è “parte “ di una piccola comunità montana di anziani .
Parlerei dell’intolleranza che ha radici nel silenzio e nel saltuario confronto con chi non è come noi; un intolleranza che nasce come già detto dalla difficoltà espandere il proprio essere senza timori .
Razzismo altro non è che questo sentimento di diffidenza ,poco propenso al confronto ,per paura del confronto stesso, perché si teme di non essere all’altezza di sostenere” uno scambio reciprocamente vantaggioso”.
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Il vento fa il suo giro
In una a realtà montana della alpi occidentali italiane si porta in scena il silenzio della montagna , i tempi lenti di integrazione del pensiero, il pensiero di diffidenza verso il diverso , verso chi non è “parte “ di una piccola comunità montana di anziani .
Parlerei dell’intolleranza che ha radici nel silenzio e nel saltuario confronto con chi non è come noi; un intolleranza che nasce come già detto dalla difficoltà espandere il proprio essere senza timori .
Razzismo altro non è che questo sentimento di diffidenza ,poco propenso al confronto ,per paura del confronto stesso, perché si teme di non essere all’altezza di sostenere” uno scambio reciprocamente vantaggioso”.
La regia si concentra su di una piccola comunità montana, sui primi piano, sui silenzi , sulla parola stretta dell’ idioma locale ., su queste parole che escono a stento perché abituate raramente ad espandersi.
Poi la natura che incombe e domina su tutto ; appare un uomo è più proiettato verso l’introspezione ; poco propenso a “rischiare” un contatto.
L’occasione del confronto si verifica anche in questa piccola comunità di montagna ,piena di anziani ,quando un pastore di origine francese , con la sua famiglia ,decide di insediarsi nella zona .
Ma “la cultura nasce dalla convivenza “e “dal coraggio dia andare contro le tradizioni per fare quello che si vuole fare” quindi bisogna essere coraggiosi .
L’”intruso” , prima accolto con indecisione , poi viene messo sotto giudizio severo dalla maggioranza della comunità creandosi le condizioni definitive di non accettazione , sino alla definitiva dipartita dell’ ”Intruso” che non deve diventare parte e non può condividere
Gli strumenti della dipartita sono i soliti;vedere negli altri tutti i nostri difetti con un atteggiamento di intolleranza “ castigarli senza pietà.”
Bel film , vero , sulla solitudine delle culture minori che si vogliono chiudere in se stesse per non perdere la propria identità colturale nel contatto con il “nuovo”.
Weach illuminati
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