gianpaolo
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giovedì 26 aprile 2007
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equilibrio squilibrante
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Tecnica digitale, trama essenziale (succede solo una cosa), attori non professionisti, realismo a stelle e strisce. I personaggi vivono la loro disperazione quotidiana con rassegnazione e senza alcuna spinta al cambiamento. Anzi, l'arrivo di un elemento disturbante genera un tale squilibrio che qualcuno provvederà a rimuoverlo. E in effetti alla fine non lascerà alcun segno.
Film così crudo da sperare esagerato ma se ci pensiamo bene non siamo molto lontani da certe realtà provinciali, e non solo americane. Pericoloso se ci riconosciamo, confortante se considerato alieno, in ogni caso estremismo da cui prendere le distanze.
Ultima nota: geniale la scelta della fabbrica di bambole, quasi un gioco di scatole cinesi per chi crede, con immagini dal fortissimo impatto psicologico.
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vittorio
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lunedì 5 febbraio 2007
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peccato per il finale!!
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Particolare ed interessante....quando l'America non è Las Vegas o Los Angeles...una vita squallida, senza futuro che sfocia in assassinio...peccato per il finale, troppo scontato e troppo veloce...
Comunque da vedere...
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simo
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mercoledì 25 ottobre 2006
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noia!
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Ho trovato il film molto, ma molto piatto!
Storia debole...per niente interessante e con un finale troppo intuibile.
Uno di quei film che non provoca emozioni, se non la noia...
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v.
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mercoledì 13 settembre 2006
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uno sguardo nel vuoto dell'esistenza
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Impiegati in una fabbrica di bambole in un'anonima cittadina del profondo Midwest americano, il giovane Kyle e la grassa, più attempata, Martha conducono un'esistenza piatta e senza prospettive. Lei, che riempie il giovane di attenzioni, assiste in casa il vecchio padre malato e si sfoga con il cibo; lui, introverso e passivo, vive ancora con la madre. Lavorano, pranzano insieme e poi ciascuno a casa propria a guardare la televisione. L'amicizia che li lega pare fornir loro l'unico, esile rifugio ad una malinconia e a un destino ineluttabili. Poi, nella loro quotidianità irrompe una nuova operaia, Rose, che suscita l'interesse di Kyle e che una mattina viene trovata assassinata. Questa la trama di Bubble, il nuovo film low-budget del 43enne cineasta Steven Soderbergh, che si avvale per il cast di attori non professionisti.
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Impiegati in una fabbrica di bambole in un'anonima cittadina del profondo Midwest americano, il giovane Kyle e la grassa, più attempata, Martha conducono un'esistenza piatta e senza prospettive. Lei, che riempie il giovane di attenzioni, assiste in casa il vecchio padre malato e si sfoga con il cibo; lui, introverso e passivo, vive ancora con la madre. Lavorano, pranzano insieme e poi ciascuno a casa propria a guardare la televisione. L'amicizia che li lega pare fornir loro l'unico, esile rifugio ad una malinconia e a un destino ineluttabili. Poi, nella loro quotidianità irrompe una nuova operaia, Rose, che suscita l'interesse di Kyle e che una mattina viene trovata assassinata. Questa la trama di Bubble, il nuovo film low-budget del 43enne cineasta Steven Soderbergh, che si avvale per il cast di attori non professionisti. Una piccola storia di provincia gestita con precisione e sobrietà, girata con uno stile minimalista, asciutto e austero. Le premesse sono spaventose quanto realistiche, il torpido mare di tenebre in cui annaspano i personaggi può essere squarciato soltanto dalla luce malefica del delitto. Lo squallore del paesaggio urbano è infatti quello dei protagonisti e della loro esistenza. Qui il Sogno Americano non esiste perché la speranza non è mai nata, il futuro non c'è e il tempo è un invariabile presente fatto di istanti che si sommano, identici l'uno all'altro. Dal fondo grigio del quadro emerge il delitto, evento talvolta inspiegabile nelle tante brutte storie che riempiono le pagine di cronaca nera. Quella di Soderbergh è quasi un'anamnesi spietata della malattia. (Vincenzo Terlizzi)
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marina
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sabato 12 agosto 2006
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morire di noia
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Di solito mi piacciono i film importanti quelli che alla fine della visione ti lasciano qualcosa, mi dispiace ma Bubble contrariamente alle critiche l'ho trovato orrendo, al di la' del racconto di una vita qualsiasi in un paese qualsiasi, gente assolutamente normale e anormale, per me non era un thriller ma semplicemente un documentario sulla vita di gente comune. alla fine del film sono rimasta ancora ad aspettare che forse il regista si era dimenticato un pezzo, senza parlare dei dialoghi altrettanto sterili. Soldi del noleggio buttati.
Marina
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francesco
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mercoledì 9 agosto 2006
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contenuti (molto) speciali
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Perche' i Dvd hanno cambiato il modo di godere del cinema? Perche' noleggi in un Blockbuster il disco di 'Bubble', guardi il film, poi fai scivolare il dito sui 'contenuti speciali' e assisti ai provini dei tre attori principali. Scoprendo - credetemi, oppure provate - uno spaccato di vita americana autentica ben piu' inquietante di quello che emerge nel film di Soderbergh. Martha, nella vita, e' una manager di un fast food che si e' tirata fuori da un matrimonio frettoloso lavorando a 2 dollari e qualcosa all'ora, cominciando come cassiera e adesso, a sentirla parlare, e' tutta "orgoglio di chi ce l'ha fatta", indurito al sole di anni di fatica. Ma pare fiera di appartenere a una societa' in cui, sottolinea lei stessa, ci sono centri commerciali aperti 24 ore su 24.
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Perche' i Dvd hanno cambiato il modo di godere del cinema? Perche' noleggi in un Blockbuster il disco di 'Bubble', guardi il film, poi fai scivolare il dito sui 'contenuti speciali' e assisti ai provini dei tre attori principali. Scoprendo - credetemi, oppure provate - uno spaccato di vita americana autentica ben piu' inquietante di quello che emerge nel film di Soderbergh. Martha, nella vita, e' una manager di un fast food che si e' tirata fuori da un matrimonio frettoloso lavorando a 2 dollari e qualcosa all'ora, cominciando come cassiera e adesso, a sentirla parlare, e' tutta "orgoglio di chi ce l'ha fatta", indurito al sole di anni di fatica. Ma pare fiera di appartenere a una societa' in cui, sottolinea lei stessa, ci sono centri commerciali aperti 24 ore su 24. Il trionfo del dominio del lavoro sull'uomo. Rose, la ragazza destinata a morire, nella vita ha 30 anni, 4 figli, un lavoro per sbarcare il lunario, il sogno di una macchina piu' bella, parenti che non vede mai. Passa i sabati al centro commerciale e non ha amici perche', come gli altri due attori principali, non e' nata dove vive e dove e' stato girato il film. Quanto a Kyle, soffre davvero di ansia quando si trova in mezzo alla gente. Ha piantato la scuola, vive facendo il magazziniere in un negozio di pizze (Napoli's) e divide un appartamento con la sua ragazza, commessa. Spera di trasferirsi altrove.
Il ritratto che ne emerge fa riflettere.
Prima, certo, c'e' il film. Interessante, a mio parere, soprattutto per il modo in cui e' girato, con uno sguardo attonito che ben racconta il vuoto di una provincia profonda in cui personaggi altrattanto attoniti (come bambole) e privi di emozioni lavorano per (soprav)vivere e (soprav)vivono per lavorare. Diventando magari pozzi di solitudine, come Martha, ai quali e' spaventoso affacciarsi. Resta una strana sensazione, non positiva per il film: che Soderbergh sia piu bravo a filmare che a raccontare. E che questo mix formato da un giallo-pretesto che a un certo punto sembra invadere lo schermo, la folle normalita' di un'assassina che vale da sola tutto il film (e forse è l'aspetto più fertile e sinistro) e uno sguardo sulla provincia Usa profonda lasci tutto in superficie. Inquietante ma in superficie.
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teto
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martedì 8 agosto 2006
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originale e interessante
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Film originale, e molto bello il fatto che sia girato con un budget bassissimo.
Certo non è un film in cui il ritmo e la spettacolarità facciano luce. Complessivamente magari non vale la pena di spendere 7 euro per vederlo al cinema, ma resta un film molto interessante per chi non vuol vedere la solita minestra
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a.l.
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lunedì 7 agosto 2006
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anime assassine
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Soderbergh, regista eclettico( Sesso, bugie e videotape, Traffic, Erin Brockovich), ama sorprendere: ha deciso di descrivere l’America più vergognosa, la provincia anonima e povera, in sei pellicole, facendole uscire contemporaneamente in sala, nel mercato home video e nei palinsesti della Tv via cavo. Se si trattasse di una rappresentazione realistica al massimo grado dell’ambiente operaio o della scelta di fare lavorare attori non professionisti calandoli nel loro habitat, Bubble, la prima delle storie visibile sui nostri schermi, non sarebbe una gran novità. Vi sono però in essa dettagli che svelano il tocco dell’autore di talento e una visione del mondo non improntata esclusivamente al determinismo di matrice naturalistica.
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Soderbergh, regista eclettico( Sesso, bugie e videotape, Traffic, Erin Brockovich), ama sorprendere: ha deciso di descrivere l’America più vergognosa, la provincia anonima e povera, in sei pellicole, facendole uscire contemporaneamente in sala, nel mercato home video e nei palinsesti della Tv via cavo. Se si trattasse di una rappresentazione realistica al massimo grado dell’ambiente operaio o della scelta di fare lavorare attori non professionisti calandoli nel loro habitat, Bubble, la prima delle storie visibile sui nostri schermi, non sarebbe una gran novità. Vi sono però in essa dettagli che svelano il tocco dell’autore di talento e una visione del mondo non improntata esclusivamente al determinismo di matrice naturalistica. Basta considerare la presenza invasiva delle bambole: Martha e l’inquieta Rose innestano con le loro mani occhi colorati in volti plastificati, il giovane Kyle si occupa di piedi e gambe minuscoli da saldare, ma a turbare è la scoperta analogia fra bambolotti e esseri umani che rende la fabbrica e il paesaggio in cui i tre protagonisti del film sono immersi una sorta di pianeta alieno dove il mostruoso non è più tale. Un orrore rattenuto è la cornice adatta alla fotografia di un mondo innaturale. La macchina da presa accompagna i personaggi nelle loro routine, li segue nell’intimità della camera da letto, li osserva ingozzarsi di patatine fritte e panini, ne ascolta i discorsi o raccontare in due frasi il passato, ed esprime il suo sconfortato stupore tramite il lamento prolungato, una sorta di malinconico singulto, di una chitarra acustica: il dolore scaturisce dall’imbarazzo del nulla. Nell’universo andicappato di Martha e di Kyle vi è il vuoto assoluto, colmato proditoriamente dall’estranea Rose: da cosa nasce questa desolante impossibilità di vivere coscientemente un sentimento qualsiasi persino l’odio o la gelosia? Bubble testimonia nella bellezza algida ed inespressiva da pupazzi di Rose e Kyle e nella grassezza informe della sgraziata Martha la grottesca assolutizzazione della corporalità: Spurlock nel documentario Super size me si limitava ad additare in un sistema profondamente malato il sostrato di una Nazione in sovrappeso, Soderbergh scava più in profondità e la diagnosi è più allarmante, in quanto l’attenzione si concentra sulla stordita inconsapevolezza delle vittime stesse del medesimo. La necessità di arrabattarsi con un doppio lavoro per sopravvivere, di lottare contro precarietà e disoccupazione sempre incombenti, di occuparsi di un padre vecchio e disabile, producono incultura, ovvero ad incapacità di dare voce a sentimenti e stati d’animo: canne e cibo surrogano passioni e l’ignoranza, per parafrase approssimativamente un celebre detto, genera mostri. L’uomo infatti è anche spirito: nel fondo delle pupille si cela l’anima, folgorata da un bagliore all’interno di una chiesa o in una cella di prigione, ed è lì l’assassino.
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caccola
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giovedì 6 luglio 2006
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fa schifooooooooooooooooooooooooo
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mimmo grimaldi
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domenica 14 maggio 2006
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bubble: ovvero della provincia americana
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Bubble è l'occasione perduta di Soderbergh.
E' un film di una piccola provincia , in un piccolo film , senza approfondimenti con immaginati sfuocate , con la solita tecnica circolare del regista che è ormai un deja vu. La trama scorre troppo leggera , senza meditazione , con protagonisti negativi , sin troppo evocati e sin troppo " anticipati". Il tutto in un genere filmico indefinibile , senza pathos , senza contrasto, senza lotta , senza sentimenti. Tutto scorre troppo lentamente con un epilogo già presente dalla introduzione o dalla prima scena del film.
In Italia c'è di meglio. Da evitare
Mimmo Grimaldi
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