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roberto
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lunedì 8 aprile 2019
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peccato!
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Tutte le intenzioni e i contenuti di questo film mi sono parsi interessanti, così come le molteplici e consuete sfaccettature di questo "prodotto cinematografico" che vengono spesso vagliate dalla critica per una valutazione. Ma il regista si è "resegato le gambe" da solo, senza che l'abbiano fatto le mine, con l'eccessiva insistenza su troppi aspetti. Così come il ragazzino diventa insopportabile con i suoi reiterati tentativi di vendere l'anello (ma questo possiamo anche accettarlo sapendo che per quelle popolazioni l'insistenza è necessità ed è consuetudine), allo stesso modo il regista propone sequenze interminabili, che a loro volta diventano appunto insopportabili, di persone che continuano a passare sullo sfondo sempre allo stesso modo, con le stesse stampelle; e a un certo punto ti sorprendi a considerare che queste ultime sono tutte nuove e di conseguenza gli zoppi non sono più credibili! Quando cominci a fare considerazioni di questo tipo vuol dire che il regista ha "cannato", mi dispiace, ha tolto genuinità al film e.
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Tutte le intenzioni e i contenuti di questo film mi sono parsi interessanti, così come le molteplici e consuete sfaccettature di questo "prodotto cinematografico" che vengono spesso vagliate dalla critica per una valutazione. Ma il regista si è "resegato le gambe" da solo, senza che l'abbiano fatto le mine, con l'eccessiva insistenza su troppi aspetti. Così come il ragazzino diventa insopportabile con i suoi reiterati tentativi di vendere l'anello (ma questo possiamo anche accettarlo sapendo che per quelle popolazioni l'insistenza è necessità ed è consuetudine), allo stesso modo il regista propone sequenze interminabili, che a loro volta diventano appunto insopportabili, di persone che continuano a passare sullo sfondo sempre allo stesso modo, con le stesse stampelle; e a un certo punto ti sorprendi a considerare che queste ultime sono tutte nuove e di conseguenza gli zoppi non sono più credibili! Quando cominci a fare considerazioni di questo tipo vuol dire che il regista ha "cannato", mi dispiace, ha tolto genuinità al film e... ti cascano le braccia (anche qui senza bisogno di mine)! Mi fermo qua, anche se molte altre sequenze del film si prestano alle stesse considerazioni. Che peccato, perché gli aspetti belli sono "davvero belli"!
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filippo catani
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mercoledì 15 gennaio 2014
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essere donna in afghanistan
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Una ragazza afgana che vive ormai da anni all'estero dove fa la giornalista, decide di rientrare in patria in seguito ad una sconcertante lettera della sorella che ne annuncia l'imminente suicidio. La ragazza vive a Kandahar e la sorella decide allora di intraprendere un pericolosissimo viaggio nella terra natia ormai da anni in mano al regime dei Talebani.
Realizzato appena prima degli attacchi alle Torri, il film mostra con estrema lucidità due drammi. Il primo è quello di essere una donna in Afghanistan con tutto ciò che comporta: non poter viaggiare sola, girare completamente coperta ed essere visitata da dottori attraverso una piccolissima fessura. L'altro dramma è quello della guerra perenne che interessa il paese da ormai trent'anni.
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Una ragazza afgana che vive ormai da anni all'estero dove fa la giornalista, decide di rientrare in patria in seguito ad una sconcertante lettera della sorella che ne annuncia l'imminente suicidio. La ragazza vive a Kandahar e la sorella decide allora di intraprendere un pericolosissimo viaggio nella terra natia ormai da anni in mano al regime dei Talebani.
Realizzato appena prima degli attacchi alle Torri, il film mostra con estrema lucidità due drammi. Il primo è quello di essere una donna in Afghanistan con tutto ciò che comporta: non poter viaggiare sola, girare completamente coperta ed essere visitata da dottori attraverso una piccolissima fessura. L'altro dramma è quello della guerra perenne che interessa il paese da ormai trent'anni. Il territorio finisce così per essere un'immensa trappola disseminata di mine. Terribile la scena del campo della Croce Rossa dove si presentano continuamente persone alla disperata ricerca di un arto artificiale (ovviamente c'è anche chi prova a venirne in possesso per venderlo al mercato nero). In questo contesto si inserisce la storia del film che ci restituisce una dolorosa istantanea del paese ancora nell'incertezza politica ed economica. La giovane in cerca della sorella è sconvolta dalla situazione in cui versa il suo paese d'origine e vorrebbe portare con lei la sorella aspirante suicida. Una storia dolorosa e toccante che nella scena dei poveri mutilati che inseguono arti artificiali paracadutati dal cielo il suo punto più forte.
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fulvia
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venerdì 14 agosto 2009
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una sorta di documentario, senza colonna sonora
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"Viaggio a Kandahar" è una sorta di documentario, con poca trama e quasi privo di sottofondo musicale.Di che parla? Zone desertiche assolate, burqa, mine antiuomo, regole rozze e primitive, totale accettazione della schiavitù da parte delle donne, sottomissione, guerra,perdita degli arti..e ancora deserto, e ancora aridità e povertà totale. Nonostante fossi interessatissima a questo argomento, il film non mi ha convinta, l'ho trovato addirittura un tantino pesante(colpa anche di personaggi petulanti e fastidiosamente insistenti, che popolano il film). Lo aspettavo da tanto!Peccato...sono rimasta un po' delusa. Consiglio invece "Mai senza mia figlia" storia vera,che tratta lo stesso contesto,(la condizione della donna in Iran), ma a mio avviso è un capolavoro!
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diego
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domenica 23 dicembre 2001
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la realtà luccicante
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Il bravissimo regista iraniano Mohsen Makhmalbaf durante il periodo della lavorazione del suo ultimo film,"Viaggio a Kandahar",non poteva di certo immaginare quel che sarebbe successo nel luogo in cui è ambientata la sua pellicola.senza alcun dubbio la situazione in Afghanistan è sempre stata a dir poco critica,soprattutto per quanto riguarda il suo "aspetto femminile":la condizione di vita delle donne afghane è ancora troppo intollerabile!Il film è quindi un atto d'accusa contro i sistemi che costringono in questo paese da cambiare le donne (e non solo) a vivere (?) in modo non accettabile.Per raccontare un tema certamente delicato l'autore si serve di uno stile luccicante,colorato e ricco di virtuosismi,e di scene quasi surreali (quella molto bella della corsa degli uomini monchi verso le gambe di legno paracadutate dalla Croce Rossa).
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Il bravissimo regista iraniano Mohsen Makhmalbaf durante il periodo della lavorazione del suo ultimo film,"Viaggio a Kandahar",non poteva di certo immaginare quel che sarebbe successo nel luogo in cui è ambientata la sua pellicola.senza alcun dubbio la situazione in Afghanistan è sempre stata a dir poco critica,soprattutto per quanto riguarda il suo "aspetto femminile":la condizione di vita delle donne afghane è ancora troppo intollerabile!Il film è quindi un atto d'accusa contro i sistemi che costringono in questo paese da cambiare le donne (e non solo) a vivere (?) in modo non accettabile.Per raccontare un tema certamente delicato l'autore si serve di uno stile luccicante,colorato e ricco di virtuosismi,e di scene quasi surreali (quella molto bella della corsa degli uomini monchi verso le gambe di legno paracadutate dalla Croce Rossa).E' giusto adoperare uno stilecosì ricco in una situazione di povertà assoluta? In questo caso alcuni eccessi non stonano,ma rendono al film una personalità più forte e un respiro internazionale.Davvero intensa la protagonista,Niloufor Pazira (il film prende spunto da un episodio della sua vera vita).Il risultato definitivo è convincente:il film non ha la stessa perfezione di "Pane e fiore",ma rimane un opera bella e importante (considerando soprattutto il momento in cui è arrivato sui grandi schermi).Una cosa mi dispiace:se in questo periodo non era in atto questa tragica guerra in Afghanistan,il film riusciva in ogni caso ad ottenere il successo (meritato) che sta guadagnando?Ho i miei seri dubbi.Per incassare miliardi un film d` autore non americano deve essere supportato da eventi disastrosi? Speriamo noi cinefili che le cose in futuro cambino.
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procol harum
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mercoledì 12 dicembre 2001
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viaggio verso dove?
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Un viaggio verso il nulla, quello della protagonista, verso l'annullamento della volontà femminile e del proprio universo interiore. Un viaggio che parte da un pretesto, il prossimo suicidio della sorella, ma che giunge, con un efficace taglio documentaristico, ad illustrare orrori e contraddizioni di un paese lacerato non tanto dalla guerra, ma dalla sua stessa ragion d'essere. Un atto d'accusa feroce contro la religione, non più oppio dei popoli, bensì fattore scatenante di orrori senza fine, senza più alcun Dio. E a volte, come dimostrano i recenti fatti, solo con la violenza è possibile estirpare la violenza. Purtroppo.
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(di gnara56)
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libertà
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sabato 1 dicembre 2001
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consigliato a tutti
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interessante, profondo e pieno di speranza
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claudia f.
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venerdì 23 novembre 2001
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grande!
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Se non vi piace questo film vi meritate Pieraccioni. Anzi, forse è un po' problematico per voi.
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riccardo ame
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giovedì 25 ottobre 2001
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chi ha detto che i film belli sono noiosi
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Tempo fa si diceva che la cultura annoia i sottoacculturati. Questo film annoia e basta. Civiltà di inferiori (aveva proprio ragione il Cava). E' veramente tempo buttato vedere un film così ambientato! Solo l'atomica ci può salvare!!!
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(di ilcaruso_82)
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gaia
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lunedì 15 ottobre 2001
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viaggio nel medioevo
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Un film-documentario bellissimo, su una realta' di miseria, oppressione, sofferenza. Su un paese che e' piu' povero, piu' desertico, piu' angosciato, piu' represso di tanti altri. Nel quale la donna e' solo un animale da riproduzione, non ha diritti, ne' alcuno spazio, e' condannata al silenzio, all'invisibilita', alla reclusione, come se fosse colpevole di qualche reato. Fin da bambina. E i tabebani sono pieni di soldi, commerciano in oppio e tengono in mano la vita e le sorti di un intero popolo...
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