Irene Bignardi
La Repubblica
Peccato (di pruderie?) aver tradotto in italiano Une liaison pornographique con un titolo beneducato e anodino come Una relazione privata. Perché sin dalla partenza il titolo originale annunciava gli intelligenti paradossi di un film tutt'altro che pornografico, implicitamente invitandoci a leggerlo con ironia e a riconsiderare la definizione. Se non fosse che il suo regista, il finora sconosciuto Frédéric Fonteyne, viene dal Belgio, Una relazione privata si definirebbe, per la sua atmosfera piccante e insieme geometrica, un film tipicamente francese. Invece costituisce un pendant paradossale a un originale e dimenticato suo compatriota, "La vita sessuale dei belgi". In ogni caso, è stato una delle piacevoli scoperte dell'ultima Mostra di Venezia, dove sesso esplicito se n'è visto fino alla spossatezza. E se aggiungiamo che ha alle spalle la stessa squadra produttiva di Rosetta, si capirà che ci sono ancora in circolazione dei produttori capaci di costruire dei bei film con poco, e di fare cinema con le idee. Casto d'immagini, intelligente nella struttura, essenziale, quasi modesto, nella confezione, interpretato da un duetto di attori straordinari - la francese Nathalie Baye, che si offre con tutte le rughette e le grazie di una bellezza non più giovanissima all'esplorazione ravvicinata della cinepresa, e il simpaticissimo catalano Sergi Lopez che abbiamo conosciuto attraverso "Western" - Una relazione privata è un Kammerspiel tutto verbale. Lui e lei, che non hanno un nome e resteranno anonimi per tutto il film, s'incontrano tramite un annuncio via Minitel (ci resta la curiosità di sapere come formulato) perché hanno in comune una fantasia sessuale che vogliono a tutti i costi realizzare. Rassegnatevi: quale sia questo vagheggiato rito erotico non lo sapremo mai, ma ha l'aria di essere una pratica molto molto specialistica - che, in ogni caso, va ad aggiungersi a un altro celebre mistero erotico insoluto, la celebre scatoletta di Belle de jour. Si vedono ogni giovedì in un caffè, vanno in un albergo lì accanto, e, chiusi nella loro stanza come i duellanti di Ultimo tango a Parigi, si dedicano alla loro fantasia prediletta (ma non li vediamo in azione, salvo in una bizzarra scena che si sviluppa sotto un lenzuolo), si lasciano contenti. In questo corpo a corpo amoroso fuori dal mondo, va tutto bene fino al giorno in cui, sempre reciprocamente anonimi, i due decidono di fare l'amore in modo "normale". Abbandonata la geometria del puro sesso, il cedimento porta alla tenerezza e al coinvolgimento emotivo, cui contribuisce anche un piccolo incidente, la crisi cardiaca di un vecchio cliente dell'albergo che i due accompagnano in ospedale, e l'incontro con la moglie di lui, con tutto il carico di amore e di risentimenti di una vita. E l'irruzione della vita con le sue complesse stratificazioni sentimentali (il vecchio, si scopre, detestava la moglie, a sua volta convinta che lui sarebbe sempre tornato da lei) nello spazio astratto e specialistico che i due hanno riservato alla sessualità mette tutto a rischio. E la storia è raccontata anni dopo dai due protagonisti, separatamente, a un invisibile intervistatore: ma forse il ricordo di lei non è identico a quello di lui. L'intuizione è acuta anche se non originale e la teoria è molto frequentata - soprattutto in campo maschile. Fonteyne portandola a conseguenze estreme e paradossali suggerisce con humour e saggezza non pedante che l'eros prospera quando è uno spazio fuori dal mondo, nel vitro di un assoluta separatezza non toccata dalla realtà esterna. Probabile anche se non garantito. E i piaceri dell'amore? Segue dibattito.
Da La Repubblica, 12 aprile 1999
di Irene Bignardi, 12 aprile 1999