tony montana
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lunedì 18 ottobre 2010
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fulminante
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Tratto dai romanzi Carlito’s Way e After Hours di Edwin Torres, Carlito’s Way, possiamo considerarlo il miglior film di Brian De Palma. Chi più di lui riesce a mostrare con magistrale bravura, il degrado della società anni 70 nella Harlem ispana? Non essendo nuovo nel genere melodrammatico e in quello gangsteristico, De Palma si muove su territori a lui cari e ci regala un grande film che merita di entrare nella memoria collettiva sia per le interpretazioni dei personaggi, la regia e tutto il resto, sia per le sequenze da antologia come la bellissima scena dei titoli di testa che mostra in anticipo l’omicidio di Carlito, sia la magistrale sparatoria all’interno della sala da biliardo.
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Tratto dai romanzi Carlito’s Way e After Hours di Edwin Torres, Carlito’s Way, possiamo considerarlo il miglior film di Brian De Palma. Chi più di lui riesce a mostrare con magistrale bravura, il degrado della società anni 70 nella Harlem ispana? Non essendo nuovo nel genere melodrammatico e in quello gangsteristico, De Palma si muove su territori a lui cari e ci regala un grande film che merita di entrare nella memoria collettiva sia per le interpretazioni dei personaggi, la regia e tutto il resto, sia per le sequenze da antologia come la bellissima scena dei titoli di testa che mostra in anticipo l’omicidio di Carlito, sia la magistrale sparatoria all’interno della sala da biliardo. Scarface, ci mostrava un personaggio sinistro ( Tony Montana ) che più di ogni altra cosa, desiderava raggiungere la ricchezza, la gloria e il potere anche usando la violenza se era necessario. Carlito invece, è un uomo con dei sogni, che ha avuto a che fare con la violenza, che l’ha utilizzata secondo le dure e spietate leggi della strada e che dopo cinque anni di carcere, decide di farla finita con il crimine e fare una vita normale come ogni uomo, ma è difficile sfuggire ad un destino criminale e anche se non li si cerca, ci si incappa nei guai e si finisce con i sogni infranti. E dopo aver interpretato un ruolo simile nella terza e ultima parte dell’epica trilogia del Padrino, Al Pacino ( magistralmente doppiato da Giancarlo Giannini ) con il suo sguardo intenso e sognatore, si adatta perfettamente al ruolo, regalandoci un personaggio con il quale ci possiamo identificare. Un personaggio che come Tony Montana, merita memoria. Ma non è solo a Pacino che dobbiamo la grandiosità di questo capolavoro. Le musiche di Patrick Doyle hanno reso il film leggendario. Grande contributo anche da parte di una bellissima Penelope Ann Miller nel ruolo del grande amore di Carlito, e anche da parte di due giovani attori in ascesa nelle loro carriere: un magistrale Sean Penn che interpreta un cinico avvocato corrotto che vuole salvare il culo e Viggo Mortensen che fa poco più di un cameo nel ruolo di un vecchio amico di Carlito. Nonostante sia particolarmente violento, Carlito’s Way è un grande film dal profondo respiro e che colpirà con tensione e sorpresa, nell’epico finale, lasciando tutti con gli occhi spalancati.
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nick castle
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sabato 12 marzo 2011
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grande, davvero grande...
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Funziona come un gangster movie, ma è anche meglio. Ottimo trama, sapientemente sviluppata da David Koepp nella sceneggiatura, invece De Palma offre una delle sue migliori prestazioni, Al Pacino sembra che abbia fatto davvero il gangstar, ma che dire della quasi sconosciuta da noi e poco apprezzata negli USA Penelope Ann Miller? Ad ogni buon conto De Palma invece di puntare su una attrice sulla bocca di tutti , punta su di lei, volto discreto quanto affascinante, corpo sinuoso e innocente, matura, ingenua ma mai stupida, un gran personaggio e una buona prova per la Miller. Buoni anche i personaggi di contorno, Sean Penn avvocato cocainomane con una improbabile chioma riccia calza a pennello, Viggo Mortensen, non ancora famoso, nella particina di un ex criminale in sedia a rotelle che cerca di fregare il vecchio Carlito.
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Funziona come un gangster movie, ma è anche meglio. Ottimo trama, sapientemente sviluppata da David Koepp nella sceneggiatura, invece De Palma offre una delle sue migliori prestazioni, Al Pacino sembra che abbia fatto davvero il gangstar, ma che dire della quasi sconosciuta da noi e poco apprezzata negli USA Penelope Ann Miller? Ad ogni buon conto De Palma invece di puntare su una attrice sulla bocca di tutti , punta su di lei, volto discreto quanto affascinante, corpo sinuoso e innocente, matura, ingenua ma mai stupida, un gran personaggio e una buona prova per la Miller. Buoni anche i personaggi di contorno, Sean Penn avvocato cocainomane con una improbabile chioma riccia calza a pennello, Viggo Mortensen, non ancora famoso, nella particina di un ex criminale in sedia a rotelle che cerca di fregare il vecchio Carlito. E' un ottimo film, ornato dalle musiche di Patrick Doyle, quà e la un po' troppo lente e pesanti, ottima la colonna sonora con pezzi anni '70. Impossibile non vederlo almeno una volta.
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rmarci05
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sabato 10 novembre 2018
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insolitamente toccante, magnifico al pacino
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Brian De Palma, dopo aver diretto Al Pacino nel violento Scarface, torna a dirigere il grande attore (che in questo ruolo è magnifico) in un film insolitamente toccante e struggente per il genere gangster, più tendente alla commedia nella prima parte, con rimandi ai film di Scorsese, e più drammatico nella seconda parte, con un finale commovente e non convenzionale. Oltre alla fedele ricostruzione della New York anni '70 e alla direzione degli attori, De Palma dimostra il suo talento nelle scene di suspense degne dei suoi migliori thriller, trasformando la telecamera in un ulteriore attore che segue gli intrecci della storia con un virtuosismo tecnico tipico del grande cinema, mantenendo la tensione altissima senza mai stuccare (alcune scene sono mozzafiato).
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Brian De Palma, dopo aver diretto Al Pacino nel violento Scarface, torna a dirigere il grande attore (che in questo ruolo è magnifico) in un film insolitamente toccante e struggente per il genere gangster, più tendente alla commedia nella prima parte, con rimandi ai film di Scorsese, e più drammatico nella seconda parte, con un finale commovente e non convenzionale. Oltre alla fedele ricostruzione della New York anni '70 e alla direzione degli attori, De Palma dimostra il suo talento nelle scene di suspense degne dei suoi migliori thriller, trasformando la telecamera in un ulteriore attore che segue gli intrecci della storia con un virtuosismo tecnico tipico del grande cinema, mantenendo la tensione altissima senza mai stuccare (alcune scene sono mozzafiato). Inoltre nel film è presente una piacevole sensazione nostalgica, particolarmente evidente nei racconti del protagonista sui cambiamenti del suo quartiere, che dà al personaggio un carattere tormentato e indeciso se tornare alle sue attività di signore della droga o cambiare vita; Carlito quindi rappresenta l'antieroe dal passato burrascoso e dal futuro incerto, dall'animo in fondo buono e consapevole degli errori commessi. Brian De Palma realizza uno dei suoi film più belli e completi, perfettamente in bilico tra gangster, thriller, commedia e drammatico, in cui sono presenti tutte le caratteristiche del suo cinema, ma pieno di poesia e significato, la cui splendida fotografia è accompagnata da un'efficace colonna sonora; ma il punto forte del film è sicuramente la sontuosa interpretazione di Al Pacino, che con uno sguardo dei suoi occhi sgranati riesce ad esprimere lo stato d'animo di Carlito, le sue paure, i suoi desideri, le sue tentazioni e le sue debolezze, dando vita ad un personaggio che è molto più di un semplice gangster: è un uomo; Sean Penn è ugualmente bravissimo a rendere credibile un personaggio viscido. L'unico difetto del film sono alcuni stereotipi della ricostruzione del mondo criminale, che comunque è molto realistica. Assolutamente consigliato, da non perdere. 4 stelle su 5.
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annu83
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venerdì 30 marzo 2012
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un brigante da urlo
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"Parla di un tipo, Charlie Brigante detto Carlito"... A vederla così, à la Marra, è pure troppo riduttivo. Specialmente se il tipo in questione non è "un tipo" qualunque, bensì un Pacino in una delle sue performance migliori e più convincenti.
Inutile stare qua a raccontarci la storia di Carlito, quello che fa e quello che dice. E' storia vecchia e conosciuta da chiunque il cinema lo bazzichi anche solo per diletto.
Inutile anche sprecarsi in stupidi e irriverenti, quanto inutili e pochissimo attendibili, paragoni con altre pellicole come "Il Padrino", "Scarface", fino ad arrivare a scomodare Leone con il suo "C'era una volta in America".
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"Parla di un tipo, Charlie Brigante detto Carlito"... A vederla così, à la Marra, è pure troppo riduttivo. Specialmente se il tipo in questione non è "un tipo" qualunque, bensì un Pacino in una delle sue performance migliori e più convincenti.
Inutile stare qua a raccontarci la storia di Carlito, quello che fa e quello che dice. E' storia vecchia e conosciuta da chiunque il cinema lo bazzichi anche solo per diletto.
Inutile anche sprecarsi in stupidi e irriverenti, quanto inutili e pochissimo attendibili, paragoni con altre pellicole come "Il Padrino", "Scarface", fino ad arrivare a scomodare Leone con il suo "C'era una volta in America". De gustibus si direbbe... anzi, amen.
Quello che potrebbe essere argomento di discussione è la prova cinematografica di Al, ma non solo sua.
Qualcuno lo preferirà à la Tony Montana, duro, eccentrico, delirante di onnipotenza, sboccato, impastato dalla coca e sempre pronto a farsi prendere la mano, ma in Carlito's way il Nostro offre qualcosa di più, qualcosa che non mostra direttamente, ma che lascia solo intuire, come solo i grandissimi attori, quelli che guardano gli altri dall'alto, sanno fare. E allora la storia di Charlie diventa, anzichè rimanere solo il semplice racconto di una vita in bilico, la metafora di un cambiamento, iniziato, ma mai portato veramente a termine, perchè come direbbe lui, <non sono io che cerco questa merda, è questa merda che cerca me>, ed è quindi impossibile scappare. Il cambiamento di una vita storta, nata da una radice portoricana trapiantata in una New York povera, che cerca di essere sotterrata, ma che è dura da far morire. E allora, nonostante i tentativi, si scopre che la strada più breve per cambiare vita è continuare con la vita precedente, e non sempre va bene.
Un Pacino apparentemente sotto le righe (sempre scomodando stupidi paragoni con Scarface), ma che in verità nasconde un'interpretazione perfettamente riuscita, in un ruolo facilissimo da sfigurare, deformare e violentare, proprio a causa della maestosità del personaggio da interpretare.
Duro ma pacato, aggressivo ma riflessivo, coerente ma controverso... uno spettacolo. Uno sfoggio di abilità interpretativa davvero notevole.
Ma il film non parla solo di Carlo Brigante. Parla anche del suo amico avvocato, quel Kleinfeld che gli ha risparmiato 25 anni di galera, e al quale va data eterna (o quasi) riconoscenza, perchè "Kleinfeld è mio fratello".
Interpretato da un Sean Penn assolutamente sopra le righe per l'epoca in cui è stato girato il film, perfettamente calato nella parte dell'avvocato arrivista e arrivato, assetato di potere e schiavo della coca. Un'interpretazione al limite dell'allucinazione, smaccatamente eccessiva, in grado di oscurare addirittura la prova di Pacino durante tutta la seconda parte del film.
Una regia capace come quella di De Palma, che alterna lo spazio e pure il tempo di ripresa a seconda delle necessità, che riesce a dare un effetto "flashback su flashback" con riprese in tonalità di grigio sapienti e ponderate, che si fa coadiuvare da una voce fuori campo utile e rassicurante, per quanto distaccata e poco presente.
Ottime anche le interpretazioni dei "non protagonisti" (buon Dio, anche Penn dovrebbe essere un "non"), con buone prove di un buon Guzman, e di un bravo, seppur molto limitato Mortensen. Unico neo, l'interpretazione tiepidina e un po' macchinosa della Miller, che non riesce ad essere all'altezza del compagno di set.
Insomma, un film assolutamente da ricordare tra i capolavori del cinema, con interpretazioni di assoluto spessore tecnico e interpretativo.
Alla faccia di chi i premi ha preferito darli ad altri...
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jean remi
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giovedì 7 novembre 2013
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forse il miglior film di de palma.
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Carlito’s Way è un film capolavoro, un noir, una commedia, un dramma, una storia di vita del, portoricano Carlito Brigante (un grande Al Pacino meravigliosamente doppiato da Giancarlo Giannini che ha vinto il nastro d’argento per questa sua performance) che tenta all’uscita dal carcere di rifarsi una vita sognando una fuga verso posti in cui non sia costretto ad ogni passo incappare nel suo passato di malavitoso.
Il destino, nel personaggio del suo avvocato (un altrettanto grande Sean Penn), gli remerà contro ed il suo sogno svanirà con la morte, come già presentato ad inizio film in uno stupendo bianco e nero, con la visione di un manifesto pubblicitario di spiagge esotiche che si anima con il sottofondo meraviglioso di You Are So Beautiful cantata da Billy Preston.
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Carlito’s Way è un film capolavoro, un noir, una commedia, un dramma, una storia di vita del, portoricano Carlito Brigante (un grande Al Pacino meravigliosamente doppiato da Giancarlo Giannini che ha vinto il nastro d’argento per questa sua performance) che tenta all’uscita dal carcere di rifarsi una vita sognando una fuga verso posti in cui non sia costretto ad ogni passo incappare nel suo passato di malavitoso.
Il destino, nel personaggio del suo avvocato (un altrettanto grande Sean Penn), gli remerà contro ed il suo sogno svanirà con la morte, come già presentato ad inizio film in uno stupendo bianco e nero, con la visione di un manifesto pubblicitario di spiagge esotiche che si anima con il sottofondo meraviglioso di You Are So Beautiful cantata da Billy Preston. Scena che ho visto decine di volte e sempre mi dà nuove emozioni.
Cosa dire poi della faccia seminascosta dalla porta e relativa catenella di Al Pacino quando, sempre musicalmente accompagnato dalla meravigliosa You Are So Beautiful, irrompe in casa della bella Gail o di quando Carlito spia Gail, che sta prendendo lezioni di danza con un carezzevole sottofondo musicale classico, dalla terrazza del palazzo accanto sotto una pioggia scrosciante riparandosi con il coperchio di un bidone di spazzatura; scene che fanno a mio avviso la storia del cinema grazie ad un particolarmente ispirato Brian De Palma, peraltro regista qualitativamente incostante.
Carlito Brigante è un personaggio molto complesso, scaltro, spietato freddo, saggio e nel contempo romantico e leale, prigioniero però della gabbia del suo passato dalla quale non riesce ad uscire malgrado lo voglia sino in fondo e ci rappresenti l’esistenza di un mondo parallelo che non riuscirà mai a raggiungere assieme alla sua Gail.
Il film è basato su un romanzo di Edwin Torres. Nel complesso molto bella la colonna sonora
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kondor17
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mercoledì 16 settembre 2015
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una volta dentro, non ne esci più
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Quando Carlito esce di prigione, dopo 5 anni, il mondo non è più lo stesso. Sono cambiati i quartieri, la cocaina ha soppiantato l'eroina, ma soprattutto è cambiato lui. Lui che tutti conoscono, che tutti vogliono. Carlito, il mito. Quello che faceva girare la roba come nessun altro. Ma lui non ne vuole più sapere, vuole rimettersi in riga. Vuole aprire un autonoleggio alle Bahamas, ma per far questo gli servono 75000 mila dollari. Accetta quindi di gestire un locale per guadagnarsi quanto gli serve. Ma il passato lo bracca e questo gli costerà caro.
Nel complesso la storia è avvincente, ma il film non è privo di pause e di lacune. Ad esempio non è plausibile che Carlito si dilegui senza conseguenze dopo la strage iniziale del bar.
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Quando Carlito esce di prigione, dopo 5 anni, il mondo non è più lo stesso. Sono cambiati i quartieri, la cocaina ha soppiantato l'eroina, ma soprattutto è cambiato lui. Lui che tutti conoscono, che tutti vogliono. Carlito, il mito. Quello che faceva girare la roba come nessun altro. Ma lui non ne vuole più sapere, vuole rimettersi in riga. Vuole aprire un autonoleggio alle Bahamas, ma per far questo gli servono 75000 mila dollari. Accetta quindi di gestire un locale per guadagnarsi quanto gli serve. Ma il passato lo bracca e questo gli costerà caro.
Nel complesso la storia è avvincente, ma il film non è privo di pause e di lacune. Ad esempio non è plausibile che Carlito si dilegui senza conseguenze dopo la strage iniziale del bar. All'appello, infatti, mancano 30000 dollari e due dei presenti sono anche scappati, dopo averlo visto e riconosciuto. Lo conoscono tutti, d'altronde. Anche la storia della fidanzata bellissima e molto più giovane di lui che, dopo essere stata piantata di brutto, dopo 5 anni prima lo rifiuta e poi si reinnamora perdutamente, mi sembra un tantino forzata, come del resto è poco credibile il cambiamento dell'amico avvocato (sean Penn), prima affidabile e stimato, poi cocainomane, ladro e spietato assassino. Anche Al Pacino, secondo me, al di sotto del suo standard. Bella la musica e l'ambientazione.
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francesco2
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mercoledì 23 febbraio 2011
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tutto fila liscio.....forse troppo?
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Un bel film, tecnicamente ben realizzato, con momenti che lasciano veramente il segno (Si prova più pietà o rabbia per il criminale ridotto sulla sedia a rotelle?). E che esprime un'attrice da noi (Meritatamente?) credo semisconosciuta, Penelope Ann Miller. Ed abile anche nel mettere a nudo le contraddizioni del personaggio, un uomo che si fa il segno della croce ma che ha un passato da spacciatore di eroina, e che si autoinfligge un destino da perdente o, soprattutto, da maledetto, da cui nulla o nessuno riuscirà a liberarlo. Una strada metaforica e reale, che lui (intra) prende , o soprattutto ri-prende. A me, mi prenderete per pazzo, ha ricordato quella dell'accattone pasoliniano: sarà un caso che entrambi muoiano?
Bene, tutto bene.
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Un bel film, tecnicamente ben realizzato, con momenti che lasciano veramente il segno (Si prova più pietà o rabbia per il criminale ridotto sulla sedia a rotelle?). E che esprime un'attrice da noi (Meritatamente?) credo semisconosciuta, Penelope Ann Miller. Ed abile anche nel mettere a nudo le contraddizioni del personaggio, un uomo che si fa il segno della croce ma che ha un passato da spacciatore di eroina, e che si autoinfligge un destino da perdente o, soprattutto, da maledetto, da cui nulla o nessuno riuscirà a liberarlo. Una strada metaforica e reale, che lui (intra) prende , o soprattutto ri-prende. A me, mi prenderete per pazzo, ha ricordato quella dell'accattone pasoliniano: sarà un caso che entrambi muoiano?
Bene, tutto bene. Anche che non ci sia l'happy-end. Magari troppo bene. Perché di ORIGINALE, questo film ,ha veramente pochino, a parte spunti isolati come il già citato spacciatore "handicappato" o un'istrionico Sean Penn. Il resto, però, si mantiene al confine tra crudezza e romanticismo,ma ch icerchi cinema veramente crudo guardi "Rischiose abitudini", ed il romanticismo sa di (Anti)eroe maledetto. Non è certamente il primo film che vedo di Di Palma, e credo ratramente vada oltre la perizia tecnica (In "Doppia personalità" non c'è neanche quella): Forse gli manca un tocco PERSONALE, quello che (contrad9 distinguwe i grandi in tutti gli ambiti. Non a caso, c'è chi lo considera (niente più che) un imitatore di Hitchcock.
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dodo
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sabato 21 maggio 2005
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critica
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A Brian De Palma spetta di diritto l’oscar del regista più sopravvalutato del cinema americano, e “Carlito’s Way” è l’esempio eclatante di quanto affermato. Questo film (che riprende in modo esasperato molti punti del miglior capolavoro in materia di gangster movie : “C’era una volta in America”) risulta quanto mai romanzato, scontato, oltre che commerciale, soprattutto se si tiene conto dei ripetuti lavori cinematografici operati precedentemente da De Palma in materia di mafia e violenza, a partire da “Scarface”, fino ad arrivare ad “Untouchables”. Questo film non ha nulla di nuovo da proporre, nessuna innovazione da tramandare ai posteri del buon cinema. Lo spettacolo lo fanno i due attori principali : Al Pacino (nelle vesti di Carlito Brigante) e lo strepitoso Sean Penn (nei panni dell’ avvocato stralunato).
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A Brian De Palma spetta di diritto l’oscar del regista più sopravvalutato del cinema americano, e “Carlito’s Way” è l’esempio eclatante di quanto affermato. Questo film (che riprende in modo esasperato molti punti del miglior capolavoro in materia di gangster movie : “C’era una volta in America”) risulta quanto mai romanzato, scontato, oltre che commerciale, soprattutto se si tiene conto dei ripetuti lavori cinematografici operati precedentemente da De Palma in materia di mafia e violenza, a partire da “Scarface”, fino ad arrivare ad “Untouchables”. Questo film non ha nulla di nuovo da proporre, nessuna innovazione da tramandare ai posteri del buon cinema. Lo spettacolo lo fanno i due attori principali : Al Pacino (nelle vesti di Carlito Brigante) e lo strepitoso Sean Penn (nei panni dell’ avvocato stralunato). Le emozioni le regalano questi due formidabili attori e non certo la regia dell’ italo – americano che ancora una volta si distingue per superficialità. Per iniziare, la trama sembra la solfa vista e rivista mille volte quando c’è da rappresentare questo genere di film, ed è lampante l’accostamento con il capolavoro di Sergio Leone in molteplici aspetti. Il boss che esce di galera e si ritrova in un mondo profondamente mutato, in preda a dubbi ed esitazioni è il primo tema scopiazzato ad arte dal già nominato “C’era un volta in America”, dove era Robert De Niro ad interpretare la parte di “Noodles”, il quale era innamorato guarda caso di una ballerina (secondo elemento in comune). De Palma aumenta la sensazione di una forte ispirazione al film di Leone quando addirittura ne riprende una scena : Carlito che spia l’amata ballerina danzare, proprio come faceva il piccolo Noodles, peraltro in un ambientazione molto più riuscita e commovente rispetto a quella stereotipata ideata da De Palma. L’attenzione dello spettatore è posta su gli stessi temi, su identiche riflessioni. Ad esempio un altro aspetto in comune riguarda il ruolo dell’ amante, la quale porta in dissidio il protagonista con la sua vita tormentata. Oppure l’amico – nemico del protagonista, che inaspettatamente tradisce l’amicizia per perseguire i propri obbiettivi, seppure con le differenti psicologie dei personaggi, ma gli argomenti restano gli stessi. Per terminare il quadro segnaliamo un'altra (probabilmente voluta) citazione : il proprietario del locale è un uomo robusto e impacciato come nel film di Leone. Conclusa questa analisi che sottolinea la scarsa originalità evidente nell’opera di De Palma, c’è da ribadire la presenza di una struttura inutilmente commerciale e che rievoca canoni Hollywoodiani. Dialoghi spesso stupidi : l’amante che allude per due volte a presunti omicidi di Carlito, lui che non risponde, e lei che si scusa (che fantasia!), per il resto tutti i dialoghi tra la coppia risultano banali e non scavano mai nel profondo, ravvivando, quando mai ce ne fosse bisogno, il lato romanzato del film. Oppure che dire dell’ interpretazione di Ann Miller, pessima al cospetto di due “mostri” come Pacino e Penn, a suggellare questa osservazione basta riprendere la patetica scena finale, quando l’attrice non mostra nessuno stupore per quanto accaduto, soltanto le famose frasi banali…
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