carloalberto
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mercoledì 9 marzo 2022
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la follia rigenerante
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Il film testamento di Tarkovskij, dedicato emblematicamente ad uno dei suoi figli, è una lettera aperta alle future generazioni, che apre il cuore, con la poesia dell’opera d’arte ispirata da un sincretismo religioso in cui si mescolano elementi cristiani e buddisti, alla fiduciosa speranza nella possibilità di sfuggire all’ineluttabile destino nucleare.
Il tempo stringe per il protagonista, interpretato da uno degli attori preferiti di Bergman, Erland Josephson, che, presentendo la sua fine, intende trasmettere al figlio più piccolo un solo essenziale insegnamento. Malato, come la società in cui vive, rappresenta simbolicamente l’inanità del sapere e della ragione rispetto alla conflittualità delle relazioni umane, anche di quelle più intime con i suoi stessi familiari, in balia di nascoste passioni represse, e degli eventi epocali che si profilano all’orizzonte, governati da potenze sovrastanti ed imperscrutabili.
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Il film testamento di Tarkovskij, dedicato emblematicamente ad uno dei suoi figli, è una lettera aperta alle future generazioni, che apre il cuore, con la poesia dell’opera d’arte ispirata da un sincretismo religioso in cui si mescolano elementi cristiani e buddisti, alla fiduciosa speranza nella possibilità di sfuggire all’ineluttabile destino nucleare.
Il tempo stringe per il protagonista, interpretato da uno degli attori preferiti di Bergman, Erland Josephson, che, presentendo la sua fine, intende trasmettere al figlio più piccolo un solo essenziale insegnamento. Malato, come la società in cui vive, rappresenta simbolicamente l’inanità del sapere e della ragione rispetto alla conflittualità delle relazioni umane, anche di quelle più intime con i suoi stessi familiari, in balia di nascoste passioni represse, e degli eventi epocali che si profilano all’orizzonte, governati da potenze sovrastanti ed imperscrutabili.
Gli studi fatti, che lo hanno portato alla professione di insegnante universitario ed all’attività di saggista, corrispondono all’evoluzione della filosofia nel corso dei secoli fino alla sua trasformazione in puro sapere scientifico fondato sulla matematica, quel raziocinio calcolante che ha condotto alla costruzione delle contemporanee superpotenze tecnocratiche, che negli anni in cui è stato girato il film, come oggi, si contendono il predominio politico, economico e militare nel mondo, sotto gli occhi impotenti di noi comuni mortali, minacciando l’uso delle micidiali armi di distruzione di massa frutto di quello stesso sapere.
L’atmosfera da fine del mondo e lo smarrimento che coglie i personaggi dinanzi all’annuncio dell’imminente catastrofe ricordano quelli di Melancholia del 2011 di Lars von Trier. Il rapporto tra i due coniugi rinvia ad un dramma da camera di Ibsen. Il rimpianto della donna per non aver vissuto la vita che avrebbe desiderato, avendo rinunciato al vero amore per sposare l’uomo che non amava, riecheggia in quello del marito, imprigionatosi da solo tra i libri, sognando invece forse un’esistenza libera e contemplativa nel lontano oriente.
L’albero giapponese piantato dal padre, che affida al figlio il compito di annaffiarlo ogni giorno, è l’unico lascito morale che si può fare alle nuove generazioni. Un insegnamento zen che supera l’angoscia della guerra atomica, annunciata e poi sospesa, offusca la gioia effimera per lo scampato pericolo, soltanto rimandato, travalica le diatribe familiari, ponendole in secondo piano, giacché tutto si sintetizza nell’estremo sacrificio della propria razionalità, simbolicamente rappresentata dalla casa in fiamme, e nel totale abbandono alla follia rigenerante, suggerito da un postino filosofante che ha letto Nietzsche senza capirlo.
L’amore carnale per Maria, una vergine santa rediviva nei panni di un umile domestica trasfigurata in una strega dai poteri sovrannaturali, che abita una chiesa sconsacrata, nella surreale sequenza della levitazione dei corpi avvolti da bianche lenzuola, appare come l’unica via di salvezza perché si prepari la venuta dell’oltre uomo, simile ad un nuovo Cristo, il bimbo che steso all’ombra dell’alberello rivolge al cielo l’eterna domanda senza risposta della creatura al suo Creatore: Padre perché?
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stefano capasso
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venerdì 26 febbraio 2021
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inquietudini umane
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Aleksandr è un uomo di mezza età, ex attore ritiratosi dalle scene perché il mestiere poteva confliggere con la sua identità. È un intellettuale ritiratosi in una casa sulle rive del mare assieme alla moglie e ai figli, soprattutto il piccolo maschio con cui passa le giornate. Il giorno del suo compleanno accoglie in casa pochi amici per festeggiare, ma la tv annuncia lo scoppio di una guerra nucleare. Aleksandr, che aveva detto di non aver rapporti con Dio, in preda al terrore comincia a pregare e ad offrire a Dio tutto quello che ha, in cambio della salvezza. Il suo amico postino gli suggerisce di “giacere” con una delle due domestiche, strega dai poteri soprannaturali.
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Aleksandr è un uomo di mezza età, ex attore ritiratosi dalle scene perché il mestiere poteva confliggere con la sua identità. È un intellettuale ritiratosi in una casa sulle rive del mare assieme alla moglie e ai figli, soprattutto il piccolo maschio con cui passa le giornate. Il giorno del suo compleanno accoglie in casa pochi amici per festeggiare, ma la tv annuncia lo scoppio di una guerra nucleare. Aleksandr, che aveva detto di non aver rapporti con Dio, in preda al terrore comincia a pregare e ad offrire a Dio tutto quello che ha, in cambio della salvezza. Il suo amico postino gli suggerisce di “giacere” con una delle due domestiche, strega dai poteri soprannaturali.
Sacrifico è l’ultimo film di Andrej Tarkovskij, quello che lui stesso definisce come il più rappresentativo della sua filmografia. Girato in lunghi piani sequenza, su un impianto quasi teatrale, e con una fotografia magistrale il film affronta le inquietudini dell’uomo, e in particolar modo il suo rapporto con la paura, capace di stravolgere le esistenze.
Il protagonista, ateo, nel momento più difficile non esita a far ricorso alla religione e alla magia, pratiche lontanissime dal suo modo di essere, pur di trovare una salvezza. Ma la sua salvezza è solo un riflesso della salvezza dei suoi cari, che è quella per cui sacrifica la sua esistenza, rinunciandovi.
La salvezza, infine, risiede nel ritorno alla semplicità della domestica, forse strega, forse no, ma certamente capace di sintonizzarsi coi sentimenti degli altri, del protagonista in questo caso. È per questo che, una volta tracciata la via, il finale apre alla speranza, rappresentata dal piccolo che riprende i lasciti del padre e coltiva la speranza in un futuro che è rappresentato da un albero che avevano piantato insieme, e di cui si prenderà cura. Interessante l’uso del colore che divide il film in 3 parti: il colore naturale, decolorazione e bianco e nero stanno a rappresentare la normalità, la crisi e l’eventuale futuro catastrofico, solo immaginato da Tarkovskij
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sabato 24 settembre 2016
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tarkovskij: un genio sottovalutato
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Definire "Sacrificio" un "film" è riduttivo; diciamo meglio: opera d'arte.
Tarkovskij è un genio ancora troppo sottovalutato, soprattutto dalle nostre parti.
Un professore di filosofia ed ex attore sulla sessantina vive su una sperduta isola con la sua famiglia, la moglie e il figlioletto reduce da una delicata operazione in gola che gli impedisce di parlare. Per festeggiare il compleanno si radunano nella sua casa anche il medico di famiglia e un suo vecchio amico, anch'egli ex professore e ora postino a tempo perso. E' evidente che la trama (come in tutte le opere come questa) è un contorno per ritrarre sullo schermo ben più di un sempice intreccio a fini d'intrattenimento.
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Definire "Sacrificio" un "film" è riduttivo; diciamo meglio: opera d'arte.
Tarkovskij è un genio ancora troppo sottovalutato, soprattutto dalle nostre parti.
Un professore di filosofia ed ex attore sulla sessantina vive su una sperduta isola con la sua famiglia, la moglie e il figlioletto reduce da una delicata operazione in gola che gli impedisce di parlare. Per festeggiare il compleanno si radunano nella sua casa anche il medico di famiglia e un suo vecchio amico, anch'egli ex professore e ora postino a tempo perso. E' evidente che la trama (come in tutte le opere come questa) è un contorno per ritrarre sullo schermo ben più di un sempice intreccio a fini d'intrattenimento.
I monologhi di Alexander sono splendide espressioni del genio del regista russo, che mette in mostra citazioni altissime (Nietzsche su tutti ma anche Leonardo nella sequenza iniziale che mostra il dipinto "L' Adorazione dei magi") e una profondità spirituale riscontrabile forse solo in Bergman.
Quella di "Sacrificio" è una parabola che culmina nella critica ad una società tecnocratico/capitalistica persa nell'omologazione e desolatamente priva di spiritualità e povera di pensiero (discorso iniziale di Alexander con il figlioletto "muto"), che prosegue nella preghiera a Gesù Cristo, ormai il solo in grado di consolare un uomo che ha fatto della ratio la sua occupazione di vita ma che comprende che essa, se non è trascesa, (mai abbandonata tuttavia) resta miseramente imprigionata in una passività insopportabile di fronte agli eventi drammatici del mondo (la guerra nucleare imminente annunciata dalla televisione); passività sottolineata anche dalla moglie di Alexander in un raptus di apparente follia ( "perchè voi uomini non fate mai niente" esclama la donna). Egli decide così, ormai disperato, di rivolgersi a Cristo e si dice disposto a rinunciare a tutto, la moglie, il figlioletto , la sua casa e i suoi più cari ricordi purchè tale tragedia abbia fine. Così farà: lascia il figlioletto e la moglie, brucia la sua casa e, creduto pazzo, viene portato via dall'ambulanza.
Quest' opera, pur difficilissima da descrivere degnamente in poche righe, è una meravigliosa riflessione sulla religione e sul pensiero, sul mondo e sull'uomo che solo affidandosi allo spirito, ad una dimensione veramente libera e più alta della sola razionalità può trovare il modo di cambiare una società sempre più inautentica e cieca di fronte alla parte più viva e vera dell'essere, una pace che non può essere raggiunta dall'umanità se ognuno non la trova prima in se stesso.
Da sottolineare, infine, anche lo stile della fotografia, bianco e nero che si alterna a uno straordinario uso del colore in chiaro scuro che aumenta la drammaticità delle scene più intense e spirituali e che rende benissimo la desolazione e l'austerità del paesaggio in molti scorci. Solamente nella sequenza finale i colori si fanno decisi e lucenti, proprio quando Alexander viene "sacrificato" e portato via e il bambino riacquista la voce sotto l'albero regalatogli dal padre e si chiede "in principio era il verbo, perchè papà?". Opera maestosa.
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tarantinofan96
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domenica 5 luglio 2015
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offret
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Una metafora sull'esistenza, sul male che contamina il mondo, sulla cecità dell'uomo, sulla religione, sull'importanza di ciascun essere umano nel corso della storia.
Un connubio di immagini sublimi che fanno da allegorie e dialoghi che rendono perfettamente il dolore, la sofferenza e i dubbi che affliggono i protagonisti, ma in generale tutta l'umanità.
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Una metafora sull'esistenza, sul male che contamina il mondo, sulla cecità dell'uomo, sulla religione, sull'importanza di ciascun essere umano nel corso della storia.
Un connubio di immagini sublimi che fanno da allegorie e dialoghi che rendono perfettamente il dolore, la sofferenza e i dubbi che affliggono i protagonisti, ma in generale tutta l'umanità.
Cinematograficamente parlando, "bastano" il piano sequenza iniziale e quello finale per definire questo film un capolavoro.
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luca scial�
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venerdì 11 gennaio 2013
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raffinato, mistico, intellettuale
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Alexander è un filosofo, ex attore, ormai in età senile che giunge con la famiglia e il suo amico postino nella sua casa in riva al mare per festeggiare il compleanno. Ama molto il suo figlioletto avuto in età avanzata. Spesso si perde in monologhi che sembrano non arrivare da nessuna parte. Tutto sembra scorrere come al solito, quando il Presidente annuncia una catastrofe imminente. Chi più, chi meno, tutti sono presi dal panico. Soprattutto Alexander che si da' alla follia per scampare la triste realtà.
Film impegnativo di Tarkosky, da seguire con attenzione e coinvolgimento. In esso la religione e la filosofia, e forse l'orrore della guerra, si mescolano nella mente del protagonista: Alexander, scrittore e filosofo tormentato da una realtà fosca e confusa.
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Alexander è un filosofo, ex attore, ormai in età senile che giunge con la famiglia e il suo amico postino nella sua casa in riva al mare per festeggiare il compleanno. Ama molto il suo figlioletto avuto in età avanzata. Spesso si perde in monologhi che sembrano non arrivare da nessuna parte. Tutto sembra scorrere come al solito, quando il Presidente annuncia una catastrofe imminente. Chi più, chi meno, tutti sono presi dal panico. Soprattutto Alexander che si da' alla follia per scampare la triste realtà.
Film impegnativo di Tarkosky, da seguire con attenzione e coinvolgimento. In esso la religione e la filosofia, e forse l'orrore della guerra, si mescolano nella mente del protagonista: Alexander, scrittore e filosofo tormentato da una realtà fosca e confusa. Gli altri protagonisti sono solo secondari e strumentali, compreso il figlioletto avuto in tarda età che lo attenderà invano sotto l'albero giapponese che hanno piantato insieme.
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rongiu
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lunedì 27 agosto 2012
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“une journée d’andrei arsenevich” 8 parte
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Inizia la proiezione. Era la prima volta che Andreij vedeva veramente il film; Sven prendeva appunti.
Tarkovskij – “Forse è meglio aggiungere un po’ di colore...”
In “The Sacrifice”, la protagonista era la casa. Ma se pensiamo agli altri film, si può credere che anche nel momento in cui Andreij stava costruendo una casa vera, magari con le sue stesse mani, per lui era una casa immaginaria; una casa unica, con le finestre che si aprono una sull’altra e danno sullo stesso corridoio. Aprendo una porta a caso, gli attori di “Lo specchio” potevano incrociare il cammino di quelli di “Nostalghia”.
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Inizia la proiezione. Era la prima volta che Andreij vedeva veramente il film; Sven prendeva appunti.
Tarkovskij – “Forse è meglio aggiungere un po’ di colore...”
In “The Sacrifice”, la protagonista era la casa. Ma se pensiamo agli altri film, si può credere che anche nel momento in cui Andreij stava costruendo una casa vera, magari con le sue stesse mani, per lui era una casa immaginaria; una casa unica, con le finestre che si aprono una sull’altra e danno sullo stesso corridoio. Aprendo una porta a caso, gli attori di “Lo specchio” potevano incrociare il cammino di quelli di “Nostalghia”. La casa costruita in Russia era irrimediabilmente persa. Quella nuova, in Italia, era lontana. E Tarkovskij ha dovuto guardare la casa del film da un’altra casa temporanea al bordo della strada, come già tante altre che aveva avuto. E forse questo è il motivo per cui l’oggetto finale di “The Sacrifice” , doveva essere una casa. La proiezione era finita, qualcuno applaudiva, Andreij gridò: - Luci. Stava pensando alla profezia di Pasternak? Andreij Tarkovskij morì alla clinicaHartmann di Neuilly-sur-Seine il 29 Dicembre del 1986. Era capodanno, come nel vecchio cinema espressionista in cui un funerale passa attraverso il carnevale, attraversammo una foresta di pini addobbati, per arrivare alla cattedrale che porta il nome di un film, “Sant'Alessandro Nevskij”.
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rongiu
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lunedì 27 agosto 2012
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“une journée d’andrei arsenevich” 7 parte
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Andreij non era un dissidente, a quanti lo invitarono a partecipare ad un film sui dissidenti rispose – E perché non sul colcos?– I suoi eroi non erano ribelli, erano stranieri sulla terra, come “l’idiota” di Dostoevskij che sognava di riuscire ad adattarvisi. Idioti, pazzi e alieni popolano tutti i suoi film il cui archetipo e Iurodivj che per mancanza d’altro traduciamo come “L’innocente” in Boris Gorinov.
Per spiegare che cos’è un Iurodivj, ha inserito nel programma la storia della leggendaria pianista Maria Yudina e Stalin. Una sera, Stalin sentì il 23esimo concerto di Mozart eseguito dalla Yudina e ordinò che gliene fosse portato il disco il giorno dopo, in modo da poterlo riascoltare.
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Andreij non era un dissidente, a quanti lo invitarono a partecipare ad un film sui dissidenti rispose – E perché non sul colcos?– I suoi eroi non erano ribelli, erano stranieri sulla terra, come “l’idiota” di Dostoevskij che sognava di riuscire ad adattarvisi. Idioti, pazzi e alieni popolano tutti i suoi film il cui archetipo e Iurodivj che per mancanza d’altro traduciamo come “L’innocente” in Boris Gorinov.
Per spiegare che cos’è un Iurodivj, ha inserito nel programma la storia della leggendaria pianista Maria Yudina e Stalin. Una sera, Stalin sentì il 23esimo concerto di Mozart eseguito dalla Yudina e ordinò che gliene fosse portato il disco il giorno dopo, in modo da poterlo riascoltare. Costernazione, era stata un’esecuzione dal vivo; il disco non esisteva. Fu convocato un primo direttore d’orchestra, ma non si presentò. Un secondo si sentì male; mentre finalmente il terzo, coraggiosamente accettò. In pratica, tutti si erano fatti prendere dal panico, tranne l’intrepida Yudina, una donna amante dei gatti che tracciava il segno della croce, prima di ogni esibizione. All’alba il disco era pronto, e Stalin inviò in premio 20.000 rubli alla pianista che rispose –
“Offrirò il denaro alla mia Chiesa e pregherò per il perdono dei peccati, contro il nostro popolo”.Fu preparato un mandato d’arresto, ma Stalin non lo firmò. Yudina fu sala e divenne Yurodivaja. Vedi nota 1 –
Incredibile? E pure la scena è contenuta in Boris, dove migliaia di russi vittime delle tirannie, lo hanno decifrato per un secolo.
Ed ecco perché Andreij insisteva per riproporlo nel cartellone del Covent Garden. L’innocente proclama i crimini dello zar, le guardie corrono in avanti, ma Boris le ferma e chiede a Yurodivj di pregare per lui. A differena di Yudina, l’innocente si rifiuta di pregare per il tiranno. Ma la parte più affascinante della storia, è sicuramente il fatto che Stalin abbia chiesto di ascoltare il 23esimo concerto di Mozart.
“Assomiglio a un pirata”diceva Andreij. La malattia avanzava e questo video cominciato a Gotland con sole e serenità aveva cambiato colore. Tuttavia, l’energia Tarkovskijana, spazzò via tutto non appena fu in gioco il film. Stando a letto, ne diresse il montaggio, realizzato a Stoccolma. Sven era venuto a Parigi con l’indispensabile Leila per perfezionare le tonalità di colore.
Tarkovskij – “Non ci sono corretti rapporti matematici tra le ombre. Ma c’è uno stato d’animo, un’atmosfera veramente meravigliosa. Sarà così, sinistro. Deve essere come un sogno. Qui non deve esserci né il bianco e nemmeno alcuna gradazione. E sarà molto pauroso.”
Sven - “ Sì, le ho tolto il colore dalla faccia. Adesso la faccia è bianca.”
Tarkovskij – “Capisci? O il quadro generale oppure un dettaglio. ”
Se non ci sono lampade…
Tarkovskij – “E più ci si allontanerà dal soggetto più si affievolisce la luce. Dobbiamo trovare la gradazione giusta. Forse facendo filtrare una luce dalla finestra. Contrastandola con un’altra luce è necessario trovare la giusta gradazione. La luce è tutto. ”
Il 23 gennaio 1986 arriva arriva il tecnico del montaggio Michel Efiloskij con una versione del film quasi definitiva.
Efiloskij – “Ecco forse ci siamo.”
Tarkovskij – “Al contrario. Poi non riuscirai ad avvicinare la merce. Questi polacchi sono proprio brava gente, ma hanno…”
Efiloskij – “Non preoccuparti.”
Tarkovskij – “Ecco, va bene così.”
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lunedì 27 agosto 2012
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“une journée d’andrei arsenevich” 6 parte
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Anche l’Oceano di “Solaris” era in comunicazione con la coscienza dei protagonisti. Mandava loro delle visite, una specie di clone di una donna amata e perduta. Il tutto avveniva nell’ambito della fantascienza, con una serie di cause ed effetti. Una stazione spaziale, uno strano pianeta di cui si dovevano studiare i fenomeni. La scena di levitazione veniva spiegata e annunciata, da un movimento a gravità zero. In “Lo specchio”, in “The sacrifice”, la levitazione avviene per proprio conto, senza bisogno di alibi. Con il procedere dell’opera, ci si libera definitivamente di ogni scusa o pretesto, persino il regista si libera dei propri pretesti.
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Anche l’Oceano di “Solaris” era in comunicazione con la coscienza dei protagonisti. Mandava loro delle visite, una specie di clone di una donna amata e perduta. Il tutto avveniva nell’ambito della fantascienza, con una serie di cause ed effetti. Una stazione spaziale, uno strano pianeta di cui si dovevano studiare i fenomeni. La scena di levitazione veniva spiegata e annunciata, da un movimento a gravità zero. In “Lo specchio”, in “The sacrifice”, la levitazione avviene per proprio conto, senza bisogno di alibi. Con il procedere dell’opera, ci si libera definitivamente di ogni scusa o pretesto, persino il regista si libera dei propri pretesti. Il vortice di erba all’inizio di “Lo specchio”, serviva ad evitare il cliché dell’uomo che si volta a guardare la donna che ha appena conosciuto. Doveva accadere qualcosa di insolito. In “Stolker” è la finzione della zolla che fa muovere l’erba, non c’è niente da spiegare è un movimento indipendente.
In un intervista, Andreij disse che probabilmente la “Zona”, non esisteva. Forse l’aveva inventata il cacciatore, perché gli uomini fossero meno infelici.
Se tu sapessi come sono stanco. Solo Dio lo sa. E per di più ti reputi una persona intelligente, uno scrittore, uno studioso!
Calmati! Non crede in niente. La fede si è atrofizzata per mancanza d’uso.
Calmati!.
- Lasciami Nastja.
- Cerca di riposare. Ora dormi.
- E nessuno crede, non solamente loro due. E chi devo accompagnare là? Dio mio! La cosa più terribile è che questa stanza non serve a nessuno e tutti questi sforzi sono inutili.
Voce narrante – Immaginate l’effetto di tali parole sulle autorità russe. “Stolker” fu indicato come l’esempio perfetto di livello mediocre, dei film prodotti dalla Mosfilm.
ALEXANDRE MEDVEDKINE, 1988
Sono rimasto molto addolorato per la perdita di Andrej Tarkovsky. Tutti noi siamo stati addolorati. All’interno del nostro gruppo di registi, era l’uomo che più amavo. So quanto dolore ti ha arrecato la sua morte. Devo dirti che il nostro gruppo non condivide la condanna delle sue azioni. Con il tuo stesso dolore abbiamo descritto la morte di questo uomo meraviglioso e di grande spessore. Adesso è passata l’epoca in cui poteva accadere tutto questo.
Voce narrante – Purtroppo era accaduto e il commovente omaggio di un vecchio bolscevico, non può cancellare vent’anni di tormenti di tutti i generi. “L’infanzia di Ivan”, buttato via per l’individualismo e la fantasticheria da piccola borghesia. “Solaris”, onorato da un elenco di trentacinque osservazioni, che suggerivano una serie di tagli, a partire dall’eliminazione del concetto di Dio, fino al taglio delle scene che mostrano Cristo, che cammina nudo; benché non sappiamo quale delle due infrazioni fosse la peggiore. “Andreij Rublev” e “Lo Specchio”, sabotati al debutto. Una persecuzione continua, che lo portò a preferire l’esilio, lui che era così profondamente russo.
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lunedì 27 agosto 2012
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“une journée d’andrei arsenevich” 5 parte
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E mentre i lavori procedono, la macchina da presa non riprende soltanto la scena, ma spazia nell’aria e finisce con una inquadratura a immersione che tutti i cristiani ortodossi conoscono bene. Il modo di guardare del Cristo Creatore di tutto l’Universo, che ci osserva e ci giudica dall’alto della sua Dimora. La stessa visione e immersione, si ripete nei momenti chiave di altri film. Nella scena apocalittica di “The Sacrifice”; al termine di “Solaris”. Dopo la stazione spaziale sull’oceano misterioso che emetteva onde allucinanti, modellate sui ricordi dei cosmonauti, il protagonista viene riportato sulla terra, nella casa della sua infanzia.
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E mentre i lavori procedono, la macchina da presa non riprende soltanto la scena, ma spazia nell’aria e finisce con una inquadratura a immersione che tutti i cristiani ortodossi conoscono bene. Il modo di guardare del Cristo Creatore di tutto l’Universo, che ci osserva e ci giudica dall’alto della sua Dimora. La stessa visione e immersione, si ripete nei momenti chiave di altri film. Nella scena apocalittica di “The Sacrifice”; al termine di “Solaris”. Dopo la stazione spaziale sull’oceano misterioso che emetteva onde allucinanti, modellate sui ricordi dei cosmonauti, il protagonista viene riportato sulla terra, nella casa della sua infanzia. Ma la macchina da presa ci rivela che si tratta di una nuova illusione; che l’Oceano secerne isole di ricordi sulla superficie, è stato detto spesso che questo Oceano simboleggiasse Dio, ma se lo fosse davvero chi potrebbe guardarlo dall’alto in basso? Per Andreij, l’occultismo rappresentava talvolta una scorciatoia per l’aldilà. E’ stato nel corso di una seduta spiritica, che ha stabilito la comunicazione con Boris Pasternak, il quale gli ha predetto che avrebbe girato sette film. “Soltanto?” ; “Ottimi film” rispose Boris Leonidovic. E se non contiamo le opere scolastiche Tarkovskij, ha effettivamente girato sette film. \ L’infanzia di Ivan / – \ Andreij Rublev / – \ Solaris / – \ Lo specchio / – \ Stolker / – \ Nostalghia / e \The Sacrifice /.
Fin dal primo film, “L’infanzia di Ivan” è presente lo stesso tema: - l’altra sponda – un luogo da raggiungere anche a costo di commettere trasgressioni. – Qui i canoni sono chiari; in un film di guerra, il campo da esplorare per raccogliere informazioni, è un riferimento di tutto rispetto. In “Stolker”, i canoni vengono invertiti. Sempre le classiche immagini dei campi di concentramento, ma in un ambiente fantastico. La libertà, è all’interno del filo spinato, la fuga è per entrarvi. Il quesito rimane senza risposta, tre personaggi: lo scrittore, il professore, il cacciatore, che li conduce nella stanza della zona, in cui si dice che i desideri si avverino. Il cacciatore stesso, sembra un deportato, ma è un falso indizio.
Anatoli Solonitsyn \ Lo scrittore /: - La Zona è un sistema molto complicato di trappole mortali. Non so cosa succede qui quando l’uomo è assente. Ma non appena arrivano delle persone, tutto si mette in movimento. Le vecchie trappole scompaiono e ne compaiono di nuove. Luoghi sicuri diventano impenetrabili e il cammino diventa ora facile e semplice, e ora di fa confondere con incredibile facilità. La zona è questa. Si ha addirittura l’impressione che essa sia capricciosa ma essa è in ogni momento come noi stessi la creiamo, con la nostra coscienza.
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lunedì 27 agosto 2012
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“une journée d’andrei arsenevich” 4 parte
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Alla fine della giornata, eravamo tutti di buon umore. Ma, quando la mattina dopo Andreij disse – Azione! Doveva sentirsi come il giovane campanaro di Rublevquando dice – Dvai! –
La scena era venuta bene. Ciò che colpiva il visitatore, era il fatto che Andreij riservasse la stessa intensità e concentrazione alla preparazione di una carrellata e alla ripresa di un dipinto. Un genere di cose che molti dei registi lasciano ai responsabili dell’animazione. Leonardo da Vinci, viene spesso nominato durante il film, con un significato preciso. L’uomo che vediamo qui, teso come una corda di violino per una delle riprese minori, ha dichiarato un centinaio di volte - Il mio obiettivo è quello di elevare il Cinema a livello delle altre forme artistiche.
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Alla fine della giornata, eravamo tutti di buon umore. Ma, quando la mattina dopo Andreij disse – Azione! Doveva sentirsi come il giovane campanaro di Rublevquando dice – Dvai! –
La scena era venuta bene. Ciò che colpiva il visitatore, era il fatto che Andreij riservasse la stessa intensità e concentrazione alla preparazione di una carrellata e alla ripresa di un dipinto. Un genere di cose che molti dei registi lasciano ai responsabili dell’animazione. Leonardo da Vinci, viene spesso nominato durante il film, con un significato preciso. L’uomo che vediamo qui, teso come una corda di violino per una delle riprese minori, ha dichiarato un centinaio di volte - Il mio obiettivo è quello di elevare il Cinema a livello delle altre forme artistiche.- Non c’è un solo film in cui manchi la pittura, in genere, nelle pagine di un libro che viene sfogliato. In “L’infanzia di Ivan” perfino nel vortice della guerra. Queste immagini, sono punti di riferimento, sfide. Lo stesso film “Andreij Rublev” non è che una lunga meditazione sul significato dell’arte, dove la confusione dei nomi di battesimo, tradisce l’angoscia di un Creatore mai soddisfatto.
“La bellezza è la base della fede”, scriveva padre Florenskij. La fine di Andreij Rublev si allontana
definitivamente dalla narrativa, e diventa una poesia sulle immagini; le esalta, le esamina, ne esplora le forme, nello stesso modo in cui riprendeva la terra a livello delle radici. E poiché questo film sulla Russia medievale, è in realtà l’unico vero film sulla nostra epoca, Tarkovskij ci mostra l’ origine di quelle forme che ci colpirono all’alba del ventesimo secolo. E come Malevič, era già presente in Rublev.
Spesso, è il personaggio stesso a trattare il tema dell’arte. specchio irreale, bellezza inaccessibile, con cui egli deve comunque misurarsi. Il riflesso in un dipinto, è il secondo confronto con lo specchio. Poi, lo specchio, diventa una metafora della pittura. Intitolando il suo film più personale, “Lo specchio”, Tarkovskij s’innalza senza rete per lottare con l’angelo. Ora tocca al cinema, reso più forte da quanto appreso dalla pittura e dal fedele alleato, la suprema arte della musica. Provare a raggiungere la bellezza pura, unicamente con i propri mezzi. L’inquadratura prediletta dai grandi classici del cinema, in armonia con i canoni fissati ad Hollywood, è il taglio angolato dall’alto. Inquadratura che da risalto alle figure contro il celo. Nei film di Tarkovskij, in genere è il contrario. La macchina da presa si trova leggermente sopra le persone, che sono ben piantate per terra. L’americano ingenuo, contempla il cielo. Il Russo o almeno quel Russo, sale in Celo a contemplare la Terra. Talvolta, l’angolatura si allarga e la macchina da presa domina interamente l’azione. Ma, ammirare la perfezione formale di questa inquadratura, è come scendere al piano sbagliato. E’ una visione, con un significato. E’ il momento in “Andreij Rublev” in cui il ragazzino che dice di conoscere il segreto per forgiare le campane, riesce a convincere una folla di lavoratori, a seguire il suo progetto. Alla fine, apprendiamo, che non ne aveva la minima idea; ma la sua bugia, poteva rappresentare la presenza occulta della Fede.
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