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Nella vicenda di una irrequieta adolescente interpretata con grande personalità dalla sedicenne Sandrine Bonnaire, la summa del cinema di Pialat, delicato e sensibile indagatore, distaccato e partecipe ad un tempo, dei rapporti umani, critico severo ma non violento della società contemporanea, del disagio piccolo-borghese non soltanto francese. Gli studi all'accademia delle belle arti del regista si vedono nelle inquadrature della Bonnaire, i cui nudi hanno la bellezza dei ritratti dei grandi pittori. Servito da buoni sceneggiatori (tra cui la scrittrice Catherine Breillat, che si è cimentata anche alla regia) il cinema di Pialat rifugge ogni tentazione melodrammatica con uno stile documentaristico basato su realistici piani-sequenza alternati ai primi piani che compongono ritratti di personaggi e situazioni ambientali di cui la presenza ad esempio in questo film del regista nella veste del padre ne conferma anche il carattere autobiografico. Una delle punte del cinema francese degli anni '80, lucida e tragica, agli antipodi del sentimentalismo di altri autori francesi.
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