matteobettini15gennaio
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mercoledì 28 giugno 2017
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il film che rese gere un idolo generazionale
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'American Gigolo', pellicola del 1980 e praticamente "creata" da Paul Schrader, considerato che, oltre a dirigerla, ne scrisse anche soggetto e sceneggiatura, è un film che rispecchia alla perfezione gli anni in cui uscì nelle sale cinematografiche. Ambienti, vestiti (a proposito: i vestiti indossati dal protagonista Gere furono disegnati dal nostro Giorgio Armani, e sono semplicemente splendidi), atmosfera ripropongono in modo davvero efficiente lo stile di vita di fine '70/inizio '80. La trama non è affatto scontata. Anzi, a ben guardare, grazie a dialoghi ben scritti, riesce anche, se pur in modo non del tutto profondo, ad effettuare una comunque apprezabile introspezione dei personaggi che appaiono a mano a mano.
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'American Gigolo', pellicola del 1980 e praticamente "creata" da Paul Schrader, considerato che, oltre a dirigerla, ne scrisse anche soggetto e sceneggiatura, è un film che rispecchia alla perfezione gli anni in cui uscì nelle sale cinematografiche. Ambienti, vestiti (a proposito: i vestiti indossati dal protagonista Gere furono disegnati dal nostro Giorgio Armani, e sono semplicemente splendidi), atmosfera ripropongono in modo davvero efficiente lo stile di vita di fine '70/inizio '80. La trama non è affatto scontata. Anzi, a ben guardare, grazie a dialoghi ben scritti, riesce anche, se pur in modo non del tutto profondo, ad effettuare una comunque apprezabile introspezione dei personaggi che appaiono a mano a mano. Chi sono? Leggete di seguito. Julian Kaye (Richard Gere), gigolo di lusso, che intrattiene intimamente ricche signore annoiate. E che, suo malgrado, si trova sempre più invischiato in un delitto commesso nei cosiddetti 'quartieri alti'; Michelle Stratton (Lauren Hutton), una delle citate signore e moglie di un potente senatore: sarà proprio lei, in un finale che alcuni trovano memorabile, altri ridicolo (ma, ad ogni modo, è rimasta nell'immaginario collettivo la carezza di lei a lui, divisi dai vetri della prigione, dove Richard/Julian ha poggiato la testa, in conseguenza di aver scoperto definitivamente di amare in modo completo Michelle, che a sua volta adora Julian alla follia). A questa situazione ci si è arrivati tramite la scoperta di un mondo a cui certo non appartiene lo spettatore comune: prostituti/e di alto bordo; droga; relazioni omosex e bisex e quant'altro. Un nota di merito la rivolgo all'attore Hector Elizondo, che qui interpreta alla perfezione il detective Sunday, e a Bill Duke, che si cala ottimamente nei panni del..'protettore' gay Leon. Sarà proprio per causa sua che Julian si troverà ad essere il colpevole principale dell'assassinio; ma, come spesso accade, sarà l'amore a trionfare, nei panni di Michelle che, per salvare Julian dalla prigione (Julian è effettivamente innocente), non esiterà a fornire a polizia e stampa un falso alibi. Un film che riporta indietro col tempo: Sembra sia trascorsa un'eternità, davvero: in realtà, di anni ne sono passati 37.
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nicolò
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martedì 8 maggio 2007
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e gere in america divenne una star (come armani..)
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Ormai un cult-movie, questo thriller sentimentale (con tocchi sapienti di erotismo) che fece di Richard Gere una superstar. L'attore è perfettamente calato nei panni di un gigolo di Beverly Hills che fa la bella vita e il suo mestiere fila liscio, almeno fino a quando un suo amico omosessuale nero (Bill Duke) non decide di incastrarlo dell'omicidio di una sua ex cliente con gusti molto particolari. C'è però una ricca e bellissima signora (Lauren Hutton) malmaritata ad un potente politico e pronta a salvare il bel Gere, essendosi innamorata. Finale (memorabile ma un po' zuccheroso) sulle note di Mozart. La confezione tecnica del film è ottima e di lusso: oltre a Giorgio Moroder, autore della splendida colonna sonora - che contiene anche la hit "Call Me" di Blondie -valgono la visione i contributi di Ferdinando Scarfiotti (scene) e dello stilista Giorgio Armani per gli abiti del protagonista.
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Ormai un cult-movie, questo thriller sentimentale (con tocchi sapienti di erotismo) che fece di Richard Gere una superstar. L'attore è perfettamente calato nei panni di un gigolo di Beverly Hills che fa la bella vita e il suo mestiere fila liscio, almeno fino a quando un suo amico omosessuale nero (Bill Duke) non decide di incastrarlo dell'omicidio di una sua ex cliente con gusti molto particolari. C'è però una ricca e bellissima signora (Lauren Hutton) malmaritata ad un potente politico e pronta a salvare il bel Gere, essendosi innamorata. Finale (memorabile ma un po' zuccheroso) sulle note di Mozart. La confezione tecnica del film è ottima e di lusso: oltre a Giorgio Moroder, autore della splendida colonna sonora - che contiene anche la hit "Call Me" di Blondie -valgono la visione i contributi di Ferdinando Scarfiotti (scene) e dello stilista Giorgio Armani per gli abiti del protagonista. E' un film commerciale, "American gigolo", fatto per lanciare un nuovo divo e far bussare a quattrini alla Paramount, e dietro si vede che c'è Jerry Bruckheimer, uno dei produttori di maggior successo a Hollywood, ma il fascino della pellicola è innegabile e la regia di Schrader di classe. Già, di classe, solo per come sa trattare elegantemente il tema assai pruriginoso della prostituzione maschile in America.
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elgatoloco
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domenica 28 gennaio 2018
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paul schrader ever
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Paul Schrader, di formazione seriamente calvinista, è un profondo indagatore dei meandri della psiche, dove le perversioni, notoriamente, soprattutto nella classe agiata(ma non solo, certo), giocano un ruolo fondamentale. Lo aveva fatto con"Taxi Driver"(1976)quale sceneggiatore per Scorsese, lo fa qui i, quale autore-regista in"American Gigolò"(1980), dando spazio alla conoscenza psicologico-esperienziale, ma anche alla riflessione e alla meditazione sul mondo, sulla realtà, nei suoi aspetti specialmente negativi.. Schrader alle prese con quella"high society"che spesso si nasconde, si trincera dietro formule, affrontando il tema della prosttuzione"d'alto bordo"maschile, ossia un tabù, all'epoca(si parla, quasi, di quarant'anni fa.
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Paul Schrader, di formazione seriamente calvinista, è un profondo indagatore dei meandri della psiche, dove le perversioni, notoriamente, soprattutto nella classe agiata(ma non solo, certo), giocano un ruolo fondamentale. Lo aveva fatto con"Taxi Driver"(1976)quale sceneggiatore per Scorsese, lo fa qui i, quale autore-regista in"American Gigolò"(1980), dando spazio alla conoscenza psicologico-esperienziale, ma anche alla riflessione e alla meditazione sul mondo, sulla realtà, nei suoi aspetti specialmente negativi.. Schrader alle prese con quella"high society"che spesso si nasconde, si trincera dietro formule, affrontando il tema della prosttuzione"d'alto bordo"maschile, ossia un tabù, all'epoca(si parla, quasi, di quarant'anni fa...), senza nascondersi e nascondere-occultare aspetti importanti della vita, quasi"infierendo"a tratti, da buon cristiano-evangelico, contro le"degenerazioni"(diremmo più esattamente"perversioni") della sessualità. L'allora giovane e adorato dalle donne(lo è ancora)Richard Gere, ancora alieno(si ritiene, almeno)da suggestioni buddiste etc., da tentazioni"politiche", è interprete indubbiamente efficace in questo fosco(ma l'aggettivo ha valenza positiva, nella fattispecie)dramma dalle tinte anche fortemente thriller, che Schrader maneggia con notevole efficacia. Lauren Hutton, la sua partner nel film, rende bene una condizione esistenziale forte quanto fragile, a un tempo. Un film che, nel panorama degli anni Ottanta, rimane quasi uno dei caposaldi, più di quanto in genere si ritenga, anche considerando la filmografia di quel decennio e le opere ulteriori di Schrader in particolare. El Gato
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