giorgio
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mercoledì 31 dicembre 2008
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un film penalizzato dalle troppe ambizioni
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Il film 'Todo Modo' è un'opera particolarmente rappresentativa di un film non riuscito perchè schiacciato da ambizioni stilistiche più grandi di lui. Con questo film, Petri non vuole solo fare una trasposizione di Sciascia; e c'è da comprenderlo, perchè Sciascia ha un codice espressivo troppo colto ed erudito, quindi strettamente legato alla parole scritta e, quindi, sostanzialmente intraducibile per il cinema. Nel cercare il linguaggio espressivo più adatto, Petri ricorre ad alcune trovate interessanti: la trovata di ambientare i delitti in un clima di delazione-confessione collettiva, a sua volta allucinata dal clima indotto dall'epidemia misteriosa che si svolge fuori dell'eremo Zalfer: una trovata che ha il suo referente immediato ne "il pozzo ed il pendolo" di Edgar Allan Poe, dove si evoca un delitto perpetrato sotto l'egida dell'inquisizione.
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Il film 'Todo Modo' è un'opera particolarmente rappresentativa di un film non riuscito perchè schiacciato da ambizioni stilistiche più grandi di lui. Con questo film, Petri non vuole solo fare una trasposizione di Sciascia; e c'è da comprenderlo, perchè Sciascia ha un codice espressivo troppo colto ed erudito, quindi strettamente legato alla parole scritta e, quindi, sostanzialmente intraducibile per il cinema. Nel cercare il linguaggio espressivo più adatto, Petri ricorre ad alcune trovate interessanti: la trovata di ambientare i delitti in un clima di delazione-confessione collettiva, a sua volta allucinata dal clima indotto dall'epidemia misteriosa che si svolge fuori dell'eremo Zalfer: una trovata che ha il suo referente immediato ne "il pozzo ed il pendolo" di Edgar Allan Poe, dove si evoca un delitto perpetrato sotto l'egida dell'inquisizione. Un referente utile, perchè serve ad evidenziare l'ambiguità la devozione-odio dei cattolici partecipanti agli esercizi verso Don Gaetano, nel quale (già nel romanzo) si addensa un ambigua ombra della vecchia "inquisizione". Altro referente interessante e parallelo (indotto dal regista del film sulla vita di Andreotti) è quello di Luis Bunel, specie de "il fantasma della libertà". Dove sta il limite del film? Un limite, anzitutto, risiede nel fatto che Petri calca troppo sul grottesco e, in questo, diventa ripetitivo e monotono: colpa ne sia la grande interpretazione di Volontè che occupa troppo spazio, considerato anche il carattere corale del soggetto. Il secondo limite è che viene del tutto schiacciato ed oscurata la funzione narrativa del PM (qui interpretato da Renato Salvatori) che aveva la funzione di farsi portatore principale (insieme all'io narrante) del vero messaggio di Sciascia. Sciascia vedeva nel Magistrato l'incarnazione di una "nuova inquisizione"; il magistrato era il correlato diretto di don Gaetano. Sciascia voleva dire che, andata in crisi la Chiesa come istituzione capace di portare giustizia, tale funzione di giustizia sarebbe spettata alla sola forza e alla capacità di intervento dello Stato. Di qui, il pessimismo di Sciascia: mentre la Chiesa poteva anche far leva sul soprannaturale e sul 'foro interno' come deterrente contro l'ingiustizia e la bestialità umana (e, quindi, operare soprattutto in forma "non violenta" con la 'moral suasion' ed il segreto confessionale), lo Stato (hobbesianamente inteso) ha solo la coercizione per rimediare alla bestialità dell'uomo. E in questo giudizio che è anche rimpianto sta la complessità e la poeticità (a mio parere) del romanzo di Sciascia che nel film viene del tutto persa.
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kronos
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martedì 3 novembre 2020
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pesante cine-utopia falce e martello
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C’era una volta un partito democratico e cristiano (più o meno) che volente o nolente governò l’Italia per quarant’anni filati, sostenuto da elettori terrorizzati dall’altra metà del cielo, quella rossa, e dalla certezza che in ogni modo il patto atlantico non avrebbe tollerato alternative.
Quel partito di mezzi preti ipocriti eletti a prescindere, accumulò scandali, corruzioni e tangenti ma veicolò pure l’Italia verso una massiccia industrializzazione, il conseguente “miracolo economico” e un diffuso benessere sociale.
Cosa non scontata valutando le deludenti performances di altri vicini paesi, si pensi ai cugini spagnoli che fino alla metà degli anni ‘80 vissero con le pezze al culo.
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C’era una volta un partito democratico e cristiano (più o meno) che volente o nolente governò l’Italia per quarant’anni filati, sostenuto da elettori terrorizzati dall’altra metà del cielo, quella rossa, e dalla certezza che in ogni modo il patto atlantico non avrebbe tollerato alternative.
Quel partito di mezzi preti ipocriti eletti a prescindere, accumulò scandali, corruzioni e tangenti ma veicolò pure l’Italia verso una massiccia industrializzazione, il conseguente “miracolo economico” e un diffuso benessere sociale.
Cosa non scontata valutando le deludenti performances di altri vicini paesi, si pensi ai cugini spagnoli che fino alla metà degli anni ‘80 vissero con le pezze al culo.
E poi c’erano gli altri, quelli cresciuti nel mito del compagno Stalin e della bandiera falce e martello: dopo decenni di frustrante opposizione apparivano logorati quanto e più dei governanti, e avrebbero fatto carte false per ottenere il potere al posto loro. Carte false, o cadaveri veri.
Ecco, il film di Petri si pone in quel contesto storico, che è necessario conoscere per comprendere, perlomeno a grandi linee, il senso di “Todo Modo”.
Pellicola figlia d’un indescrivibile livore comunista in un momento in cui l’intellighenzia di sinistra, consciamente o inconsciamente, sosteneva lo sforzo “militare” dei picciotti rossi armati di pistole e mitragliette, “Todo modo” è una sorta d’utopia realizzabile solo su celluloide: i notabili dell’odiato partito al potere, descritti con toni apocalittici da fine del mondo, eliminati fisicamente uno ad uno, dal primo all’ultimo.
Fare il deserto, chiamarlo pace … e poi ricominciare da zero costruendo un nuovo mondo perfetto (il cui vero volto si sarebbe svelato dopo il crollo del muro di Berlino e dei regimi rossi oltrecortina).
Non c’è da stupirsi del destino travagliato che toccò al penultimo lavoro di Petri: fu ritirato rapidamente dalle sale e poi fatto sparire, letteralmente.
Ma dato che nel mondo libero la censura è sempre da censurare, merita dieci e lode l’iniziativa di recupero e restauro del film realizzata dalla cineteca di Bologna: un lavoro certosino che permette d’apprezzare a fondo la qualità del cast tecnico e artistico, sui cui spiccano i contributi di Dante Ferretti, Luigi Kuveiller e dei due grandi mattatori Mastroianni e Volontè (un tantino sopravvalutata l’interpretazione di quest’ultimo, palesemente artificiosa).
Ma nessuna operazione di maquillage, per quanto buona, può nascondere il provincialismo di fondo, la datatezza epocale e una struttura narrativa squinternata, a tratti indigeribile.
In definitiva trattasi di un’opera dallo spiccato fascino estetico, scenografico e interpretativo ma pure meschina e delirante, oltre che pesante come un macigno.
P:S: Due anni dopo l’uscita del film una parte della cine-utopia divenne realtà, con l’assassinio del “Presidente”, quello vero.
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angelo umana
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venerdì 24 aprile 2015
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il potere in qualsiasi modo
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Com‘era cristiana la Democrazia Cristiana nel 1976! I suoi maggiori rappresentanti, collocati in Parlamento oppure nelle molte società-carrozzone statali, si riunivano in residenze religiose per esercizi spirituali, pronti a farsi fustigare per i propri illeciti da un religioso, in questo caso il severo ammonitore Don Gaetano-Marcello Mastroianni, inevitabilmente colluso con la politica. Fuori c’era il Paese alla deriva, persone che morivano a causa di una sconosciuta epidemia. L’uso dei conventi da parte di politici per ripensare ai propri comportamenti o per una sosta mistica prima di riprendere i propri traffici non è tramontato, anche se oggi si chiamano ritiri di saggi.
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Com‘era cristiana la Democrazia Cristiana nel 1976! I suoi maggiori rappresentanti, collocati in Parlamento oppure nelle molte società-carrozzone statali, si riunivano in residenze religiose per esercizi spirituali, pronti a farsi fustigare per i propri illeciti da un religioso, in questo caso il severo ammonitore Don Gaetano-Marcello Mastroianni, inevitabilmente colluso con la politica. Fuori c’era il Paese alla deriva, persone che morivano a causa di una sconosciuta epidemia. L’uso dei conventi da parte di politici per ripensare ai propri comportamenti o per una sosta mistica prima di riprendere i propri traffici non è tramontato, anche se oggi si chiamano ritiri di saggi.
I personaggi di Petri diventano maschere, caricature, loschi figuri in giacca e cravatta, facce enormi e incombenti sullo schermo, a volerne evidenziare le brutture. Oggi ci siamo abituati a politici con occhiali dalla montatura meno pesante, con calvizie assente o celata da trapianti, gente che sa badare al suo aspetto, dalla biancheria al portamento e all’acconciatura più moderna, abbiamo pure le lady-like, tutto gli paghiamo, e le commissioni e gli accordi sono più evoluti. Gli esercizi spirituali, per quei perfidi baciapile, diventano nel film occasione per regolamenti di conti tra correnti, preghiere pagane e faide in nome di Dio, Dio lo vuole!: i politici che hanno solo rubato per il partito (Ciccio Ingrassia), quelli che in un sussulto di dignità si interrogano Non abbiamo forse mangiato abbastanza in 30 anni alla guida del Paese? Governavano, insomma, in nome della Fede. Uomini che si identificavano con le istituzioni che occupavano, senza potersene separare.
Così impietosamente Petri (o Sciascia) li vide o li volle rappresentare e così in fondo erano, fu un precorritore che vide il re nudo e gli fece fare la fine desiderata, non facendone uscire alcuno vivo dall’elegante albergo-bunker. Del resto all’arrivo lo stesso “presidente” della combriccola, Gian Maria Volonté, rimase perplesso alle parole del vice-questore che li accoglieva: Sono distaccato qui dal Ministero fino alla Fine. Il presidente è il personaggio più rappresentativo di quel gruppo e non si può non vedere in lui l’onorevole (onorabile?) Aldo Moro: il capo e il busto reclinati da un lato come a cercar consenso in un finto protendersi, le mani che si accarezzano l’un l’altra, le frasi enigmatiche ma che rivelano l’immobilismo di quella classe. Sogno di prendere decisioni, desidero, è come un’erezione mancata, mi sento magmatico, ma sono il migliore, chi può sostituirmi (più o meno la stessa cosa disse, più di recente, il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni, segno che il Potere, apparentemente, non logora). Ho una missione da compiere, compiti e responsabilità gravi verso il Paese. Petri gli fa dire che desidera la mediazione e il mutamento nella stabilità, che è poi il cambiare tutto perché nulla cambi. E forse fu lui stesso l’autore (o Forlani, questi e altri pari erano) delle famose e criptiche definizioni di opposti estremismi e convergenze parallele. Ha con sé, il presidente, un’amante-segretaria-consulente-tuttofare, la splendida Mariangela Melato, che sogna per lui potere onore gloria e settennato. Gli raccomanda Parla difficile solo se non hai niente da dire, ma tutti in questo riuscivano benissimo.
Ai primi omicidi che accadono negli esercizi spirituali il partito consiglia loro telefonicamente di collaborare col magistrato, ma sempre con le dovute precauzioni. Sicuramente non fecero e non fanno, molti degli attuali politici, tesoro dei moniti di Don Gaetano, Il peccato non esiste se non c’è il potere di esercitarlo. Il maltolto va restituito, non c’è vero pentimento o contrizione se ciò che si è rubato non viene restituito. Le auto al tempo del film erano davvero tutte blu e, più sobriamente, solo italiane. Che peccato, Petri (Sciascia) li fa morire tutti, da ultimo il presidente, un potere che si scioglie, in un allegorico cammino disseminato di carte, i loro documenti, le risoluzioni, gli emendamenti, i programmi, le mozioni.
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ciaco63
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giovedì 9 aprile 2015
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capolavoro di denuncia politica!
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Capolavoro assoluto di cinema politico, considerato una cruda e spietata denuncia alla classe politica al governo negli anni '70. Lo stesso Leonardo Sciascia, autore del romanzo da cui è tratto liberamente il film di Petri, dichiarò che il grande regista romano realizzò in chiave cinematografica quella denuncia alla DC portata avanti dallo stesso Pasolini negli ultimi anni della sua vita.
Una chiave di lettura, suggerita dallo stesso E. Petri in alcune interviste, è quello di intendere 'Todo modo' come la rappresentazione dell'incubo di un democristiano (e cioè di un rappresentante del massimo partito di governo) negli anni '70. L'incubo inteso come presagio di una imminente fine della Democrazia Cristiana, non tanto prefigurata nell'assassinio di Moro avvenuto due anni dopo l'uscita del film, ma piuttosto nel crollo del partito avvenuto con il verificarsi dello scandalo di tangentopoli agli inizi degli anni '90.
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Capolavoro assoluto di cinema politico, considerato una cruda e spietata denuncia alla classe politica al governo negli anni '70. Lo stesso Leonardo Sciascia, autore del romanzo da cui è tratto liberamente il film di Petri, dichiarò che il grande regista romano realizzò in chiave cinematografica quella denuncia alla DC portata avanti dallo stesso Pasolini negli ultimi anni della sua vita.
Una chiave di lettura, suggerita dallo stesso E. Petri in alcune interviste, è quello di intendere 'Todo modo' come la rappresentazione dell'incubo di un democristiano (e cioè di un rappresentante del massimo partito di governo) negli anni '70. L'incubo inteso come presagio di una imminente fine della Democrazia Cristiana, non tanto prefigurata nell'assassinio di Moro avvenuto due anni dopo l'uscita del film, ma piuttosto nel crollo del partito avvenuto con il verificarsi dello scandalo di tangentopoli agli inizi degli anni '90. Petri, allora, visionario? No, Petri soltanto un intellettuale, un grande autore di cinema che viveva i drammi della sua epoca, dell'Italia del suo tempo e con la lucida analisi delle sue opere provava a prevederne le sorti; provava a dirci in che direzione sarebbe andato il nostro paese. Da non perdere.
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giulio andreetta
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lunedì 15 giugno 2020
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film fortemente allegorico
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Bel racconto allegorico, di Elio Petri, sulla condizione della classe politica italiana negli anni '70. Ho trovato questa pellicola interessantissima per varie ragioni. Innanzitutto per osservare il lavoro dell'attore: poter vedere due giganti del cinema, forse i due più grandi attori cinematografici italiani del Novecento, Mastroianni e Volonté, a tu per tu, non capita spesso. E' inevitabile che lo spettatore, anche istintivamente, metta a confronto le due performances, alla ricerca della prova attoriale più convincente. La mia personalissima valutazione, tormentata e incerta, darebbe la palma, ma di strettissima misura, a Volonté.
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Bel racconto allegorico, di Elio Petri, sulla condizione della classe politica italiana negli anni '70. Ho trovato questa pellicola interessantissima per varie ragioni. Innanzitutto per osservare il lavoro dell'attore: poter vedere due giganti del cinema, forse i due più grandi attori cinematografici italiani del Novecento, Mastroianni e Volonté, a tu per tu, non capita spesso. E' inevitabile che lo spettatore, anche istintivamente, metta a confronto le due performances, alla ricerca della prova attoriale più convincente. La mia personalissima valutazione, tormentata e incerta, darebbe la palma, ma di strettissima misura, a Volonté. In generale, mi pare di poter affermare che questa pellicola potrebbe a buon diritto rientrare nel novero dei film politici, costruiti per smuovere le coscienze, attraverso il ritratto deformato e grottesco di quella che, a parere del regista, doveva essere una certa 'ritualità' del potere. Fotografia molto spartana, anche considerando l'ambientazione sottilmente claustrofobica, attori meravigliosi, dialoghi e narrazione studiati con grande intelligenza e furbizia. Ad ogni modo consigliato per chi abbia intenzione di approfondire storicamente quel particolare periodo, così importante per la nostra storia.
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volontè78
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domenica 29 marzo 2020
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ambizione e potere
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Elio Petri tenta si confronta con l'ennesimo tema scottante e lo fa a modo suo come smepre.Con il rigore che lo ha sempre contraddistinto,aiutato da attori di primo calibro,in particolar modo Gian Maria Volontè e Marcello Mastroianni.
I due attori danno prova delle proprie capacità attoriali,rendendo ancor più macabra l'atmosfera che si respira nel film.Macabro e giallo si fondono in un'unicuum di tensione e ambiguità,che coinvolgono dall'inizio alla fine.
Pellicola sottovalutata,denigrata e censurata, na assolutamente da recuperare,per comprendere a fondo come il potere possa essere non solo ambizioso,ma anche perfido.
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luca pichinelli
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domenica 2 agosto 2020
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bellissimo
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Petri come al solito è un genio. Per chi non lo conosce ha lavorato spesso con GianMaria Volontè in capolavori come: "Un cittadino al di sopra di ogni sospetto" - "La classe operaia va in paradiso" - "A ciascuno il suo" e tanti altri. Questo è un film che trovo divertentissimo però non è per tutti. Oggi è un film fatto per chi conosce un minimo di storia politica di quegli anni, quando c'era Moro e la DC, il PCI, il PSI, il Vaticano contava molto addirittura nelle scuole c'era l'ora di religione, allora si che te lo gusti al meglio e ti diverte. Se non sai un minimo di storia può darsi pure che non lo capisci perchè non riesci a collegare le battute col il periodo politico di allora e magari ti può sembrare stupido.
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Petri come al solito è un genio. Per chi non lo conosce ha lavorato spesso con GianMaria Volontè in capolavori come: "Un cittadino al di sopra di ogni sospetto" - "La classe operaia va in paradiso" - "A ciascuno il suo" e tanti altri. Questo è un film che trovo divertentissimo però non è per tutti. Oggi è un film fatto per chi conosce un minimo di storia politica di quegli anni, quando c'era Moro e la DC, il PCI, il PSI, il Vaticano contava molto addirittura nelle scuole c'era l'ora di religione, allora si che te lo gusti al meglio e ti diverte. Se non sai un minimo di storia può darsi pure che non lo capisci perchè non riesci a collegare le battute col il periodo politico di allora e magari ti può sembrare stupido. Per me è un capolavoro e lo consiglio al 100%. E un film che oggi è ancora attuale basta cambiare i personaggi politici di allora con quelli di oggi ed hai lo stesso risultato grottesco.
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libero contumace
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sabato 12 febbraio 2011
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interessante, pesante e difficile
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Non ho letto il libro, ma ormai credo sia indifferente o addirittura fuorviante ai fini di una corretta valutazione di un film tratto da un libro (inevitabilmente si dice: bello il film, ma il libro è pur sempre il libro).
Questo film sembra far da cornice alla cd. "trilogia della nevrosi" posto che prima era uscito "A ciascuno il suo" ispirato dall'omonimo libro di Sciascia, e ora, a trilogia conclusa, Petri torna sullo scrittore siciliano con Todo Modo.
Entrambi i film tratti dai libri di Sciascia, a mio sommesso avviso, presentano una notevole lentezza e pesantezza, soprattutto se paragonati ai capolavori della trilogia.
Come nel film di Tornatore "Una pura formalità" non si capisce quando il film rappresenta la realtà e quando, invece, l'occhio del regista trasmigra nella rappresentazione astratta del potere così come era concepito negli anni di piombo: una oligarchia che rappresenta tutto e tutti tranne una cosa: il popolo.
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Non ho letto il libro, ma ormai credo sia indifferente o addirittura fuorviante ai fini di una corretta valutazione di un film tratto da un libro (inevitabilmente si dice: bello il film, ma il libro è pur sempre il libro).
Questo film sembra far da cornice alla cd. "trilogia della nevrosi" posto che prima era uscito "A ciascuno il suo" ispirato dall'omonimo libro di Sciascia, e ora, a trilogia conclusa, Petri torna sullo scrittore siciliano con Todo Modo.
Entrambi i film tratti dai libri di Sciascia, a mio sommesso avviso, presentano una notevole lentezza e pesantezza, soprattutto se paragonati ai capolavori della trilogia.
Come nel film di Tornatore "Una pura formalità" non si capisce quando il film rappresenta la realtà e quando, invece, l'occhio del regista trasmigra nella rappresentazione astratta del potere così come era concepito negli anni di piombo: una oligarchia che rappresenta tutto e tutti tranne una cosa: il popolo.
C'è di mezzo la Chiesa, l'America, le lobbies dell'economia e della finanza.
In ogni caso ho l'impressione che nel film vi sia una contraddizione: il film vuole denunciare il machiavellismo dei politici che sono disposti a tutto (appunto "todo modo") pur di conservare il potere; peccato che alla fine il messaggio che emerge è che il potere logora tutti, sia chi ce l'ha sia chi lo subisce.
O almeno questo mi sembra il significato del finale.
Ultima nota: bravissimo Volontè, ma avrei visto meglio Mastroianni fare il "buono" e Volontè il cattivo.
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[+] un sogno, un incubo
(di ciaco63)
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