Dillinger |
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Un film di John Milius.
Con Warren Oates, Richard Dreyfuss, Ben Johnson, John P. Ryan, Michelle Phillips
Poliziesco,
durata 96 min.
- USA 1973.
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Esordio di mestiere,ma a 1000Milius dai suoi fastidi davidestanzioneFeedback: 22976 | altri commenti e recensioni di davidestanzione |
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mercoledì 14 luglio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Anno solare 1973. John Milius porta sullo schermo la sua opera prima scegliendo fin da subito di confrontarsi con un personaggio dall'impatto in termini di immaginario collettivo a dir poco devastante, di maneggiare "il mito" dall'eco risonante, l'emblema tenebroso dalla sterminata aneddotica annessa, il rapinatore più fascinoso e pubblicizzato di tutti i tempi, semplicemente uno dei mostri sacri della mitografia popolarproletaria made in Usa. Milius in futuro si imporrà come uno sceneggiatore coi fiocchi, stratificato e similurticante in termini efficacia narrativa nonché un regista non meno dotato (Un mercoledì da leoni e Conan il barbaro, cosceneggiato con Oliver Stone e dal touch registico sfumatamente fracassone, su tutti):per il suo film d'esordio però, complici una mestieralità registico-artigianale ancora da forgiare (ma che esploderà fulminea già dai film immediatamente successivi) e la tutto sommato comprensibile volontà di non reinventare troppo un personaggio già di suo ad alto tasso di esulante rinvenzione "fictionale", Milius si barcamena (verrebbe da dire quasi abilmente) in una messa in scena placida, ben supportata da uno script funzionalmente (preconfezionato ad hoc in prospettiva del non troppo ardimentoso compitino da assolvere) e dalla verosimiglianza fisica di Warren Oates (assai più marcata di quella del ben più glamourizzato, anche in termini estetico-fotogtafici/spinottiani, "Nemico Pubblico" manniano, nonostante gli sforzi camaleontici di Depp). Messa in scena placida?!?!? Concettualmente, si direbbe proprio di sì. Perchè Milius non si sporca le mani, commercializza Dillinger contribuendo a stereotiparne ancor di più l'iconografia qui ancor più glassosamente classicheggiante. E a movimentare il tutto a poco servono le corpulente sparatorie freneticamente composite, da incanalarsi in un action-gangster puro, distillato, a tratti autocompiacente, che estetizza il gangsterismo stesso e sciattamente rimanda ad una (autodidatta, ed eventuale) riscoperta (singolormente perseguibile al di là del metraggio celluloidale) del maccartismo hooveriano. Milius gigioneggia, agisce su sicuri meccanismi (fin troppo)rodati, riaffresca con tacita remissività un frammento di storia americana in fin dei conti poi non così tagliente (l'unica accusa al massimo poteva essere quella di "esaltante mitologizzazione", di per sé pretestuosamente insita nella stessa ontologia di un qualsivoglia gangster movie degno di tal nome) e porta a casa un prodotto classicamente efficace, mediamente accettabile, che rifugge le sputacchiose infamie inviperite ma anche le lodi oltremodo sperticate. Può davvero bastare?? A giudicare dalla successiva, invidiabile produzione di John Milius, si direbbe proprio di sì. ps. Menzione speciale per Richard Dreyfuss, suggestivo e sbrilluccicante Baby Face Nelson.
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