Bella di giorno

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Un film di Luis Buñuel. Con Catherine Deneuve, Francisco Rabal, Michel Piccoli, Geneviève Page, Georges Marchal.
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Titolo originale Belle de jour. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 120 min. - Francia, Italia 1967. - Cineteca di Bologna MYMONETRO Bella di giorno * * * 1/2 - valutazione media: 3,99 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il sadomasochismo nella fantasia di una borghese. Valutazione 4 stelle su cinque

di Great Steven


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martedì 10 gennaio 2017

 

BELLA DI GIORNO (FR/IT, 1967) diretto da LUIS BUňUEL. Interpretato da CATHERINE DENEUVE, JEAN SOREL, MICHEL PICCOLI, GENEVIèVE PAGE, FRANCISCO RABAL, PIERRE CLEMENTI, MACHA MéRIL, GEORGES MARCHAL, FRANçOISE FABIAN

Pierre e Séverine sono una giovane coppia di sposi che ha appena festeggiato il primo anniversario di matrimonio. Lui è molto impegnato col suo lavoro di chirurgo, e lei, dietro una parvenza di felicità, nasconde una grande insoddisfazione e una solitudine che sembra incolmabile, cui contribuiscono in negativo i sogni masochistici che la donna fa, nei quali si vede al centro di paesaggi ottocenteschi o in stile western mentre viene umiliata e torturata da uomini violenti sotto gli occhi del marito. Una soluzione al suo dramma la trova per caso, venendo istigata a praticare la prostituzione da Guisson, un attempato amico di Pierre, che si dice abituale frequentatore delle case degli appuntamenti, che Séverine credeva ormai abolite da tempo. Così la donna entra come meretrice stabile nella maison governata dalla rigida e severa Anais, nella quale lavorano già altre due prostitute, Mathilde e Charlotte, dove viene ribattezzata dalla proprietaria "bella di giorno" (in quanto il suo orario di lavoro va dalle due alle cinque pomeridiane). Nonostante la timidezza e il nervosismo iniziali che mostra sul posto di lavoro, Séverine diviene la donna più richiesta dagli habitué della casa. Le due vite della donna proseguono parallelamente, senza che il marito sospetti dell’attività segreta che la consorte svolge anche per guadagnare soldi, finché non ritornano due vecchi e affezionati clienti del bordello: lo spagnolo Ippolito, volgare e libertino, e un suo amico, il giovane delinquente Marcel. Questi prende subito in simpatia Séverine e le dichiara il suo amore in una maniera assai possessiva ed egoistica, minacciando di rivelare la sua doppia vita al marito nel caso che lei non contraccambi il suo affetto. Quando poi arriva alla casa d’appuntamenti lo stesso Guisson, colui che aveva infiltrato nella mente di Séverine l’idea di prostituirsi, la situazione precipita: convinta di dover ormai rivelare la verità al marito, Séverine riceve un giorno la visita aggressiva e inattesa di Marcel, che poco dopo spara a Pierre e poi viene ucciso da un poliziotto per strada. Divenuto invalido, Pierre rimane a carico della moglie, e un giorno, dopo che Guisson gli ha spiattellato la vergognosa verità, Séverine, ormai dimessasi dal ruolo di donna di facili di costumi, lo immagina di nuovo sano, in forze e felice come ai primi tempi delle loro nozze. La mano di Buñuel si nota meravigliosamente bene nella struttura binaria che alterna, senza eccedere ma pur sempre con una frequenza martellante, la realtà della vicenda al delirio onirico che la protagonista – cui sotto, sotto piace ricevere tormenti psicofisici che la rendano oggetto delle passioni animalesche degli uomini – effettua anche ad occhi aperti, nel tentativo di recuperare un’affettività, o meglio, un ardore sessuale che il marito non sembra donarle nella misura che lei predilige. L’importanza del sogno, la ricerca di una realizzazione attraverso il piacere corporeo, la nevrosi della sposina appena maritata e ancora inesperta dei fatti del mondo sono abbinati fra loro in un gioco perverso di situazioni che si reggono nella loro interezza sui rapporti fra i personaggi, in cui la violenza verbale e il cinismo dominano sovrani. Un’ottima C. Deneuve sotto le righe, che dona al suo carattere una personalità fragile che sa reinventarsi col soggetto della sua immaginazione o, più concretamente, con l’elemento delle sue fantasie erotiche che trova una sua pratica attuazione nel mestiere più vecchio del mondo, per quanto si evinca dalla sua faccia che continua a lavorare al bordello tutt’altro che volentieri, in quanto non è il denaro che la affascina (malgrado lei affermi il contrario) né tantomeno intrattenersi con sconosciuti, ma piuttosto le importerebbe un maggiore interessamento da parte di un marito che, in fondo, ama e dal quale sa di esser ricambiata. Accanto a lei, emergono: un fantastico M. Piccoli che unisce ironia e sarcasmo ad un tocco di classica eleganza che lo trasformano in quello che si può a tutti gli effetti definire un villain, ma sicuramente del tutto inconsueto e con una punta sottile ma coerente di sadismo utilitaristico; G. Page, un capo della casa d’appuntamenti che crede nelle potenzialità delle sue dipendenti, ma esige da loro anche un attaccamento serio e quasi maniacale al mestiere che si sono scelte in completa autonomia; e J. Sorel, nel ruolo del marito che si interroga sempre più ossessivamente sulle infelicità della coniuge, arrivando a scoprire come stanno effettivamente le cose soltanto nel momento in cui le può valutare senza la necessaria indipendenza e lucidità. Splendida fotografia in Technicolor che accarezza i paesaggi autunnali dei quartieri parigini, insieme ad un montaggio parco e calcolato e ad una sceneggiatura che privilegia i silenzi descritti alla narrazione parlata, facendo dei dialoghi rarefatti un potente e insostituibile veicolo espressivo che riproduce uno squallore umano, morale e sociale che traspare dalle azioni di uomini e soprattutto donne, inglobati e intrappolati in un universo di compassata inappetenza che li tiene ancorati a sé come un’opprimente epifania.

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