pisciulino
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domenica 23 ottobre 2011
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la fatalità nel ventesimo secolo
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Premessa: questa critica vale per l'edizione originale francese con sottotitoli (disponibile in dvd e vista in tv su "Fuori orario") poichè quella italiana, cambiando i colori (e annullando la differenza cromatica tra le scene girate a Roma e a Capri) scema l'interessantissimo tentativo di Godard di una narrazione in chiave pop sostituendo anche la colonna sonora e rimontando il film (manca pure un nudo della Bardot), scorciandolo e cambiando il finale. Godard in questo film, la sua prima produzione importante, riflette sul cinema, con un omaggio al grande Fritz Lang nella parte di se stesso e sulla coppia, che viene investita dalla crisi parallela al drammatico conflitto tra il perseguire le proprie scelte morali e il compromesso.
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Premessa: questa critica vale per l'edizione originale francese con sottotitoli (disponibile in dvd e vista in tv su "Fuori orario") poichè quella italiana, cambiando i colori (e annullando la differenza cromatica tra le scene girate a Roma e a Capri) scema l'interessantissimo tentativo di Godard di una narrazione in chiave pop sostituendo anche la colonna sonora e rimontando il film (manca pure un nudo della Bardot), scorciandolo e cambiando il finale. Godard in questo film, la sua prima produzione importante, riflette sul cinema, con un omaggio al grande Fritz Lang nella parte di se stesso e sulla coppia, che viene investita dalla crisi parallela al drammatico conflitto tra il perseguire le proprie scelte morali e il compromesso. La saggezza di Lang, cui ambisce il protagonista (e Godard stesso) è confermata dal vero finale, quando afferma che bisogna portare a termine ciò che si è cominciato. Una morale del fare, che è anche molto laica e moderna, in un film che affronta le filosofie e i miti, le rappresentazioni (il film è una moderna tragedia) della civiltà. Godard, il più estremo dei registi della nouvelle vague, presenta qui contaminate le sue due tendenze da una parte alla sperimentazione e dall'altra al lavoro su commissione (cui appartiene la scrittura di una diva come Brigitte Bardot). Il risultato è un film molto personale (col linguaggio assolutamente godardiano basato sui piani-sequenza) e, se si riesce ad amare, entusiasmante.
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fedeleto
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sabato 21 marzo 2009
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un film impossibile da disprezzare
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La bravura di un regista si vede con il tempo,e solo a tre anni dal'esordio godard gira uno dei film piu' belli di questi ultimi cinquant'anni.La storia seppur sia un'adattamento del romanzo di moravia mostra seenza dubbio un talento figurativo(l'immagine inizialmente statica poi dinamica delle statue)ed uno intellettualistico(i discorsi del mostro sacro fritz lang sono pura filosofia) non facendo mancare una tesi fondamentale nel rapporto di coppia:la crisi.Tale situazione nasce per via del disprezzo provato da camille(una stupenda brigitte bardot),e cio' non puo che far generare in paul un sentimento di rabbia ,confusione ,seppur alla fine probabilmente capira' il suo errore.I temi fondamentali presenti nel film sono tra i piu' profondi nella filmografia godardiana(il film che si gira e'una rivistazione dell'odissea,un poema epico riadattato per il cinema dove il produttore vuole renderlo moderno sfocia nell'arroganza di usare il classico per i propri fini economici e non intellettualistici),come anche la gelosia(camille sembra infedele in alcuni momenti ma in altri sembra dispiacersi che paul non la blocchi),il dialogo interminabile nell'appartamento tra camille e paul e' una lotta che si conclude con .
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La bravura di un regista si vede con il tempo,e solo a tre anni dal'esordio godard gira uno dei film piu' belli di questi ultimi cinquant'anni.La storia seppur sia un'adattamento del romanzo di moravia mostra seenza dubbio un talento figurativo(l'immagine inizialmente statica poi dinamica delle statue)ed uno intellettualistico(i discorsi del mostro sacro fritz lang sono pura filosofia) non facendo mancare una tesi fondamentale nel rapporto di coppia:la crisi.Tale situazione nasce per via del disprezzo provato da camille(una stupenda brigitte bardot),e cio' non puo che far generare in paul un sentimento di rabbia ,confusione ,seppur alla fine probabilmente capira' il suo errore.I temi fondamentali presenti nel film sono tra i piu' profondi nella filmografia godardiana(il film che si gira e'una rivistazione dell'odissea,un poema epico riadattato per il cinema dove il produttore vuole renderlo moderno sfocia nell'arroganza di usare il classico per i propri fini economici e non intellettualistici),come anche la gelosia(camille sembra infedele in alcuni momenti ma in altri sembra dispiacersi che paul non la blocchi),il dialogo interminabile nell'appartamento tra camille e paul e' una lotta che si conclude con .Pertanto nonostante nel film sia presente un cast di tutto rispetto(dall'ottimo jack palance ,alla leggenda cinematografica fritz lang),ci incanta e ci affascina la meravigliosa brigitte bardot.
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stefano capasso
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giovedì 14 agosto 2014
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quando la delusione è insopportabile
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Jean Luc Godard firma una magistrale regia nell'adattamento del romanzo di Moravia “Il disprezzo”. Il film inizia con una scena di grande intensità, in cui Paul e Camille dialogano sul letto dichiarandosi il loro amore. Sono una coppia sposata, lui scrive sceneggiature di teatro lei è dattilografa. Quando un produttore, Prokosch, gli offre di riscrivere la sceneggiatura dell'adattamento cinematografico dell’“Odissea”, che a suo parere Fritz Lang sta girando senza tenere in considerazione il botteghino, Paul fa i conti con la sua ambizione. Intuisce che a Prokosch, interessa sua moglie, Camille, e invitati ad un cocktail lascia che i due rimangano soli. Otterrà un ottimo contratto, ma le cose nella coppia cambiano in modo drastico.
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Jean Luc Godard firma una magistrale regia nell'adattamento del romanzo di Moravia “Il disprezzo”. Il film inizia con una scena di grande intensità, in cui Paul e Camille dialogano sul letto dichiarandosi il loro amore. Sono una coppia sposata, lui scrive sceneggiature di teatro lei è dattilografa. Quando un produttore, Prokosch, gli offre di riscrivere la sceneggiatura dell'adattamento cinematografico dell’“Odissea”, che a suo parere Fritz Lang sta girando senza tenere in considerazione il botteghino, Paul fa i conti con la sua ambizione. Intuisce che a Prokosch, interessa sua moglie, Camille, e invitati ad un cocktail lascia che i due rimangano soli. Otterrà un ottimo contratto, ma le cose nella coppia cambiano in modo drastico. In una lunghissima sequenza all'interno della loro casa, il malcontento di Camille per il comportamento di Paul, irrompe nella loro relazione fino a dichiararsi per ciò che è: disprezzo. A Capri, dove la troupe intera si trasferisce per girare le scende del ritorno di Ulisse, si consuma l'ultimo atto. Paul che vuole mantenere la benevolenza del produttore, lascia ancora l'opportunità ai due di rimanere da soli. Capito l'errore, a nulla serve che lasci l'incarico; Camille se ne andrà con Prokosch, e insieme troveranno un tragico destino.
Un film drammatico di grandi immagini che descrivono immediatamente i contenuti espliciti e sottointesi; di grandi contenuti intellettuali grazie alla presenza di Fritz Lang che interpreta se stesso. Un lavoro che è pura poesia. Emoziona e fa riflettere. Sulla potenza della delusione. Quel particolare momento in cui una persona mostra una parte inaspettata di se, che è secondo la visione di Fritz Lang ciò che ha provato Penelope di fronte al comportamento ambiguo e volto al compromesso di Ulisse, finendo per tradirlo e causandone quini la lunghissima assenza.
Un capolavoro che parla di cinema, e dice cosa è e cosa dovrebbe essere il cinema mentre indaga sulla fragilità dei rapporto umani, raccontando tutto come una tragedia greca, dove ogni evento cambia tragicamente e per sempre i destini dei protagonisti
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giorgia1971
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lunedì 31 ottobre 2016
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da vedere assolutamente in lingua originale...
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...con sottotitoli perché la versione italiana del film (e quasi tutti suoi film)è stata censurata in molte scene e dialoghi.
Dialogo tra sceneggiatore e produttore nel film:
"io so bene che lei accetterà il lavoro perché lei ha bisogno di soldi"
"è vero,come lo sa?"
"lo so perché mi hanno detto che ha una moglie bellissima.
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...con sottotitoli perché la versione italiana del film (e quasi tutti suoi film)è stata censurata in molte scene e dialoghi.
Dialogo tra sceneggiatore e produttore nel film:
"io so bene che lei accetterà il lavoro perché lei ha bisogno di soldi"
"è vero,come lo sa?"
"lo so perché mi hanno detto che ha una moglie bellissima."
Un film che va oltre i principi del regista e quelli della Nouvelle vague,ha voluto stavolta andare controcorrente ,infatti fu prodotto con un bilancio alto e con star di primissima grandezza.Il risultato è straordinario,curato fino ai minimi dettagli,dalla fotografia magnifica,inquadrature da mozzare il fiato,una colonna sonora stupefacente.Ciò che stupisce di più ogni volta che si guarda un film di Godard è quello di riuscire ad anticipare i tempi,capace di cogliere il momento presente lasciando sempre un'impronta di artista,si fa fatica a credere che sia stato prodotto in quel determinato anno.Adorato dai cinefili e dai registi di ieri e di oggi (Scorsese,David Lynch,Tarantino...)molti dicono che sia il film culto della Nouvelle vague che diventa manifesto del subconscio del regista attraverso i suoi interpreti,gli attori sono in simbiosi tra loro e con il regista tiranno.Il ritmo è lento e silenzioso proprio per entrare nella psicologia dei personaggi e del "definitivo per caso" .La prima versione del film non piacque ai produttori americani:per loro era inaccettabile che non venissero introdotte scene di nudo della Bardot,ricattandolo,furioso fu costretto a modificarlo all'ultimo momento,il disprezzo per gli americani crebbe in lui notevolmente.Il primo film dentro un film:c'è una stretta correlazione e contrasto se vogliamo tra la civiltà antica e quella moderna,il tramonto del cinema e il rapporto di coppia tra i due protagonisti ; i legami difficili tra regista ,sceneggiatore e produttore.Vale la pena guardarlo solo per vedere il leggendario regista Friz Lang (che interpreta il ruolo di sé stesso) dietro la macchina da presa.
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igor74
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martedì 23 agosto 2016
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amore, cinema e amore per il cinema
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Questo non è un film per tutti, ma coloro a cui piacerà lo troveranno entusiasmante, una delle prove più alte di un grandissimo regista, del quale è difficile scegliere un film che possa dirsi migliore di un altro. Si è più godardiani che amanti di un singolo film di Godard. Ma se dovessi sceglierne uno, consiglierei questo, davvero eccezionale, un tentativo di unione tra estrema autorialità e grande produzione (cosa che è riuscita, se è riuscita solo ai più grandi del cinema), che aveva compreso la grandezza di questo ex critico dei "Cahiers du cinéma". Il tentativo di fare un film insieme intellettuale e popolare è raramente coronato da successo nel cinema. Il produttore Carlo Ponti rimaneggiò il film originale per la versione italiana, che Godard non riconobbe.
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Questo non è un film per tutti, ma coloro a cui piacerà lo troveranno entusiasmante, una delle prove più alte di un grandissimo regista, del quale è difficile scegliere un film che possa dirsi migliore di un altro. Si è più godardiani che amanti di un singolo film di Godard. Ma se dovessi sceglierne uno, consiglierei questo, davvero eccezionale, un tentativo di unione tra estrema autorialità e grande produzione (cosa che è riuscita, se è riuscita solo ai più grandi del cinema), che aveva compreso la grandezza di questo ex critico dei "Cahiers du cinéma". Il tentativo di fare un film insieme intellettuale e popolare è raramente coronato da successo nel cinema. Il produttore Carlo Ponti rimaneggiò il film originale per la versione italiana, che Godard non riconobbe. Anche se più commerciale, questa versione sacrifica, stampandolo in maniera diversa, un'interessantissimo studio sul colore (Renè Prédal scomoda Matisse), nonché sostituisce la musica classica di Georges Delerue, tenera e romantica, con il jazz di Piero Piccioni. Il film dichiara tutto l'amore per il cinema del suo autore, che affida una parte nientemeno che a Fritz Lang, che amerà il film, uno dei maestri assoluti della settima arte, tanto ammirato dai nazisti che essi gli offrirono la direzione del cinema tedesco (che lui rifiutò abbandonando la moglie - nazista entusiasta- e la Germania per gli Stati Uniti) disposti a fare una eccezione - del resto tipica degli autoritarismi - per quanto riguarda la sua origine ebraica. "il disprezzo" è tragedia, ma narrata come un fumetto pop. Solo Godard - che continuerà a provocare, dividere, scandalizzare - poteva osare tanto (ma, ripeto, la versione da non perdere è quella originale francese). Le scene a Capri sono state girate a Villa Malaparte. Con l'aiuto del maestro Lang, Godard, tenta, poco più che trentenne, un viaggio verso porti della saggezza, con una meditazione sulla coppia, che in primo piano nel romanzo di Moravia da cui è tratto il film viene spinta sullo sfondo privilegiando il cinema nel cinema, una riflessione sulle sue possibilità espressive, con molte citazioni da Rossellini a John Wayne. Il film confronta la classicità con la modernità, e usa la Bardot (di cui non mancano scene di nudo) rispettando ironicamente gli stilemi della star. La Bardot qui è quello che è esattamente nel cinema: candida e audace, innocente e spudorata, indifferente e naturale. Palance è eccellente nei panni del volgare e brutale produttore mentre Piccoli è come sempre impeccabile nel suo senso della misura, nella sua naturalezza nell'incarnare un personaggio normale, comune, alle prese con la difficoltà di mantenere il rigore morale con le scelte cui porta la vita.
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fabiofeli
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venerdì 17 marzo 2017
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il disprezzo del cinema di cassetta
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Paul Javal (Michel Piccoli, per la prima volta in una parte di rilievo) è uno scrittore di teatro reclutato dal produttore Jerome Prokosch (Jack Palance) per riscrivere la sceneggiatura di un “peplum” hollywoodiano in lavorazione a Cinecittà e a Capri. Il regista della pellicola è Fritz Lang (interpretato da lui stesso); le scene girate in cinemascope, un formato che l’autore degli indimenticabili Metropolis, M Il mostro di Dusseldorf e Il Dottor Mabuse giudica adatto a ritrarre serpenti e funerali, non soddisfano il produttore perché giudicate troppo intellettuali e non commerciali.
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Paul Javal (Michel Piccoli, per la prima volta in una parte di rilievo) è uno scrittore di teatro reclutato dal produttore Jerome Prokosch (Jack Palance) per riscrivere la sceneggiatura di un “peplum” hollywoodiano in lavorazione a Cinecittà e a Capri. Il regista della pellicola è Fritz Lang (interpretato da lui stesso); le scene girate in cinemascope, un formato che l’autore degli indimenticabili Metropolis, M Il mostro di Dusseldorf e Il Dottor Mabuse giudica adatto a ritrarre serpenti e funerali, non soddisfano il produttore perché giudicate troppo intellettuali e non commerciali. La riscrittura della sceneggiatura da parte di Paul è un compito arduo, perché il suo rapporto con la moglie Camille (Brigitte Bardot) è in crisi; il fatto che Jerome sia affascinato da Camille sembra non preoccupare Paul e la donna riluttante si aggrega alla troupe per le riprese a Capri. In Camille cresce la convinzione che il marito si voglia servire di lei barattandola con il successo nel cinema e comincia a disprezzarlo, accettando la corte di Jerome. Ma il destino riserva una amara sorpresa …
Restaurato dalla benemerita Cineteca di Bologna, il film del 1963 torna alla versione originale: Godard aveva disconosciuto l’edizione italiana, ispirata all’omonimo romanzo di Moravia, perché la produzione aveva operato tagli e modifiche di montaggio e di colonna sonora. L’edizione italiana presentava anche un curioso e comico paradosso per effetto del doppiaggio: Giorgia Moll, che nel film era l’interprete sul set, ripeteva l’identica frase già tradotta. La contesa di Godard con il produttore Carlo Ponti era già cominciata sulla scelta degli attori e solo quando era spuntata la disponibilità della Bardot era tornato l’accordo; il produttore impose allora che nel film figurassero anche scene di nudo e il regista ne aveva introdotte un paio castigatissime. Nel film Godard spara contro la falsità del cinema di Hollywood dell’epoca, volto solo a fare pellicole di cassetta. Non a caso in una scena del film appare un omaggio al neorealismo italiano: in una sala cinematografica, il Silver Cine, un cinema d’essai degli anni ’60 ubicato a Tiburtino III nella periferia romana, si proietta Viaggio in Italia di Rossellini. Il restauro fa giustizia e rende onore al regista, che può così manifestare intatto – è il caso di dirlo – il suo Disprezzo per il cinema commerciale. Non è “il” capolavoro di Godard, ma resta comunque un’opera da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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rob8
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domenica 26 agosto 2018
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godard si misura con i modelli della classicità
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Godard declina il suo fare cinema al di fuori delle regole classiche, misurandosi con i modelli della classicità: Fritz Lang, innanzitutto, che nel film interpreta se stesso, alla direzione di una contrastata riduzione dell’Odissea. Quindi l’amato Roberto Rossellini, il quale viene esplicitamente evocato nella sequenza del cinema di periferia dov’è in programmazione “Viaggio in Italia”: storia questa, si ricorderà, di una crisi coniugale.
Ed è appunto una crisi di coppia ambientata in Italia, il pretesto narrativo de “Il disprezzo” (derivato peraltro da un romanzo di Moravia): crisi inziata in una Roma di capannoni cinematografici e culminata a picco sui faraglioni di Capri, in quella splendida villa che fu di Curzio Malaparte.
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Godard declina il suo fare cinema al di fuori delle regole classiche, misurandosi con i modelli della classicità: Fritz Lang, innanzitutto, che nel film interpreta se stesso, alla direzione di una contrastata riduzione dell’Odissea. Quindi l’amato Roberto Rossellini, il quale viene esplicitamente evocato nella sequenza del cinema di periferia dov’è in programmazione “Viaggio in Italia”: storia questa, si ricorderà, di una crisi coniugale.
Ed è appunto una crisi di coppia ambientata in Italia, il pretesto narrativo de “Il disprezzo” (derivato peraltro da un romanzo di Moravia): crisi inziata in una Roma di capannoni cinematografici e culminata a picco sui faraglioni di Capri, in quella splendida villa che fu di Curzio Malaparte.
Un film di parole e di immagini, dove la Bardot emerge non solo per la sua bellezza. Una lunga indagine sul rapporto d’amore, ma anche una riflessione sul ruolo del cinema nel rappresentare le passioni umane. Un esercizio, infine, di tecnica innovativa, che la versione italiana mutila e mortifica.
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mr.619
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domenica 4 luglio 2010
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psicanalisi del travaglio rilfessivo
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L'arco psico-gnoseologico di un'intera transpersonalizazzione dell'Io soggettivo ed assimilatore, come in uno script cinematografico, delle scene, parole, dialoghi e percezioni visive concernenti le sottili e possibili sfumature e sbavature dello stato di mesta tristezza e depressiva solitudine che avvolge e dis-totalizza la coscienza in anti minuti frammenti da riassemblare, è per l'appunto "soggetto" ( tanto in senso relativo, quanto nella sua semantizzazione dalle inquadrature meramente esistenziali) e soggiogato ad un contrastante bipolarismo fra la dimensione rarefatta, anelata, incontaminata ed onirica ( quindi, come giustamente dice Louis Lumiere, "senza avvenire") e l'approdo (in)desiderato alla realtà, dove tale "Eris", contesa mutevole la "stasis" in "kalos" e "kakos", si accentua ancor di più perchè vero e proprio sconvolgimento del quadro ideologico e pittorico disegnato nella propria mente, filmato sulla pellicola e proiettato ( lo schermo diviene specchio del "nous"), e, cosa altrettanto rilevante da sottolineare ed analizzare con cura, in quanto così eterno, eppure così finito ed (im)perfetto "locus absens", luogo vuoto, assente, in contumacia, che, però ( come dice un brioso Fritz Lang in vena citazionistica e poetica), è (il)logicamente nello stesso tempo occupato dalla "erotikn sphaira", mai ultimizzante ( e pertanto in questo risiede il suo ciclo finito) la sua riproduzione generatrice e corrutiva.
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L'arco psico-gnoseologico di un'intera transpersonalizazzione dell'Io soggettivo ed assimilatore, come in uno script cinematografico, delle scene, parole, dialoghi e percezioni visive concernenti le sottili e possibili sfumature e sbavature dello stato di mesta tristezza e depressiva solitudine che avvolge e dis-totalizza la coscienza in anti minuti frammenti da riassemblare, è per l'appunto "soggetto" ( tanto in senso relativo, quanto nella sua semantizzazione dalle inquadrature meramente esistenziali) e soggiogato ad un contrastante bipolarismo fra la dimensione rarefatta, anelata, incontaminata ed onirica ( quindi, come giustamente dice Louis Lumiere, "senza avvenire") e l'approdo (in)desiderato alla realtà, dove tale "Eris", contesa mutevole la "stasis" in "kalos" e "kakos", si accentua ancor di più perchè vero e proprio sconvolgimento del quadro ideologico e pittorico disegnato nella propria mente, filmato sulla pellicola e proiettato ( lo schermo diviene specchio del "nous"), e, cosa altrettanto rilevante da sottolineare ed analizzare con cura, in quanto così eterno, eppure così finito ed (im)perfetto "locus absens", luogo vuoto, assente, in contumacia, che, però ( come dice un brioso Fritz Lang in vena citazionistica e poetica), è (il)logicamente nello stesso tempo occupato dalla "erotikn sphaira", mai ultimizzante ( e pertanto in questo risiede il suo ciclo finito) la sua riproduzione generatrice e corrutiva.L'"Ulisse", splendido e squisito ricollegamento al mondo reale-immaginario omerico, è metonimia dell'imponente ed a tratti interminabile viaggio da compiere per l'uomo nella sua vita, durante il quale potrebbe imbattersi in mille creature e forme d'esistenza autoctone al loro "modus operandi et cogitandi" ( la varietà dei punti di vista e d'espressività sul "Vero") e, fatalmente, soccombere.La lontananza, o per meglio dire la distanza, intertestuale e posta, su un piano intelletivo ed affettivo, al di sotto della proporzionalità silenziosa ed apparentemente recatrice di requie cinematografica, secondo la mia interpretazione vuole dire Godard, porterà non solamente alla distruzione sentimentale, artistica e pseudo-morale di se stessi, ma anche, e qui si può tranquillamente disquisire di auto-critica poetica universale, ad una separazione, scissione componenziale di immagini ed appercezioni, che, giacchè psicofisicamente effluviante con l'Altro nel proprio "dia-logos" umanisticamente divino, causa il disprezzo, lo "phtonos" in ultima sintesi.Il voto è 10, ma avrebbe dovuto essere 10- per la sua assenza di vigorizia ( neanche nichilista).
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[+] rimpianti
(di riccardo)
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