carloalberto
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lunedì 14 giugno 2021
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il caravaggio della celluloide
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Dopo Quarto potere e con lo stesso stile del suo primo film, simile a quello di un Caravaggio della celluloide in bianco e nero, Welles, privilegiando i toni scuri e le penombre, che celano in alcune inquadrature completamente i volti degli attori, in contrasto con le poche luci che illuminano gli interni della grande villa, dipinge questa volta non la storia di un uomo bensì l’epopea di una ricca famiglia ottocentesca che da un glorioso passato cade nella povertà assoluta sconfitta dalla modernità rappresentata dalla nascente industria automobilistica di inizi novecento. La bellezza della fotografia e l’estetismo dominante nelle riprese, forse superiore a quello di Quarto potere, compensano ampiamente e fanno passare in secondo piano la mancanza di naturalezza dei dialoghi che fanno declamare più che recitare i personaggi che talora sembrano parlare come libri stampati e soprattutto il lieto fine smielato e romantico, che, tuttavia, sembra essere stato imposto dalla produzione e dalla industria hollywoodiana per risultare più rassicurante per il pubblico, considerato che l’anno prima gli Stati Uniti erano scesi in guerra contro l’Asse.
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Dopo Quarto potere e con lo stesso stile del suo primo film, simile a quello di un Caravaggio della celluloide in bianco e nero, Welles, privilegiando i toni scuri e le penombre, che celano in alcune inquadrature completamente i volti degli attori, in contrasto con le poche luci che illuminano gli interni della grande villa, dipinge questa volta non la storia di un uomo bensì l’epopea di una ricca famiglia ottocentesca che da un glorioso passato cade nella povertà assoluta sconfitta dalla modernità rappresentata dalla nascente industria automobilistica di inizi novecento. La bellezza della fotografia e l’estetismo dominante nelle riprese, forse superiore a quello di Quarto potere, compensano ampiamente e fanno passare in secondo piano la mancanza di naturalezza dei dialoghi che fanno declamare più che recitare i personaggi che talora sembrano parlare come libri stampati e soprattutto il lieto fine smielato e romantico, che, tuttavia, sembra essere stato imposto dalla produzione e dalla industria hollywoodiana per risultare più rassicurante per il pubblico, considerato che l’anno prima gli Stati Uniti erano scesi in guerra contro l’Asse. Joseph Cotten coprotagonista con Welles del suo primo film, interpreta ancora una volta l’alter ego del regista o meglio la sua coscienza morale, che prevale alla fine sul lato oscuro della personalità di Welles, alias il Kane di Quarto potere, ed impersonata ora dal giovane egocentrico e pieno di sé, il rampollo viziato della famiglia Amberson, interpretato da Tim Holt.
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efrem
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domenica 25 agosto 2019
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l' orgoglio degli amberson
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L'ascesa e la caduta della famiglia Amberson che non riesce ad adattarsi alla nuova epoca. 2° film di Orson Welles che dopo l'insuccesso del film precedente gira un film completamente diverso. È un'opera imperfetta, incompiuta, per colpa dei produttori che l'hanno tagliata come l'erba da potare.
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il befe
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mercoledì 4 febbraio 2015
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welles si ripete
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non supera quarto potere ma rimane un capolavoro
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luca scial�
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mercoledì 5 dicembre 2012
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intrecci tra famiglie nobili
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In un'America che sta passando dalla nobiltà all'industrialismo, si intrecciano le vite di due famiglie nobili: i Morgan e gli Amberson. Col tempo i primi si adeguano al cambiare della società e dell'economia, i secondi perdono tutta la loro fortuna. Ma il loro destino finisce sempre per incrociarsi fatalmente, soprattutto per i forti legami sentimentali tra alcuni rispettivi membri.
Tratto da un romanzo del 1918, risente di un taglio di oltre 40 minuti che forse finisce per svalutare il prodotto finale. Ma forse lo rende anche più digeribile, meno polpettone e verboso.
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